11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

131. DISORDINI DELL’EMOSTASI E DELLA COAGULAZIONE

Malattie caratterizzate da una tendenza al sanguinamento.

DISORDINI DELLA COAGULAZIONE EREDITARI

EMOFILIA

Forme comuni di disordini emorragici ereditari causate da deficit di fattore VIII, IX o XI della coagulazione.

Sommario:

Introduzione
Genetica
Sintomi e segni
Esami di laboratorio
Terapia


L’emofilia A (deficienza del fattore VIII), che colpisce circa l’80% degli emofilci e l’emofilia B (deficienza del fattore IX) hanno identiche manifestazioni cliniche, anomalie dei test di screening, così come identica trasmissione genetica, legata al cromosoma X. Il dosaggio degli specifici fattori è necessario per distinguere le due forme.

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Genetica

L’emofilia può derivare da mutazioni genetiche: mutazioni puntiformi che coinvolgono un singolo nucleotide, delezioni di tutto o di parti del gene e mutazioni che interessano la regolazione genica. Circa il 50% dei casi di emofilia grave deriva da un’inversione maggiore di una sezione dell’estremità del braccio lungo del cromosoma X. Poiché i geni dei fattori VIII e IX sono localizzati sul cromosoma X, l’emofilia colpisce pressocché esclusivamente i maschi. Le figlie degli emofilici saranno portatrici obbligate, mentre tutti i figli maschi saranno normali. Ciascun figlio maschio di una portatrice avrà il 50% delle possibilità di essere emofilico e ciascuna figlia ha il 50% delle possibilità di essere portatrice (v. anche Cap. 286). Raramente, l’inattivazione casuale di uno o due cromosomi X precocemente nella vita embrionale comporta che i livelli del fattore VIII o IX siano così bassi da causare un’anomala tendenza al sanguinamento.

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Sintomi e segni

Il paziente con un livello di fattore VIII o IX < 1% del normale presenta gravi episodi emorragici durante la vita. Il primo episodio di regola si verifica prima dei 18 mesi di vita. Traumi di lieve entità possono causare estese emorragie tissutali ed emartri, che, se non trattati prontamente, possono portare a deformità muscoloscheletriche invalidanti. Sanguinamenti alla base della lingua, causando compressione delle vie aeree possono essere pericolosi per la vita e richiedono una pronta terapia sostitutiva. Anche un banale colpo alla testa richiede un trattamento sostitutivo per prevenire un sanguinamento intracranico.

I pazienti con livelli del fattore VIII o IX compresi circa nel 5% del range normale presentano un’emofilia lieve. Raramente vanno incontro a emorragie "spontanee"; tuttavia, se non trattati correttamente presenteranno sanguinamenti gravi (anche fatali) a seguito di interventi chirurgici. Ci sono anche forme occasionali di emofilia ancora meno grave in relazione a un livello del fattore VIII o IX compreso tra il 10 e il 30% del range normale. Tali pazienti possono anch’essi sanguinare profusamente dopo interventi chirurgici o estrazioni dentarie.

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Esami di laboratorio

Dosando il fattore VIII e confrontandolo con il livello del fattore VW antigene, di solito è possibile stabilire se è vero che una donna sia portatrice vera dell’emofilia A. Similmente, dosando il fattore IX spesso si riesce a identificare la condizione di portatrice dell’emofilia B. L’analisi del DNA mediante analisi con PCR del gene del fattore VIII dei linfociti è praticabile in pochi centri specializzati. Questa tecnica permette l’identificazione dei portatori dell’emofilia A, sia direttamente mediante il riconoscimento diretto di un conosciuto e specifico difetto genomico negli antecedenti ereditari o indirettamente per lo studio del polimorfismo legato al gene del fattore VIII. Queste tecniche sono state anche impiegate per la diagnosi di emofilia A attraverso i villi coriali (v. anche Prelievo dei villi coriali nel Cap. 247).

Tipici rilievi di laboratorio nell’emofilia sono rappresentati da un PTT prolungato, da un PT e tempo di sanguinamento normali. Il dosaggio specifico dei fattori VIII e IX indicherà il tipo e la gravità dell’emofilia. Poiché i livelli del fattore VIII possono trovarsi ridotti anche nella malattia di VW, va misurato anche il FVW antigene nei pazienti con emofilia A di recente diagnosi, specialmente in caso di forme moderate e se non si può ottenere una storia familiare. Alcuni pazienti hanno un anomalo VWF che si lega abnormemente al fattore VIII, che a sua volta viene catabolizzato più rapidamente (malattia di WW, tipo 2N).

Dopo terapia trasfusionale circa il 15% dei pazienti con emofilia A sviluppa anticorpi che inibiscono l’attività coagulante del fattore VIII somministrato al paziente. Nei pazienti si deve indagare sull’attività anticoagulante anti fattore VIII (p. es., determinando l’entità dell’accorciamento del PTT subito dopo aver mescolato il plasma del paziente con un egual volume di un plasma normale e dopo incubazione per 1 ora a temperatura ambiente) specialmente in previsione di un intervento chirurgico che richieda una terapia sostitutiva.

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Terapia

Gli emofilici devono evitare l’uso di aspirina; in alcuni pazienti il dolore inabilitante provocato da complicanze muscoloscheletriche può richiedere un impiego oculato di altri FANS, che presentano, rispetto all’aspirina, un effetto più lieve e più transitorio sulla funzione piastrinica. Una regolare igiene dentaria è essenziale per evitare estrazioni dentarie e altre procedure chirurgiche dentarie. Tutti i farmaci devono essere somministrati PO o EV; iniezioni IM possono causare estesi ematomi. I nuovi casi di emofilia devono essere vaccinati contro l’epatite B.

Come descritto per la malattia di VW (v. Malattia di von Willebrand in Disordini ereditari della funzione piastrinica al Cap. 133), la desmopressina può temporaneamente far aumentare i livelli di fattore VIII in un paziente con un’emofilia A moderata (livelli basali di fattore VIII, 5-10%); deve essere testata la risposta del paziente. L’uso della desmopressina in un paziente responsivo dopo traumi di lieve entità o prima di una procedura chirurgica dentaria può ovviare all’uso della terapia sostitutiva. La desmopressina è inefficace nei pazienti con emofilia A grave e nella maggior parte dei pazienti con malattia di VW, di tipo 2N.

Terapia sostitutiva: il plasma fresco congelato contiene il fattore VIII e quello IX. Tuttavia, a meno che non si proceda a una sostituzione di plasma, non si può somministrare a un paziente con emofilia grave una quantità di plasma intero tale da essere sufficiente a far innalzare la concentrazione del fattore VIII o IX a livelli che possano efficacemente prevenire il sanguinamento. Per l’emofilia A, il trattamento di scelta è il concentrato con inattivazione virale del fattore VIII o il fattore VIII ricombinante; per l’emofilia B, il trattamento di scelta è un concentrato disattivato per virus di fattore IX purificato.

Nell’emofilia A il livello del fattore VIII deve salire transitoriamente a circa 0,3 U (30%) per prevenire un sanguinamento da estrazione dentaria o per bloccare un’emorragia incipiente intraarticolare; a 0,5 U (50%) se siano evidenti sanguinamenti IM o a livello di una delle grandi articolazioni; a 1,0 U (100%) se l’emorragia è pericolosa per la vita o prima di interventi chirurgici. Ripetute infusioni al 50% della dose iniziale calcolata devono essere eseguite q 8-12 h per mantenere i livelli al di sopra di 0,5 u (50%) per vari giorni se il sanguinamento è pericoloso per la vita e per 10 gg dopo un intervento chirurgico maggiore.

La dose viene calcolata moltiplicando il peso del paziente in kg per 44 (o per 20 se si considerano i pounds) e per il numero di unità del livello plasmatico desiderato. Così, per far aumentare il livello del fattore VIII di un individuo che pesa 68 kg (150 lb) da 0 a 1 U/ml, la dose richiesta dovrebbe essere 68 × 44 × 1 (150 × 20 × 1) ovvero sarebbero necessarie 3000 U del fattore VIII.

Nell’emofilia B, quando la dose del fattore IX per la terapia sostitutiva sono calcolate come descritto sopra e somministrate sotto forma di fattore IX purificato, il tasso di fattore IX plasmatico non aumenterà che di metà di quello atteso in funzione delle unità di fattore IX annotate sul flacone. Ciò può essere la conseguenza del legame del fattore IX all’endotelio vascolare.

Un antifibrinolitico (AF) (acido e-aminocaproico alla dose di 2,5-4 g PO qid per 1 sett. o l’acido tranexamico 1-1,5 g PO tid o qid per 1 sett.) deve essere somministrato per prevenire sanguinamenti tardivi, dopo estrazione dentaria, o altre cause di traumi della mucosa orofaringea (p. es., una lacerazione della lingua).

Il trattamento del sanguinamento negli emofilici che sviluppano un inibitore del fattore VIII è difficile e deve essere consultato uno specialista. Ai pazienti con un basso titolo iniziale di anticorpo, si può somministrare una grossa dose di fattore VIII, per superare l’inibitore e far aumentare temporaneamente la concentrazione plasmatica del fattore VIII. Se non si riesce a controllare il sanguinamento, un’ulteriore infusione di fattore VIII di solito sarà inutile a causa del rapido aumento del titolo di anticorpale. Gli anticorpi antifattore VIII responsabili dell’attività inibitoria sono eterogenei e in alcuni pazienti non inibiscono, o soltanto minimamente, il fattore VIII suino. Quindi in questi pazienti una preparazione di fattore VIII suino altamente purificata controlla l’emorragia. I concentrati di complesso protrombinico, che contengono fattore IX e una quantità variabile di attività che salta il ruolo del fattore VIII nella coagulazione; sono stati anche usati per trattare sanguinamenti gravi in pazienti con alto titolo di inibitore, ma essi possono indurre un’ipercoagulabilità e un evento trombotico paradosso. Il fattore principale che permette il "by-pass" dell’inibitore del fattore VIII nel concentrato di complesso protrombinico, può essere il fattore IXa. Si è dimostrato che il fattore VIIa ricombinante somministrato ad alte dosi ripetute (p. es., 90 mg/kg) può controllare l’emorragia in alcuni pazienti con inibitore di fattore VIII, senza indurre uno stato d’ipercoagulabilità; il controllo a lungo termine nella emofilia A si raggiunge nella maggior parte dei pazienti inducendo l’immunotolleranza attraverso la continua esposizione al fattore VIII.

Infezioni da HIV negli emofilici: la maggior parte degli emofilici trattati con concentrati plasmatici nei primi anni ‘80 è stata infettata dall’HIV (v. Cap. 163). Vi è una maggiore difficoltà nel trattare episodi emorragici nei pazienti che sviluppano una trombocitopenia immunologica in conseguenza di un’infezione da HIV.

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