11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

130. MALATTIE MIELOPROLIFERATIVE

Gruppo di malattie caratterizzate da anomala proliferazione di una o più linee cellulari emopoietiche o di elementi del tessuto connettivale.

POLICITEMIA VERA

(Policitemia primitiva; morbo di Vaquez)

Disordine mieloproliferativo cronico caratterizzato da un aumento della concentrazione dell’Hb e della massa dei GR (eritrocitosi).

Sommario:

Incidenza e fisiopatologia
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi
Terapia


Incidenza e fisiopatologia

La policitemia vera (PV) ha un’incidenza di circa 5/1000000 di persone e interessa più frequentemente il sesso maschile (circa 1,4:1). Al momento della diagnosi l’età media è di 60 anni (con un range da 15 a 90 anni; raramente nell’infanzia); il 5% dei pazienti ha < 40 anni all’esordio.

Il midollo osseo talora appare normale, ma di solito è ipercellulare; l’iperplasia coinvolge tutti gli elementi midollari e rimpiazza il grasso midollare. C’è un aumento della produzione e del turnover dei GR, dei neutrofili e delle piastrine. I megacariociti aumentati in quantità possono presentarsi in aggregati ("clumps"). Il Fe midollare è assente in > 90% dei pazienti, anche quando non siano stati eseguiti salassi.

Studi sulle donne con PV eterozigoti rispetto al locus per il G6PD legato al cromosoma X, hanno dimostrato che i GR, i neutrofili e le piastrine hanno tutti lo stesso isoenzima G6PD, rilievo a favore della tesi dell’origine clonale di tale patologia a livello di una cellula staminale pluripotente. La causa di tale proliferazione è ignota.

Infine, circa il 25% dei pazienti presenta una riduzione della sopravvivenza dei GR e mancano della capacità di un adeguato incremento dell’eritropoiesi; si sviluppano anemia e mielofibrosi. Un’emopoiesi extramidollare si verifica nella milza, nel fegato e in altre sedi con potenzialità emopoietica.

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Sintomi e segni

Alcuni pazienti sono asintomatici e il primo sospetto si ha con un esame routinario del sangue. I disturbi (debolezza, cefalea, sensazione di testa vuota, disturbi visivi, affaticamento, dispnea) di solito possono essere attribuiti all’espansione del volume ematico e all’iperviscosità. Comune è una diatesi emorragica. Frequentemente viene lamentato prurito, specialmente dopo un bagno caldo. La faccia può essere rubizza e le vene retiniche congeste. Comune è l’epatomegalia e più del 75% dei pazienti presenta splenomegalia (che può essere notevole, arrivando fino alla cresta iliaca); se si verifica un infarto splenico può essere ascoltato uno sfregamento. I pazienti possono presentarsi con un’ulcera peptica, una trombosi, la sindrome di Budd-Chiari o un dolore osseo. Le complicanze dell’iperuricemia (p. es., gotta, calcoli renali) tendono a manifestarsi più tardivamente.

Infine, l’attività eritropoietica si riduce nel midollo. GB immaturi e precursori dei GR possono ritrovarsi nel sangue periferico, mentre si sviluppano marcata anisocitosi, poichilocitosi, con microciti, ellissociti e cellule a goccia. I neutrofili e le piastrine possono essere morfologicamente anomale e il loro numero può aumentare. Il midollo osseo mostra un aumento della reticolina; può essere rilevata una progressiva splenomegalia causata dall’emopoiesi extramidollare. Durante questa "fase silente", possono svilupparsi anemia e trombocitopenia.

L’anomala funzione piastrinica spesso porta a problemi emostatici. Dal momento che gli interventi chirurgici possono essere rischiosi, il trattamento chirurgico deve essere rinviato fino a quando l’Htc si sia ridotto < 42% e le piastrine < 600000/ml)

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Diagnosi

La PV deve essere considerata negli uomini con Htc > 54% e nelle donne con Htc > 49%. Poiché la PV è una panmielosi, la sua diagnosi è chiara nei pazienti con aumento di tutte e tre le componenti ematiche periferiche, splenomegalia e nessuna evidenza di eritrocitosi secondaria. Le linee guida diagnostiche sono elencate nella Tab. 130-2.

Poiché l’Htc è un rapporto dei GR circolanti per unità di volume di sangue intero, un Htc elevato può essere causato da una riduzione del volume plasmatico. Quindi, una diagnosi di eritrocitosi vera è basata sulla dimostrazione di una massa eritrocitaria aumentata. Quando misurata con GR marcati con il cromo radioattivo (51Cr), una massa dei GR > 36 ml/kg negli uomini (valore normale 28,3 ± 2,8 ml/kg) e > 32 ml/kg nelle donne (valore normale 25,4 ± 2,6 ml/kg) è considerata anormale. Nella eritrocitosi relativa (spuria) (cioè, policitemia da stress, la sindrome di Gaisböck), la massa è normale e l’aumento dell’Htc è causato da una riduzione del volume plasmatico. Una volta che l’eritrocitosi è stata stabilita, ne deve essere ricercata la causa (v. Tab. 130-3). Più comune è l’eritrocitosi secondaria a patologia polmonare (v. oltre), a policitemia del fumatore causata da elevati livelli di carbossiemoglobina e a tumori producenti sostanze eritropoietiche. Nella Tab. 130-4 sono indicati i test di laboratorio per la diagnosi differenziale e nella Fig. 130-1 viene proposta una strategia diagnostica nella valutazione dell’eritrocitosi.

Se la concentrazione arteriosa di O2 è < 92%, un’ipossia tissutale può essere alla base dell’eritrocitosi. L’indice di fosfatasi alcalina leucocitaria (FAL) si valuta mediante una colorazione istochimica specifica per un enzima dei neutrofili. L’indice di FAL risulta elevato nel 75% dei pazienti con PV, mentre risulta di solito normale nei pazienti con altre cause di eritrocitosi. Tuttavia, dal momento che febbre, infezioni o infiammazioni possono aumentare i livelli di FAL, l’indice di quest’ultima è utile per porre diagnosi di PV solo in assenza di tali stimoli. L’esame delle urine può far rilevare un’ematuria microscopica mentre l’ultrasonografia renale o la TC possono rivelare una lesione renale alla base di un’eritrocitosi secondaria. La P50 (pressione parziale di O2 relativa a una saturazione dell’Hb del 50%) rappresenta una valutazione dell’affinità dell’Hb per l’O2 ed esclude un’alta affinità dell’Hb (un’anomalia familiare) quale causa di eritrocitosi.

I pazienti con PV hanno livelli bassi o indeterminabili di eritropoietina sierica; quelli con eritrocitosi indotta da ipossia hanno livelli elevati; quelli con eritrocitosi associata a tumore hanno livelli normali o aumentati. Il midollo osseo prelevato da pazienti con PV ha la capacità di formare colonie eritroidi endogene in coltura, cioè senza la necessità di aggiungere eritropoietina. In contrasto, nei pazienti sani o in quelli con eritrocitosi secondaria, il midollo necessita dell’aggiunta di eritropoietina per la formazione di colonie eritroidi.

Altre alterazioni nei dati di laboratorio possono rilevarsi nella PV: iperuricemia e iperuricosuria si hanno in  30% dei pazienti; possono essere presenti alterazioni qualitative della funzione piastrinica; la vitamina B12 e la capacità di legame per la B12 risultano frequentemente elevate.

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Prognosi

Senza trattamento, il 50% dei pazienti sintomatici muore entro 18 mesi dalla diagnosi. (Per informazioni riguardanti il supporto per il paziente e la famiglia, v. Cap. 294.) Nei pazienti trattati con terapia, la sopravvivenza media varia da 7 a 15 anni. La trombosi rappresenta la causa di morte più frequente, seguita dalle complicanze della metaplasia mieloide, dall’emorragia e dallo sviluppo di una leucemia.

L’incidenza della trasformazione in una leucemia acuta è maggiore nei pazienti trattati con fosforo radiattivo (32P) o con agenti alchilanti rispetto a quelli trattati solo con salassi. La PV che si trasforma in una leucemia acuta è più resistente alla chemioterapia d’induzione rispetto a una leucemia de novo.

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Terapia

Poiché la PV è la sola forma di eritrocitosi per la quale ci possa essere l’indicazione a una terapia mielosoppressiva, è fondamentale un’accurata diagnosi. La terapia deve essere individualizzata sulla base dell’età, del sesso, dello stato di salute, delle manifestazioni cliniche e dei rilievi ematologici.

Il salasso è parte integrante della terapia e può rappresentare il solo regime terapeutico necessario. Esso costituisce il trattamento di scelta per le donne in età fertile e per i pazienti < 40 anni, dal momento che non è mutagena ed elimina i sintomi dell’ipervolemia. Inizialmente i pazienti devono essere sottoposti a un salasso di 300-500 ml a giorni alterni finché l’Htc non sia < 45%. I salassi devono essere eseguiti con maggiore cautela (cioè, 200-300 ml due volte/sett.) nei pazienti anziani e in quelli con malattie cardiache o cerebrovascolari. Una volta che l’Htc si sia normalizzato, il paziente va controllato mensilmente e salassato se l’Htc è > 45%. Interventi chirurgici d’urgenza devono essere preceduti da un salasso sufficiente a normalizzare il volume eritrocitario. Se necessario, il volume intravascolare può essere mantenuto con soluzioni cristalloidi o colloidali.

La terapia mielosoppressiva può essere indicata per i pazienti con conta piastrinica > 1 × 106/ ml, con disturbi a causa della visceromegalia, con trombosi, con sintomi causati dall’ipermetabolismo o con prurito ribelle a terapia e per i pazienti anziani o in quelli con malattie cardiovascolari che non tollerino bene la flebotomia.

Il fosforo radioattivo (32P) ha successo nell’80-90% dei casi. Le remissioni possono durare da 6 mesi a diversi anni. È ben tollerato e richiede minori controlli clinici quando la malattia è controllata. Tuttavia, il 32P si associa a un’aumentata incidenza di trasformazione in leucemia acuta, per cui tale forma di trattamento richiede un’accurata selezione dei pazienti (p. es., è indicata nei pazienti con età > 70 anni). Dopo aver raggiunto la normalizzazione dell’Htc (40-45%), con i salassi, si somministrano EV 32P 2,7 mCi/m2 di ASC (dose totale  5 mCi). Tale dose in genere normalizza la conta piastrinica e l’Htc in 4-8 settimane. Il 32P può essere ripetuto e la dose aumentata se non si è raggiunto il controllo della malattia. Se non c’è risposta dopo 3 iniezioni durante il primo anno di terapia, il paziente va trattato con salasso o con idrossiurea.

Gli agenti alchilanti sono leucemogeni e devono essere evitati. Tuttavia l’idrossiurea, che agisce inibendo l’enzima ribonucleoside difosfato reduttasi, si è dimostrata un successo nei pazienti nei quali è indicata la terapia mielosoppressiva. L’idrossiurea è stata utilizzata per questo scopo per molti anni; la sua sicurezza concernente la leucemogenesi continua a essere studiata. I pazienti vengono salassati fino a raggiungere un normale Htc (40-45%) e viene somministrata idrossiurea alla dose di 10-15 mg/kg/die PO. Il paziente viene controllato, con un emocromo completo, settimanalmente. Quando la condizione si è stabilizzata, gli intervalli tra gli emocromi vengono allungati a 2 e, in seguito, a 4 sett. Se i GB scendono a < 4000/ml o le piastrine a < 100000/ml, l’idrossiurea viene sospesa e poi ripresa a una dose ridotta del 50% quando l’emocromo si sia normalizzato. Per i pazienti con controllo insoddisfacente, che richiedano frequenti flebotomie o trombocitemici (piastrine > 600000/ ml), la dose può essere incrementata di 5 mg/kg/ die a intervalli mensili, con un monitoraggio frequente finché non sia stato raggiunto il controllo. La tossicità acuta è minima; occasionalmente i pazienti sviluppano un rash cutaneo, sintomi GI o febbre.

L’interferon-a è stato utilizzato per i pazienti che non tollerano l’idrossiurea o per quelli in cui il farmaco non controlla la conta ematica periferica. La dose iniziale tipica di interferon-a è 3,0× 106 U SC 3 volte/sett. Il costo, la tossicità acuta e la sicurezza a lungo termine sono elementi importanti per il suo uso.

L’iperuricemia può essere trattata con allopurinolo PO (300 mg/die). Il prurito può essere trattato con antistaminici, ma spesso è di difficile controllo. Dopo il bagno la pelle deve essere asciugata delicatamente. Sono state usate con successo anche la colestiramina PO 4 g tid, la ciproeptadina 4-16 mg qid PO o la cimetidina 300 mg qid PO. L’aspirina placa i sintomi dell’eritromelalgia (gonfiore e infiammazione delle dita dei piedi).

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