11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

135. LEUCOPENIA E LINFOCITOPENIA

Sommario:

LEUCOPENIA
NEUTROPENIA
    Eziologia
    Sintomi e segni
    Diagnosi
    Terapia

LINFOCITOPENIA
    Eziologia
    Sintomi, segni e diagnosi
    Terapia



LEUCOPENIA

Una riduzione del numero dei GB circolanti al di sotto di 4000/ml.

Solitamente una leucopenia è caratterizzata da un ridotto numero di granulociti neutrofili, sebbene anche una riduzione del numero dei linfociti, monociti, eosinofili o basofili possa contribuire all’abbassamento del numero complessivo dei GB. La neutropenia accompagnata da monocitopenia e linfocitopenia è spesso un disordine più grave della sola neutropenia.

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NEUTROPENIA

(Granulocitopenia; agranulocitosi)

Riduzione del numero dei granulociti neutrofili nel sangue, che comporta di solito aumentata suscettibilità alle infezioni batteriche e fungine.

I soggetti di colore presentano conte di neutrofili alquanto più basse (limite inferiore della norma, circa 1200/ml) rispetto a quelle dei soggetti di razza bianca (> 1500/ml). Una classificazione delle neutropenie può essere effettuata con la conta dei neutrofili (GB totali × percentuale dei neutrofili e dei precursori) e sul relativo rischio di infezioni: neutropenie lievi (1000-1500/ml), moderate (500-1000/ml) o gravi (< 500/ml). Una neutropenia acuta, grave, secondaria a ridotta produzione, spesso è pericolosa per la vita del paziente immunocompromesso (v. Cap. 151).

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Eziologia

La neutropenia acuta (che si manifesta nello spazio di pochi giorni) spesso si sviluppa quando l’utilizzo dei neutrofili è rapido e la produzione carente. La neutropenia cronica (con durata di mesi o anni) in genere deriva da una ridotta produzione o da un eccessivo sequestro splenico di neutrofili. La neutropenia può essere classificata a seconda che sia un epifenomeno di fattori estrinseci alle cellule mieloidi midollari o un difetto intrinseco presente nei progenitori mieloidi (v. Tab. 135-1).

Neutropenia secondaria: i farmaci sono una delle più comuni cause di neutropenia. L’incidenza della neutropenia indotta da farmaci aumenta enormemente con l’età; solo il 10% dei casi si verifica in bambini e adolescenti, mentre più del 50% dei casi si verifica negli adulti.

La neutropenia indotta da farmaci può essere dovuta a diversi meccanismi sottostanti (immunologici, tossici, idiosincrasici o reazioni di ipersensibilità) e deve essere differenziata dalla neutropenia grave che si sviluppa prevedibilmente dopo la somministrazione di grandi quantità di farmaci citoriduttivi antineoplastici o a seguito di radioterapia (v. oltre) e da quella causata da infezioni virali (v. oltre). La chemioterapia citotossica induce neutropenia a causa dell’elevato ritmo proliferativo di precursori neutrofili e del rapido ricambio dei neutrofili ematici.

La neutropenia immunomediata, che si pensa derivi da farmaci che agiscono da apteni per stimolare la formazione anticorpale, in genere dura 1 settimana. Si può verificare quando vengono usate l’aminopirina, il propiltiouracile o la penicillina. Altri farmaci (p. es., le fenotiazine) possono causare neutropenia se somministrati in dosi tossiche. Di contro, le reazioni idiosincrasiche non sono prevedibili in base al dosaggio o alla durata d’uso e si manifestano con farmaci come il cloramfenicolo. Le reazioni di ipersensibilità acuta (p. es., quelle causate da fenitoina o fenobarbital) possono durare solo per pochi giorni, ma l’ipersensibilità e le reazioni croniche possono durare per mesi o anni. Le reazioni d’ipersensibilità sono rare e occasionalmente possono coinvolgere i metaboliti dell’ossido di arene (generato nel fegato) di anticonvulsivanti aromatici, cioè, la fenitoina, il fenobarbital. Spesso febbre, rash, linfoadenopatia, epatite, nefrite, polmonite o anemia aplastica possono associarsi alla neutropenia indotta dall’ipersensibilità. Occasionalmente, la neutropenia indotta da farmaci può essere asintomatica nonostante la neutropenia, specialmente nei pazienti la cui conta dei GB viene regolarmente monitorata durante la terapia.

Una diminuita produzione di neutrofili è un frequente e spesso iniziale aspetto di anemia megaloblastica causata da una carenza di B12 o folato, sebbene sia di solito accompagnata da anemia macrocitica e talora da modesta trombocitopenia. L’alcol può inibire la risposta del midollo all’infezione quando i pazienti sviluppano malattie quali la polmonite pneumococcica.

La carente produzione di neutrofili può avvenire quando una leucemia, un mieloma, un linfoma o tumori solidi metastatici (p. es., della mammella, della prostata) infiltrano e sostituiscono il midollo osseo. La mielofibrosi indotta da tumore può ulteriormente accentuare la neutropenia. La mielofibrosi può anche derivare da infezioni granulomatose, dal morbo di Gaucher e da radioterapia. La Neutropenia può anche derivare da insufficienza midollare, come si riscontra in rare condizioni (p. es., la sindrome di Schwachman-Diamond, l’ipoplasia cartilagine-capelli, la discheratosi congenita, la malattia tipo IB di deposito del glicogeno). La neutropenia è anche un aspetto prominente della mielodisplasia ed è accompagnata da aspetti megaloblastoidi nel midollo osseo (v. Cap. 130). Splenomegalia di qualsiasi causa (v. Cap. 141) può portare a una modesta neutropenia, trombocitopenia e anemia.

Una neutropenia transitoria spesso accompagna le infezioni virali (p. es., stadio iniziale della mononucleosi infettiva) e la sepsi è una causa particolarmente grave di neutropenia. La neutropenia associata alle comuni affezioni virali dell’infanzia si manifesta durante i primi 1-2 giorni di malattia e può persistere per 3-8 giorni. Essa corrisponde a un periodo di viremia acuta e ed è correlata a una redistribuzione indotta dal virus dei neutrofili dal compartimento circolante a quello di marginazione. Il sequestro dei neutrofili può avvenire dopo il danno virale dei tessuti. Neutropenia da moderata a grave può anche essere associata a un’ampia varietà di altre infezioni (v. Tab. 135-2).

Neutropenia cronica spesso accompagna l’infezione da HIV, il risultato di una carente produzione di neutrofili e di una accelerata distruzione di neutrofili da parte di anticorpi (v. Cap. 145). Neutropenie autoimmuni possono associarsi alla presenza di anticorpi circolanti antineutrofili e possono manifestarsi isolatamente o con malattie associate.

Neutropenia causata da difetti intrinseci delle cellule mieloidi o nei loro precursori: questo tipo di neutropenia non è comune. La neutropenia ciclica è un raro disordine granulocitopoietico congenito. Può essere trasmesso in modo autosomico dominante ed è caratterizzato da irregolari, periodiche oscillazioni del numero dei neutrofili periferici. Il periodo oscillatorio medio è di 21 ± 3 giorni.

La neutropenia grave congenita (sindrome di Kostmann) è un raro disordine che si manifesta sporadicamente negli USA ed è caratterizzato da un arresto della maturazione mieloide a uno stadio promielocitico midollare, determinando una conta assoluta dei neutrofili < 200/ml.

La neutropenia cronica idiopatica rappresenta un gruppo di non comuni, scarsamente compresi disordini che coinvolgono cellule staminali commissionate della serie mieloide; sono presenti un normale numero di precursori dei GR e delle piastrine. Non è presente splenomegalia. Il grado di suscettibilità alle infezioni è quasi proporzionale alla conta ematica dei neutrofili nei pazienti con conte assolute dei neutrofili < 500/ml.

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Sintomi e segni

Alcuni pazienti con neutropenia cronica con conte dei neutrofili < 200/ml non hanno esperienza di molte infezioni gravi, probabilmente poiché il resto del sistema immunitario rimane intatto. Comunemente, tuttavia, i pazienti con neutropenia ciclica o neutropenia grave congenita presentano ulcere orali, stomatiti o faringite associata a ingrandimento linfonodale nel corso degli stati di grave neutropenia. Si manifestano spesso polmoniti e periodontiti croniche.

I pazienti la cui neutropenia è secondaria a disordini di produzione acquisiti, derivanti da cancro o da chemioterapia, sviluppano con maggiore probabilità gravi infezioni batteriche, poiché il loro sistema immunitario è globalmente compromesso. L’integrità della pelle e delle membrane mucose, il supporto vascolare ai tessuti e lo stato nutrizionale del paziente influenza anche il rischio di infezioni nella neutropenia acuta. I pazienti con infezioni piogeniche tendono ad avere febbre > 38,3°C. Le infezioni piogeniche che si manifestano più frequentemente nei pazienti con profonda neutropenia sono la cellulite cutanea, gli ascessi epatici, la furuncolosi, la polmonite e la setticemia. Spesso si manifestano stomatite, gengivite, infiammazione perirettale, colite, sinusite e otite media.

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Diagnosi

La diagnosi di neutropenia di solito si sospetta in un paziente con infezioni frequenti, gravi o usuali e viene confermata da basse conte ematiche. Si deve allora ricercare la causa e valutare il rischio delle infezioni. La neutropenia isolata assoluta ha un limitato numero di cause.

Durante l’esame obiettivo, particolare attenzione deve essere diretta ai più comuni siti primari di infezione: spesso le superfici mucose, quali il tratto alimentare (gengive, faringe), dove il danno indotto dalla chemioterapia può consentire l’invasione di organismi colonizzanti o la pelle, dove cateteri vascolari possono fungere da porta di infezione. Altri siti comuni di infezione includono i polmoni, il peritoneo, i siti di aspirazione del midollo osseo e di prelievo venoso e le unghie.

La durata e la gravità della neutropenia influenza grandemente il grado della valutazione laboratoristica.

Neutropenia acuta: la valutazione di una sospetta infezione nella neutropenia acuta è particolarmente difficile poiché i tipici segni di infiammazione possono essere marcatamente depressi o assenti. Almeno due batterie di emocolture per batteri e funghi si devono ottenere da tutti i pazienti febbrili. Se è presente un catetere EV a dimora, le colture devono essere ottenute dal lume e dalla vena periferica. Drenaggi persistenti o cronici devono essere valutati per micobatteri atipici, mentre lesioni cutanee sospette devono essere aspirate o biopticate per la citologia e l’esame colturale. L’urinocoltura è indicata se sono presenti i sintomi o i segni di infezione delle vie urinarie. Se è presente diarrea, le feci devono essere studiate per batteri enteropatogeni e per le tossine di Clostridium difficile.

Le radiografie dei seni facciali possono aiutare se sono presenti i sintomi o i segni di sinusite (cioè cefalea, edema facciale, rinorrea).

Neutropenia cronica: i pazienti con neutropenia cronica dall’infanzia e con una storia di febbri ricorrenti e di gengivite cronica debbono eseguire per tre volte/sett. per 6 settimane una conta dei GB e una formula differenziale per valutare la periodicità, suggestiva di neutropenia ciclica. L’aspirato midollare e la biopsia ossea possono essere d’ausilio per la diagnosi e nel determinare la cellularità. Altri studi del midollo (p. es., l’analisi citogenetica, colorazioni speciali per individuare una leucemia e altri disordini maligni) devono essere condotti per i pazienti con sospetto di difetti intrinseci nelle cellule mieloidi o nei loro precursori e per i pazienti con sospetto di patologie maligne. La scelta di ulteriori esami di laboratorio è determinata dalla durata e dalla gravità della neutropenia e dalle risultanze dell’esame obiettivo.

Anticorpi antineutrofili sono associati a neutropenia immunologica. Vari test per la ricerca di anticorpi sono stati utilizzati per studiare i pazienti con sospetto di neutropenia autoimmune; tutti i test misurano direttamente l’anticorpo nei neutrofili del paziente o misurano indirettamente l’anticorpo nel siero del paziente. La loro specificità e sensibilità non sono ben definite.

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Terapia

Neutropenia acuta: la terapia della neutropenia transitoria acquisita caratteristicamente associata a tumori maligni, a chemioterapia mielosoppressiva (v. Cap. 144) o a terapia immunosoppressiva differiscono da quella della forma congenita o di quella cronica. I pazienti con infezioni di solito si presentano solo con febbre. Le infezioni sono la maggiore causa di morte in questi pazienti, che devono quindi essere gestite con alto grado di sospetto. Il riconoscimento e la terapia precoci delle infezioni possono salvare la vita. Se una neutropenia acuta è sospettata essere in correlazione a farmaci, tutti i farmaci potenzialmente nocivi devono essere interrotti immediatamente.

La terapia empirica con antibiotici ad ampio spettro rimane la pietra angolare della terapia iniziale nei pazienti neutropenici con febbre acuta. Si deve assumere che tali pazienti abbiano una grave infezione batterica e bisogna prontamente somministrare antibiotici ad ampio spettro, ordinariamente somministrati EV a dosi massimali mentre gli studi diagnostici sono in corso. Nella maggior parte delle situazioni, cateteri vascolari a permanenza possono rimanere in sede anche se la batteriemia è sospettata o documentata, ma essi devono essere rimossi il più rapidamente possibile. Stafilococchi coagulasi-negativi e lo Staphylococcus aureus sono le specie batteriche più comuni che causano infezioni associate al catetere. Mentre le infezioni causate da stafilococchi coagulasi-negativi in genere rispondono bene al trattamento antimicrobico, le infezioni associate a S. aureus, Bacillus sp, Corynebacterium sp o Candida in genere richiedono la rimozione del catetere e una terapia antimicrobica.

La scelta di un regime per qualsiasi paziente deve essere basata sulla conoscenza della suscettibilità antimicrobica dei patogeni predominanti riscontrati in una particolare istituzione. Si deve prendere in considerazione, anche, la potenziale tossicità di un regime quando si inizia una terapia. La Tab. 135-3 elenca tre regimi utilizzabili.

A causa del rischio di colonizzazione e delle possibili conseguenti infezioni da organismi resistenti, deve essere scoraggiata la routinaria indiscriminata inclusione della vancomicina come terapia empirica antimicrobica per la febbre nei pazienti neutropenici. Se le colture risultano positive è necessario modificare l’antibiotico-terapia in rapporto alla sensibilità dei microrganismi presenti, continuando la loro somministrazione per almeno 7-10 gg. Se un paziente sfebbra rapidamente, nell’arco di 72 ore, gli antibiotici devono essere continuati per almeno 7 giorni e fino a quando il paziente è libero da significativi sintomi e segni di infezione. Sebbene la terapia antibiotica è di solito continuata fino a quando la conta dei neutrofili è > 500/ml, l’interruzione della copertura antibiotica può essere presa in considerazione in pazienti selezionati, specialmente quelli nei quali la neutropenia è prolungata e i segni e i sintomi di infiammazione si sono risolti.

La febbre che non si risolve in 72 ore nonostante la terapia antibiotica ad ampio spettro suggerisce una causa non batterica o un’infezione con specie batteriche resistenti al regime empirico scelto, una superinfezione da una seconda specie batterica, un livello inadeguato di antibiotici nel siero o nei tessuti o una infezione localizzata in un sito vascolare (p. es., un ascesso). Pazienti neutropenici con febbre devono essere rigorosamente rivalutati al 4° o 5° giorno. Se un paziente sta procedendo bene da un punto di vista clinico, il regime antibiotico iniziale può essere continuato. Se la situazione clinica sta peggiorando, il regime antibiotico deve essere modificato. In molte situazioni, l’aggiunta di vancomicina al regime terapeutico è giustificata. Poiché l’infezione fungina è una significativa causa di febbre persistente nei pazienti neutropenici, una terapia empirica con anfotericina B deve essere aggiunta al regime terapeutico nei pazienti neutropenici la cui febbre non risponde entro 7 giorni alla terapia antibiotica ad ampio spettro. Se un paziente non presenta una scomparsa della febbre dopo 3 settimane di terapia antibiotica empirica, incluse due settimane con anfotericina B, allora deve essere considerata l’interruzione di tutti i farmaci antibiotici e rivalutata la causa della febbre.

Il ruolo della profilassi antibiotica in pazienti neutropenici non febbrili rimane controverso. Il trimetoprim-sulfametossazolo (TMP-SMX) è efficace nella prevenzione della polmonite da Pneumocystis carinii nei pazienti neutropenici e in quelli non neutropenici con deficit dell’immunità cellulo-mediata. Inoltre, il TMP-SMX può ridurre la frequenza delle infezioni batteriche nei pazienti che si prevede essere profondamente neutropenici per > 1 settimana. Lo svantaggio della profilassi con TMP-SMX include gli effetti collaterali sfavorevoli, la potenziale mielodepressione, lo sviluppo di batteri resistenti e di candidiasi orale. La profilassi antifungina con anfotericina B o fluconazolo è stata valutata anche nei pazienti neutropenici ad alto rischio di sviluppare infezioni fungine (p. es., dopo trapianto di midollo osseo). Tuttavia, una profilassi antifungina sistemica non è raccomandata nella terapia routinaria dei pazienti neutropenici.

L’uso di glucocorticoidi, steroidi androgeni e vitamine per stimolare il midollo osseo a produrre più neutrofili non è stato dimostrato avere successo. Due fattori di crescita (citochine), il fattore di stimolazione della colonia granulocitica (G-CSF) e il fattore di stimolazione della colonia granulocitico-macrofagica (GM-CSF), sono diffusamente utilizzati per prevenire la febbre e le infezioni nei pazienti con neutropenia grave (p. es., dopo trapianto di midollo osseo e chemioterapia intensiva oncologica). La terapia con citochine è costosa; tuttavia, se il rischio di neutropenia febbrile è  30%, il costo del G-CSF è giustificato. In generale, la maggior parte del beneficio clinico si verifica quando il G-CSF è somministrato circa 24 ore dopo il completamento della chemioterapia. Dosi di 5 mg/kg/die SC sono spesso efficaci.

Il G-CSF e il GM-CSF accelerano il ritorno della conta dei neutrofili a valori > 500/ml in pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo o a chemioterapia intensiva.

Per ridurre il disagio provocato dalle ulcerazioni orofaringee, si possono effettuare dei gargarismi con soluzione fisiologica o con acqua ossigenata con intervalli di qualche ora o con pastiglie anestetiche (benzocaina 15 mg ogni 3 o 4 h) o sciacqui della bocca con clorexidina (soluzione all’1%). Il mughetto viene trattato con colluttori a base di nistatina (400000-600000 U qid). Nei pazienti con mucosite acuta può rendersi necessaria una dieta semisolida o liquida.

Neutropenia cronica: la produzione dei neutrofili nella neutropenia congenita, ciclica e idiopatica può essere migliorata dalla somministrazione di G-CSF alla dose di 3-10 mg/kg/die SC. Questa terapia è indicata nei pazienti liberi da ulcere della bocca e da altri tipi di infiammazione orofaringea, febbre, cellulite e altre infezioni batteriche documentate. I benefici sono prolungati e i pazienti possono essere mantenuti con una somministrazione di G-CSF giornaliera o a giorni alterni per mesi o anni senza perdita di efficacia. Terapia a lungo termine con G-CSF è stata anche utilizzata per prevenire la neutropenia in altre circostanze, compresa la mielodisplasia, l’HIV, l’AIDS e disordini autoimmuni. In generale, la conta dei neutrofili aumenta, sebbene i benefici clinici di questa terapia sono meno chiari, specialmente per pazienti che non presentano una neutropenia grave. Pazienti con neutropenia causata da una reazione idiosincrasica a farmaci possono anche beneficiare del G-CSF, particolarmente se è anticipata una ripresa ritardata. Finora, tuttavia, sono stati riportati solo trial non controllati nell’ultimo tipo di situazione.

In alcuni pazienti con aumentato turnover cellulare causato da una patologia autoimmune, la somministrazione di corticosteroidi (di solito, il prednisone alla dose di 0,5-1,0 mg/kg/die PO) migliorerà la conta dei neutrofili; questo miglioramento può essere spesso mantenuto con un regime terapeutico a giorni alterni.

La splenectomia fa incrementare il numero dei neutrofili in alcuni pazienti con splenomegalia e sequestro splenico dei neutrofili (p. es., nella sindrome di Felty, tricoleucemia). Tuttavia, la splenectomia deve essere riservata per i pazienti con neutropenia grave (cioè < 500/ml) e con seri problemi infettivi poiché essa predispone il paziente alle infezioni da organismi incapsulati (v. Cap. 141).

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LINFOCITOPENIA

Una conta linfoacitaria totale < 1000/ml negli adulti o < 3000/ml nei bambini < 2 anni.

La conta linfocitaria normale negli adulti è 1000-4800/ml e nei bambini con meno di due anni, 3000-9500/ml. All’età di 6 anni, il limite inferiore normale è 1500/ml. Quasi il 65% dei linfociti T ematici è rappresentato da cellule T CD4+ (helper). La maggior parte dei pazienti con linfocitopenia ha una riduzione del numero assoluto delle cellule T, particolarmente del numero delle cellule T CD4+. Il numero medio di cellule T CD4+ nel sangue di adulti è 1100 ml (range, 300-1300/ml) e il numero medio di cellule dell’altro grande sottogruppo di cellule T, quelle CD8+ (suppressor), è 600 ml (range, 100-900/ml).

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Eziologia

La linfocitopenia congenita può essere associata a malattie da immunodeficienza congenita (v. Tab. 135-4 e anche il Cap. 147), che possono anche avere un’anomalia quantitativa o qualitativa della cellula staminale che determina una linfocitopoiesi insufficiente. Limfocitopenia associata ad altre cause, quali la sindrome di Wiskott-Aldrich, può derivare da una accelerata distruzione di cellule T. Un meccanismo simile è presente in pazienti con deficit di adenosina- deaminasi e deficit di purin-nucleoside-fosforilasi.

La linfocitopenia acquisita si riferisce alle sindromi associate a deplezione di linfociti ematici non secondaria a malattie congenite. L’AIDS è la più comune malattia infettiva associata a linfocitopenia, che deriva da distruzione dei linfociti T CD4+ infettati dall’HIV (v. anche Cap. 145). La linfocitopenia può anche riflettere un’insufficiente produzione e proliferazione linfocitaria derivante dalla distruzione della normale architettura timica o linfoide. Altre affezioni virali e batteriche possono associarsi a linfocitopenia. In alcuni casi di viremia acuta, i linfociti possono subire una distruzione accelerata da infezioni attive da parte del virus, possono essere intrappolati nella milza o nei linfonodi o possono migrare nel tratto respiratorio.

La linfocitopenia jatrogena è causata dalla chemioterapia citotossica, dalla radioterapia e dalla somministrazione di globulina antilinfocitaria. La terapia a lungo termine della psoriasi con psoralene e radiazioni ultraviolette possono distruggere i linfociti T. I glucocorticoidi possono causare linfocitopenia attraverso distruzione cellulare.

Malattie sistemiche associate ad autoimmunità (p. es., LES, AR, miastenia gravis) possono indurre linfocitopenia. Condizioni quali l’enteropatia protido-disperdente possono associarsi a deplezione linfocitaria.

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Sintomi, segni e diagnosi

La linfocitopenia, in genere, non causa sintomi ed è generalmente messa in evidenza durante la diagnosi di altre affezioni, particolarmente infezioni virali, fungine o parassitarie. La conta linfocitaria stabilisce la presenza di linfocitopenia. Le sottopopolazioni linfocitarie possono essere misurate con citometria a flusso multiparametrica, che utilizza l’assetto dell’espressione degli antigeni per classificare e caratterizzare queste cellule.

I pazienti linfocitopenici sperimentano infezioni ricorrenti, spesso presentano risposte inusuali ad agenti infettivi benigni o sviluppano infezioni da organismi inusuali. Una polmonite da Pneumocystis carinii, da citomegalovirus, da rosolia o da varicella suggerisce una potenziale immunodeficienza; una polmonite determinata da una di queste infezioni è spesso fatale. Questi pazienti presentano anche una più alta incidenza di tumori maligni e di disordini autoimmuni. Essi possono avere tonsille o linfonodi assenti o di ridotte dimensioni, indicativi di immunodeficienza cellulare; anomalie cutanee, quali alopecia, eczema, piodermiti o telangiectasia; evidenza di malattia ematologica, come pallore, petecchie, ittero o ulcere orali e linfoadenopatia generalizzata con splenomegalia, che può suggerire una malattia da HIV.

Poiché l’80% dei pazienti con immunodeficienza primaria ha una deficienza anticorpale, i test per la produzione di anticorpi e la misura dei livelli di immunoglobuline sono appropriati. Pazienti con una storia di infezioni ricorrenti devono essere sottoposti ad altri test per immunodeficienza anche se i test di screening iniziali sono normali. Questi test sono descritti in dettaglio nel Cap. 147. Conte di neutrofili molto basse potrebbero indicare una neutropenia grave congenita, una neutropenia ciclica, una neutropenia cronica grave, un’insufficienza midollare e sostituzione da parte di cellule tumorali o di altre cellule emopoietiche. La consapevolezza degli aspetti clinici di disordini da immunodeficienza porterà a una più razionale interpretazione dei risultati dei test diagnostici.

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Terapia

La linfocitopenia associata a stress, somministrazione di corticosteroidi, chemioterapia o irradiazione è, di solito, reversibile quando è rimosso l’agente o il fattore scatenante. L’efficace trattamento della malattia di base associata alla linfocitopenia (p. es., malattia infettiva, infiammatoria e tumorale maligna) di solito determina un aumento della conta dei GB. La prevenzione e il trattamento dei disordini da immunodeficienza primaria sono descritti nel Cap. 147.

Il trattamento ottimale dei pazienti con malattia da HIV richiede l’identificazione e il trattamento delle infezioni attive nei pazienti che manifestano un’immunodeficienza grave, profilassi primaria e secondaria per prevenire infezioni opportunistiche nuove o ricorrenti e il trattamento dell’infezione primaria da HIV per rallentare il deterioramento immunologico. La terapia farmacologica è concepita per massimizzare i benefici clinici, prevenire o minimizzare la tossicità e mantenere il benessere e la funzione.

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