12. IMMUNOLOGIA; MALATTIE ALLERGICHE

149. TRAPIANTO

TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO

Negli ultimi due decenni, il trapianto di midollo osseo (Bone Marrow Transplantation, BMT) allogenico si è trasformato da procedura sperimentale riservata ai pazienti con leucemia refrattaria a un campo di ricerca clinica in rapida espansione che offre una cura potenziale ai pazienti con anemia aplastica, leucemia acuta e cronica, carcinoma della mammella e alcuni tipi selezionati di linfoma. L’obiettivo del BMT è quello di fornire al ricevente una popolazione di cellule staminali sane che si differenzino in cellule ematiche per rimpiazzare gli elementi cellulari scarsi o patologici dell’ospite. I regimi preparatori intensivi, la profilassi efficace della malattia del trapianto contro l’ospite (GVHD), il trattamento con regimi terapeutici basati sulla ciclosporina e il miglioramento delle terapie di supporto (p. es. antibiotici, profilassi contro l’herpes virus e il cytomegalovirus) hanno condotto a miglioramenti significativi nella sopravvivenza a lungo termine libera da malattia dei pazienti sottoposti a BMT. È in via di sperimentazione il trattamento con citochine dopo BMT (p. es. con fattore stimolante le colonie) per verificare se l’attecchimento del trapianto può essere migliorato o accelerato.

Indicazioni: i pazienti affetti da leucemia acuta mieloide o linfoblastica possono beneficiare del BMT. I pazienti con leucemia mieloide acuta trapiantati durante la prima remissione possono ora attendersi una probabilità di sopravvivenza a lungo termine in assenza di recidive della malattia compresa tra il 50 e il 60%. Probabilità analoghe sono ottenibili dopo il trapianto anche negli adulti con leucemia linfoblastica acuta in prima remissione. La probabilità di recidiva è correlata con lo stato di remissione al momento del trapianto, variando dal 20% durante la prima remissione al 60% durante stadi più avanzati della malattia. La sopravvivenza a lungo termine per i pazienti con leucemia mieloide cronica sottoposti a BMT durante la fase di remissione varia dal 60 al 70%.

Il BMT in età pediatrica si è molto sviluppato a causa della sua potenzialità di curare i bambini affetti da malattie genetiche (p. es. talassemia, anemia a cellule falciformi, immunodeficienze, errori congeniti del metabolismo).

Limitazioni legate al donatore: il fattore chiave che limita l’impiego del BMT è la mancanza di donatori. Poiché solo il 25-30% dei pazienti ha un fratello HLA-identico, sono spesso necessari donatori alternativi. Esistono due possibilità: (1) il midollo può essere prelevato da un donatore vivente non imparentato; la donazione di midollo è una procedura semplice e sicura. I registri nazionali e internazionali dei potenziali donatori volontari sono in espansione per aumentare la probabilità di trovare un esatto appaiamento HLA per ogni ricevente. (2) Donatori parenti non HLA-identici sono stati impiegati con sempre maggiore frequenza. I risultati ottenuti con entrambe le procedure indicano una probabilità di sopravvivenza a lungo termine libera da malattia fra il 30 e il 50% nei pazienti con leucemia acuta e cronica o anemia aplastica; ciò significa che nella maggior parte delle situazioni i risultati sono di poco inferiori a quelli ottenuti con il midollo osseo prelevato da un fratello HLA-identico.

Un’altra opzione per il BMT è il trapianto autologo (prelievo del midollo del paziente dopo aver indotto una remissione completa della malattia, seguito dal trattamento ablativo del paziente con la speranza di distruggere ogni residuo tumorale e guarigione con reimpianto del midollo osseo del paziente stesso). Dal momento che si esegue un autotrapianto non è necessaria alcuna immunosoppressione, se si eccettua la chemioterapia ad alte dosi impiegata a breve termine per eradicare il tumore e per l’ablazione del midollo osseo; i problemi post-trapianto con la GVHD sono minimi. Le indicazioni al BMT autologo sono il linfoma chemiosensibile recidivato, nel quale è stato raggiunto un tasso di successo compreso fra il 30 e il 40% e la leucemia acuta in remissione, nella quale sono stati osservati tassi di successo variabili dal 20 al 50%. I tassi di successo sono inferiori nel caso di una malattia più avanzata e dei tumori solidi responsivi (p. es. tumori della mammella o delle cellule germinali). Perché il BMT autologo possa essere applicato con ampie possibilità di successo, rimangono due ostacoli principali: la possibilità di contaminazione dell’inoculo midollare con cellule tumorali e l’assenza di attività antitumorale del trapianto (contrariamente a quanto osservato nel BMT allogenico); entrambi questi fattori contribuiscono alle alte percentuali di recidive tumorali osservate. Pertanto, lo sviluppo di protocolli per la bonifica ex vivo del midollo e per la modulazione della risposta immunitaria del ricevente dopo il trapianto costituisce un’area di ricerca molto attiva.

Preparazione dei riceventi: lo sviluppo di regimi di preparazione aggressivi ha migliorato la prognosi riducendo l’incidenza del rigetto e delle recidive. Questi regimi hanno aumentato le potenzialità antitumorali o antileucemiche, così come hanno consentito una migliore mieloablazione, necessaria per distruggere il midollo dell’ospite e creare spazio per il midollo del donatore senza compromettere gli elementi stromali midollari essenziali per l’attecchimento del trapianto. I regimi di preparazione inoltre sopprimono il sistema immunitario del paziente per permettere l’accettazione del trapianto.

Nei regimi standard di preparazione i pazienti vengono sottoposti ad alte dosi di ciclofosfamide e/o a irradiazione corporea totale. Il tasso di rigetto è < 5% nei trapianti da donatori HLA-identici eseguiti nei pazienti leucemici. Per i pazienti con anemia aplastica sottoposti a trasfusioni multiple, il tasso di rigetto è risultato inoltre significativamente diminuito in seguito all’aumento dell’immunosoppressione durante la fase di induzione del trapianto. I due regimi di preparazione più comuni sono la ciclofosfamide ad alte dosi (p. es. 60 mg/kg/die per 2 giorni) e l’irradiazione corporea totale, oppure un regime a base di busulfan (p. es. 4 mg/kg/die per 4 giorni) e ciclofosfamide senza irradiazione corporea totale. Altri farmaci (p. es. etoposide e citarabina) vengono talvolta aggiunti a questi regimi pre-trapianto per aumentare al massimo le proprietà antitumorali, la mieloablazione e l’immunosoppressione.

Procedura del trapianto: la procedura del trapianto è relativamente semplice. I pazienti vengono sottoposti a chemioterapia ad alte dosi e/o irradiazione corporea totale. Il midollo viene quindi aspirato dalla cresta iliaca di un donatore HLA-compatibile e iniettato EV nel paziente. I pazienti rimangono gravemente pancitopenici fino all’attecchimento del trapianto, che solitamente avviene entro 2 o 3 settimane dalla reinfusione del midollo.

Complicanze: le complicanze precoci comprendono il rigetto del midollo trapiantato da parte dell’ospite, la GVHD acuta e le infezioni. Le complicanze tardive comprendono la GVHD cronica, l’immunodeficienza prolungata e le recidive della malattia di base.

Malattia del trapianto contro l’ospite: la GVHD è una patologia nella quale le cellule T immunologicamente competenti del donatore reagiscono contro gli antigeni di un ricevente immunologicamente depresso. Un problema fondamentale nei trapianti allogenici è costituito proprio dalla prevenzione e dal controllo della GVHD. I sintomi e i segni della GVHD acuta sono la febbre; la dermatite esfoliativa; l’epatite con iperbilirubinemia; il vomito; la diarrea e il dolore addominale, il quale può progredire fino all’occlusione; la perdita di peso. Sebbene la migliore conoscenza del complesso maggiore di istocompatibilità abbia facilitato la comprensione dell’eziologia della GVHD, i pazienti con buona compatibilità per i loci A, B, C e DR hanno ancora un’incidenza di GVHD che oscilla dal 30 al 60%. Sorprendentemente, una sindrome GVHD è stata descritta perfino in pazienti sottoposti a trapianto singenico (tra gemelli identici) o a trapianto autologo (con il loro stesso midollo). Nonostante l’introduzione della ciclosporina nei primi anni ‘80 abbia enormemente ridotto sia l’incidenza sia la gravità della GVHD, essa continua a essere la principale causa di mortalità e di morbilità grave dopo BMT allogenico.

Da 1/3 a 1/2 circa dei riceventi di BMT sviluppa una forma di GVHD cronica a decorso più lento. Nonostante la cute, il fegato e l’intestino rimangano gli organi principalmente colpiti, è stato notato anche il coinvolgimento di altri distretti (p. es. articolazioni, polmone). È interessante notare che può verificarsi una bronchiolite obliterante simile a quella osservata dopo trapianto di polmone. Alla fine, dal 20 al 40% dei pazienti muore per le complicanze associate con la GVHD e l’incidenza è più alta quando il midollo da trapiantare non proviene da un fratello HLA-identico. Nei pazienti che non presentano sequele croniche di una GVHD, tutti i farmaci immunosoppressori possono essere sospesi 6 mesi dopo il BMT, rendendo infrequenti le complicanze tardive in questi pazienti, in contrasto con la necessità continua di immunosoppressori e le conseguenti complicanze che si osservano nei riceventi di trapianti di organi solidi.

Un campo di intensa ricerca clinica volta a ridurre l’incidenza della GVHD è stato quello della rimozione delle cellule T dal midollo del donatore per mezzo di anticorpi monoclonali, utilizzando la tecnica del rosettamento, oppure mediante separazione meccanica prima della reinfusione del midollo. La deplezione delle cellule T è risultata molto efficace nel diminuire sia l’incidenza sia la severità della GVHD; tuttavia, l’incidenza del mancato attecchimento del trapianto e quella delle recidive sono aumentate. Una possibile spiegazione è data dal fatto che le citochine prodotte nella GVHD promuovono la moltiplicazione e la maturazione delle cellule staminali, necessarie per l’attecchimento del trapianto. I pazienti che sviluppano la GVHD hanno tassi di recidiva della malattia di base significativamente più bassi, suggerendo che le cellule T responsabili della GVHD sono probabilmente coinvolte in un effetto antileucemico del trapianto. Altri agenti impiegati per prevenire o trattare la GVHD includono il metotrexate, i corticosteroidi, la ATG e gli anticorpi monoclonali contro antigeni espressi sulle cellule T mature.

In casi eccezionali la GVHD può far seguito anche a emotrasfusioni, dal momento che anche un piccolo numero di cellule T di un donatore può indurre questa reazione. Tali situazioni comprendono le emotrasfusioni fetali intrauterine e le trasfusioni nei pazienti immunodepressi (p. es. riceventi di BMT, pazienti con leucemia, linfoma, neuroblastoma, morbo di Hodgkin e linfomi non-Hodgkin). Gli emoderivati che vanno somministrati ai pazienti a rischio devono essere irradiati per prevenire lo sviluppo della GVHD (v. nel Cap. 129).

Infezione: dopo la somministrazione del regime di preparazione per il BMT, la conta dei GB può impiegare da 2 a 3 settimane per tornare ai valori normali. Durante questo periodo, i pazienti sono molto suscettibili alle infezioni. La profilassi con aciclovir ha diminuito drasticamente il rischio di infezioni da herpes simplex durante questo periodo. Anche dopo l’attecchimento del trapianto, i pazienti continuano a essere immunocompromessi e a rischio di infezioni, a causa dei farmaci impiegati per trattare la GVHD. Un’infezione tardiva preoccupante è la polmonite interstiziale da cytomegalovirus, che generalmente si verifica da 40 a 60 giorni dopo il trapianto. I pazienti presentano tachipnea, dispnea, ipossiemia e, alla rx del torace, infiltrati polmonari bilaterali. Il tasso di mortalità della polmonite interstiziale da cytomegalovirus era in passato dell’80-90%, ma la terapia con ganciclovir e l’immunizzazione passiva con immunoglobuline hanno ridotto il tasso a valori oscillanti fra il 25 e il 40% circa. I pazienti presentano inoltre il rischio di sviluppare una polmonite da pneumocystis, ma l’uso profilattico del trimetoprim-sulfametossazolo ha ridotto drammaticamente l’incidenza di questa infezione.

Inizio Pagina

-indietro- -ricerca- -indice sezione- -indice generale- -indice tabelle- -indice figure- -help-

Copyright © 2002 Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A. Via G. Fabbroni, 6 - 00191 Roma - Tutti i diritti riservati.

Informativa sulla privacy