11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

139. LINFOMI

Gruppo eterogeneo di neoplasie che originano dai sistemi reticoloendoteliale e linfatico.

LINFOMI NON HODGKIN

Proliferazione monoclonale maligna di cellule linfoidi in siti del sistema immune, inclusi i linfonodi, il midollo osseo, la milza, il fegato e il tratto GI.

Sommario:

Introduzione
Incidenza ed eziologia
Anatomia patologica
Sintomi e segni
Diagnosi
Stadiazione
Prognosi e terapia

La classificazione patologica dei linfomi non Hodgkin (NHL) continua a evolvere, riflettendo nuove acquisizioni sulle cellule di origine e sulle basi biologiche di queste eterogenee patologie. Il corso dei NHL varia da indolente e inizialmente ben tollerato a rapidamente fatale. Un quadro simil-leucemico può apparire in una percentuale che arriva fino al 50% di bambini e in circa il 20% degli adulti affetti da alcune forme di NHL.

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Incidenza ed eziologia

Il NHL è più frequente del morbo di Hodgkin; ogni anno, vengono diagnosticati negli USA circa 50000 nuovi casi in tutti i gruppi di età, sebbene l’incidenza tenda ad aumentare con l’età. L’eziologia di questa malattia è sconosciuta; peraltro come per le leucemie, esistono evidenze sperimentali di una responsabilità virale per alcuni linfomi. Ad esempio, il retrovirus della leucemia-linfoma umano a cellule T (HTLV-I) è stato isolato e risulta endemico nel sud del Giappone, nei Caraibi, nell’America del Sud e nel sud-est degli USA. La malattia acuta della leucemia-linfoma dell’adulto a cellule T è caratterizzata da un decorso clinico fulminante con infiltrato cutaneo, adenopatia, epatosplenomegalia e leucemia. Le cellule leucemiche sono cellule T maligne, molte con nucleo convoluto. Si ha spesso ipercalcemia, legata a dei fattori umorali piuttosto che all’invasione ossea diretta.

Nei pazienti con AIDS è stato osservato un aumento dell’incidenza di NHL, particolarmente di quello immunoblastico e a piccole cellule non clivate (linfoma di Burkitt). In queste situazioni è più frequente il coinvolgimento primario del SNC e una malattia disseminata. In circa il 30% dei casi, il linfoma è preceduto da linfoadenopatie generalizzate, suggerendo che la stimolazione policlonale delle cellule B precede la linfomagenesi. I riarrangiamenti del gene C-myc sono caratteristici di alcuni linfomi associati all’AIDS. È possibile ottenere adeguate risposte alla chemioterapia, ma sono in genere gravate da tossicità con infezioni opportunistiche che continuano a esistere, determinando una riduzione della sopravvivenza.

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Anatomia patologica

La Working Formulation classifica i NHL in categorie prognostiche che hanno implicazioni terapeutiche come segue (Nota: le designazioni prognostiche sono basate su dati di sopravvivenza di pazienti trattati prima del 1980 e possono non riflettere, accuratamente, i risultati in pazienti sottoposti a moderna terapia, come descritto in Terapia, oltre):

  • Linfomi a basso grado (38%): diffuso, a piccoli linfociti; follicolare, a piccole cellule clivate; follicolare misto, a piccole e grandi cellule.
  • Linfomi a grado intermedio (40%): follicolare a grandi cellule; diffuso, a piccole cellule clivate; diffuso misto, a piccole e grandi cellule; diffuso, a grandi cellule.
  • Linfomi ad alto grado di malignità (20%): linfoma immunoblastico; linfoma linfoblastico; diffuso a piccole cellule non clivate (tipo Burkitt e non Burkitt);
  • Miscellanea (2%): linfomi misti, micosi fungoide, istiocitico vero, altri tipi non classificabili.

Una nuova classificazione patologica, la REAL (Revised European American Linphoma) Classification è stata introdotta recentemente e sta gradualmente venendo adottata. Questa classificazione è utile per identificare entità non riconosciute nella Working Formulation e presenta notevole compattezza, incorporando nelle categorie diagnostiche l’immunofenotipo, il genotipo e la citogenetica. Tra i più importanti nuovi linfomi ci sono i tumori linfoidi associati alla mucosa (MALT, vedi Cap. 23); il linfoma a cellule mantellari, una malattia a cattiva prognosi precedentemente introdotto nella categoria del linfoma a piccole cellule clivate e il linfoma anaplastico a grandi cellule (linfoma Ki-1).

L’immunofenotipizzazione, che utilizza tessuto tumorale fresco o fissato, rivela che 80-85% dei NHL si sviluppa a partire da cellule B, il 15% da cellule T e < 5% dai veri istiociti (monociti-macrofagi) o da cellule null indefinite. Inoltre, gli studi immunologici hanno mostrato che il linfoma si sviluppa a partire da differenti stadi evolutivi dell’attivazione e differenziazione delle cellule linfoidi normali. Tuttavia, eccetto che in alcuni tipi di linfoma a cellule T, la classificazione immunologica non ha svolto un ruolo importante nelle strategie terapeutiche.

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Sintomi e segni

Sebbene esistano varie manifestazioni cliniche, molti pazienti si presentano con linfoadenopatia periferica asintomatica. I linfonodi ingrossati sono elastici e separati mentre, successivamente, diventano conglobati. La malattia locale è apparente in alcuni pazienti ma la maggior parte presenta aree multiple di coinvolgimento. L’anello del Waldeyer (specialmente le tonsille) è un sito occasionale di malattia. Linfoadenopatia mediastinica e retroperitoneale possono causare sintomi da compressione su vari organi. I siti extranodali possono dominare il quadro clinico (p. es., il coinvolgimento gastrico può simulare un carcinoma GI; il linfoma intestinale può causare una sindrome da malassorbimento). La pelle e le ossa sono inizialmente coinvolte nel 15% dei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule e nel 7% dei pazienti con linfoma linfocitico diffuso a piccole cellule. Circa il 33% dei pazienti con malattia estesa addominale o toracica sviluppa, rispettivamente, ascite chilosa o effusione pleurica (v. il Cap. 80) dovute all’ostruzione linfatica. Perdita di peso, febbre, sudorazioni notturne e astenia indicano disseminazione di malattia.

Due problemi sono comuni nei NHL, ma rari nel morbo di Hodgkin: (1) la congestione e l’edema della faccia e del collo possono derivare dalla pressione sulla vena cava superiore (sindrome da vena cava superiore o sindrome mediastinica superiore) e (2) compressione ureterale dai linfonodi pelvici possono interferire con il flusso urinario e causare insufficienza renale secondaria.

L’anemia è presente all’inizio in circa il 33% dei pazienti, per svilupparsi, infine, nella maggior parte di essi. L’anemia può essere causata dal sanguinamento per compromissione dell’apparato GI, dalla piastrinopenia, dall’emolisi, da ipersplenismo o da anemia emolitica Coombs-positiva, da infiltrazione linfomatosa del midollo o da mielossopressione indotta dalla chemio- o dalla radioterapia. Una fase leucemica si sviluppa nel 20-40% dei linfomi linfocitici e raramente in quelli a grado intermedio. I linfomi ad alto grado possono essere frequentemente leucemici. Nel 15% dei pazienti si ha ipogammaglobulinemia causata da una progressiva riduzione della produzione di gammaglobuline, che predispone allo sviluppo di gravi infezioni batteriche.

Il linfoma anaplastico a grandi cellule Ki-1, un sottotipo di linfoma di grado intermedio (diffuso a grandi cellule) che colpisce i bambini e gli adulti, è stato recentemente codificato per l’antigene Ki-1 (CD30) presente sulle cellule maligne. Il CD30 è anche osservato sulle cellule di Reed-Sternberg, mentre il CD15 è limitato alla malattia di Hodgkin. Il linfoma è eterogeneo Gli studi immunofenotipici mostrano che il 75% dei casi origina da cellule T, il 15% da cellule B mentre il 10% è non classificato. I pazienti manifestano delle lesioni cutanee rapidamente progressive, adenopatie e lesioni viscerali. È possibile confondere questo linfoma con quello di Hodgkin o con il carcinoma metastatico indifferenziato.

Nei bambini il NHL può essere da piccole cellule non clivate (linfoma di Burkitt), diffuso a grandi cellule o di tipo linfoblastico. I linfomi dell’infanzia comportano problemi speciali (p. es., coinvolgimento GI o meningeo) e sono trattati differentemente dai linfomi dell’età adulta. Il linfoma linfoblastico rappresenta una variante della leucemia acuta linfoblastica (del tipo a cellule T), dal momento che in entrambe queste forme è presente la predilezione per il midollo, per il sangue periferico, per la cute e per il SNC; i pazienti spesso presentano un’adenopatia mediastinica con sindrome della vena cava superiore. Il linfoma follicolare si manifesta raramente nei bambini.

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Diagnosi

Il NHL deve essere differenziato dal morbo di Hodgkin, dalla leucemia acuta e cronica, dal carcinoma metastatico, dalla mononucleosi infettiva, dalla TBC (specialmente la TBC primaria con adenopatia ilare) e da altre cause di linfoadenomegalia, compreso lo pseudolinfoma causato dalla fenitoina. La diagnosi può essere fatta soltanto sulla base di uno studio istologico di materiale tissutale. Il sovvertimento della normale architettura linfonodale e l’invasione della capsula e del grasso circostante da parte delle cellule neoplastiche caratteristiche sono i criteri istologici che di solito permettono di diagnosticare il NHL. Gli studi immunofenotipici per determinare l’origine delle cellule permetteranno l’identificazione di sottotipi specifici e risulteranno utili nella definizione della prognosi e nella scelta della strategia terapeutica (v. oltre). La dimostrazione della presenza dell’antigene leucocitario comune CD45 mediante il metodo dell’immunoperossidasi consente di escludere la diagnosi di carcinoma metastatico. Il dubbio sussiste quando il carcinoma si presenta come un "tumore indifferenziato". Il test per l’antigene leucocitario comune può essere effettuato con tessuto fissato. La maggior parte degli studi dei marker di superficie può anche essere effettuata su tessuto fissato con metodi basati sull’uso dell’immunoperossidasi. Il riarrangiamento genico (per documentare la clonalità B- o T-cellulare) e la citogenetica richiedono tessuto fresco.

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Stadiazione

Anche se esiste il NHL localizzato, al momento della diagnosi la malattia si presenta generalizzata nel 90% circa dei linfomi follicolari e nel 70% di quelli diffusi. La stadiazione clinica viene fatta di solito utilizzando le stesse procedure descritte per il morbo di Hodgkin (v. sopra), a esclusione della laparotomia e della splenectomia che soltanto di rado sono richieste. La TC dell’addome e della pelvi può mettere in evidenza siti di malattia a livello para-aortico e mesenterico. La stadiazione finale dei NHL (v. Tab. 139-2) è simile a quella del morbo di Hodgkin; tuttavia, è più spesso basata su reperti clinici che patologici.

I sintomi di malattia sistemica tendono a essere meno comuni nelle fasi iniziali del NHL rispetto al morbo di Hodgkin e, comunque, di solito non modificano la prognosi. L’infiltrazione d’organo è più estesa, con possibile interessamento sia del midollo che del sangue. In tutti i pazienti si deve eseguire una biopsia midollare allo scopo di rilevare un eventuale interessamento del midollo, quando questa procedura cambierà le raccomandazioni del protocollo terapeutico (p. es., la scelta della sola radioterapia per linfomi localizzati a basso grado, la possibilità di una terapia intratecale per linfomi di grado intermedio, la determinazione dell’Indice Prognostico Internazionale ([IPI]).

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Prognosi e terapia

Il tipo istopatologico, lo stadio di malattia e (secondo alcuni autori) il risultato dei marker di superficie influenzano in maniera significativa la prognosi e la risposta alla terapia. I pazienti affetti da linfoma a cellule T hanno di solito una prognosi peggiore rispetto a quelli con linfoma a cellule B, anche se i risultati di recenti programmi di trattamento intensivo hanno mostrato una riduzione di questa differenza. Altri fattori che peggiorano la prognosi sono: un cattivo performance status, l’età > 60 anni, alti livelli di LDH, la presenza di grosse masse tumorali (con diametro > 10 cm) e più di due sedi extraghiandolari di malattia.

Recentemente, è stato riportato un indice prognostico per i linfomi diffuso misto, diffuso a larghe cellule e immunoblastico. L’IPI considera cinque categorie: età, stato di performance, livello di LDH, numero di siti extranodali e stadio. Possono essere definiti gruppi prognostici di basso, basso-intermedio, alto-intermedio e alto rischio (v. Tab. 139-3). L’IPI si sta studiando anche nei linfomi a basso e alto grado.

Terapia della malattia localizzata (stadio I e II): nei linfomi a basso grado, i pazienti raramente si presentano con malattia localizzata, ma quando ciò avviene, la radioterapia regionale può offrire un controllo a lungo termine. Tuttavia, le ricadute possono manifestarsi > 10 anni dopo la radioterapia.

Circa la metà dei pazienti con linfomi di grado intermedio si presenta con malattia localizzata. Questi pazienti devono ricevere una polichemioterapia e irradiazione regionale, che è generalmente curativa.

I pazienti con linfomi ad alto grado, linfomi linfoblastici o linfomi a piccole cellule non clivate (linfoma di Burkitt), anche se apparentemente localizzati, devono ricevere una polichemioterapia intensiva con profilassi meningea. Il trattamento può richiedere chemioterapia di mantenimento (linfoblastico), ma è attesa la cura.

Terapia della malattia in fase avanzata (stadio III e IV): il trattamento è considerevolmente diverso nei pazienti con linfomi di basso grado o indolenti. Può essere utilizzata la forma di intervento, "osserva e attendi", oppure protocolli terapeutici che prevedono un singolo agente alchilante o l’associazione di 2 o 3 farmaci. L’interferone e altri modificatori della risposta biologica possono essere di beneficio. Recenti studi di terapia con anticorpi radiomarcati appaiono anche promettenti. Sebbene la sopravvivenza possa essere prolungata in termini di anni, si verifica una ricaduta tardiva, determinando una prognosi sfavorevole a lungo termine.

In pazienti con linfomi a grado intermedio, la combinazione farmacologica CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) è standard. La regressione completa della malattia è attesa nel 50-70% dei casi, in base alla categoria dell’IPI. Circa il 70% dei responsivi completi viene curato e le ricadute, a 2 anni dalla sospensione della terapia, sono rare.

Nuovi regimi terapeutici che usano i fattori di crescita come supporto sono in corso di studio. Dati preliminari suggeriscono che questi regimi ad alte dosi possono essere superiori al CHOP. Un regime intensivo alternato per il linfoma a piccole cellule non clivate (di Burkitt), il CODOX-M/IVAC (ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina, metotrexato, ifosfamide, etoposide, citarabina), è stato riportato essere curativo nel 90% dei bambini e adulti.

Pazienti con linfoma linfoblastico a cellule T sono trattati in modo simile a quelli con leucemia dell’infanzia a cellule T, cioè, con regimi di chemioterapia intensiva, incluso il trattamento profilattico del SNC. I risultati sono incoraggianti con un percentuale di cura del 50%.

Terapia delle ricadute: la prima ricaduta dopo la chemioterapia iniziale è quasi sempre trattata con trapianto di cellule staminali. I pazienti devono essere fisiologicamente di 65 anni di età e avere una malattia responsiva, un buono stato di performance e una fonte di cellule staminali CD 34+ incontaminate e in numero adeguato. La risposta tumorale è usualmente valutata con una chemioterapia di salvataggio di seconda linea. Le cellule staminali sono raccolte dal sangue periferico o dal midollo. La cellula staminale può essere purificata (pulita dalle cellule tumorali con metodi in vitro) o selezionata positivamente (raccogliendo le cellule CD34+) e subito il pool di cellule staminali può essere espanso in vitro. La terapia mieloablativa di consolidamento può includere la chemioterapia con o senza l’irradiazione del sangue intero. L’immunoterapia post-trattamento (p. es., interferone, IL-2) è in corso di studio.

Il trapianto autologo (cellule staminali dello stesso paziente) è raccomandato come terapia di salvataggio per tutti i pazienti eleggibili con ricaduta chemiosensibile. Se è disponibile un donatore HLA compatibile, un trapianto allogenico (cellule staminali di un donatore) può essere preso in considerazione per quei pazienti con linfomi ad alto grado o invasione ematica o linfomi a basso grado. Il prodotto di allotrapianto di cellula staminale, libero di cellule tumorali contaminanti, può fornire un effetto benefico teorico di trapianto nel caso di linfoma. Questi vantaggi devono essere bilanciati dai rischi significativamente aumentati delle procedure di allotrapianto.

Una guarigione può essere attesa nel 30-50% dei pazienti eleggibili con linfomi a grado intermedio e alto sottoposti a terapia mieloablativa. Nei linfomi a basso grado, rimane incerto se la cura possa essere ottenuta con il trapianto, sebbene la sopravvivenza sia superiore alla sola terapia palliativa secondaria. Il tasso di mortalità del trapianto mieloablativo si è drasticamente ridotto al 2-5% per la maggior parte delle procedure autologhe e < 15% per la maggior parte delle procedure allogeniche.

Una nuova area di ricerca è il ruolo del trapianto autologo come trattamento iniziale al momento della diagnosi. Usando l’IPI, i pazienti ad alto rischio possono essere identificati e selezionati per l’intensificazione di dose. Dati preliminari suggeriscono un aumentato tasso di guarigione.

Una sequela tardiva della chemioterapia standard ad alte dosi è la possibile comparsa di nuove neoplasie, specialmente mielodisplasie e leucemia mielogena acuta. La chemioterapia, combinata con la radioterapia, aumenta il rischio, sebbene la sua incidenza sia solo del 3%. Uno speciale evento tardivo, nelle giovani donne con morbo di Hodgkin, trattate con radioterapia, è un aumento di incidenza di cancro della mammella.

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