11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

142. GENERALITÀ SUI TUMORI

Proliferazione cellulare, la cui tipica perdita dei normali controlli biologici porta a crescita sregolata, mancanza di differenziazione, invasione dei tessuti circostanti e metastasi.

Sommario:

Introduzione
Cinetica cellulare
Crescita tumorale e metastasi
Alterazioni molecolari
Fattori ambientali
Malattie immunologiche
Diagnosi e screening
Stadiazione
Complicanze
CARCINOMI METASTATICI DI ORIGINE NON CONOSCIUTA

Un tumore maligno può svilupparsi in ogni tessuto, in ogni organo e a qualunque età. La maggior parte delle neoplasie è potenzialmente curabile se diagnosticata precocemente. Con l’autoesame del seno, i pazienti stessi possono aiutare a riconoscere i segni precoci di alcune possibili neoplasie maligne. Gli esami diagnostici e la terapia adeguata sono essenziali per il raggiungimento di risultati ottimali. Il medico deve prendere in considerazione tutte le opzioni terapeutiche, se la guarigione o una ragionevole palliazione sono possibili.

I pazienti affetti da neoplasia che non hanno possibilità di guarigione, devono, comunque, essere informati sul trattamento cui verranno probabilmente sottoposti e sui suoi possibili effetti collaterali. Possono essere necessarie terapie intensive per il trattamento delle complicanze correlate al trattamento. Il supporto psicologico da parte del medico e del gruppo degli operatori sanitari (che può comprendere anche uno psichiatra e un assistente sociale) aiuta i pazienti durante la terapia (v. Complicanze, oltre).

I medici devono dire la verità e al contempo trasmettere una sensazione di ottimismo. Alcuni pazienti devono essere messi in guardia nei confronti di coloro che, pur lavorando nel campo sanitario, promettono false guarigioni. Il paziente deve avere la sensazione che i membri dell’équipe sanitaria siano partecipi e disponibili a rispondere alle sue domande. Il medico deve avviare un colloquio franco sulle cure della fase terminale e prendere le necessarie decisioni terapeutiche al momento appropriato (v. Cap. 294).

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Cinetica cellulare

Il tempo di generazione è il tempo impiegato dalle cellule per entrare in ciclo (v. Fig. 142-1) e dare origine a due cellule figlie. Le cellule tumorali hanno di solito un ciclo più breve di quelle normali. La maggior parte delle cellule normali ha una più ampia percentuale di cellule in G0 (fase di riposo) e vi è quindi una minore frazione proliferante. L’iniziale crescita neoplastica di tipo esponenziale è seguita da una fase di "plateau" in cui il numero delle cellule che muoiono è equivalente al tasso di formazione di cellule figlie. I tumori di piccole dimensioni hanno, in confronto a quelli più voluminosi, una maggiore percentuale di cellule in ciclo e quindi una maggiore proliferazione.

La cinetica cellulare è importante nel disegno dei regimi di trattamento con farmaci antineoplastici. Molti farmaci antineoplastici sono efficaci soltanto se le cellule sono in ciclo e alcuni farmaci agiscono solo in una specifica fase del ciclo. La cinetica cellulare può influenzare la posologia dei farmaci e i tempi di somministrazione.

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Crescita tumorale e metastasi

Durante la crescita del tumore, i nutrienti vengono forniti mediante diffusione diretta dalla circolazione. L’invasione locale dei tessuti può indurre una compressione sui tessuti normali che può portare a infiammazione, oppure il tumore può produrre sostanze (p. es., collagenasi) che portano alla distruzione enzimatica dei tessuti. Successivamente, la sintesi del fattore angiogenetico tumorale provoca la formazione di un supporto vascolare indipendente. Quasi fin dall’inizio, un tumore può liberare cellule in circolo. Da modelli animali, si è calcolato che un tumore di 1 cm libera > 1 milione di cellule/24 h nella circolazione venosa. Negli animali, le cellule neoplastiche circolanti di solito muoiono in seguito a traumi intravascolari. Più lungo è il tempo che una cellula neoplastica rimane in circolo, maggiore è la probabilità che essa muoia. La probabilità che una cellula neoplastica circolante dia luogo a una metastasi è valutata essere < 1:1 milione.

Le metastasi si sviluppano quando le cellule tumorali aderiscono all’endotelio vascolare e penetrano nei tessuti circostanti, sopravvivendo e generando colonie tumorali indipendenti. Così, la crescita tumorale riprende, alterando le normali caratteristiche tissutali e la funzione dell’organo interessato. I tumori metastatici possono dare origine ad altre metastasi.

Dati sperimentali suggeriscono che la metastasi non è un evento casuale e che il tumore primitivo può controllare la crescita delle metastasi (p. es., nel carcinoma renale a cellule chiare, la velocità di crescita è, spesso, analoga nel nodulo primitivo e in quelli metastatici). Teoricamente, l’asportazione del tumore primitivo può indurre una rapida crescita delle metastasi.

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Alterazioni molecolari

Le mutazioni a carico dei geni sono in parte responsabili della crescita o della proliferazione delle cellule maligne. Queste mutazioni alterano la quantità o il comportamento delle proteine codificate da geni che regolano la crescita e, di conseguenza, alterano la divisione cellulare. Le due maggiori categorie di geni mutati sono rappresentate dagli oncogeni e dai geni oncosoppressori.

Gli oncogeni sono forme alterate di geni che normalmente regolano la crescita cellulare. Per esempio, il gene ras è alterato nel 25% circa delle neoplasie umane. La proteina Ras (codificata dal gene ras) regola o fornisce il segnale per la divisione cellulare. Nella maggior parte dei casi il gene è inattivo, ma in queste cellule maligne la proteina Ras è attiva e dà alle cellule il segnale per la divisione, anche se in condizioni normali esse non andrebbero incontro a divisione.

Un altro esempio di attività degli oncogeni coinvolge le proteinchinasi, enzimi che contribuiscono a regolare molte attività cellulari, in particolare attraverso un segnale dalla membrana cellulare al nucleo, avviando in tal modo l’ingresso in ciclo della cellula e controllando varie altre funzioni. Diversi tumori umani (p. es., il tumore della vescica, il tumore mammario, la leucemia mielocitica cronica [LMC]) contengono proteinchinasi con struttura alterata. Se prodotte in eccesso o alterate, le chinasi stimolano in continuazione la divisione cellulare.

Gli oncogeni cellulari sono amplificati in diversi tumori maligni umani (p. es., C-myc e N-myc nel tumore polmonare a piccole cellule, N-myc nel neuroblastoma, C-erb B-2 nel tumore della mammella). L’attivazione degli oncogeni non è stata del tutto chiarita, ma molti fattori possono contribuire ad essa, compresi i cancerogeni chimici (p. es., il fumo di tabacco) o gli agenti infettivi (p. es., virus).

L’attivazione può derivare da riarrangiamenti cromosomici (DNA). Nel linfoma di Burkitt, la traslocazione t(8;14) sposta il locus C-myc sul cromosoma 8 verso la posizione distale del locus della catena pesante delle immunoglobuline situato sul cromosoma 14, aumentando la sintesi delle immunoglobuline. Nella LMC, la t(9;22) determina la produzione di una proteina chimerica, fusione della parte N-terminale di bcr e della parte C-terminale di abl. Queste traslocazioni di DNA sono localizzate in prossimità o sugli stessi geni responsabili della crescita cellulare e della proliferazione.

I geni oncosoppressori impediscono, in condizioni normali, lo sviluppo di neoplasie maligne codificando per proteine che bloccano la trasformazione e la crescita. Per esempio, il gene del retinoblastoma (RB) codifica per la proteina pRB, che regola il ciclo cellulare, bloccando la replicazione del DNA. Mutazioni del gene RB si hanno nel 30-40% di tutte le neoplasie umane e consentono alle cellule colpite di dividersi in continuazione.

Un’altra importante proteina regolatrice, la p53, previene la replicazione del DNA danneggiato nelle cellule normali e promuove la morte cellulare (apoptosi) nelle cellule con DNA alterato. La p53 inattiva o alterata permette alle cellule con DNA anormale di sopravvivere e dividersi. Le mutazioni sono trasmesse alle cellule figlie, inducendo un’elevata probabilità di sviluppare un tumore. Il gene p53 sembra essere difettoso nella maggior parte delle neoplasie umane.

Alterazioni cromosomiche (v. anche Cap. 286): per quanto l’eterogeneità fenotipica si verifichi per qualsiasi tumore maligno, si ritiene che un determinato tumore derivi genotipicamente da un clone di cellule trasformate. I fattori che, in definitiva, inducono le alterazioni geniche o cromosomiche non sono conosciuti; tuttavia, la delezione, la traslocazione o la duplicazione di geni importanti danno alla cellula tumorale un vantaggio proliferativo rispetto alle cellule normali, determinando lo sviluppo di un tumore.

Alterazioni cromosomiche sono state trovate in alcuni tipi di tumori; p. es., circa l’80% dei pazienti con leucemia mieloide cronica (LMC) presenta un cromosoma Filadelfia (Ph) t(9;22) (v. Leucemia Mielocitica Cronica nel Cap. 138). Utilizzando come marker proteico la G6PD, è presente un solo isoenzima nei GR e nei GB dei pazienti con LMC, mentre i fibroblasti degli stessi pazienti contengono entrambi gli isoenzimi. Queste osservazioni indicano che un’alterazione cromosomica è presente nelle cellule maligne. La perdita di alleli localizzati sui cromosomi  17p e 18q sembra importante nell’eziologia del cancro del colon-retto. La perdita di alleli sul cromosoma 17p è stata implicata anche nel cancro della mammella, nei gliomi, nel carcinoma polmonare e nell’osteosarcoma. Si ritiene che i siti 17p e 18q siano sede di geni oncosoppressori.

Nella conversione delle cellule epiteliali normali a neoplastiche, nella poliposi familiare del colon, è stato proposto un meccanismo di alterazione cromosomica. Inizialmente, la perdita di un gene oncosoppressore sul cromosoma 5 rende l’epitelio iperproliferativo. Una metilazione del DNA produce un adenoma precoce che l’oncogene ras converte in adenoma intermedio. La perdita del gene soppressore sul cromosoma 18 determina la sua conversione in adenoma tardivo e la perdita del gene sul cromosoma 17 lo converte in cancro. Altre alterazioni genetiche possono essere necessarie alla neoplasia per dare metastasi.

L’analisi cromosomica delle cellule neoplastiche può dare informazioni prognostiche e terapeutiche; p. es., i pazienti con leucemia mieloide acuta e cromosomi normali hanno una prognosi migliore rispetto a quelli con alterazioni cromosomiche. Allo stesso modo, i pazienti che presentano traslocazione dei cromosomi t(15;17) sviluppano sempre una leucemia acuta promielocitica.

In alcune malattie congenite, i cromosomi vanno facilmente incontro a rotture, inducendo nei bambini un rischio elevato di leucemia acuta o di altre neoplasie. Queste includono la sindrome di Bloom (una rara malattia recessiva caratterizzata da nanismo, eritema del volto fotosensibile con teleangiectasie e facies caratteristica), sindrome di Fanconi e sindrome di Down (trisomia 21).

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Fattori ambientali

I virus correlati a tumori maligni umani sono rappresentati dai papillomavirus umani (carcinoma cervicale), dal citomegalovirus (sarcoma di Kaposi), dal virus di Epstein-Barr (linfoma di Burkitt, linfoma immunoblastico e carcinoma nasofaringeo) e dal virus dell’epatite B (carcinoma epatocellulare). I retrovirus umani sono stati correlati ai linfomi a cellule T (virus umano con linfotropismo per le cellule T [HTLV-1]), che hanno una predilezione per l’interessamento cutaneo e osseo, con ipercalcemia e una fase leucemica. Il meccanismo di trasformazione neoplastica da parte dell’HTLV-1 consiste nell’integrazione del provirus (DNA a doppia elica copia dell’RNA del genoma virale) nel genoma cellulare. L’HTLV-2 è stato debolmente associato a una forma inusuale di leucemia a cellule capellute dei linfociti T. L’HIV I e II sono legati patogeneticamente all’AIDS (v. Cap. 163). I pazienti affetti da AIDS sono predisposti a sarcoma di Kaposi e linfoma, che possono essere di origine virale.

Tra i parassiti, lo Schistosoma haematobium è stato messo in relazione al cancro della vescica che di solito si sviluppa a seguito di infiammazione cronica e fibrosi. L’Opistorchis sinensis è stato correlato al carcinoma del pancreas e dei dotti biliari.

La cancerogenesi chimica è un processo multifasico: (1) Nella fase di iniziazione, una cellula che viene interessata da un evento cancerogeno può potenzialmente dare luogo a un clone neoplastico. (2) Nella fase di promozione, che è un processo reversibile, la persistenza della proliferazione di un clone neoplastico è legata ad un agente chimico, dotato di ridotta attività cancerogena. (3) Nella fase di progressione, si manifesta una crescita irreversibile di cellule alterate (neoplastiche). Un agente dotato di scarsa o assente capacità cancerogena (un cocancerogeno) può incrementare l’effetto cancerogeno di un altro agente, quando l’esposizione è simultanea. La cancerogenesi chimica è influenzata dall’età, dallo stato endocrino, dalla dieta, da altri agenti esogeni (cocancerogeni o promotori) e dallo stato immunologico. I cancerogeni chimici più comuni sono elencati nella Tab. 142-2.

Le radiazioni ultraviolette sono una causa certa di neoplasie cutanee (cioè, carcinoma squamoso e a cellule basali, melanoma e soprattutto xeroderma pigmentosum).

Le radiazioni ionizzanti sono cancerogene; p. es., i sopravvissuti alle esplosioni delle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki hanno un’incidenza di leucemie e vari altri tumori maggiore di quella attesa. Analogamente, quando si usano radiazioni ionizzanti sotto forma di raggi X per il trattamento di affezioni non maligne (acne, aumento di volume del timo e spondilite anchilosante), aumenta l’incidenza di tumori, compresi leucemia acuta e cronica, aumenta; linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, mieloma multiplo, anemia aplastica con evoluzione in leucemia non linfocitica acuta (LNLA), mielofibrosi, melanoma e cancro della tiroide. L’esposizione industriale (p. es., all’uranio da parte dei minatori) è collegata allo sviluppo di cancro del polmone dopo una latenza di 15-20 anni. L’esposizione per un lungo periodo a irradiazione professionale o a diossido di torio, somministrato a scopo diagnostico, predispone allo sviluppo di angiosarcomi e LNLA.

L’irritazione cronica della cute porta a dermatite cronica e, in rare occasioni, al carcinoma epidermoidale.

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Malattie immunologiche

I pazienti con affezioni immunologiche sono predisposti a neoplasie del sistema linforeticolare e devono essere controllati periodicamente; la comparsa di una linfoadenopatia non preesistente o sospetta deve essere valutata con biopsia. Nei pazienti con atassia-teleangectasia, l’incidenza di leucemia acuta linfoblastica (LLA), di tumori del cervello e di cancro gastrico è maggiore di quella della popolazione normale. I pazienti con sindrome di Wiskott-Aldrich e con agammaglobulinemia legata al cromosoma X hanno anche un alto rischio di linfoma e LLA.

I pazienti con immunodeficienza, sia come esito di un trattamento con farmaci immunosoppressivi o a seguito di infezione da HIV, sono a rischio per una serie di neoplasie, in particolare linfoma a grandi cellule e sarcoma di Kaposi. Allo stesso modo, i pazienti con LES, AR e sindrome di Sjögren sono a rischio di linfoma, di solito del tipo a cellule B, presumibilmente correlato all’alterazione dello stato immunologico.

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Diagnosi e screening

L’anamnesi e l’esame fisico completi sono un requisito indispensabile per la diagnosi precoce. I medici devono essere a conoscenza dei fattori predisponenti e devono specificatamente indagare neoplasie nell’ambito familiare, sull’esposizione ambientale e le malattie pregresse (p. es., malattie autoimmuni, precedenti trattamenti immunosoppressivi, AIDS). L’esame dei vari apparati è importante e deve andare a ricercare sintomi quali astenia, perdita di peso, febbre o sudorazioni notturne, tosse, emottisi, ematemesi o ematochezia, alterazioni delle scibale fecali e dolore persistente. L’esame fisico deve rivolgere particolare attenzione a cute, linfonodi, polmoni, mammelle, addome, all’esplorazione dei testicoli, della prostata, del retto e della vagina.

I principali obiettivi dello screening tumorale e della diagnosi precoce sono: ridurre la mortalità da cancro, permettere trattamenti meno invalidanti e ridurre i costi. Le procedure di screening che hanno ridotto la mortalità sono lo striscio di Papanicolaou (Paptest) (carcinoma della cervice), l’autoesame del seno e lo screening mammografico (carcinoma mammario). Per le procedure di screening raccomandate dalla American Cancer Society, v. Tab. 142-3. Tuttavia, lo screening comporta esso stesso dei rischi: la morbilità fisica e psicologica determinata dai falsi positivi, la falsa rassicurazione indotta dai falsi negativi e la morbilità derivante dalla procedura di screening.

I tumori possono sintetizzare proteine che non inducono una sintomatologia clinica, p. es., b-gonadotropina corionica umana, a-fetoproteina, antigene carcinoembrionario, CA 125 e CA 15-3. Queste sostanze proteiche possono essere usate come marker tumorali in valutazioni seriate per determinare la presenza di una recidiva tumorale o la risposta alla terapia (v. Cap. 143).

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Stadiazione

Una volta che sia stata effettuata una diagnosi istologica, la stadiazione (cioè, la determinazione dell’estensione della neoplasia) aiuta a stabilire il trattamento appropriato e la prognosi. La stadiazione clinica utilizza informazioni provenienti dalla storia del paziente, dall’esame fisico e dagli esami non invasivi. La stadiazione patologica richiede campioni di tessuto. Per la stadiazione di neoplasie specifiche v. i dettagli in altre parti del Manuale.

La mediastinoscopia (v. Cap. 65) è particolarmente importante nella stadiazione del carcinoma polmonare non a piccole cellule; se essa mostra il coinvolgimento dei linfonodi mediastinici, di solito il paziente non potrà beneficiare di una toracotomia con resezione polmonare.

La biopsia osteomidollare è particolarmente utile per la diagnosi delle metastasi di linfoma maligno e di tumore polmonare a piccole cellule. La biopsia midollare è positiva nel 50-70% dei pazienti con linfoma maligno (a basso e ad alto grado di malignità) e nel 15-18% dei pazienti con tumore polmonare a piccole cellule.

Lo svuotamento dei linfonodi ascellari con l’esame istologico per la ricerca di metastasi (parte integrante del trattamento chirurgico) è di ausilio nella stadiazione del tumore mammario.

Nel carcinoma del colon la laparotomia permette un intervento terapeutico e una stadiazione intraoperatoria. La laparotomia con splenectomia, la linfadenectomia e la biopsia epatica sono, in alcuni pazienti, parte integrante della stadiazione della malattia di Hodgkin (v. Cap. 139).

Le determinazioni chimiche e degli enzimi sierici possono essere d’ausilio alla stadiazione. L’incremento degli enzimi epatici (fosfatasi alcalina, LDH e ALT) suggerisce la presenza di metastasi epatiche. Un aumento della fosfatasi alcalina e del Ca sierico può essere il primo segno di metastasi ossee. L’aumento della fosfatasi acida (inibita dal tartrato) è suggestiva della diffusione extracapsulare di un carcinoma della prostata. Un’improvvisa ipoglicemia può essere il segno di un insulinoma, un carcinoma epatocellulare o un sarcoma retroperitoneale. L’aumento dell’azoto ureico o della creatininemia possono essere indicativi di un’uropatia ostruttiva secondaria a una massa pelvica, a un’ostruzione intrarenale da parte di precipitati tubulari di una proteina mielomatosa o a nefropatia uratica in corso di linfoma o di altre neoplasie. Livelli elevati di acido urico si hanno spesso in corso di malattie mielo- e linfoproliferative. L’a-fetoproteina può essere elevata nel carcinoma epatocellulare e nel carcinoma del testicolo, l’antigene-S carcinoembrionario nel cancro del colon, la b-gonadotropina corionica umana nel coriocarcinoma e nel carcinoma del testicolo, le immunoglobuline sieriche nel mieloma multiplo e i DNA-probes nella LMC (sonde bcr per identificare l’alterazione del cromosoma 22).

La diagnostica per immagini, soprattutto per mezzo della TC e della RMN, può rilevare la presenza di metastasi cerebrali, polmonari o addominali, comprese le ghiandole surrenali, i linfonodi retroperitoneali, il fegato e la milza. La RMN (con gadolinio) è la procedura di scelta per la diagnosi e lo studio dei tumori cerebrali.

L’ecografia può essere utilizzata per lo studio della cavità orbitaria, della tiroide e della regione cardiaca, pericardica, epatica, pancreatica, renale e delle regioni retroperitoneali. Può servire da guida per le biopsie percutanee e differenziare l’ipernefroma da una cisti renale benigna. La linfoangiografia mostra l’aumento di volume dei linfonodi pelvici e del tratto lombare inferiore e trova un utile impiego nella stadiazione clinica dei pazienti con morbo di Hodgkin, ma è stata in genere sostituita dalla TC.

La scintigrafia epatosplenica può evidenziare metastasi epatiche e splenomegalia. La scintigrafia ossea è efficace nell’individuazione di metastasi prima che queste diventino visibili agli esami radiologici. Poiché la positività della scintigrafia richiede la presenza di tessuto osseo neoformato (cioè di attività osteoblastica), essa è inutile nelle neoplasie in cui le lesioni sono esclusivamente litiche (p. es., mieloma multiplo); in queste malattie, lo studio radiografico di routine è l’esame di scelta. La scintigrafia con gallio può essere utile nella stadiazione dei linfomi. Gli anticorpi monoclonali radiomarcati (p. es., anti-antigene carcinoembrionario, anti-cellule di microcitoma) forniscono informazioni importanti per la stadiazione di varie neoplasie (p. es., cancro del colon, carcinoma polmonare a piccole cellule).

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Complicanze

Un tumore maligno può provocare dolore, decadimento delle condizioni generali, neuropatie, nausea, anoressia, convulsioni, ipercalcemia, iperuricemia, occlusione intestinale e insufficienza d’organo.

Il tamponamento cardiaco spesso insorge improvvisamente. Le cause più comuni sono rappresentate dal cancro della mammella e del polmone e dai linfomi. Poiché un versamento pericardico neoplastico precede il tamponamento cardiaco, la storia clinica di solito rivela la presenza di dolore toracico maldefinito o di senso di oppressione che peggiora nella posizione supina e migliora nella posizione eretta (v. Cap. 209). A fini diagnostici e terapeutici, deve essere eseguita una pericardiocentesi e si deve prendere in considerazione una finestra pleuropericardica o una pericardiectomia. I versamenti pleurici, se presenti, vanno drenati se sintomatici, controllandone la riformazione. Se il versamento si riforma rapidamente, si deve ricorrere al drenaggio con tubo da toracostomia e ad agenti sclerosanti (v. Cap. 65). La compressione del midollo spinale richiede immediata attenzione allo scopo di evitare la morbilità correlata (v. Cap. 182) L’ipercalcemia può essere causata da una neoplasia maligna (v. Cap. 12). La sindrome della vena cava superiore, situazione clinica drammatica, richiede un trattamento urgente, ma non d’emergenza (v. Cap. 81).

Il dolore nei pazienti con tumore metastatico dipende spesso dalle metastasi ossee, dall’interessamento di un nervo o di un plesso nervoso o dalla compressione esercitata da una massa o da un versamento neoplastico. La terapia del dolore è trattata nel Cap. 167.

Sindromi paraneoplastiche: le sindromi paraneoplastiche (v. anche Sintomi e segni nel Cap. 81; Ipercalcemia nel Cap. 12; e Cap. 177) possono essere dovute a produzione eccessiva o ectopica di ormoni sintetizzati dal tumore, a immunocomplessi, recettori ectopici, rilascio di composti fisiologicamente attivi o derivare da cause sconosciute. I sintomi della produzione di sostanze ormonali, da parte delle cellule tumorali, comprendono ipoglicemia a digiuno (insulina da insulinoma), diarrea (polipeptide intestinale vasoattivo da tumore neuroendocrino, per esempio un tumore insulare) e ipertensione (adrenalina e noradrenalina da feocromocitoma). La produzione ectopica di ormoni comprende l’ACTH e l’ADH ectopico (tumore polmonare a piccole cellule e non a piccole cellule), paratormone (carcinoma polmonare epidermoidale, neoplasie della testa e del collo, cancro della vescica), calcitonina (da cancro della mammella, carcinoma polmonare a piccole cellule e carcinoma midollare della tiroide), ormone tireotropo (da coriocarcinoma gravidico). Le manifestazioni cliniche variano con il tipo di ormone prodotto. Il trattamento più efficace consiste nel controllo del tumore maligno, ma i sintomi possono essere alleviati con farmaci, p. es., minociclina per l’ADH ectopico, ciproeptadina per la sindrome da carcinoide o pamidronato e corticosteroidi per l’ipercalcemia.

Le sindromi cliniche associate a neoplasie maligne, in cui non è identificabile nessuna sostanza responsabile delle manifestazioni cliniche, sono "veramente" paraneoplastiche e possono coinvolgere vari organi. Le sindromi paraneoplastiche neurologiche (vedi anche Cap. 177) comprendono la degenerazione cerebellare subacuta, la sclerosi laterale amiotrofica, la neuropatia periferica sensitivo-motoria, la sindrome di Guillain-Barré, la dermatomiosite, la polimiosite, la miastenia gravis e la sindrome di Eaton-Lambert. La maggior parte delle polineuropatie è da causa sconosciuta e non ha una specifica terapia, anche se la miastenia gravis può essere trattata con neostigmina o con prednisone.

Le sindromi paraneoplastiche ematologiche sono l’anemia aplastica pura, l’anemia delle malattie croniche, la leucocitosi (reazione leucemoide), la trombocitosi, l’eosinofilia, la basofilia e la coagulazione intravascolare disseminata. Inoltre, una porpora trombocitopenica idiopatica e un’anemia emolitica Coombs-positiva possono complicare il decorso nei pazienti con neoplasie linfoidi e con morbo di Hodgkin.

La sindrome paraneoplastica renale (glomerulonefrite membranosa) si può verificare in pazienti con cancro del colon, cancro ovarico e linfomi per la presenza di immunocomplessi circolanti.

Le lesioni cutanee pigmentate o cheratosi associate a forme maligne sono rappresentate da acanthosis nigricans (neoplasie maligne del tratto GI), melanosi generalizzata (linfomi, melanoma, carcinoma epatocellulare), malattia di Bowen (tumori polmonari, tumori GI e GU) ed estese cheratosi seborroiche multiple, come il segno di Leser-Trélat (linfoma e neoplasie GI).

Altre varie complicanze paraneoplastiche comprendono la febbre, l’acidosi lattica (leucemia, linfoma), l’iperlipidemia (mieloma), l’osteoartropatia ipertrofica polmonare (cancro del polmone o metastasi polmonari da cancro renale, timoma, sarcoma e morbo di Hodgkin).

Per la prognosi e la terapia dei tumori, v. Cap. 144.

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CARCINOMI METASTATICI DI ORIGINE NON CONOSCIUTA

Un tumore maligno metastatico, accertato biopticamente, per il quale non è possibile individuare la lesione primitiva.

I carcinomi metastatici di origine ignota costituiscono lo 0,5-7% di tutte le neoplasie. Poiché il trattamento dei tumori spesso varia in rapporto al tessuto di origine, è necessaria una valutazione completa. Devono essere effettuati un’anamnesi e un esame fisico accurati, con particolare attenzione a segni e sintomi inerenti il seno, la pelvi, la prostata, il retto e le malattie gastrointestinali. Gli esami di laboratorio devono comprendere l’emocromo completo, l’esame delle urine, la ricerca del sangue occulto nelle feci, gli esami chimici (inclusa la determinazione dell’antigene prostatico specifico). Gli esami devono essere limitati alla radiografia del torace, alla mammografia e alla TC dell’addome. Non è necessario effettuare di routine la radiografia delle prime vie digestive e il clisma opaco. La colorazione all’immunoperossidasi per le immunoglobuline, gli studi sul riarrangiamento genico e la microscopia elettronica sul tessuto tumorale disponibile possono essere d’aiuto per la diagnosi di linfoma a grandi cellule, mentre l’immunoperossidasi per la a-fetoproteina o b-HCG può indirizzare verso un tumore a cellule germinali. La determinazione tissutale dei recettori per gli estrogeni e il progesterone è d’aiuto nella diagnosi di carcinoma mammario e il test all’immunoperossidasi per l’antigene prostatico specifico aiuta a identificare un tumore prostatico.

Anche se non si riuscisse a formulare una diagnosi istologica precisa, i pazienti con carcinomi poco differenziati localizzati in regione mediana o paramediana (p. es., mediastino, retroperitoneo) devono essere sottoposti a due cicli di chemioterapia con un regime comprendente il cisplatino. In presenza di risposta, devono essere somministrai da tre a quattro cicli, poiché in quasi il 50% dei pazienti si ha un lungo intervallo libero da malattia. Negli altri casi, alcuni medici prendono in considerazione schemi di terapia con doxorubicina o regimi contenenti il paclitaxel. In genere, le risposte sono modeste e di breve durata. Tuttavia, poiché molti pazienti hanno i tumori primitivi occulti in sede, l’approccio futuro potrebbe migliorare con lo sviluppo di più efficaci trattamenti citotossici.

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