4. MALATTIE DEL FEGATO E DELLE VIE BILIARI

40. EPATOPATIA ALCOLICA

IPERTENSIONE PORTALE

Gruppo di sindromi cliniche e di alterazioni anatomopatologiche del fegato causate dall'alcol (etanolo).

Sommario:

Patogenesi
Metabolismo dell'alcol
Anatomia patologica
Sintomi, segni e diagnosi
Esami di laboratorio Prognosi e terapia


Patogenesi

I fattori principali sono la quantità dell'alcol assunto, lo stato nutrizionale del paziente e i tratti genetici e metabolici. Di solito esiste una correlazione lineare tra la gravità dell'alcolismo, in funzione della durata dell'abuso e della quantità assunta, e lo sviluppo di un'epatopatia, anche se non tutti quelli che ne abusano sviluppano un danno epatico significativo. L'equivalente di 10 g di alcol è rappresentato da 30 ml di whiskey a 40°, 100 ml di vino al 12% o 250 ml di birra al 5%. Anche solo 20 g di alcol (circa 200 ml di vino o 60 ml di whiskey) nella donna o 60 g (circa 1200 ml di birra al 5%) nell'uomo, se consumati giornalmente per diversi anni, possono produrre un danno epatico. Per esempio, l'assunzione di 150-200 g di alcol per 10-12 gg causa una steatosi epatica anche in un uomo per il resto in salute. Per sviluppare un'epatite alcolica, i pazienti devono consumare 80 g di alcol al giorno per almeno un decennio, mentre la soglia media per sviluppare una cirrosi è di 160 g al giorno per 8-10 anni. La durata dell'assunzione è importante.

L'alcol è causa di una malnutrizione, in quanto fornisce calorie prive di costituenti alimentari essenziali, riduce l'appetito e determina un malassorbimento attraverso un'azione tossica sul tratto GI e sul pancreas. La sola malnutrizione non causa la cirrosi, ma uno o più fattori nutrizionali possono accelerare l'effetto dannoso dell'alcol.

L'alcol è un'epatotossina il cui metabolismo crea profonde alterazioni nella cellula epatica. La diversa suscettibilità individuale (solamente dal 10% al 15% degli alcolisti sviluppa una cirrosi) o la maggiore suscettibilità delle donne all'epatopatia alcolica (anche quando i valori sono aggiustati sulle dimensioni corporee più piccole) indicano che entrano in gioco anche altri fattori. Uno di questi può essere rappresentato dal fatto che nella mucosa gastrica delle donne c'è una ridotta quantità di alcol deidrogenasi e quindi un metabolismo ridotto. È frequente, poi, la tendenza dell'epatopatia alcolica a manifestarsi in determinate famiglie. Quindi, anche i fattori genetici possono essere coinvolti nel metabolismo dell'alcol, come dimostra il deficit nell'ossidazione dell'alcol presente in alcune persone. Alcuni tipi di istocompatibilità HLA sono stati associati con l'epatopatia alcolica. Lo stato immunologico non sembra aiutare nella definizione della suscettibilità all'alcol, ma i meccanismi immunologici (in particolare i mediatori delle citochine) possono svolgere un ruolo importante nella risposta infiammatoria e nelle lesioni epatiche.

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Metabolismo dell'alcol

L'alcol viene assorbito rapidamente dall'intestino e più del 90% viene metabolizzato dal fegato attraverso dei meccanismi ossidativi che coinvolgono soprattutto l'alcol-deidrogenasi (ADH) e alcuni enzimi microsomiali (il sistema microsomiale etanolo-ossidante). L'alcol non può essere immagazzinato e deve perciò essere metabolizzato. L'alcol-deidrogenasi produce, come catabolita più importante, l'acetaldeide, che è poi ulteriormente ossidata ad acetato. L'acetaldeide può essere tossica per il fegato e per altri organi. La conversione dell'alcol ad acetaldeide e di quest'ultima ad acetato o ad acetil coenzima A implica la produzione di nicotinammide adenin dinucleotide ridotta (NADH), che passa nei mitocondri, aumentando il rapporto NADH/nicotinammide adenina dinucleotide e quindi lo stato di ossidoriduzione del fegato. Per questo motivo, il metabolismo dell'alcol promuove uno stato intracellulare ridotto che interferisce con il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e con altri aspetti del metabolismo intermedio. L'ossidazione dell'alcol è accoppiata, poi, con la riduzione del piruvato a lattato, che causa a sua volta iperuricemia, ipoglicemia e acidosi. Infine, è accoppiata anche con la riduzione dell'acido ossalacetico ad acido malico. Ciò può spiegare la ridotta attività del ciclo dell'acido citrico, la ridotta glicogenogenesi e l'aumentata sintesi degli acidi grassi che si associa al metabolismo dell'alcol.

Con il consumo dell'alcol aumenta l'a-glicerofosfato; il glicerolo prodotto promuove un'aumentata sintesi di trigliceridi e causa iperlipidemia. Sebbene il consumo di O2 rimanga normale dopo l'ingestione di alcol, si verifica una deviazione metabolica dell'O2 utilizzato per la scomposizione degli acidi grassi verso la reazione di ossidazione dell'alcol ad acetato. Questo spostamento può spiegare la ridotta ossidazione dei lipidi e l'aumentata formazione dei chetoni che si verificano dopo l'ingestione di alcol. Il metabolismo dell'alcol può anche indurre nel fegato una condizione ipermetabolica con un conseguente danno da ipossia nella zona 3 (l'area intorno alle venule epatiche terminali). L'effetto finale è uno stato ossiriduttivo ridotto, una sintesi proteica inibita e un'aumentata perossidazione lipidica.

Non è noto se gli alcolisti metabilizzano l'alcol in modo diverso dai non alcolisti. È evidente, comunque, che l'ingestione cronica di alcol porta a un adattamento del fegato con ipertrofia del reticolo endoplasmatico liscio e aumento dell'attività degli enzimi epatici che metabolizzano i farmaci. L'alcol induce il sistema microsomiale che ossida l'etanolo e che è, in parte, responsabile del metabolismo dell'alcol stesso. L'alcol induce anche il P-450 microsomiale che è coinvolto nel metabolismo dei farmaci. Perciò, nei grandi consumatori di alcol aumenta la tolleranza all'alcol e ai farmaci (p. es., sedativi, tranquillanti e antibiotici) e si sviluppano adattamenti neurologici. Il risultato è una complessa interazione tra i farmaci, gli altri agenti chimici e l'alcol.

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Anatomia patologica

Le alterazioni anatomopatologiche del fegato associate all'uso prolungato dell'alcol variano dal semplice accumulo di grassi neutri negli epatociti, alla cirrosi e al carcinoma epatocellulare. Risponde soltanto a criteri di convenienza l'idea, largamente accettata, di una sequenza di alterazioni, steatosi epatica-epatite alcolica-cirrosi. I reperti solitamente si sovrappongono e molti pazienti presentano le caratteristiche dell'intero spettro. La lesione chiave può essere rappresentata dalla fibrosi intorno alle venule epatiche terminali e forse allo spazio perisinusoidale. Dal punto di vista anatomopatologico, è preferibile formulare una diagnosi di epatopatia alcolica e descrivere poi il quadro specifico associato in ciascun paziente.

Il fegato grasso o steatosi (v. anche Cap. 39) sembra costituire la prima e la più frequente risposta all'ingestione dell'alcol. Il fegato è aumentato di volume; la superficie di taglio è giallognola. L'aumentato grasso epatico deriva dalla dieta, dalla mobilizzazione degli acidi grassi liberi dal tessuto adiposo e dalla sintesi dei lipidi nel fegato che sono inadeguatamente degradati o escreti. Nella maggior parte degli epatociti, tranne che nelle aree di rigenerazione, si osservano goccioline di grasso di varie dimensioni. Queste tendono a confluire tra loro formando grossi globuli (macrovescicolari) che spesso occupano l'intero citoplasma. Il grasso si accumula nelle zone 3 (centrozonale) e 2 (mediozonale). Le cisti di grasso rappresentano probabilmente gli aspetti tardivi della degenerazione steatosica. Queste cisti sono in genere localizzate in sede periportale e sono formate dalla fusione del grasso contenuto in numerosi epatociti. Altri reperti includono la trasformazione idropica negli stadi iniziali del danno epatico da alcol e i grandi mitocondri sferici. La prima (epatociti rigonfi, simili a palloni) è causata da un difettoso rilascio di proteine e lipoproteine. Queste cellule degenerano e si disintegrano.

L'epatite alcolica comprende la trasformazione grassa macrovescicolare, la necrosi (spesso focale) e una risposta infiammatoria al danno; può essere presente anche una cirrosi istologicamente accertata.

I corpi di Mallory (ialini alcolici) sono delle inclusioni citoplasmatiche formate da proteine fibrillari, osservate all'interno degli epatociti rigonfi; queste cellule non contengono grassi o ne contengono molto pochi. Con la colorazione ematossilina-eosina, i corpi di Mallory appaiono come aggregati irregolari di materiale purpureo. Pur essendo caratteristici dell'epatopatia alcolica, i corpi di Mallory si osservano anche in alcuni casi di malattia di Wilson, di cirrosi dei bambini indiani, di cirrosi che fa seguito agli interventi di bypass del piccolo intestino, di cirrosi biliare primitiva (o altre cause di prolungata colestasi), di diabete mellito, di obesità patologica e di epatocarcinoma. In risposta alla necrosi degli epatociti e alla formazione dei corpi di Mallory, si sviluppa localmente una reazione polimorfonucleata. Nella zona 3 dell'acino epatico, si deposita del tessuto connettivo a livello dei sinusoidi e intorno agli epatociti. Le fibre collagene infiltrano anche lo spazio di Disse, formando una membrana continua al di sotto dell'endotelio sinusoidale. Si sviluppano, inoltre, delle lesioni venose, come l'importante sclerosi intorno alle venule epatiche terminali, definita necrosi ialina sclerosante o sclerosi ialina centrale. Questa lesione può portare all'ipertensione portale ancor prima dell'instaurarsi della cirrosi e può rappresentare una delle più precoci manifestazioni della cirrosi stessa. La sola occlusione cicatriziale delle vene (come si verifica nella malattia veno-occlusiva) può condurre allo sviluppo di un'ipertensione portale senza una cirrosi evidente.

L'epatite alcolica, con la necrosi e il diffuso infiltrato infiammatorio, è spesso considerata come la tappa intermedia tra la steatosi e la cirrosi epatica. La necrosi cellulare e l'ipossia centrozonale (zona 3) possono stimolare la formazione di collagene. La fibrosi, comunque, deriva dalla trasformazione in fibroblasti delle cellule di deposito dei grassi di Ito. Allora, la fibrosi può portare alla cirrosi senza che nel frattempo si verifichi un'epatite alcolica. Circa il 20% dei forti bevitori va incontro a una cirrosi epatica, in cui il fegato è finemente nodulare con un'architettura scompaginata da setti fibrosi e da noduli. Sebbene l'infiltrato infiammatorio e la steatosi siano caratteristici, il quadro istologico può occasionalmente ricordare quello di un'epatite cronica attiva. Se l'alcolista ha smesso di bere e il fegato va incontro a una risposta rigenerativa strutturale, il quadro clinico può essere quello di una cirrosi mista (v. Cap. 41).

In meno del 10% degli alcolisti si verifica un aumento dei depositi epatici di ferro, indipendentemente dal fatto che il fegato sia normale, steatosico o cirrotico. Il ferro si deposita nelle cellule parenchimali e nelle cellule del Kupffer. Non c'è relazione con la quantità di ferro contenuto nelle bevande alcoliche assunte o con la durata dell'abuso di alcol. Gli altri depositi corporei di ferro non sono aumentati in modo significativo.

La cirrosi alcolica rappresenta la malattia allo stadio terminale e colpisce il 10-20% dei soggetti forti bevitori cronici. La cirrosi micronodulare è evidente, anche se questa può avere per un lungo periodo le caratteristiche della steatosi epatica e dell'epatite alcolica. La rigenerazione cellulare si verifica a partire delle cellule epatiche sopravvissute. La cirrosi può evolvere lentamente verso un quadro aspecifico, macronodulare. Il fegato diventa piccolo e raggrinzito.

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Sintomi, segni e diagnosi

Le diverse modalità di consumo dell'alcol, la suscettibilità individuale agli effetti epatotossici dell'alcol e la variabilità del danno tissutale sono responsabili di quadri clinici estremamente diversi. Per lungo tempo non ci sono manifestazioni specifiche. In linea di massima, i sintomi possono essere correlati alla quantità di alcol assunta e alla durata complessiva dell'abuso di alcol. I primi sintomi compaiono così di solito tra i 30 e i 40 anni e i problemi più gravi si presentano intorno ai 40 anni.

I pazienti affetti da steatosi epatica sono in genere asintomatici. Nel 33% dei casi il fegato si presenta ingrandito, liscio e a volte dolorabile. Spesso le indagini biochimiche di routine sono normali, a eccezione della g-glutamil transpeptidasi (GGT), frequentemente elevata. Possono essere evidenti gli spider vascolari e gli aspetti dell'iperestrogenismo e ipoandrogenismo tipici dell'alcolismo.

L'epatite alcolica può essere sospettata su base clinica, ma la diagnosi dipende dall'esame di una biopsia. La lesione istologica può essere osservata in tutte le fasi cliniche dell'epatopatia alcolica. I pazienti con epatopatia alcolica possono presentare astenia, febbre, ittero, dolore al quadrante addominale superiore destro, un soffio epatico, un'epatomegalia dolente e una leucocitosi, come i pazienti con sepsi, colecistite od ostruzione meccanica extraepatica delle vie biliari.

Anche la cirrosi può essere relativamente asintomatica, può assumere le caratteristiche di un'epatite alcolica o può essere dominata dalle complicanze: l'ipertensione portale con la splenomegalia, l'ascite, la sindrome epato-renale, l'encefalopatia epatica o anche il carcinoma epatocellulare.

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Esami di laboratorio

Sebbene a volte possano essere suggestivi, i test biochimici ed ematologici di routine non sono specifici e non permettono una diagnosi definitiva. Nell'epatopatia alcolica possono esistere varie anomalie morfologiche dei GR, quali le cellule a bersaglio, i macrociti, le cellule a elmetto e gli stomatociti. Il volume corpuscolare medio (MCV) solitamente è aumentato e ciò può rappresentare un utile marker dell'abuso di alcol, perché ritorna lentamente alla norma dopo la sospensione dell'assunzione di alcol. La trombocitopenia è frequente, sia per gli effetti tossici diretti dell'alcol sul midollo osseo, sia per l'effetto secondario dell'ipersplenismo.

Nell'epatite alcolica, le transaminasi sono moderatamente aumentate (circa 250 U/l). La bilirubinemia coniugata, in realtà, aumenta in ospedale. L'attività della ALT sierica è ridotta (a causa della deplezione di piridossal 5'fosfato) rispetto a quella della AST (AST:ALT > 2). L'attività della GGT sierica può essere utile per accertare il consumo di alcol. Il valore clinico della GGT non è nella sua specificità, ma nell'essere marcatamente aumentata nei pazienti che bevono un'eccessiva quantità di alcol o che sono affetti da un'epatopatia alcolica. Il MCV, la GGT e la fosfatasi alcalina rappresentano la migliore combinazione di esami di routine per l'identificazione di un abuso cronico di alcol. Talvolta sono utili la scintigrafia epatica e l'ecografia. La diagnosi di certezza, particolarmente nell'epatite alcolica, si basa comunque solo sulla biopsia epatica (v. Cap. 37). Negli alcolisti si possono verificare, infatti, anche altre forme di epatopatia.

Prognosi e terapia

Con l'astinenza, il danno epatico non fibrotico può regredire e, comunque, migliora la sopravvivenza dei pazienti con epatite alcolica, fibrosi e cirrosi. L'entità dell'epatite alcolica sembra essere determinata dal grado della fibrosi associata e della necrosi delle cellule epatiche. La possibile reversibilità della necrosi ialina sclerosante è sconosciuta.

In teoria il trattamento dell'epatopatia alcolica è semplice e immediato. In pratica è, invece, difficile perché i pazienti devono sospendere l'assunzione di alcolici. Dopo i ripetuti attacchi della malattia, le disastrose conseguenze sociali (p. es., la perdita del lavoro, la minaccia di divorzio) e l'analisi dei fatti da parte di un medico col quale si sia stabilito un rapporto di fiducia, molti pazienti smettono di bere. È importante ricordare al paziente che una buona parte delle lesioni causate dall'epatopatia alcolica è reversibile. Per il resto, il trattamento si basa su procedure di supporto non specifiche. La sospensione acuta dell'assunzione di alcol richiede un trattamento di supporto, il controllo del bilancio idro-elettrolitico e l'uso di sedativi (p. es., le benzodiazepine), attentamente dosate in base alla gravità dei sintomi da astinenza. La sedazione eccessiva nei pazienti con epatopatia grave può precipitare un'encefalopatia epatica. (V. anche Alcolismo nel Cap. 195.)

Un supporto generale e nutrizionale dà buoni risultati nel tempo. L'utilità dei corticosteroidi nell'epatopatia alcolica è dibattuta, mostrando, forse, maggiori effetti nelle patologie più gravi, in particolare in presenza di un'encefalopatia epatica. L'uso degli agenti antifibrinogenici (p. es., colchicina, penicillamina) non ha dimostrato una particolare efficacia, mentre il propiltiouracile, nel trattamento del possibile stato di ipermetabolismo dell'epatopatia alcolica, fornisce dei benefici, ma non ha mai conquistato una generale approvazione. I traumi, le infezioni, le emorragie GI, i deficit nutritivi, la ritenzione di liquidi e l'encefalopatia epatica richiedono una speciale attenzione, come trattato altrove nel Manuale.

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