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Per sapere veramente tutto sull'alimentazione

 

I cibi "non violenti" si vendicano di chi li mangia

 

  di Nico Valerio

scrittore scientifico e autore di manuali Mondadori

 

LA SCIENZA DISTRUGGE IL MITO DELL'EDEN

 

Altro che "mangiar sano" o "cibo elettivo dell'uomo". La scienza ha provato che tutti gli alimenti vegetali, come verdure, legumi, tuberi, cereali e frutti, contengono "insetticidi naturali", più abbondanti e cancerogeni di quelli artificiali oggi in uso in Occidente. Così, da millenni, le piante operano una selezione naturale tra gli esseri umani, più crudele di quella degli animali "feroci". Ecco perché i cibi "biologici" –  più costosi anche del 300 per cento – non sono né più nutrienti, né più sani di quelli ordinari…

  

«Non solo Dio non esiste, ma anche il cibo "biologico" è un bluff», direbbe Woody Allen. E ci metteremmo tutti a ridere. E invece è vero. Altro che pomo d'Eva. A leggere le conclusioni dei più recenti studi sull'agricoltura biologica e a confrontarle con i dati di tossicologia degli alimenti, c'è da restare a bocca aperta. Le analisi più sofisticate stanno rivelando che tutti i nostri cibi, cioè cereali, legumi, patate, verdure, frutta, erbe aromatiche – perfino il basilico e il peperoncino, nuovi simboli della cucina italiana – contengono ciascuno da 1000 a 10.000 sostanze chimiche naturali, molte delle quali antinutritive, tossiche o cancerogene

Ma come, gli alimenti non erano solo proteine, carboidrati, grassi, sali e vitamine, come ci avevano insegnato prima le buone maestre elementari e poi i nutrizionisti e i dietologi da televisione? Nient'affatto. Per Walter Mertz, già direttore del laboratorio di nutrizione umana del Dipartimento di agricoltura a  Beltsville (Maryland), ogni alimento contiene oltre alla quarantina di sostanze nutritive migliaia di sostanze extra-nutrizionali, veri e propri principi attivi farmacologici, utili per prevenire o curare molte malattie dell'uomo. I biochimici e i tossicologi li hanno identificati e divisi in classi dai nomi strani, come fitati, saponine, agglutinine, inibitori delle proteasi e anti-enzimi, polifenoli, ossalati, fitormoni, antibiotici, amine, indoli, tiocianati, glucosidi, alcaloidi, micotossine ecc.

Si è scoperto che dal "punto di vista" delle piante si tratta solo di potenti insetticidi naturali. Che si chiamino eugenolo, floretolo o quercetina, idrossigenistina o kempferolo, acido clorogenico, limonene o capsaicina, sono tutti mezzi di difesa chimica e tossicologica con cui le piante si difendono da predatori come larve, insetti, vermi, uccelli, roditori. E anche dall'uomo. La ricerca oncologica ha rivelato che alcuni di questi pesticidi naturali in laboratorio sono più cancerogeni dei tanto deprecati pesticidi artificiali, come ha denunciato per primo lo scienziato Bruce Ames, decano della ricerca biologica americana. Analizzando le varie sostanze naturali estratte dagli alimenti e dalle erbe aromatiche, gli analisti dell'IARC di Lione, ente di eccellenza mondiale nelle ricerche sulla cancerogenicità, sono sobbalzati più volte davanti ai computer: anche i cibi più comuni e insospettabili contengono molecole capaci di far stramazzare i topi di laboratorio o di procurare loro un tumore.

Niente allarme, sia chiaro. Innanzitutto a essersi rivelate altamente cancerogene sono le sostanze estratte e isolate, non gli alimenti integri, nei quali agiscono complesse sinergie tra migliaia di sostanze naturali. Del resto, per consolarsi, basta considerare che, una volta estratti dagli alimenti, il beta-carotene si è rivelato cancerogeno e la vitamina C mutagena. E gli stessi scienziati continuano a mangiare come noi, se non peggio. Dopotutto, non c'è alternativa. Però, le attuali scoperte dimostrano che l'etichetta di cibo "biologico" o "privo di pesticidi artificiali" non vuol dire necessariamente sano. La natura è spesso più pericolosa dell'uomo.

 

I più tossici sono i pesticidi naturali

 

Quanti sono questi potenti veleni che più volte al giorno, per 70 o 80 anni, finiscono sul nostro piatto? Nei cibi vegetali il rapporto in peso tra insetticidi naturali e fitofarmaci dell'uomo è stimato in 10.000 a 1, nei casi più "favorevoli" in 1000 a 1. Conferma Ames: «Un uomo medio, e ancor più un vegetariano, assume ogni giorno col cibo 1,5 grammi di pesticidi, di cui come minimo il 99,9 per cento sono naturali e solo lo 0,1 è artificiale». Ma forse – è la speranza dei lettori – si tratterà di sostanze quasi innocue perché «ormai l'uomo vi è abituato». Macché. Non si tratta di batteri, a cui può far fronte il sistema immunitario. Infatti i pesticidi naturali si sono dimostrati cancerogeni per il 45 per cento delle molecole sperimentate. E si deve tener conto che sono migliaia di volte più abbondanti e persistenti nel tempo dei moderni fitofarmaci. Un duro colpo alle convinzioni filosofiche di verdi e naturisti romantici, che praticando poco scienza e natura avevano coltivato il mito del "cibo puro" destinato per speciale favore divino alla specie Uomo.

La prima conseguenza pratica di queste scoperte è che l'alimento "biologico" non ha più importanza per il consumatore. Vale la pena di acquistare ad un prezzo più caro anche del 200 per cento un cibo vegetale garantito "privo di sostanze artificiali", talvolta non di prima qualità, con la speranza nel migliore dei casi  di un nanogrammo di pesticidi in meno su diecimila, ma in realtà del tutto analogo per rischio cancerogenico ai cibi ordinari che si comprano al supermercato? Insomma, "bio" è logico? Evidentemente, no.

Oggi, per fortuna, in Occidente non siamo più ai tempi del dieldrin, del parathion e di altre sostanze altamente tossiche, non più in uso da anni. Il vegetale "biologico", perciò, è esente solo dai pesticidi oggi meno tossici, quelli umani, ma non dai più insidiosi pesticidi della natura. E' un paradosso non facile da spiegare all'opinione pubblica. Nei paesi progrediti, negli ultimi anni la chimica degli antiparassitari è cambiata radicalmente e in meglio. Come mostrano le monografie dell'IARC e le tabelle dell'International Centre for Pesticide Safety, un ente di controllo dell'OMS e dell'Università di Milano, in laboratorio nessuno dei nuovi composti chimici, al contrario di alcuni pesticidi naturali, si è rivelato della classe 1, cioè "sicuramente cancerogeno per l'uomo". «Il loro rischio è molto limitato, perché sono più mirati ed efficaci a dosi minime» dice il prof.Giuseppe Della Porta dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, membro della Commissione di controllo della Sanità sui fitofarmaci. «Alcuni sono stati creati copiando le molecole naturali». Al massimo, i più tossici principi attivi sono testati alle categorie 2a o 2b, "possibilmente cancerogeni" per l'uomo solo in teoria e in grandi quantità. Certo, nel tempo anche questi dovranno essere eliminati. Ma in natura, si è visto, c'è molto di peggio. Attenti, piuttosto, a cibi, tè, erbe medicinali e spezie importati dal sud-est del mondo e dalle piccole economie non globalizzate: potrebbero avere tracce dei vecchi pesticidi cancerogeni ancora in uso per povertà o pigrizia in Asia, Africa e Sud America.

 «Scienza e leggi hanno permesso minore tossicità dei fitofarmaci, minore persistenza nel tempo, minori residui nel cibo», aggiunge Della Porta. Una commissione scientifica sulle cause del cancro condotta dal National Cancer Institute of Canada, diretta dal tossicologo Len Ritter, con una relazione su Cancer ha escluso già nel 1997 ogni influenza epidemiologica dei pesticidi sintetici sulla mortalità da tumori. Ma, in compenso, ha confermato il ruolo devastante del fumo di tabacco. Ed è curioso che questa pianta venga usata in decotto come pesticida naturale dagli agricoltori biologici. La scienza, quindi, non è più malvagia della natura? Nient'affatto. «Se dosi e metodi corretti sono rispettati, il rischio pesticidi oggi è inferiore su scala logaritmica (migliaia di volte, NdR) ai rischi da cattiva conservazione del cibo o da sigaretta», conclude Della Porta. Un rischio, quello del tabacco, che perfino tra coloro che mangiano "biologico" pochi sono disposti ad eliminare.

Insomma, per il consumatore non sono sempre rose e fiori, ma almeno, dicono in sostanza sia Della Porta che all'ICPS, «il rischio tossicologico dei pesticidi artificiali è del tutto paragonabile a quello dei pesticidi naturali. Talvolta inferiore». Il rotenone, pesticida naturale estratto da una radice, così come l'estratto di tabacco (nell'immagine a lato), entrambi usati in agricoltura biologica, sono molto più tossici di certi fitofarmaci dell'ultima generazione. Il secondo addirittura più cancerogeno. Eppure, grazie a un regolamento dell'allora ministro Pecoraro Scanio ("Norme di semplificazione"), oggi sono entrambi esenti da autorizzazioni. Chiunque li può acquistare e usare sui campi, magari in dosi eccessive.

 

"Biologico"? Ha gli stessi nutrienti

 

Le indagini della Sanità nei negozi italiani, hanno smentito i dati allarmanti diffusi da verdi, Legambiente e Wwf. Non è vero che i nostri cibi sono inquinati. Nei vegetali sono state trovate scarsissime tracce di pesticidi, al di sotto dei limiti in Europa. Quest'anno, su 10.460 campioni analizzati, solo 136 (1,3 per cento) erano irregolari. Il 98,7 erano nella norma. Tra questi il 30,7 per cento al di sotto dei limiti consentiti, e il 68 per cento – udite, udite – addirittura senza alcun residuo. Che vuol dire? Che i normali vegetali che acquistiamo ogni giorno – dalla pasta alle mele – sono per la maggior parte privi di tracce di pesticidi artificiali, proprio come i cibi "biologici" che però costano fino al 300 per cento in più.

La comunità scientifica, del resto, era molto scettica sul "biologico". In uno studio ormai classico gli epidemiologi Richard Doll, Richard Peto e altri hanno attribuito all'inquinamento del cibo solo l'1-3 per cento dei tumori (al contrario della nostra "percezione" comune) e invece ben il 30-50 per cento all'alimentazione, ai normali cibi. Negli Stati Uniti, dove l'organic food è un grande business, indizi sull'inconsistenza scientifica del "biologico" esistono fin dal 1990 ("Omnis Committee"). Ma il colpo finale si è avuto di recente. Da una nostra meta-analisi su 3500 studi scientifici pubblicati dalle più importanti riviste scientifiche al mondo è emerso che tra le centinaia di alimenti rivelatisi preventivi o curativi in oltre 60 malattie, tumori compresi, nessuno era biologico, ma tutti erano stati acquistati dagli usceri di laboratorio al più vicino supermarket o alla bancarella all'angolo. Quasi tutti, però, erano utilizzati negli esperimenti con la buccia, cioè integrali ("Manuale di terapie con gli alimenti", Oscar Mondadori). E se «i normali alimenti "inquinati" del supermercato si sono dimostrati  protettivi e anticancro» come ha osservato causticamente il prof. Silvio Garattini, farmacologo e direttore scientifico dell'Istituto Mario Negri di Milano, che cosa potrebbero offrire di più i cosiddetti alimenti "biologici"?

Come se non bastasse, ora la scienza prova che l'alimento biologico non ha nulla di più, sul piano nutrizionale, vitaminico e minerale, rispetto a quello comune dei supermercati. Lo dimostra il primo rapporto del progetto finalizzato del ministero dell'agricoltura "Determinanti di qualità dei prodotti dell'agricoltura biologica", coordinato dal prof. Gianbattista Quaglia dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione. Lo studio, iniziato nel 1998 e appena concluso nella sua prima fase, prova che il contenuto di frutta (pesche, pere, susine, mele) e cereali (frumento duro e tenero) coltivati senza antiparassitari  con le tecniche biologiche, è del tutto simile a quello degli alimenti convenzionali. A conclusioni analoghe è giunto il Department of Crop and Soil Sciences della Washington State University in uno studio sulle mele biologiche, a cura di John P. Rega­nold, pubblicato su Nature del 19 aprile dello scorso anno.

Le pesche bio dell'esperimento italiano hanno mostrato, è vero, più beta-carotene di quelle comuni (93 contro 49 microgrammi), ma le susine bio ne avevano di meno, solo 68 anziché 107. La vitamina C era quasi pari nei due tipi di pesche, più alta nelle pere bio, ma più bassa nelle susine bio. «Dati contrastanti o non significativi», è stato in sintesi il commento di Emilia Carnovale, responsabile del sotto-progetto nutrizionale. Le colture erano state curate dall'Istituto sperimentale di frutticoltura (Roma), dal Centro per l'incremento agricolo della Lombardia (Pavia), e dall'Università della Tuscia (Viterbo).

Piccola sorpresa: nei frutti bio c'è qualche traccia in più di zucchero (fruttosio e sorbitolo). Nelle pesche italiane 5,9 invece di 5,2 grammi. Ma secondo la Carnovale, ciò è dovuto in realtà «al tipo di fertilizzazione del terreno e al grado di maturazione». Nei vegetali bio sono state trovate anche meno fibre. I chicchi di cereali erano più piccoli ("cariossidi striminzite") e con meno amido, il che «ha falsato i dati delle proteine e dei sali», hanno commentato le responsabili di settore Rita Acquistucci e Marina Carcea. Per il resto, i vegetali biologici si sono dimostrati nutrienti e gustosi più o meno come gli altri. Però più piccoli, con qualche traccia in più di sali, ma anche con più pesticidi. E' noto, infatti, che se l'uomo non usa insetticidi artificiali, la pianta emette per compensazione più pesticidi naturali. Una spia della moltiplicazione degli antiparassitari naturali è stata l'aumento dei fenoli, come acido caffeico, clorogenico e catechine. Le susine bio ne avevano 70 anziché 42 milligrammi.

 

Vantaggi? Solo per animali e agricoltori

 

Insomma, "bio" non sarà per caso diventato un marchio "di nicchia" come altri, per differenziare in modo artificiale un prodotto, fare soldi alle spalle dei consumatori più disinformati, gratificare con un consumo di status un'élite snob che può spendere? Ecco perché già nel 1991 le autorità di Bruxelles nel regolamento n.2092 sul commercio del cibo biologico hanno stabilito che «nell'etichettatura o nella pubblicità non possono essere contenute affermazioni che suggeriscano all'acquirente che l'indicazione di prodotto biologico costituisca una garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore».

Eravamo abituati a vedere negli animali i più aggressivi competitori con il genere umano. Ma ora, alla luce di queste inquietanti scoperte, abbiamo le prove che i vegetali hanno compiuto tra gli Umani nel corso di milioni di anni una "selezione" darwiniana così crudele che nessun animale feroce ha mai avuto la forza di compiere. Altro che "piante amiche" e "alimenti tradizionali". «Le piante operano tuttora una selezione delle specie animali, uomo compreso», conferma Della Porta. Aumentando o diminuendo, a seconda delle scelte alimentari dei popoli e degli individui, i rischi di intossicazioni e tumori, e così influendo drammaticamente sulla loro durata di vita, le piante definite dall'uomo – spesso prematuramente – "alimentari" hanno in realtà svolto il compito di migliorare l'intelligenza della specie umana.

L'unico reale vantaggio del cibo biologico – va riconosciuto – riguarda gli alimenti di origine animale: carni, pesci, formaggi, latte, uova. Epidemie come "mucca pazza" e quelle dovute ai mangimi tossici per i pesci, o ai residui di antibiotici e ormoni nei vitelli, nei suini e nel pollame, non sarebbero state possibili con l'allevamento biologico. Ma anche in agricoltura, il biologico si prende una piccola rivincita. Riduce il rischio di overdose per gli agricoltori durante l'irrorazione. Giova anche alla salute degli animali e alla qualità del terreno. Infatti, l'esperimento sulle mele biologiche dello Stato di Washington riferito da Nature ha accertato un impatto ambientale minore di 6,2 volte rispetto all'agricoltura convenzionale. E la bioagricoltura è anche un affare, in termini di reddito. Nello studio Usa, pur con raccolti inferiori, sono bastati i prezzi di mercato più alti e i costi più bassi ad assicurare agli imprenditori margini di guadagno medio più elevati. Insomma, per dirla con Woody Allen, «se il cibo "bio" guarisce da qualcosa, questo è la povertà»

 

 

QUANDO UN VEGETALE "TRADISCE"

 

L'orto di Getsemani e la "retata"

dei carabinieri. Ma la dieta è meglio

 

Se una ditta biotech di Genova oggi inventasse il basilico, avrebbe la visita di Finanza e Carabinieri del Nas, magari in camice bianco e con i mitra spianati. Infatti, un solo grammo di basilico secco, anche se "biologico", ha ben 3,8 mg di estragolo, vietato in tutta l'Unione Europea, risultato 25 volte più cancerogeno del benzene (Ames, Magaw e Swirsky-Gold su Science).

Ma stiano tranquilli i fans del pesto e dell'odoroso basilico. Anche se un vegetale tradisce nell'orto di Getsemani, i CC non arriveranno. Continuino pure a gustarli entrambi, perché in pratica sono neutralizzati da olio d'oliva, pinoli, noci e aglio (pesto), e da una dieta mediterranea ricca di pomodori, verdure e altri cibi antiossidanti, come legumi e pasta integrale. Per meglio difendersi dai cancerogeni naturali, i Consensus di oncologia consigliano, in sintesi, una dieta con 5-6 porzioni di verdure e frutta ogni giorno, farinacei integrali, legumi, olio vergine d'oliva, pesce, ma pochi grassi animali, formaggi, dolci e carne. Insomma, i vegetariani sono fortunati. E ovviamente no a fumo e alcol.

 

 

UOMO "BUONO", NATURA "MALVAGIA"

 

Ne ammazza più la natura bio…

Ma per "fortuna" ci sarà il biotech

 

Oggi legumi, patate e pomodori – anche quelli di recente geneticamente trasformati dall'uomo, come i celebri "Pachino" – sono contro tumori, diabete, colesterolo, invecchiamento, obesità e stipsi. Ma un tempo, quando erano "biologici" (diremmo oggi), potevano uccidere. Le patate avevano troppa solanina, poi ridotta a causa del trattamento con fitofarmaci per il noto fenomeno di "risparmio". E allora avevano ragione quei contadini tradizionalisti che fino a tutto il ‘700 si rifiutavano di mangiare i "tuberi del diavolo", malgrado la prigione minacciata dal re di Prussia. Il pomodoro importato dall'America era giallo, acido e immangiabile. Fino al ‘700 era una stranezza botanica, consumato di rado, per lo più fritto o lungamente cotto. Il consumo di alcuni legumi, poi, provocava crampi, rigidità degli arti e paralisi spastica. Una va­rietà di fagioli Lima ricca di acido cianidrico provocò nel primo ‘900 numerosi morti. E ancora oggi nei nostri piatti continua la "selezione umana" operata dai cibi vegetali (v. sopra Della Porta). Dice il farmacologo Silvio Garattini: «Le molecole della natura non sono sottoposte ai limiti di legge che hanno quelle dell'uomo. L'unico limite è l'ingegneria genetica. Si potrebbero, per esempio, far nascere delle piante alimentari senza estragolo o altri pesticidi cancerogeni».

Ma lo sopporterà l'opinione pubblica, abituata da una secolare cattiva divulgazione a considerare la natura l'oasi destinata da Dio al genere umano, e ad attribuire pessimisticamente ogni genere di nequizia all'uomo?

 

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