11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

140. DISCRASIE PLASMACELLULARI

Gruppo di disordini clinicamente e biochimicamente diversi di eziologia sconosciuta, caratterizzati da una sproporzionata proliferazione di un clone di cellule B e dalle presenza di un’immunoglobulina strutturalmente ed elettroforeticamente omogenea (monoclonale) o da una subunità polipeptidica nel siero o nelle urine.

MACROGLOBULINEMIA

(Macroglobulinemia primitiva o di Waldenström)

Discrasia plasmacellulare maligna che interessa le cellule B normalmente deputate alla sintesi di IgM.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi e terapia

Tra i pazienti con gammopatia monoclonale, il 12% è affetto da una macroglobulinemia. Piccole quantità di paraproteina IgM si ritrovano nel siero del 5% circa dei pazienti affetti da linfoma non Hodgkin a cellule B; questa situazione viene definita con il termine di "linfoma macroglobulinemico". Inoltre, le componenti M delle IgM sono presenti occasionalmente nei pazienti con leucemia linfocitica cronica o altri disordini linfoproliferativi.

La macroglobulinemia è clinicamente distinta dal mieloma e dalle altre discrasie plasmacellulari; ricorda una affezione linfomatosa. La causa è sconosciuta. Gli uomini sono colpiti molto più delle donne; l’età mediana è di 65 anni.

Molte manifestazioni cliniche della macroglobulinemia sono dovute all’enorme quantità di macroglobuline ad alto peso molecolare presenti nel plasma. Alcune di queste proteine IgM monoclonali sono anticorpi diretti contro IgG autologhe (fattori reumatoidi) o contro gli antigeni I del GR (crioagglutinine).

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Sintomi e segni

La maggior parte dei pazienti è asintomatica, ma molti di essi si presentano con i sintomi della sindrome da iperviscosità: facile stancabilità, debolezza, emorragie della cute e delle mucose, disturbi visivi, cefalea e altre manifestazioni neurologiche variabili da caso a caso. Quando predominanti, le anomalie cardiopolmonari sono dovute ad alterazioni circolatorie causate da un aumento del volume plasmatico. La sensibilità al freddo o il fenomeno di Raynaud possono essere dovuti alla crioglobulina o alla crioagglutinina. In alcuni pazienti il quadro è dominato dalle infezioni batteriche ricorrenti.

L’esame obiettivo può rivelare la presenza di una linfoadenomegalia generalizzata, accompagnata da porpora ed epatosplenomegalia e da un marcato turgore e assottigliamento della parete delle vene retiniche, con aspetto "a catena di salsicce". Nel 5% dei pazienti è presente amiloidosi.

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Diagnosi

La maggior parte delle diagnosi di gammopatia monoclonale è preceduta da una scoperta casuale di un elevato livello di proteine sieriche o di anemia. La diagnosi si effettua osservando il caratteristico picco M all’elettroforesi delle proteine sieriche, che l’immunoelettroforesi o l’immunofissazione dimostrano trattarsi di IgM.

I segni caratteristici sono una modesta anemia, una marcata formazione di rouleaux e VES molto elevata. A volte c’è leucopenia con linfocitosi relativa e trombocitopenia. Possono essere presenti crioglobuline, fattore reumatoide o crioagglutinine e, se quest’ultime sono presenti, il test di Coombs diretto è in genere positivo. A volte compaiono varie anomalie della coagulazione e della funzione piastrinica. Gli esami di routine del sangue possono risultare errati se sono presenti crioproteine o se la viscosità è molto aumentata. Le immunoglobuline normali sono ridotte in circa la metà dei pazienti.

L’immunoelettroforesi delle urine concentrate mostra spesso la presenza di una catena leggera monoclonale (generalmente k), anche se è raro trovare una proteinuria di Bence Jones di notevole entità. Il quadro radiografico dello scheletro è caratterizzato dall’osteoporosi; rare sono invece le lesioni osteolitiche. Studi del midollo mostrano un aumento delle plasmacellule e dei linfociti di grado variabile nonché la presenza di linfociti plasmocitoidi. Materiale PAS-positivo può essere presente nelle cellule linfoidi e vi può anche essere aumento delle mastcellule. Inoltre, il quadro istologico del linfonodo viene spesso scambiato per quello di un linfoma linfocitico ben differenziato o plasmocitoide.

La sindrome da iperviscosità può essere diagnosticata dall’esame del fondo oculare in cui le vene retiniche ricordano l’aspetto di una catena di salsicce. Nelle fasi avanzate compaiono emorragie ed essudati retinici, microaneurismi e papilledema. Nei pazienti con sindrome da iperviscosità la viscosità sierica relativa è di solito > 4,0 (normale 1,4-1,8).

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Prognosi e terapia

Il decorso è variabile, ma la macroglobulinemia tende a essere più benigna del mieloma. La sopravvivenza media è di circa 5-7 anni. Un’età > 60 anni, l’anemia e la crioglobulinemia sono associate a una sopravvivenza minore.

Spesso, i pazienti non necessitano di trattamento per molti anni. Se c’è iperviscosità bisogna innanzitutto intervenire con la plasmaferesi, che migliora rapidamente le manifestazioni emorragiche e le anomalie neurologiche secondarie agli alti livelli di IgM. La plasmaferesi spesso deve essere ripetuta.

In alcuni pazienti può essere necessario un trattamento di lunga durata con agenti alchilanti PO, di solito rappresentati dal clorambucil. Tuttavia, può manifestarsi tossicità midollare (v. in Mieloma multiplo). Il farmaco di elezione è il clorambucil, 0,03-0,09 mg/kg/die o, a intervalli di 4-6 sett., alla dose di 0,25 mg/kg/die per 4 giorni. Il melfalan o la ciclofosfamide, somministrati come nel mieloma multiplo, sono possibili alternative, mentre il prednisone orale (1 mg/kg/ die per 4 giorni q 4-6 settimana) può essere aggiunto. Recenti risultati con gli analoghi purinici fludarabina e 2-clorodeossiadenosina sono stati incoraggianti e offrono alternative ai pazienti non responsivi ai farmaci alchilanti orali standard. L’interferone riduce la proteina M in alcuni pazienti.

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