12. IMMUNOLOGIA; MALATTIE ALLERGICHE

148. DISORDINI DA IPERSENSIBILITÀ

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO IV

IPERSENSIBILITA' AI FARMACI

Sommario:

Introduzione
Meccanismi dell'ipersensibilità ai farmaci
Diagnosi
Terapia

Le eruzioni cutanee da farmaci sono trattate nel Cap. 118. In questa sede vengono esposte altre reazioni di ipersensibilità che possono far seguito alla somministrazione orale o parenterale di farmaci. La dermatite da contatto, che è una reazione di ipersensibilità cellulare (ritardata, di tipo IV) che consegue a un’applicazione locale, viene trattata nel Cap. 111; le reazioni a farmaci che sono la conseguenza di meccanismi non immunologici sono trattate nel Cap. 302. Per le reazioni allergiche agli emoderivati, v. Reazioni allergiche nel Cap. 129.

Prima di attribuire una determinata reazione a un farmaco, si deve ricordare che anche i placebo possono provocare un’ampia varietà di sintomi e perfino di segni obiettivi, come le eruzioni cutanee. Ciò nonostante, le reazioni da farmaci vere e proprie costituiscono un problema medico di rilievo. Bisogna consultare la letteratura sui singoli farmaci per identificare le reazioni avverse più probabili.

Con un sovradosaggio farmacologico, compaiono effetti tossici in relazione diretta con la quantità totale di farmaco presente nell’organismo e tali effetti possono verificarsi in qualunque paziente se la dose è sufficientemente elevata. Un sovradosaggio assoluto deriva da un errore nel dosaggio o nella frequenza delle singole dosi. Un sovradosaggio relativo si può osservare nei pazienti che, a causa di malattie epatiche o renali, non metabolizzano o non eliminano normalmente il farmaco.

Nell’intolleranza farmacologica la reazione indesiderata si manifesta alla prima assunzione del farmaco. Essa può consistere nella stessa reazione tossica ordinariamente attesa con dosi più elevate o può essere un’esagerazione di un comune effetto collaterale di lieve entità (p. es. la sedazione da antiistaminici). L’idiosincrasia è una condizione nella quale la reazione indesiderata che si verifica alla prima assunzione del farmaco è del tutto inattesa e singolare dal punto di vista farmacologico. Si sta identificando un numero sempre maggiore di reazioni dovute a deficit enzimatici geneticamente determinati (p. es. l’anemia emolitica che si sviluppa nei pazienti con deficit di G6PD durante la terapia con svariati farmaci; l’apnea da succinilcolina; la neuropatia periferica da isoniazide: v. anche Reazioni indesiderate ai farmaci nel Cap. 302).

La maggior parte delle reazioni tossiche e idiosincrasiche è abbastanza differente dalle reazioni allergiche, con alcune eccezioni. Le reazioni tossiche o idiosincrasiche dovute a farmaci aventi un’azione diretta di rilascio dell’istamina (p. es. mezzi di contrasto radiografici, oppiacei, pentamidina, polimixina B) possono presentarsi sotto forma di orticaria o addirittura di una reazione anafilattoide. L’anemia emolitica può essere allergica (p. es. da penicillina) o dovuta a deficit di G6PD. La febbre da farmaci può essere di origine allergica, tossica (p. es. da amfetamina e tranilcipromina) o anche farmacologica (p. es. da etiocolanolone).

Caratteristiche delle reazioni allergiche ai farmaci: una reazione mediata da IgE si verifica soltanto dopo che il paziente è stato esposto al farmaco (non necessariamente a scopo terapeutico) una o più volte senza incidenti. Una volta che l’ipersensibilità si è sviluppata, la reazione può essere provocata da dosi molto inferiori ai dosaggi terapeutici e solitamente inferiori anche ai livelli che provocano reazioni idiosincrasiche. Le caratteristiche cliniche sono piuttosto limitate nelle loro manifestazioni. Le eruzioni cutanee (specialmente l’orticaria), la sindrome simil-malattia da siero, la febbre inattesa, l’anafilassi e gli infiltrati polmonari eosinofili che compaiono durante una terapia farmacologica sono solitamente dovuti a ipersensibilità; possono esserlo anche alcuni casi di anemia, di trombocitopenia o di agranulocitosi. Raramente, dopo esposizioni ripetute a un farmaco (p. es. sulfamidici, ioduri, penicillina) si manifesta una vasculite, e sono stati descritti una nefrite interstiziale (p. es. da meticillina) e un danno epatico (p. es. da alotano) in circostanze compatibili con lo sviluppo di un’ipersensibilità specifica.

L’esempio più grave di ipersensibilità ai farmaci è costituito dall’anafilassi. Tuttavia, la più comune reazione a farmaci è di gran lunga un’eruzione morbilliforme, ancora una volta a eziologia sconosciuta. Anche la febbre e le reazioni urticarioidi sono conseguenze relativamente comuni dell’allergia ai farmaci. Quando in terapia venivano usati i sieri di origine animale, la malattia da siero era una complicanza possibile, ma i sieri animali vengono usati raramente al giorno d’oggi. Può manifestarsi una grave sindrome tipo malattia da siero, a patogenesi sconosciuta, senza livelli elevati di anticorpi IgG circolanti ma solitamente associata con la presenza di anticorpi IgE, particolarmente con farmaci come la penicillina.

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Meccanismi dell'ipersensibilità ai farmaci

I farmaci costituiti da proteine e da polipeptidi di grandi dimensioni possono stimolare la produzione di anticorpi specifici mediante un meccanismo schiettamente immunologico. Forse la più piccola molecola con potenzialità antigeniche è il glucagone, che ha un peso molecolare di circa 3500. La maggior parte delle molecole dei farmaci è molto più piccola e non possono comportarsi da antigeni da sole. Tuttavia, come apteni, alcune di esse possono legarsi covalentemente alle proteine e i coniugati che ne risultano possono stimolare la produzione di anticorpi specifici diretti contro il farmaco. Il farmaco, o uno dei suoi metaboliti, deve essere chimicamente reattivo con la proteina. Il legame con le proteine sieriche comune a molti farmaci è molto più debole e non possiede forza sufficiente per l’antigenicità.

La reazione immunologica specifica è stata definita soltanto per la benzilpenicillina. Questo farmaco non si lega con i tessuti o le proteine sieriche in modo sufficientemente energico da formare un complesso antigenico, ma il suo principale prodotto di degradazione, l’acido benzilpenicillanico, può combinarsi con le proteine tissutali per formare il benzilpenicilloile (BPO), il determinante antigenico principale della penicillina. Diversi determinanti antigenici minori vengono formati in quantitativi relativamente piccoli con meccanismi meno ben definiti. Le reazioni di ipersensibilità (di tipo I, II, III, IV) il più delle volte coinvolgono il determinante BPO. Anticorpi IgE diretti contro i determinanti minori possono essere responsabili, in alcuni pazienti, di anafilassi e orticaria. Sono stati individuati anticorpi IgG contro il determinante principale, ma non contro i determinati minori. Essi possono agire come "anticorpi bloccanti" per il BPO, modificando o anche impedendo una reazione contro il BPO stesso, mentre la mancanza di anticorpi IgG bloccanti diretti contro i determinanti minori può spiegare la capacità di questi determinanti di provocare anafilassi.

Tutte le penicilline semisintetiche (p. es. l’amoxicillina, la carbenicillina, la ticarcillina) potenzialmente reagiscono in maniera crociata con la penicillina, cosicché i pazienti ipersensibili alla penicillina spesso reagiscono anche contro di esse. Reazioni crociate si verificano in grado minore con le cefalosporine. La terapia con una cefalosporina va cominciata con grande cautela se il paziente ha una storia di reazioni gravi (p. es. anafilassi) alla penicillina.

Le reazioni ematologiche ai farmaci mediate da anticorpi (citotossiche, di tipo II) possono svilupparsi con tre meccanismi diversi: nell’anemia indotta dalla penicillina, l’anticorpo reagisce con l’aptene, che è saldamente legato alla membrana dei GR, provocando agglutinazione e aumento della distruzione dei GR stessi. Nella trombocitopenia indotta dallo stibofene e dalla chinidina (v. anche Trombocitopenia nel Cap. 133) il farmaco forma un complesso solubile con il suo anticorpo specifico. Il complesso reagisce poi con le piastrine circostanti (le cellule bersaglio "spettatrici innocenti") e attiva il complemento, che resta poi da solo sulla membrana piastrinica e provoca la lisi cellulare. In altre anemie emolitiche, il farmaco (p. es. la metildopa) sembra alterare chimicamente la superficie del GR, esponendo così un antigene che induce la formazione di un autoanticorpo, solitamente con specificità Rh, per poi reagire con esso.

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Diagnosi

Le reazioni tossico-idiosincrasiche e quelle anafilattiche sono sufficientemente caratteristiche nelle loro manifestazioni e nei tempi di presentazione, tanto che di solito il farmaco responsabile viene facilmente identificato. Le reazioni tipo malattia da siero sono dovute il più delle volte alle penicilline, ma occasionalmente ne sono responsabili i sulfamidici, l’idralazina, le sulfaniluree o le tiazidi. La fotosensibilizzazione è caratteristica della clorpromazina, di taluni antisettici contenuti nei saponi, dei sulfamidici, degli psoralenici, della demeclociclina e della griseofulvina. Tutti i farmaci tranne quelli ritenuti assolutamente essenziali devono essere sospesi. Quando si sospetta la febbre da farmaci, si sospende il farmaco più probabilmente responsabile (p. es. l’allopurinolo, la penicillina, l’isoniazide, i sulfamidici, i barbiturici, la chinidina). La riduzione della febbre entro 48 h è un forte indizio a carico del farmaco in questione. Se la febbre è accompagnata da granulocitopenia, la tossicità del farmaco è più probabile dell’allergia a esso e molto più grave (v. Cap. 135).

Le reazioni allergiche polmonari ai farmaci sono solitamente di tipo infiltrativo, con eosinofilia e possono essere provocate tra gli altri dai sali d’oro, dalla penicillina e dai sulfamidici. La più comune responsabile di una reazione polmonare infiltrativa acuta è la nitrofurantoina. La reazione è probabilmente allergica, ma di solito non si accompagna a ipereosinofilia.

Le reazioni epatiche possono essere principalmente colestatiche (fenotiazine ed eritromicina estolato ne sono i maggiori responsabili) oppure epatocellulari (allopurinolo, idantoina, sali d’oro, isoniazide, sulfamidici, acido valproico e molti altri). La reazione allergica renale abituale è la nefrite interstiziale, il più delle volte dovuta alla meticillina; sono stati chiamati in causa anche altri antibiotici e la cimetidina.

Una sindrome simile al LES può essere provocata da diversi farmaci, più comunemente da idralazina e procainamide. La sindrome è associata alla positività del test per gli anticorpi anti-nucleo ed è relativamente benigna, risparmiando i reni e il SNC. La penicillamina può provocare il LES e altre malattie autoimmuni e in particolar modo la miastenia gravis.

La diagnosi di qualunque reazione di ipersensibilità ai farmaci può essere confermata da un test di provocazione, cioè dalla nuova somministrazione del farmaco; tuttavia riprodurre una reazione allergica per confermarne il nesso causale può essere rischioso e raramente è giustificato.

I test di laboratorio per l’ipersensibilità a farmaci specifici (p. es. il RAST, il rilascio di istamina, la degranulazione dei basofili o delle mast-cellule, la trasformazione linfocitaria) sono poco affidabili o ancora allo stato sperimentale. Un’eccezione è costituita dai test per le reazioni ematologiche ai farmaci (v. Diagnosi sotto Disordini con reazioni di ipersensibilità di tipo II, sopra). Per quanto riguarda la terapia desensibilizzante, v. oltre.

I test cutanei per l’ipersensibilità immediata (mediata da IgE) sono molto utili per la diagnosi delle reazioni alla penicillina, agli enzimi, al siero eterologo e ad alcuni vaccini e ormoni polipeptidici, ma per la maggior parte dei farmaci sono poco affidabili. Per l’esecuzione dei test cutanei è disponibile un coniugato BPO-polilisina. I determinanti minori non sono stati approvati dalla FDA come reagenti per i test cutanei per l’allergia alla penicillina. Fortunatamente, la maggior parte dei pazienti ipersensibili a una miscela di determinanti minori reagisce con uno dei reagenti, la penicillina G, che può essere impiegata per i test cutanei alla concentrazione di 1000 U/ml. Le prove cutanee prevedono in primo luogo l’esecuzione del prick test. Se il paziente ha avuto in passato una reazione grave a carattere esplosivo, i reagenti per il test iniziale devono essere diluiti 100 volte. Un prick test negativo può consentire l’esecuzione successiva di un test intradermico. Se i test cutanei sono positivi, il paziente rischia una reazione anafilattica nel caso venga trattato con penicillina. La negatività dei test cutanei riduce al minimo, ma non esclude, il rischio di una reazione grave. Sebbene non esista nell’uomo la dimostrazione che i test cutanei alla penicillina abbiano mai indotto una sensibilizzazione de novo, nella maggior parte dei casi è buona norma saggiare il paziente per escludere un’allergia alla penicillina soltanto immediatamente prima che venga intrapresa una terapia penicillinica indispensabile. Poiché rivelano soltanto le reazioni mediate da IgE, i test cutanei non possono prevedere il verificarsi di eventuali eruzioni morbilliformi o di anemia emolitica. Per quanto riguarda il siero eterologo, un paziente che non sia atopico e al quale in precedenza non sia stato somministrato siero di cavallo, dapprima deve essere sottoposto a un prick test con una diluizione di 1:10; se esso risulta negativo, si iniettano per via intradermica 0,02 ml di una diluizione 1:1000. Se il paziente è ipersensibile, si formerà nell’arco di 15 min un pomfo con diametro > 0,5 cm. Tutti i pazienti ai quali in precedenza può essere stato somministrato del siero (a prescindere dal fatto se abbiano reagito o meno nei suoi confronti) e quelli con una storia di sospetta allergia devono essere sottoposti a un test preliminare con una diluizione di 1:1000. La negatività dei test cutanei esclude la possibilità dell’anafilassi (reazione mediata da IgE) ma non è in grado di prevedere l’incidenza di una successiva malattia da siero.

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Terapia

Solitamente è necessario sospendere la terapia con il farmaco responsabile se la reazione appare di natura allergica, contrariamente a quanto avviene con le reazioni tossiche, nelle quali la dose può spesso essere ridotta e mantenere ancora la sua efficacia senza provocare una reazione. La maggior parte delle reazioni allergiche scompare alcuni giorni dopo la sospensione del farmaco. La terapia può abitualmente essere limitata al controllo del dolore o del prurito. Le artralgie presenti nella malattia da siero di solito possono essere controllate con aspirina o con un altro FANS. Condizioni come la febbre da farmaci, un’eruzione cutanea non pruriginosa o lievi reazioni a carico di un sistema organico non richiedono alcun trattamento. Tuttavia, se un paziente presenta manifestazioni acute e mostra segni di interessamento multisistemico o dermatite esfoliativa, è necessario ricorrere alla terapia corticosteroidea intensiva (p. es. prednisone 40-80 mg/die PO). Maggiori informazioni sul trattamento delle reazioni cliniche specifiche si possono trovare nei relativi capitoli del Manuale.

A volte la somministrazione di un farmaco salvavita deve essere proseguita nonostante la presenza di manifestazioni allergiche; p. es. la terapia dell’endocardite batterica con penicillina può essere continuata nonostante la comparsa di un’eruzione morbilliforme, di orticaria o di febbre da farmaci. L’orticaria viene trattata nel modo descritto sopra, compreso l’impiego di un glucocorticoide, se necessario.

La desensibilizzazione rapida nei confronti di un farmaco può essere necessaria se l’ipersensibilità è stata accertata mediante l’anamnesi o la positività di un test di provocazione oppure (per la penicillina, l’insulina e gli antisieri) la positività di un test cutaneo, se il trattamento è indispensabile e non esiste alternativa al farmaco in questione. A titolo di esempio, si descrive la desensibilizzazione alla penicillina e al siero eterologo.

Desensibilizzazione alla penicillina: la desensibilizzazione alla penicillina il più delle volte si rende necessaria per preparare un individuo allergico alla terapia di un’endocardite batterica. Quando è possibile, la desensibilizzazione deve essere eseguita con la collaborazione di uno specialista. Se è positivo soltanto il test cutaneo intradermico, la prima dose si somministra EV: 100 U (o mg)/ml in un flacone da 50 ml, somministrate al principio molto lentamente. Se non compaiono sintomi, la velocità del flusso può essere gradualmente aumentata, fino a far svuotare il flacone dopo 20-30 min. Questo procedimento viene ripetuto con concentrazioni di 1000 e di 10000 U/ ml, seguite dalla dose terapeutica piena. Se si manifesta qualche sintomo allergico, si deve diminuire la velocità di infusione e somministrare al paziente la terapia farmacologica appropriata (v. Anafilassi, sopra). La desensibilizzazione EV è più sicura di quella SC o IM, perché è possibile controllare sia la quantità sia la velocità della somministrazione del farmaco. Anche la desensibilizzazione orale è spesso efficace. La prima dose è di 100 U (o mg); le dosi successive vengono raddoppiate ogni 15 min e, se si presentano sintomi, essi vengono risolti con gli opportuni farmaci antianafilattici. Qualunque via di somministrazione venga impiegata, nella rara eventualità di una positività del prick test per la penicillina la dose di partenza deve essere 1000 volte più bassa.

Desensibilizzazione al siero eterologo: se un test cutaneo a un siero eterologo è positivo, il rischio di anafilassi è elevato. Se la sieroterapia è indispensabile, è necessario procedere prima alla desensibilizzazione. Per stabilire la dose iniziale idonea per la desensibilizzazione, che è quella corrispondente alla concentrazione che ha provocato una reazione debole o negativa, vengono eseguiti i test cutanei, utilizzando concentrazioni più basse ottenute con il metodo della diluizione seriata. Viene iniettato un decimo di ml SC o per via endovenosa lenta; sebbene non sia il metodo standard, la via endovenosa, come nel caso della desensibilizzazione alla penicillina, permette al medico di controllare sia la concentrazione sia la velocità di somministrazione. Se non si osserva alcuna reazione entro 15 min, la dose viene raddoppiata ogni 15 min finché non è stato somministrato 1 ml di siero non diluito. Questa dose viene ripetuta IM e se non si hanno reazioni entro 15 min, si potrà somministrare la dose intera. Se un paziente sviluppa una reazione, c’è ancora la possibilità di procedere con cautela riducendo la dose, somministrando antiistaminici come per l’orticaria acuta e quindi riprendendo ad aumentare con incrementi minori.

Ogni volta che si esegue una desensibilizzazione, devono essere disponibili O2, adrenalina e l’attrezzatura per la rianimazione, in modo da poter fronteggiare prontamente una reazione anafilattica.

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