13. MALATTIE INFETTIVE

150. BIOLOGIA DELLE MALATTIE INFETTIVE

MANIFESTAZIONI DI INFEZIONE

Sommario:

Introduzione
FEBBRE
    Eziologia
    Terapia

FEBBRE DI ORIGINE IGNOTA
    Eziologia
    Sintomi, segni e diagnosi


Le manifestazioni ematologiche di infezione comprendono leucocitosi, anemia, coagulazione intravascolare disseminata (CID) e trombocitopenia.

Le malattie infettive provocano abitualmente una leucocitosi con un incremento del numero totale dei neutrofili e del numero dei neutrofili immaturi circolanti. I neutrofili rilasciati sono il risultato dell’azione diretta dell’interleukina-1 e dell’interleukina-6 sui depositi di neutrofili del midollo osseo, sebbene un cambiamento precoce del numero dei GB sia dovuto alla marginazione e al rilascio di granulociti meno maturi dalle riserve midollari. La neutrofilia persistente che accompagna le infezioni croniche sembra essere mediata da fattori di stimolazione elaborati dai macrofagi, dai linfociti e da altri tessuti. L’esagerazione di questi fenomeni può dare come risultato reazioni leucemoidi, con il rilascio in circolo di leucociti immaturi. Le reazioni leucemoidi sono caratterizzate da un numero di leucociti non maligni > 25-30 × 109/l; esse generalmente riflettono la risposta del midollo osseo sano alle citochine prodotte come conseguenza di un trauma, di un’infiammazione e di incidenti simili.

Al contrario, alcune infezioni (p. es., la febbre tifoidea, la brucellosi) producono comunemente neutropenia. Nelle infezioni gravi e acute, il midollo osseo può rivelarsi incapace di compensare l’utilizzazione periferica dei neutrofili, portando a una neutropenia profonda, che costituisce spesso un segno prognostico negativo. Nei neutrofili di pazienti settici sono stati riscontrati cambiamenti morfologici (p. es., corpi di Döhle, granulazioni tossiche, vacuolizzazioni). Il reperto di eosinofilia suggerisce una causa non batterica, di solito allergica o un’infezione parassitaria.

L’anemia si sviluppa malgrado la presenza di adeguate riserve di ferro. Può essere acuta, in conseguenza di un’emorragia o della distruzione dei GR (p. es., agglutinine fredde associate al Mycoplasma pneumoniae), o cronica, con normali o accresciute riserve di ferro nel sistema reticoloendoteliale e una diminuzione della sideremia e della capacità di fissare il ferro.

Una causa comune di CID è un’infezione grave, più spesso una batteriemia da gram – che da gram +. Il fattore di necrosi tumorale può avere un ruolo integrale nel causare la CID inducendo le cellule endoteliali a esprimere un’attività tissutale pro-coagulante. La CID è caratterizzata da trombocitopenia, allungamento del tempo di protrombina, aumento dei prodotti di degradazione del fibrinogeno e diminuzione dei livelli di fibrinogeno (v. Coagulazione intravascolare disseminata in Coagulopatie acquisite nel Cap. 131). Le complicanze comprendono emorragia e/o trombosi con emorragia paradossa malgrado la presenza di uno stato di ipercoagulabilità. Per il controllo della CID è importante il trattamento della malattia sottostante.

Una trombocitopenia isolata può segnalare una sepsi batterica e può risultare utile nell’analizzare la risposta del paziente alla terapia.

Le manifestazioni cardiache dell’infezione vanno dalla tachicardia e dall’aumento della gittata cardiaca all’insufficienza miocardica. Mentre la maggior parte delle malattie infettive fa aumentare le pulsazioni, altre, come la febbre tifoide, la tularemia, la brucellosi e la dengue possono non causare un aumento del ritmo cardiaco come ci si aspetterebbe in considerazione del grado di febbre. Si può avere ipotensione senza shock settico o come parte di uno stato conclamato di shock: lo shock settico è caratterizato all’inizio da un aumento della gittata cardiaca e da una diminuzione della resistenza vascolare sistemica e successivamente da una gittata cardiaca normale o diminuita e da una resistenza sistemica aumentata.

Le manifestazioni respiratorie comprendono l’iperventilazione, di solito con un’alcalosi respiratoria marcata. Più tardi, la compliance polmonare può diminuire, con lo sviluppo finale di una sindrome da insufficienza respiratoria dell’adulto (Adult Respiratory Distress Syndrome, ARDS) e di un cedimento della muscolatura respiratoria.

Possono aversi manifestazioni renali che vanno da una minima proteinuria all’insufficienza renale acuta. Azotemia, oliguria e anomalie dei sedimenti urinari possono verificarsi con o senza shock. Nello shock settico, l’azotemia e l’oliguria sono di solito dovute a necrosi tubulare acuta. In alcuni pazienti settici, l’insufficienza renale può essere causata dalla glomerulonefrite, come nell’endocardite batterica subacuta o da una malattia tubulo interstiziale associata a infezioni dovute allo Streptococcus pneumoniae o alla Legionella pneumophila.

In molte malattie infettive può verificarsi un’alterazione della funzionalità epatica, anche se l’agente infettivo non si localizza nel fegato. La presentazione clinica è spesso un ittero colestatico (segno prognostico sfavorevole). La patogenesi multifattoriale dell’iperbilirubinemia è correlata alla distruzione dei GR e all’insufficienza epatocellulare. A livello cellulare, il fegato diminuisce la sintesi di albumina ma aumenta quella di aptoglobina, complemento e quella di certi inibitori della proteasi. Altre molecole che reagiscono in fase acuta (p. es., amiloide A e proteina C reattiva) possono moltiplicare la loro concentrazione di diverse centinaia di volte.

Durante la sepsi si possono avere emorragie del tratto GI superiore dovute a ulcere da stress. Di solito si perde solo una piccola quantità di sangue per quanto una perdita maggiore può verificarsi in una piccola percentuale di pazienti.

Anomalie dell’equilibrio mentale possono verificarsi in caso di infezione grave, senza la presenza di un agente infettivo nel SNC. Queste sono più comuni e gravi nell’anziano e includono ansietà, confusione, delirio, stupore, convulsioni e coma, con il quadro clinico dell’encefalopatia. La regressione dell’encefalopatia dipende da un controllo adeguato della malattia sottostante.

Le disfunzioni del sistema endocrino nel corso di un’infezione comprendono l’aumento della produzione di TSH, vasopressina, insulina e glucagone e un profondo catabolismo delle proteine muscolari secondarie all’ossidazione degli aminoacidi dei muscoli scheletrici. Un’infezione prolungata conduce alla riduzione della massa muscolare; può anche verificarsi demineralizzazione delle ossa. L’aumento della produzione di ACTH facilita la sopravvivenza dell’ospite, anche se i corticosteroidi in eccesso deprimono l’infiammazione e l’immunità cellulare.

L’ipoglicemia è relativamente rara nei casi di sepsi. La patogenesi non è pienamente compresa ma può essere messa in relazione con le riserve epatiche di glicogeno e con l’inibizione della gluconeogenesi. L’iperglicemia può essere uno dei primi indici dell’infezione nei pazienti diabetici e può essere difficile controllare la glicemia.

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FEBBRE

Temperatura corporea < 37,8°C o rettale > 38,2°C o semplicemente un aumento della temperatura corporea superiore alle normali variazioni nell’arco della giornata.

La temperatura corporea nell’uomo è regolata principalmente dall’ipotalamo. La regolazione viene raggiunta principalmente dal bilanciamento tra le perdite di calore dalla periferia e la produzione di calore da parte dei tessuti, in particolare dal fegato e dai muscoli. Nella condizione di benessere, il centro della termoregolazione mantiene la temperatura corporea degli organi interni tra 37 e 38°C. La febbre aumenta il punto di regolazione ipotalamico, che a sua volta sollecita il centro vasomotore a cominciare la vasocostrizione. Il sangue viene allora richiamato dalla periferia, riducendo la normale perdita di calore con un conseguente incremento della temperatura corporea. Possono anche essere stimolati i brividi, che aumentano la produzione di calore attraverso la contrazione dei muscoli. La conservazione e produzione del calore continua fin quando la temperatura del sangue che irrora i neuroni ipotalamici raggiunge il nuovo equilibrio. L’ipotalamo mantiene quindi la nuova temperatura febbrile. Per abbassare il livello di regolazione ipotalamica inizia il processo di perdita di calore attraverso la sudorazione e la vasodilatazione.

Durante un periodo di 24 h, la temperatura varia dai livelli minimi del primo mattino ai massimi del tardo pomeriggio. L’ampiezza di queste variazioni quotidiane, il ritmo circadiano della temperatura, è di circa 0,6°C.

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Eziologia

La causa della febbre può essere infettiva o non infettiva (p. es., malattie infiammatorie, neoplastiche e mediate immunologicamente). L’andamento può essere di tipo intermittente, caratterizzato da picchi quotidiani seguiti da un ritorno alla temperatura normale, o remittente, in cui la temperatura non ritorna normale. Gli anziani spesso hanno una diminuita risposta alla febbre. Certi pazienti, p. es., gli alcolizzati, le persone molto anziane e i giovanissimi, possono divenire ipotermici come reazione a una grave infezione.

I pirogeni sono sostanze che causano la febbre; possono essere esogeni o endogeni. I pirogeni esogeni provengono dall’esterno dell’ospite; nella maggior parte dei casi si tratta di microbi, prodotti microbici o tossine. Quelli più studiati sono i lipopolisaccaridi dei batteri gram – (comunemente chiamati endotossine) e le tossine dei ceppi di Staphylococcus aureus isolati da pazienti con sindrome da shock tossico.

I pirogeni esogeni di solito causano la febbre inducendo il rilascio di pirogeni endogeni (cosiddette anche citochine endogene pirogene), che sono polipeptidi prodotti da varie cellule dell’ospite specialmente monociti-macrofagi. Altre cellule che producono citochine induttrici di febbre sono i cheratinociti e le cellule endoteliali, i linfociti B, le cellule mesangiali, epiteliali e gliali. I pirogeni endogeni (interleukina-1, fattore di necrosi tumorale e il recettore gp-130 attivante [interleukina-6, interleukina-11, fattore inibente la leucemia, fattore ciliare neurotropico e l’oncostatina M]) causano la febbre dando inizio a cambiamenti metabolici nel centro termoregolatore ipotalamico. La sintesi della prostaglandina E2 sembra avere un ruolo cruciale nel determinare l’elevazione della temperatura corporea.

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Terapia

Un dibattito è sempre in corso sulla necessità o meno di trattare una febbre che si presenti nel corso di una malattia infettiva. Le prove sperimentali suggeriscono che i meccanismi di difesa dell’ospite sono rafforzati dalla febbre; pertanto la febbre può essere benefica e non va combattuta sistematicamente. Tuttavia, nessuno studio clinico sull’uomo dimostra i benefici della febbre (eccetto, forse, vecchi studi sulla terapia della febbre contro la sifilide). Nei bambini a rischio di convulsioni, la febbre deve essere trattata. Si deve considerare una terapia antipiretica anche nei casi di febbre negli adulti con preesistente insufficienza cardiaca o polmonare, dal momento che la febbre può fare aumentare il bisogno di O2. Per ogni grado di incremento sopra i 37°C, il consumo di O2 aumenta del 13%. La febbre può anche provocare alterazioni dell’equilibrio mentale in pazienti affetti da demenza.

I farmaci che inibiscono la cicloossigenasi cerebrale sono efficaci nel ridurre la febbre; i più usati sono il paracetamolo, l’aspirina e altri FANS. I corticosteroidi, anche se hanno, tra le altre, la proprietà di ridurre la febbre, non devono essere usati con questo unico scopo, a causa degli altri loro effetti sul sistema immunitario.

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FEBBRE DI ORIGINE IGNOTA

Temperatura rettale di almeno  38,3°C per almeno 3 sett. o più, di cui non si scopra la causa malgrado ricerche ad ampio raggio condotte per almeno 1 sett.

Questa definizione era stata formulata per confrontare studi clinici retrospettivi e prospettici e non va considerata come di valore assoluto. È stato proposto che la definizione sia modificata a 2 sett. di febbre o più, o 3 giorni di ricerche condotte nel corso di un ricovero ospedaliero, oppure tre visite ambulatoriali senza scoprire la causa della febbre. L’accertamento diagnostico deve comprendere l’osservazione della curva termica, un’anamnesi e un esame clinico dettagliati, test di laboratorio e procedure non-invasive e invasive.

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Eziologia

Negli adulti, cause frequenti di febbre di origine ignota (FOI) sono le infezioni, le malattie del tessuto connettivo e le neoplasie occulte (specialmente leucemia e linfoma). Con il miglioramento delle tecniche diagnostiche non invasive e di quelle microbiologiche, la maggior parte delle FOI viene attribuita a malattie sistemiche (p. es., il morbo di Still, la sarcoidosi, l’arterite temporale). La FOI nei bambini viene descritta in Infezioni diverse nel Cap. 265.

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Sintomi, segni e diagnosi

L’esame dell’anamnesi e dei sintomi può fornire indicazioni importanti per la diagnosi di FOI. Sono determinanti le informazioni su viaggi o esposizioni a particolari agenti o animali. Certe aree degli USA, per esempio, sono endemiche per la coccidiomicosi e l’istoplasmosi. Una febbre tifoide viene suggerita da un’anamnesi di ingestione di acqua contaminata e la brucellosi dal lavoro in fabbriche che producono confezioni di carne.

I dati sulla curva termica hanno di solito poca o nessuna importanza nella diagnosi delle FOI, anche se possono esserci alcune eccezioni. Una febbre che si verifichi a gg alterni (terzana) od ogni 3 gg (quartana) può essere indicativa di malaria, anche se una diagnosi definitiva richiede il riscontro dei parassiti malarici negli strisci ematici. Nella neutropenia ciclica, il numero dei neutrofili periferici scende a livelli bassissimi ogni 21 gg; ciò ha come frequente conseguenza uno stato di infezione e febbre; i pazienti possono presentare una febbre periodica. La febbre fa sospettare il morbo di Hodgkin.

Risultano decisivi gli esami completi e ripetuti, specialmente della cute, degli occhi, del letto ungueale, dei linfonodi, del cuore e dell’addome.

Gli esami di laboratorio comprendono le colture per batteri, funghi, virus e micobatteri dal sangue e di altri possibili fluidi corporei; l’emocromo e gli esami sierologici (p. es., per febbre tifoide, brucellosi e alcune malattie virali). Per giungere alla diagnosi di certe patologie (p. es., endocardite batterica) può rendersi necessaria l’esecuzione di emocolture multiple, effettuate da due a tre volte al giorno. È necessario l’esame diretto del sangue per confermare la diagnosi di alcune malattie protozoarie (p. es., malaria). L’aumento del titolo di Ac può essere diagnostico in molte malattie infettive. I campioni di siero devono essere prelevati a intervalli regolari. Tecniche più moderne e più specifiche, immunologiche e di biologia molecolare (p. es., la reazione a catena della polimerasi) sono costantemente in corso di sviluppo e possono rivelarsi utili per giungere a una diagnosi.

Le procedure non-invasive (specialmente l’ecografia, la TC e la RMN) riducono il bisogno di procedure invasive. L’ecografia è utile per dimostrare la presenza di vegetazioni cardiache, come di anomalie del pancreas, del fegato del rene e della cistifellea. La TC è utile per mettere in evidenza gli ascessi intra-addominali e le adenopatie retroperitoneali, retrosternali e mesenteriche; tale procedura inoltre rileva anomalie nella milza, nel fegato, nei reni, nelle ghiandole surrenali, nel pancreas, nel cuore, nel mediastino e nella regione pelvica. La scintigrafia con radionuclidi, specialmente con granulociti marcati con indio 111, aiuta a localizzare molte infezioni o processi infiammatori. La RMN è superiore alla TC nell’evidenziare la maggior parte delle cause di FOI a interessamento cerebrale.

Possono essere necessarie tecniche invasive di diagnosi. Può essere necesssaria la biopsia del fegato, del midollo osseo o di altri siti interessati, come la cute, la pleura, i linfonodi, l’intestino o il muscolo. I campioni bioptici devono essere sottoposti ad analisi istopatologica e a colture per batteri, funghi, virus e micobatteri. Un approccio individualizzato identifica la causa di una FOI nel 90% dei casi.

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