12. IMMUNOLOGIA; MALATTIE ALLERGICHE

148. DISORDINI DA IPERSENSIBILITÀ

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO III

Sommario:

Introduzione
Diagnosi

Condizioni nelle quali gli immunocomplessi (IC) sembrano avere un ruolo patogenetico sono la malattia da siero dovuta al siero eterologo, a farmaci o ad antigeni della epatite virale; il LES; l’AR; la poliarterite; la crioglobulinemia; la polmonite da ipersensibilità; l’aspergillosi broncopolmonare; la glomerulonefrite acuta; la glomerulonefrite membranoproliferativa cronica; e la malattia renale associata (v. Cap. 231). Nell’aspergillosi broncopolmonare, nella malattia da siero indotta da farmaci o siero e in alcune forme di malattia renale, si ritiene che una reazione mediata da IgE preceda la reazione di tipo III.

I modelli animali standard delle reazioni di tipo III sono la reazione di Arthus locale e la malattia da siero sperimentale. Nella reazione di Arthus (tipicamente una reazione cutanea locale) gli animali vengono prima iperimmunizzati per indurre la produzione di grandi quantità di anticorpi IgG circolanti e poi viene loro somministrata una piccola quantità di antigene per via intradermica. L’antigene precipita in presenza dell’eccesso di IgG e attiva il complemento, cosicché compare rapidamente (entro 4-6 h) una lesione locale altamente infiammatoria, edematosa e dolorosa che può progredire fino alla formazione di un ascesso sterile contenente molte cellule polimorfonucleate e in seguito fino alla necrosi del tessuto. Microscopicamente si può osservare una vasculite necrotizzante con occlusione dei lumi arteriolari. La reazione non è preceduta da un periodo di latenza, perché l’anticorpo è già presente.

Nella malattia da siero sperimentale viene iniettato un notevole quantitativo di antigene in un animale non immunizzato. Dopo un periodo di latenza, vengono prodotti anticorpi; quando gli anticorpi raggiungono una concentrazione critica (nell’uomo, in 10-14 giorni), si formano complessi antigene-anticorpo che si depositano nei vasi di tipo endoteliale, dove provocano un danno vascolare diffuso caratterizzato dalla presenza di leucociti polimorfonucleati. Quando compare la vasculite si può evidenziare un calo del complemento sierico e nelle aree colpite si possono rinvenire antigeni, anticorpi e complemento. I complessi antigene-anticorpo, tuttavia, non sono in grado di provocare il danno di per sé, ma richiedono piuttosto la presenza di un aumento della permeabilità vascolare, come si verifica nelle reazioni mediate da IgE (di tipo I) e quando viene attivato il complemento, per aumentare il deposito vascolare degli IC.

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Diagnosi

Le reazioni di tipo III possono essere sospettate in patologia umana quando compare una vasculite. Nella poliarterite, la presenza di vasculite è l’unica evidenza clinica a sostegno del possibile ruolo degli IC. Un’ulteriore conferma si può ottenere con i test di immunofluorescenza diretta (come descritto precedentemente), che possono indicare la presenza di antigene, di immunoglobuline (Ig) e di complemento nella sede della vasculite.

Negli studi sperimentali, la microscopia a fluorescenza mostra depositi granulari grossolani (a grosse zolle) lungo la membrana basale quando i glomeruli animali vengono colorati per rivelare presenza di Ig e di complemento. Una distribuzione simile si può osservare nelle malattie renali umane dovute a reazioni di tipo III (v. Cap. 231). È possibile usare anche la microscopia elettronica per rivelare depositi elettrondensi (simili a quelli osservati nella malattia da siero sperimentale) che si ritiene siano i complessi antigene-anticorpo. Raramente, nel tessuto infiammato si può rivelare la presenza sia dell’antigene sia dell’anticorpo per mezzo dell’immunofluorescenza, come è stato dimostrato nella nefropatia del LES e nelle lesioni vasculitiche della malattia da siero dovuta ad antigeni dell’epatite.

Una reazione di tipo III è ulteriormente rivelata dalla dimostrazione della presenza di anticorpi circolanti nei confronti di antigeni quali il siero di cavallo, gli antigeni dell’epatite, il DNA, le IgG alterate (fattore reumatoide) e alcune muffe. Nel LES, per esempio, durante le esacerbarzioni della nefropatia si verifica un aumento degli anticorpi contro il DNA nativo non denaturato a doppio filamento e una diminuzione del complemento sierico. Se l’antigene è sconosciuto, si possono misurare i livelli del complemento sierico totale e dei suoi componenti precoci (C1, C4 o C2); la diminuzione dei loro livelli indica un’attivazione del complemento attraverso la via classica e quindi la presenza di una reazione di tipo III.

Nell’aspergillosi polmonare allergica, un test cutaneo intradermico con antigene di Aspergillus può provocare una reazione eritemato-pomfoide mediata da IgE seguita da una reazione simile a quella di Arthus.

Fino a non molto tempo fa, gli IC venivano ricercati nel siero con la crioprecipitazione (sfruttando la proprietà di alcuni complessi di precipitare alle basse temperature). Attrezzature sofisticate possono rivelare anche la presenza di complessi solubili mediante ultracentrifugazione analitica e centrifugazione in gradiente di densità di saccaroso. Attualmente, vengono impiegati diversi test per la ricerca degli IC circolanti i quali si basano sulla capacità dei complessi di reagire con componenti complementari (p. es., test di legame con il C1q) e sulla loro capacità di inibire la reazione tra il fattore reumatoide monoclonale e le IgG. Test diagnostici come il test delle cellule di Raji si basano sull’interazione degli IC contenenti frazioni del complemento con recettori cellulari (p. es. un recettore per il C3 presente sulle cellule di Raji). Nonostante ne siano disponibili ancora altri, i test appena ricordati sono quelli usati più comunemente. Non esiste un singolo test in grado di identificare tutti gli IC e il loro impiego nella pratica clinica è limitato al monitoraggio dell’attività di alcune malattie.

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