2. MALATTIE ENDOCRINE E METABOLICHE

15. IPERLIPIDEMIA

(Iperlipoproteinemia) Presenza di elevati livelli di lipoproteine nel plasma, che può essere primitiva o secondaria. (v. anche Aterosclerosi nel Cap. 201.)

Sommario:

Introduzione
Diagnosi
Metodi di laboratorio e interpretazione dei risultati
Terapia


I principali lipidi plasmatici, tra cui il colesterolo (o colesterolo totale [Total Cholesterol, TC]) e i trigliceridi, non circolano liberamente disciolti nel plasma, ma sono legati ad alcune proteine e trasportati come complessi macromolecolari denominati lipoproteine. Le principali classi di lipoproteine-chilomicroni, le lipoproteine a bassissima densità (pre-b; Very Low Density Lipoproteins, VLDL), le lipoproteine a bassa densità (b; Low Density Lipoproteins, LDL) e le lipoproteine ad alta densità (a; High Density Lipoproteins, HDL) sebbene strettamente correlate, vengono in genere classificate in base alle proprietà fisicochimiche (p. es., la mobilità elettroforetica e la densità dopo separazione con ultracentrifuga). I principali lipidi trasportati nel sangue sono i trigliceridi; ogni giorno entrano ed escono dal plasma tra 70 e 150 g di trigliceridi, contro 1 o 2 g di colesterolo o di fosfolipidi. I chilomicroni, le lipoproteine più grandi, trasportano i trigliceridi esogeni dall'intestino al sistema venoso attraverso il dotto toracico. Nei capillari del tessuto adiposo e muscolare, il 90% dei trigliceridi contenuti nei chilomicroni viene rimosso da uno specifico gruppo di lipasi. Gli acidi grassi e il glicerolo, derivati dall'idrolisi dei chilomicroni, entrano negli adipociti e nelle cellule muscolari per essere utilizzati o immagazzinati come forma di energia. Il fegato rimuove poi le particelle residue dei chilomicroni, denominate remnant. Le VLDL trasportano i trigliceridi endogeni principalmente dal fegato agli stessi siti periferici (adipociti e cellule muscolari) per l'immagazzinamento o per l'uso. Le stesse lipasi che agiscono sui chilomicroni degradano rapidamente i trigliceridi endogeni delle VLDL, dando origine alle lipoproteine a densità intermedia (Intermediate Density Lipoproteins, IDL), che vengono private di gran parte dei loro trigliceridi e delle apoproteine di superficie. Entro 2-6 h queste IDL vengono degradate ulteriormente attraverso la rimozione di altri trigliceridi formando le LDL, che a loro volta hanno un'emivita plasmatica di 2-3 giorni. Le VLDL sono quindi la fonte principale delle LDL plasmatiche.

Il destino successivo delle LDL non è chiaro: il fegato ne rimuove circa il 70% e sulla superficie degli epatociti e di altre cellule sono stati trovati siti recettoriali attivi che legano specificamente l'apolipoproteina B (apo B, il ligando associato alle LDL che si lega ai recettori per le LDL) e rimuovono dal circolo la maggior parte delle LDL. Una piccola ma importante quota delle LDL sembra essere rimossa dal circolo mediante vie diverse dal recettore per le LDL, tra cui la captazione da parte di recettori "spazzini" situati sui macrofagi, i quali ultimi possono migrare nel contesto delle pareti arteriose, e ivi trasformarsi nelle cellule schiumose delle placche aterosclerotiche.

L'ipercolesterolemia può essere il risultato di un'iperproduzione o di un'alterazione della clearance delle VLDL, oppure di un aumento della conversione delle VLDL in LDL. L'iperproduzione di VLDL da parte del fegato può essere causata dall'obesità, dal diabete mellito, dall'eccessivo consumo di alcol, dalla sindrome nefrosica o da disordini genetici; ciascuna condizione può portare a un aumento dei livelli di LDL e TC ed è frequentemente associata a ipertrigliceridemia. L'alterazione della clearance delle LDL può essere dovuta a difetti strutturali geneticamente determinati delle apo B (il ligando), i quali riducono il legame di queste proteine ai recettori per le LDL, di per sé normali. In alternativa, la riduzione della clearance può essere dovuta alla diminuzione del numero o all'alterazione della funzione (bassa attività) dei recettori per le LDL, a loro volta dovute a cause genetiche o alimentari. Un'alterazione geneticamente determinata della funzione dei recettori per le LDL ha origine di solito da difetti molecolari della struttura proteica dei recettori, il che costituisce il meccanismo abituale delle malattie genetiche descritte più avanti.

Quando il colesterolo alimentare (come costituente dei remnant dei chilomicroni) giunge al fegato, gli elevati livelli di colesterolo intracellulare che ne derivano (o di un suo metabolita nell'epatocita) sopprimono la sintesi dei recettori per le LDL; questa soppressione avviene a livello della trascrizione del gene per le LDL. Una riduzione del numero dei recettori comporta un aumento dei livelli plasmatici di LDL e quindi di TC. Anche gli acidi grassi saturi determinano un aumento dei livelli di LDL e TC plasmatici; il meccanismo d'azione è legato a una riduzione dell'attività dei recettori per le

LDL. Negli USA, l'apporto alimentare di colesterolo e di acidi grassi saturi è alto e si ritiene che possa rendere conto di un incremento medio dei livelli ematici di LDL che arriva a 25-40 mg/ dl (0,65-1,03 mmol/l), abbastanza da aumentare significativamente il rischio di malattia coronarica (Coronary Artery Disease, CAD).

Inizio Pagina

Diagnosi

Per la diagnosi di iperlipoproteinemia, è difficile stabilire un livello normale di TC plasmatico. Studi prospettici hanno dimostrato che l'incidenza di CAD aumenta in maniera continua con il TC plasmatico e che i valori che un tempo negli USA venivano considerati normali sono più alti di quelli osservati tra le popolazioni con una bassa incidenza di aterosclerosi. Inoltre, prove sperimentali (ottenute da trial clinici prospettici ben disegnati) dimostrano che la riduzione anche solo dei livelli medi americani di TC (e di LDL) nei pazienti coronaropatici rallenta o inverte la progressione della CAD.

Il valore ottimale del TC plasmatico per un adulto di media età non coronaropatico è probabilmente £  200 mg/dl (³ £ 5,18 mmol/l). L'ipercolesterolemia è stata tradizionalmente definita come un valore al di sopra del 95° percentile per la popolazione, che per gli americani varia da 210 mg/dl (5,44 mmol/l) nei soggetti con < 20 anni di età a > 280 mg/dl (> 7,25 mmol/l) nei soggetti con > 60 anni di età. Tuttavia, questi valori sono chiaramente eccessivi, a causa del noto alto rischio di malattia cardiovascolare che si osserva in loro presenza.

Un accordo del National Cholesterol Education Program (NCEP) definisce come auspicabili i livelli di TC minori di 200 mg/dl (< 5,18 mmol/l), come valori borderline alti i livelli compresi tra 200 e 240 mg/dl (tra 5,18 e 6,22 mmol/l) e come elevati i livelli > 240 mg/ dl(> 6,22 mmol/l).

Per i pazienti senza evidenza clinica di coronaropatia o di altre vasculopatie aterosclerotiche, il NCEP raccomanda una valutazione dello stato di salute, comprendente la determinazione del TC e del colesterolo HDL, almeno una volta ogni 5 anni. Ulteriori indagini vengono eseguite nei pazienti con TC elevato, in quelli con colesterolo HDL basso (< 35 mg/dl [< 0,91 mmol/l]), o in quelli con TC borderline che hanno almeno due fattori di rischio per CAD (età > 45 anni per gli uomini o > 55 anni per le donne [o stato postmenopausale senza terapia estrogenica sostitutiva], ipertensione, fumo, diabete, HDL < 35 mg/dl o anamnesi familiare positiva per CAD prima dei 55 anni in un parente maschio di primo grado o prima dei 65 anni in una parente femmina di primo grado). Tali indagini devono comprendere i livelli a digiuno di TC, trigliceridi e HDL. I livelli di LDL vengono poi calcolati applicando la seguente formula: colesterolo LDL = TC-colesterolo HDL-trigliceridi/5. (Questa formula è valida soltanto quando la trigliceridemia è < 400 mg/dl [< 4,52 mmol/l].) Un livello di HDL elevato (> 60 mg/dl [> 1,55 mmol/l]) viene considerato un fattore protettivo e riduce di uno il numero dei fattori di rischio.

Il NCEP raccomanda che le decisioni riguardo al trattamento vengano prese sulla base del livello calcolato di LDL. Per i pazienti con LDL elevate (³  160 mg/dl [³  4,14 mmol/l]) che hanno meno di due fattori di rischio oltre a questo e che non hanno evidenza clinica di patologia aterosclerotica, l'obiettivo del trattamento è di raggiungere un livello di LDL < 160 mg/dl. Per coloro che hanno almeno altri due fattori di rischio, l'obiettivo del trattamento è di raggiungere un livello di LDL < 130 mg/dl (< 3,37 mmol/l). Quando i livelli di LDL rimangono > 160 mg/dl nonostante le misure dietetiche e il paziente ha due o più fattori di rischio (oltre alle LDL elevate), o quando i livelli di LDL rimangono > 190 mg/dl (> 4,92 mmol/l) anche in assenza di fattori di rischio aggiuntivi, si deve prendere in considerazione l'associazione di una terapia farmacologica.

Per i pazienti affetti da CAD, vasculopatia periferica o vasculopatia cerebrale, l'obiettivo del trattamento è di raggiungere un livello di LDL < 100 mg/dl (< 2,59 mmol/l).

Tutti i pazienti con evidenza clinica di coronaropatia o altre patologie aterosclerotiche devono essere valutati mediante un prelievo di sangue a digiuno per il dosaggio del TC, dei trigliceridi e delle HDL. Le LDL vengono di nuovo calcolate come descritto in precedenza.

Al contrario del TC plasmatico, non è chiaro se i trigliceridi plasmatici costituiscano variabili di rischio indipendenti; come il TC, anch'essi variano con l'età. Un livello di trigliceridi < 200 mg/dl (< 2,26 mmol/l) viene considerato normale, un livello da 200 a 400 mg/dl (da 2,26 a 4,52 mmol/l) è borderline alto e un livello > 400 mg/dl (> 4,52 mmol/l) è elevato. L'ipertrigliceridemia è stata associata al diabete, all'iperuricemia e alla pancreatite (quando i livelli sono > 600 mg/dl [> 6,78 mmol/l]).

Come viene descritto più avanti, si possono ottenere informazioni più precise sul rischio di CAD considerando il TC plasmatico come soltanto una delle diverse unità di trasporto dei lipidi, le lipoproteine. Dal 60 al 75% del TC plasmatico viene trasportato dalle LDL, il livello delle quali è direttamente correlato al rischio cardiovascolare. Le HDL, che normalmente ammontano al 20-25% del TC plasmatico, sono correlate in maniera inversa al rischio cardiovascolare. I livelli di HDL sono correlati positivamente con l'esercizio fisico, con il consumo moderato di alcol e con la terapia estrogenica sostitutiva, e negativamente con il fumo, l'obesità e l'uso della maggior parte dei contraccettivi contenenti progestinici. Gli studi mostrano che la prevalenza di CAD in presenza di livelli di HDL di 30 mg/dl (0,78 mmol/l) è più che doppia rispetto a quella osservata in presenza di livelli di 60 mg/dl, e che elevati livelli di LDL o ridotti livelli di HDL sono associati in maniera indipendente con l'aumento del rischio di CAD. Pertanto, bisogna sempre stabilire se gli eventuali alti livelli di TC siano dovuti a un aumento delle LDL o delle HDL. Nei paesi o nei gruppi (p. es., lattovegetariani, Avventisti del Settimo Giorno) in cui i livelli di TC e di colesterolo LDL sono bassi a causa delle abitudini alimentari (notevole riduzione dell'assunzione di grassi saturi totali e colesterolo), i livelli di HDL sono spesso relativamente ridotti e il rischio di CAD è basso. Tuttavia, nello studio di Framingham basato sulla popolazione USA, uomini e donne (che seguivano la tipica dieta americana ad alto contenuto di grassi) con livelli relativamente normali di LDL (da 120 a 160 mg/dl [da 3,11 a 4,14 mmol/l]) e HDL < 30 mg/dl sono risultati ad alto rischio per CAD.

Inizio Pagina

Metodi di laboratorio e interpretazione dei risultati

Un'utile valutazione clinica dell'assetto lipidico si può generalmente eseguire dosando i livelli plasmatici di TC, colesterolo HDL e trigliceridi dopo che il paziente è rimasto a digiuno per ³  12 h. Il campione di sangue deve inoltre essere osservato dopo essere stato lasciato per una notte in frigorifero a 4°C (39,2°F), per notare l'eventuale comparsa di uno strato lattescente determinato dai chilomicroni. Il TC plasmatico può essere determinato con metodi colorimetrici, con la cromatografia gas-liquido, con metodi enzimatici o con altri metodi "diretti" automatizzati. I metodi enzimatici sono generalmente i più accurati e sono standardizzati praticamente in tutti i laboratori clinici. I trigliceridi plasmatici vengono di solito misurati come glicerolo mediante metodi colorimetrici, enzimatici o fluorimetrici dopo idrolisi alcalina o enzimatica a glicerolo e formaldeide. I livelli di HDL vengono dosati con metodi enzimatici dopo precipitazione delle VLDL, delle IDL e delle LDL dal plasma. (Per il calcolo delle LDL, v. sopra.) L'elettroforesi delle lipoproteine è utile soltanto nelle dislipidemie ed è stata ormai soppiantata dall'analisi delle apolipoproteine.

La maggior parte degli aumenti del TC e/o dei trigliceridi è modesta e dovuta principalmente agli eccessi alimentari. Iperlipemie più gravi sono dovute a un gruppo eterogeneo di disordini che differiscono per caratteristiche cliniche, prognosi e risposta alla terapia. L'innalzamento del livello plasmatico di ciascuna delle lipoproteine può determinare ipercolesterolemia. Analogamente, l'ipertrigliceridemia può essere la conseguenza di un aumento dei livelli dei chilomicroni, delle VLDL o di entrambi. Quindi, la definizione dell'esatto pattern lipoproteico è importante, specialmente per la scelta di una dieta e di una terapia farmacologica appropriate. La Tab. 15-1 descrive i cinque tipi di iperlipoproteinemia. Poiché ogni classe di lipoproteine ha una composizione relativamente fissa per quanto riguarda il TC e i trigliceridi, e poiché i due tipi più grandi di particelle (chilomicroni e VLDL) rifrangono la luce e determinano una torbidità del plasma, il tipo specifico di iperlipoproteinemia può spesso essere determinato con la semplice osservazione di un campione di plasma lasciato 24 h a 4°C (39,2°F), seguita da una determinazione più accurata del TC e dei trigliceridi. Un plasma torbido o velato sarà causato da un aumento delle VLDL; se il plasma è limpido, un TC elevato sarà causato da un aumento delle LDL o delle HDL. Se si è formato uno strato cremoso superficiale, esso sarà il risultato di un aumento dei chilomicroni. L'analisi delle apolipoproteine o l'elettroforesi di solito non sono necessarie.

La determinazione del pattern lipoproteico non conclude il processo diagnostico. L'iperlipoproteinemia può essere secondaria ad altri disordini che devono essere esclusi (p. es., l'ipotiroidismo, l'alcolismo o una malattia renale), oppure può essere primitiva (generalmente familiare), nel qual caso deve essere eseguito uno screening per identificare gli altri membri della famiglia (spesso asintomatici) con iperlipoproteinemia.

Nella valutazione dei dosaggi dei lipidi o delle lipoproteine, bisogna tenere in considerazione i punti seguenti: (1) i livelli dei lipidi e delle lipoproteine aumentano con l'età. Un valore accettabile per un adulto di età media potrebbe essere allarmante in un bambino di 10 anni. (2) Poiché i chilomicroni normalmente compaiono nel sangue da 2 a 10 h dopo un pasto, i prelievi di sangue devono essere eseguiti a digiuno (12-16 h). (3) I livelli delle lipoproteine sono sottoposti a un controllo metabolico dinamico e vengono facilmente modificati dalla dieta, dalle malattie, dai farmaci e dalle variazioni di peso. Le analisi sui lipidi devono essere eseguite durante un periodo di equilibrio. Se i risultati sono alterati, devono essere valutati almeno altri due campioni prima di scegliere la terapia. (4) Quando l'iperlipoproteinemia è secondaria a un altro disordine, il trattamento di quest'ultimo di solito corregge anche l'iperlipoproteinemia.

Inizio Pagina

Terapia

Il trattamento della maggior parte dei pazienti con iperlipidemia è quello descritto più avanti per l'iperlipoproteinemia primitiva di tipo II.

Inizio Pagina

-indietro- -ricerca- -indice sezione- -indice generale- -indice tabelle- -indice figure- -help-

Copyright © 2002 Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A. Via G. Fabbroni, 6 - 00191 Roma - Tutti i diritti riservati.

Informativa sulla privacy