6. MALATTIE DELL'APPARATO RESPIRATORIO

64. PROVE DI FUNZIONALITÀ RESPIRATORIA

Sommario:

Introduzione
Fisiologia
Volumi e capacità polmonari statici
Volumi e flussi polmonari dinamici
Curva flusso-volume
Meccanica polmonare
Capacità di diffusione
Indagini diagnostiche sulle piccole vie aeree
Monitoraggio della respirazione durante il sonno
Prescrizione delle prove di funzionalità respiratoria
Emogasanalisi arteriosa
Scintigrafia ventilatoria perfusionale con valutazione funzionale differenziale dei due polmoni
Determinazione della pressione transdiaframmatica
Test da sforzo


Le prove di funzionalità respiratoria comprendono la semplice spirometria come anche sofisticate indagini fisiologiche. Le abbreviazioni in uso per la funzionalità respiratoria sono spiegate nella Tab. 64-1.

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Fisiologia

Normalmente il volume e il modello della ventilazione sono impostati da impulsi nervosi provenienti dal centro respiratorio del tronco encefalico. Questi impulsi efferenti sono influenzati da stimoli afferenti provenienti dai chemocettori carotidei (PaO2) e centrali (PaCO2, [H+]); dai recettori propriocettivi dei muscoli, dei tendini e delle articolazioni e da impulsi derivanti dalla corteccia cerebrale. Gli impulsi nervosi partono dal centro respiratorio e, attraverso il midollo spinale e i nervi periferici, arrivano ai muscoli intercostali e al diaframma. Il normale scambio dei gas avviene se l'aria inspirata viene trasferita, attraverso vie aeree sane e pervie, ad alveoli pervi e adeguatamente perfusi. Normalmente la ventilazione (a) e la perfusione() alveolari sono ben accoppiate e proporzionali al ritmo metabolico e le tensioni dei gas nel sangue arterioso sono mantenute entro un ambito molto ristretto (v. anche Emogasanalisi arteriosa, oltre).

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Volumi e capacità polmonari statici

La capacità vitale forzata (Forced Vital Capacity, FVC), simile alla VC, è il volume d'aria espirato con la massima forza possibile. Di solito viene misurata insieme ai flussi espiratori durante la spirometria semplice (v. Volumi e flussi polmonari dinamici, oltre). La VC può essere notevolmente maggiore della FVC in pazienti con ostruzione delle vie aeree. Durante la misura della

FVC, le vie aeree terminali possono chiudersi prematuramente (cioè prima che sia raggiunto il vero volume residuo), intrappolando il gas distalmente e impedendone la misura spirometrica.

La capacità polmonare totale (Total Lung Capacity, TLC) è il volume totale di aria nel polmone dopo una massima inspirazione.

La capacità funzionale residua (Functional Residual Capacity, FRC) è il volume di aria nei polmoni alla fine di una normale espirazione quando tutti i muscoli respiratori sono rilasciati. Fisiologicamente rappresenta il più importante volume polmonare, perché si approssima al livello della normale respirazione a volume corrente. Le forze del ritorno elastico della parete toracica, dirette verso l'esterno, tendono a incrementare il volume polmonare, ma sono bilanciate dalle forze del ritorno elastico dei polmoni, dirette verso l'interno, che tendono a ridurlo. Tali forze sono normalmente uguali e contrarie a un volume polmonare pari a circa il 40% della TLC. La perdita del ritorno elastico del polmone nell'enfisema aumenta la FRC. Viceversa, un'aumentata rigidità dei polmoni, quale si realizza nell'edema polmonare, nella fibrosi interstiziale e in altri processi restrittivi polmonari, determina una riduzione della FRC. La cifoscoliosi porta a una riduzione della FRC e di altri volumi polmonari, poiché una gabbia toracica rigida e con scarsa compliance limita l'espansione polmonare. La capacità inspiratoria è la differenza tra la TLC e la FRC.

La FRC ha due componenti: il volume residuo (Residual Volume, RV), cioè il volume di aria che rimane nei polmoni alla fine di un'espirazione massima, e il volume di riserva espiratoria (Expiratory Reserve Volume, ERV); ERV = FRC-RV. Normalmente il RV è uguale a circa il 25% della TLC (v. Fig. 64-1). Esso si modifica parallelamente alla FRC, con due eccezioni: nelle patologie polmonari restrittive e in quelle delle gabbia toracica, il RV si riduce meno della FRC e della TLC (v. Fig. 64-2) e nelle patologie delle piccole vie aeree, la chiusura precoce durante l'espirazione porta a intrappolamento di aria, cosicché il RV è aumentato mentre la FRC e il FEV1 rimangono quasi normali. Nella COPD e nell'asma, il RV aumenta più di quanto non faccia la TLC, producendo una certa diminuzione della VC (v. Fig. 64-3). L'anomalia caratteristica dell'obesità è un ridotto ERV, a causa di una marcata riduzione della FRC con un RV relativamente ben conservato.

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Volumi e flussi polmonari dinamici

I volumi polmonari dinamici riflettono il diametro e l'integrità delle vie aeree. Lo spirometria (v. Fig. 64-1) registra il volume polmonare in funzione del tempo durante una manovra di espirazione forzata (FVC). Il volume espiratorio forzato in 1 s (Forced Expiratory Volume, FEV1) è il volume di aria espirata con forza durante il primo secondo dopo un respiro a pieni polmoni e normalmente rappresenta > 75% della FVC. Questo valore viene spesso espresso sia come valore assoluto sia come percentuale della FVC (FEV1%FVC). Il flusso espiratorio massimo medio durante la metà centrale della FVC (Forced Expiratory Flow, FEF25-75%) è rappresentato dalla pendenza della linea che interseca il tracciato spirografico al 25% e al 75% della FVC. Poiché il FEF25-75%, è meno dipendente dallo sforzo rispetto al FEV1, esso costituisce un indice più sensibile di iniziale ostruzione delle vie aeree.

La riduzione dei flussi espiratori è aumentata dal broncospasmo (nell'asma), dalla ritenzione di secrezioni (nella bronchite) e dalla perdita del ritorno elastico del polmone (nell'enfisema). Nell'ostruzione fissa delle alte vie respiratorie, il flusso è limitato dal calibro del segmento ristretto piuttosto che dalla compressione dinamica, provocando una pari riduzione della velocità dei flussi inspiratori ed espiratori (v. Fig. 64-4D).

Nelle patologie restrittive polmonari, l'aumento del ritorno elastico dei tessuti tende a preservare il calibro delle principali vie aeree in modo che, a parità di volume polmonare, i flussi espiratori risultano spesso più elevati del normale. (Le prove di funzionalità delle piccole vie aeree, tuttavia, possono risultare alterate.)

La ripetizione delle prove di funzionalità polmonare dopo l'inalazione di un aerosol broncodilatatore (p. es., salbutamolo, ipratropio) dà informazioni sulla reversibilità del processo ostruttivo (cioè sulla componente asmatica). Il miglioramento della FVC o del FEV1(l) > 15-20% è di regola considerato una risposta positiva. Nei pazienti con ostruzione delle vie aeree, la mancata risposta dopo una singola dose di broncodilatatore, tuttavia, non esclude una risposta positiva a una terapia di mantenimento. Nei test di broncoprovocazione, una significativa riduzione dei flussi espiratori dopo inalazione di metacolina (un agonista colinergico) può essere indice di asma.

La ventilazione volontaria massima (Maximal Voluntary Ventilation, MVV) si misura inducendo il paziente a respirare con la massima profondità e frequenza possibili per 12 s; il volume di aria espirata viene espressa in l/min. La MVV di regola si comporta in modo parallelo al FEV1 e può essere usata come test interno di concordanza e per valutare la cooperazione del paziente. La MVV predetta può essere ricavata dallo spirogramma moltiplicando il FEV1(l) o 40.

Quando la MVV è sproporzionatamente bassa in un paziente apparentemente cooperante, si deve sospettare una debolezza neuromuscolare. A eccezione dei casi di patologia neuromuscolare avanzata, la maggior parte dei pazienti è in grado di produrre sforzi respiratori singoli pressoché normali (p. es., la FVC). Dal momento che la MVV è molto più impegnativa, essa può documentare la ridotta riserva dei muscoli respiratori indeboliti. La MVV diminuisce progressivamente con l'aumentare della debolezza dei muscoli respiratori e, insieme alle pressioni massime inspiratoria ed espiratoria (v. oltre), può rappresentare la sola alterazione funzionale respiratoria dimostrabile in pazienti con patologia neuromuscolare moderatamente grave.

La MVV è un importante parametro preoperatorio in quanto riflette, oltre alla gravità dell'ostruzione delle vie aeree, la riserva respiratoria, la forza muscolare e la motivazione del paziente.

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Curva flusso-volume

La curva flusso-volume è generata dalla registrazione continua del flusso e del volume con uno spirometro elettronico durante una manovra di inspirazione ed espirazione forzate con misura della VC. La forma della curva riflette lo stato dei volumi polmonari e delle vie aeree durante il ciclo respiratorio. Modificazioni caratteristiche si vedono nelle affezioni restrittive e in quelle ostruttive. Tale relazione grafica è particolarmente utile per evidenziare alterazioni laringee e tracheali. Essa può permettere di distinguere tra ostruzione fissa (p. es., da stenosi tracheale) e dinamica (p. es., da tracheomalacia, paralisi delle corde vocali) delle vie aeree superiori. La Fig. 64-4 illustra alcune alterazioni caratteristiche della curva flusso-volume.

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Meccanica polmonare

La resistenza delle vie aeree (Raw) può essere direttamente misurata con un pletismografo corporeo che determina la pressione richiesta per produrre un dato flusso. Più comunemente, tuttavia, la Raw si ricava dai volumi polmonari dinamici e dalla velocità dei flussi espiratori, rilevabili più facilmente.

La pressione massima inspiratoria (Maximal Inspiratory Pressure, MIP) e la pressione massima espiratoria (Maximal Expiratory Pressure, MEP) misurano la forza dei muscoli respiratori quando il paziente forzatamente inspira ed espira, rispettivamente, attraverso un boccaglio occluso collegato con un misuratore di pressione. Come la MVV (v. sopra), le pressioni massime si riducono nelle affezioni neuromuscolari (p. es., miastenia gravis, distrofia muscolare, sindrome di Guillain-Barré). Queste pressioni, insieme alla VC, si misurano spesso al letto del paziente intubato per prevedere il successo dello svezzamento dal supporto ventilatorio.

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Capacità di diffusione

La capacità di diffusione per il monossido di carbonio (DLCO) può essere misurata durante un singolo respiro (DLCOSB). Il paziente inspira una piccola concentrazione nota di monossido di carbonio (CO), trattiene il respiro per 10 s e poi espira. Un campione di gas alveolare (cioè di fine espirazione) viene analizzato per il CO e se ne calcola la quantità assorbita durante il respiro, esprimendola come ml/min/mm Hg.

Una DLCO bassa riflette, forse, gli alterati rapporti ventilazione/perfusione (/) dei polmoni malati, piuttosto che un ispessimento fisico della membrana alveolocapillare. Comunque, questo test si basa sull'avidità dell'Hb per il CO e pertanto è influenzato dal volume di sangue e dalla quantità di Hb desaturata che i polmoni contengono al momento del test. La DLCO è bassa nei processi che distruggono le membrane alveolocapillari (p. es., l'enfisema e i processi infiammatori interstiziali o fibrotici) e nell'anemia grave, in cui vi è meno Hb disponibile a legare il CO inalato. La DLCO risulta bassa per artefatto se l'Hb del paziente è già occupata dal CO, p. es., se questi ha fumato durante le ore precedenti il test.

La DLCO aumenta con la policitemia e con l'aumento del flusso sanguigno polmonare, come può verificarsi nelle fasi precoci dello scompenso cardiaco.

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Indagini diagnostiche
sulle piccole vie aeree

Nel polmone normale, i bronchi di diametro 2 mm costituiscono < 10% delle resistenze totali delle vie aeree, anche se la loro superficie complessiva è ampia. Le affezioni che interessano principalmente le vie aeree piccole (periferiche) possono essere anche molto estese, senza influire sulle Raw né sui test che da esse dipendono (p. es., il FEV1). Ciò è vero per le malattie polmonari ostruttive in fase precoce e per le affezioni interstiziali granulomatose, fibrotiche o infiammatorie.

Lo stato delle vie aeree di piccolo calibro si riflette nel FEF25-75% e nei flussi espiratori nell'ultimo 25-50% della FVC, come viene meglio evidenziato dalla curva flusso-volume (v. Fig. 64-4A). Sono stati ideati test di funzione delle piccole vie aeree più elaborati, come le variazioni della compliance polmonare dipendenti dalla frequenza (compliance dinamica), il volume di chiusura e la capacità di chiusura. In generale, questi test aggiungono poco a quelli più facilmente disponibili e trovano poche applicazioni nel laboratorio clinico.

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Monitoraggio della respirazione
durante il sonno

Le apnee centrali e ostruttive durante il sonno possono essere distinte monitorando il respiro nel sonno (v. anche Sindrome da apnea nel sonno nel Cap. 173). Un ossimetro sull'orecchio o sul dito monitora la saturazione in O2. Un catetere posto in una narice misura la PCO2 di fine espirazione (PetCO2) e monitorizza il flusso aereo. Il movimento della gabbia toracica è monitorato con sensori di trazione o con elettrodi a impedenza. Nell'apnea ostruttiva durante il sonno, il flusso d'aria attraverso il naso cessa nonostante il persistere delle escursioni della gabbia toracica, la saturazione in O2 cade bruscamente e la PetCO2 aumenta. Nell'apnea centrale, il movimento della gabbia toracica e il flusso d'aria cessano contemporaneamente.

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Prescrizione delle prove di funzionalità respiratoria

Come screening generale preoperatorio, la determinazione della FVC, del FEV1, del FEV1%FVC e della MVV solitamente sono sufficienti. I test devono essere eseguiti prima degli interventi chirurgici toracici o addominali in fumatori con > 40 anni e nei pazienti con sintomi respiratori. Una curva flusso-volume deve essere richiesta nei pazienti con sospette patologie laringee o tracheali. Se si sospetta un deficit funzionale dei muscoli respiratori, la MVV, la MIP, la MEP e la VC rappresentano le prove più appropriate.

Delle prove di funzionalità respiratoria complete dovrebbero essere richieste quando il quadro clinico non concorda con i dati ottenuti dalla semplice spirometria o quando si desideri una più completa valutazione di una patologia polmonare anomala. Una serie completa di prove comprende la determinazione dei volumi polmonari statici e dinamici, la DLCO, la curva flusso-volume, la MVV, la MIP e la MEP. Comunque, l'esecuzione sistematica di tutte queste prove è faticosa, lunga, costosa e non indispensabile per un'adeguata valutazione clinica della maggior parte dei pazienti. Misurazioni periodiche della VC e della DLCO bastano di solito a seguire nel tempo i pazienti con patologie polmonari interstiziali.

Le Tab. 64-2 e 64-3 hanno lo scopo di fornire direttive generali per l'interpretazione delle prove di funzionalità polmonare.

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Emogasanalisi arteriosa

La PaO2 e la PaCO2 riflettono l'adeguatezza e l'efficienza degli scambi gassosi fra i polmoni e il sangue venoso. La PaCO2 di norma si mantiene nello stretto intervallo compreso tra 35 e 45 mm Hg. Un aumento di produzione della CO2 (co2) comporta normalmente un incremento appropriato dello stimolo ventilatorio e della ventilazione alveolare (a), prevenendo ogni incremento della PaCO2. La a e la PaCO2 sono inversamente proporzionali ad ogni dato livello di co2 (cioè, a o PaCO2 = k o co2).

La PaO2 è considerevolmente più bassa della Po2 inspirata (PiO2) e poco più bassa della PaO2. La Fig. 64-5 mostra le modificazioni della Po2 mentre il gas inspirato viene trasportato agli alveoli. La Po2 del gas inalato viene calcolata dalla percentuale della frazione di O2 inspirato (FiO2) moltiplicata per la pressione barometrica (Pb). Per l'aria a livello del mare, PiO2 = 0,21 o 760 mm Hg @ 160 mm Hg. Non appena entra nelle vie aeree superiori, il gas inspirato viene saturato dal vapore acqueo. Al livello del mare e, a normale temperatura corporea, (37°C ), l'acqua esercita una pressione parziale di 47 mm Hg. Dopo saturazione con vapore acqueo, la Po2 è lievemente diluita. Po= 0,21(760-47)@149mm Hg. Ai fini pratici, la Po2 del gas inalato che entra negli alveoli può essere approssimata moltiplicando la FiO2 o 7 (p. es., per l'aria ambiente, 21 o 7 = 147 mm Hg; per l'ossigeno al 40%, 40 o 7 = 280 mm Hg).

Poiché la pressione gassosa totale negli alveoli deve rimanere costante, maggiore è la quantità di CO2 che entra negli alveoli, minore deve essere la PaO2. In un paziente che assume una dieta alimentare normale, il quoziente respiratorio (cioè, il rapporto co2/o2) è pari non a 1 ma a circa 0,8, quindi ogni mm PaCO2 allontana in effetti 1,25 mm PaO2. (Il quoziente respiratorio è influenzato dalla quantità relativa di grassi e di carboidrati contenuti nella dieta, aumentando fino a quasi 1 con un'alimentazione ricca di carboidrati e scendendo fino a quasi 0,7 con un'alimentazione ricca di grassi.) A scopo clinico, la PaCO2 può essere assunta come uguale alla PaCO2. Perciò, la PaO2 può essere calcolata dall'equazione PaO2 = FiO2 (Pb-Ph2o) -1,25 PaCO2 (vedi la Fig. 64-5).

Per l'aria ambiente, con una PaCO2 di 40 mm Hg, la PaO2 = 147-50 = 97 mm Hg. Il normale valore di a è circa 5 l/min, come lo è anche per la perfusione (). Se a e fossero perfettamente uguali (cioè / = 1), PaO2 e PaO2 sarebbero uguali. Il rapporto medio / di un polmone normale è, tuttavia, circa 0,8. Questo livello di squilibrio / è causa di una PaO2 che è 5-15 mm Hg più bassa della PaO2, come se il 2% del sangue arterioso polmonare (venoso misto) fosse immesso direttamente nella circolazione polmonare venosa senza partecipare allo scambio gassoso (shunt). La differenza tra PaO2 e PaO2 (A-aDO2) riflette direttamente il grado di disaccoppiamento del e , cioè, la gravità del danno polmonare intrinseco.

La PaO2 per un ventenne sano, che respiri aria in ambiente chiuso, è circa 90 mm Hg. La PaO2 normale all'età di 70 anni è circa 75 mm Hg. Questa riduzione fisiologica della PaO2 con l'età è il risultato di una diminuzione del ritorno elastico polmonare (enfisema senile) che porta a una chiusura delle più piccole vie aeree nel range del volume corrente, con una ulteriore riduzione del rapporto medio / dei polmoni.

Le cause fisiopatologiche di ipossiemia vengono elencate nella Tab. 64-4. Una PiO2 più bassa del normale necessariamente porta all'ipossiemia, senza alcuna alterazione della relazione / e senza un aumento della A-aDO2. Le cabine passeggeri degli aerei commerciali sono pressurizzate all'equivalente di un'altitudine di 1500-2400 m, che equivale a respirare O2 al 17% al livello del mare. L'ipossiemia può essere compensata in qualche misura dall'iperventilazione, ma abbassamenti della PaO2 fino a 30 mm Hg sono stati riportati in pazienti con COPD durante voli di linea (v. anche Cap. 283).

L'ipoventilazione può portare da sola all'ipossiemia, anche senza una patologia polmonare intrinseca. Se la PaCO2 aumenta da 40 a 80 mm Hg, come può verificarsi in un'overdose di sedativi, la PaO2 deve scendere di 50 mm Hg (cioè, 40 o 1,25), da 90 a 40 mm Hg. Quando l'ipoventilazione viene identificata come la causa principale dell'ipossiemia (cioè, ipossiemia con una normale A-aDO2), devono essere prese in considerazione le diagnosi elencate nella Tab. 64-4.

La causa di gran lunga più comune di ipossiemia è l’alterato rapporto / (v. Fig. 64-6). Nei pazienti con COPD, la perdita delle proprietà elastiche tissutali, il broncospasmo e le secrezioni vischiose concorrono nel peggiorare il rapporto / nei polmoni. Le aree con basso rapporto / determinano ipossiemia; le aree con un alto rapporto portano a una ventilazione sprecata (spazio morto), aumentando il lavoro respiratorio e contribuendo all’ipercapnia. A meno che le vie aeree siano totalmente occluse, l’ipossiemia viene rapidamente corretta con piccoli incrementi della FiO2, in quanto vi è un forte gradiente di diffusione verso le aree di ipossia alveolare. Tipicamente, una FiO2 tra il 24 e il 28% è sufficiente a correggere l’ipossiemia dovuta all’alterato rapporto V/Q.

Le aree che sono completamente non ventilate (per collasso o inondamento completo degli alveoli), ma sono ancora perfuse, determinano uno shunt di sangue destro-sinistro. Lo shunt comporta un'ipossiemia che è più refrattaria agli aumenti della FiO2 poiché l'O2 non può raggiungere la superficie di scambio dei gas. Questi casi richiedono spesso la ventilazione meccanica e la pressione positiva teleespiratoria (PEEP) per incrementare la FRC e aprire le vie aeree occluse (v. Cap. 66).

La ridotta diffusione dell'O2 attraverso la membrana alveolocapillare probabilmente non è la causa principale di ipossiemia a riposo, a eccezione che ad alta quota.

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Scintigrafia ventilatoria perfusionale con valutazione funzionale differenziale dei due polmoni

Una scintigrafia polmonare ventilatoria/perfusionale preoperatoria (scintigrafia funzionale differenziale) è una tecnica non invasiva utile per prevedere la funzione polmonare dopo pneumonectomia. Questa è soprattutto utile nei pazienti con cancro del polmone, che spesso hanno una funzione sbilanciata tra i due polmoni. Un isotopo radioattivo è iniettato (perfusione) o inalato (ventilazione) come per una normale scintigrafia del torace. Raggiunto l'equilibrio, viene misurata la percentuale dell'isotopo in ogni polmone, solitamente in proiezione posteriore con il paziente supino.

Il FEV1 predetto dopo pneumonectomia corrisponde alla percentuale di radioisotopo captata dal polmone sano moltiplicata per il FEV1 preoperatorio (in litri). Un valore < 0,8 l (o < 40% del predetto per quel paziente) indica una grave inabilità polmonare e una probabilità di morbilità e di mortalità perioperatoria inaccettabilmente alta.

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Determinazione della pressione transdiaframmatica

La misurazione della pressione transdiaframmatica permette una valutazione quantitativa della debolezza diaframmatica. Questa procedura può essere utilizzata per diagnosticare una paralisi diaframmatica bilaterale. Dei manometri a palloncino vengono posizionati nella parte distale dell'esofago e nello stomaco, quindi viene misurata la pressione attraverso il diaframma. Questa manovra misura indirettamente la tensione diaframmatica durante uno sforzo inspiratorio. Normalmente, il gradiente attraverso il diaframma a capacità polmonare totale è > 25 cm di acqua.

La diagnosi di paralisi unilaterale, suggerita da un'elevazione asimmetrica dell'emidiaframma interessato alla rx, può essere confermata dalla fluoroscopia. Durante una manovra inspiratoria forzata (manovra di "annusamento" o "sniff test"), l'emidiaframma sano scende energicamente, aumentando la pressione intra-addominale e spingendo l'emidiaframma paralizzato in direzione craniale (movimento paradosso). Tuttavia, la fluoroscopia non è accurata per la diagnosi di paralisi bilaterale.

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Test da sforzo

La ripetizione delle misurazioni funzionali durante o dopo esercizio fisico aiuta a determinare il ruolo specifico delle patologie cardiache e polmonari nell'eziologia della dispnea, a valutare la limitazione funzionale e a monitorare l'efficacia di un programma di riabilitazione. Un paziente con sospetto asma bronchiale, ma con obiettività e spirometria normali a riposo, può presentare respiro sibilante durante lo sforzo, soprattutto se inala aria fredda. Una riduzione della VC o del FEV> 15% è considerata patologica, indice di iperreattività delle vie aeree. Una diminuzione della DLCO o dell'ossigenazione durante esercizio indica anormalità negli scambi gassosi e possono essere i primi indici funzionali di danno vascolare o interstiziale del polmone.

Nei pazienti con patologie cardiache, il volume sistolico può non aumentare proporzionalmente con l'esercizio. Conseguentemente, la frequenza cardiaca aumenta in maniera sproporzionata al o2, come risultato dell'aumento del rapporto Vd/Vt (ventilazione dello spazio morto), dell'ipossiemia o dell'affaticamento dei muscoli respiratori.

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