13. MALATTIE INFETTIVE

153. FARMACI ANTIBATTERICI

Sommario:

Introduzione
SELEZIONE DI UN FARMACO ANTIBATTERICO

I farmaci antibatterici, antirickettsie e antimicotici derivano da muffe e da batteri (gli antibiotici) o da processi di sintesi chimica. Gli antibiotici agiscono sui microrganismi mediante inibizione della sintesi della parete cellulare e attivazione degli enzimi che distruggono la parete cellulare stessa, incremento della permeabilità della membrana cellulare, interferenza con la sintesi proteica e interferenza con la sintesi degli acidi nucleici.

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SELEZIONE DI UN FARMACO ANTIBATTERICO

Sebbene l’eziologia di un’infezione possa spesso essere intuita in base ai sintomi, le colture e gli antibiogrammi sono essenziali per la scelta del farmaco adatto al trattamento delle infezioni più gravi. Sebbene nei pazienti gravemente malati possa essere necessario iniziare la terapia prima che i dati colturali di laboratorio siano disponibili i campioni devono essere sempre prelevati prima dell’inizio della terapia.

In generale, i farmaci attivi in vitro sono efficaci anche in vivo. Tuttavia, la sensibilità in vitro di un microrganismo a un farmaco antimicrobico può non essere un indice attendibile della reale efficacia clinica del farmaco, poiché l’efficacia dipende in parte dalla farmacologia della molecola (assorbimento, distribuzione, concentrazione nei liquidi corporei e nei tessuti, siti di legame con le proteine e velocità di escrezione o di metabolizzazione), dalle possibili interazioni tra farmaci, dalla presenza di sostanze inibitrici e dall’efficacia dei meccanismi di difesa dell’ospite. Gli altri fattori che vanno presi in considerazione sono la natura e la gravità della malattia, la tossicità del farmaco, il suo costo e l’anamnesi del paziente per episodi di ipersensibilità o di altre reazioni gravi.

Penicilline, cefalosporine, vancomicina, aminoglicosidici, chinolonici e polimixine sono generalmente considerati battericidi (cioè uccidono i batteri). Eritromicina, tetracicline, cloramfenicolo, clindamicina, lincomicina, claritromicina, azitromicina e sulfamidici sono in genere batteriostatici (cioè, rallentano la crescita batterica). Tuttavia, i farmaci battericidi possono essere batteriostatici nei confronti di alcuni microrganismi e i farmaci batteriostatici possono essere battericidi nei confronti di altri germi.

Nella maggior parte delle infezioni, incluse la polmonite pneumococcica e le IVU, sembra che non ci siano vantaggi nell’uso di farmaci battericidi rispetto a quello dei farmaci batteriostatici. Tuttavia, l’attività battericida sembra necessaria nelle infezioni in cui i poteri di difesa del soggetto siano almeno parzialmente ridotti tanto localmente quanto sistematicamente; p. es., endocardite, meningite, infezioni gravi da stafilococchi e gravi infezioni batteriche da gram – nel paziente leucopenico.

Sono spesso necessarie associazioni di farmaci antibatterici nelle infezioni gravi, prima di poter conoscere lo spettro di sensibilità dei germi in causa ai vari farmaci antimicrobici. Le associazioni sono spesso necessarie anche nelle infezioni miste e risultano superiori ai singoli farmaci antibatterici nella terapia di quelle infezioni in cui il microrganismo tende a sviluppare resistenza quando si usa un solo farmaco (p. es., TBC). Le associazioni basate su effetti sinergici sono necessarie per la terapia dell’endocardite enterococcica, in cui bisogna usare un aminoglicosidico assieme alla penicillina o alla vancomicina per ottenere un’adeguata azione battericida per la cura. Le associazioni sembrano importanti anche nei pazienti leucopenici con gravi infezioni sostenute da Pseudomonas aeruginosa; in questi casi un’associazione di un aminoglicosidico (p. es., tobramicina) con una penicillina anti-pseudomonas (p. es., la ticarcillina) fornisce risultati migliori di quelli ottenibili singolarmente con ciascuno dei due farmaci.

Somministrazione: nelle infezioni gravi è solitamente d’obbligo la somministrazione parenterale, preferibilmente EV; i preparati orali vengono invece usati spesso per il mantenimento, una volta che l’infezione risulti sotto controllo. La terapia va continuata fino a che non ci siano segni obiettivi che l’infezione sistemica sia scomparsa da diversi giorni (p. es., assenza di febbre, di leucocitosi e di parametri di laboratorio anormali).

Il dosaggio degli antibiotici che vengono escreti principalmente nelle urine deve essere corretta quando questi vengono somministrati a pazienti con insufficienza renale. Tali pazienti possono tollerare le dosi consuete per le prime 24 h, ma le dosi successive dovranno essere ridotte o bisognerà prolungare il loro intervallo. Il monitoraggio e la correzione dei dosaggi sono importanti anche nei neonati (v. Infezioni neonatali nel Cap. 260) e negli anziani.

La tossicità diretta o l’ipersensibilità può produrre effetti indesiderati con qualsiasi antibiotico e può interessare la maggior parte dei sistemi d’organo. Le reazioni negative non richiedono sempre la sospensione del trattamento, specie se il farmaco responsabile è il solo farmaco efficace. La gravità e il tipo delle reazioni, la loro prognosi, la possibilità di modificarne le manifestazioni con un adeguato trattamento e la gravità dell’infezione saranno tutti elementi da valutare. Le complicanze della chemioterapia appaiono in Tab. 153-1.

Gli organismi possono sviluppare resistenza a qualsiasi farmaco, sia in modo rapido che dopo lunghi o ripetuti cicli di terapia. La resistenza si evita controllando rapidamente le infezioni. Dosi inadeguate promuovono lo sviluppo della resistenza; successivamente, anche dosi sempre maggiori di farmaco possono non essere in grado di controllare l’infezione.

Usi errati della chemioterapia: i farmaci antibatterici vengono spesso utilizzati senza un’indicazione valida (come nel caso di una malattia a eziologia virale) o sono utilizzati in maniera impropria. L’uso scorretto più frequente è rappresentato probabilmente dal trattamento della febbre che non appare essere causata da un’infezione batterica. Senza una forte evidenza di invasione batterica, la terapia antibiotica deve essere posticipata, se fattibile, sino a quando il quadro clinico e i dati di laboratorio confermino l’infezione.

Esempi comuni di uso improprio e di errori includono la scelta di un antibiotico inefficace, la somministrazione di dosi inadeguate o eccessive, il trattare infezioni non batteriche quali le malattie a eziologia virale non complicate, l’uso di una via impropria di somministrazione, il continuare l’uso del farmaco dopo che la resistenza batterica si sia sviluppata, il continuare il farmaco in presenza di una reazione tossica grave o di una reazione allergica, l’interrompere prematuramente una terapia efficace, l’uso di combinazioni improprie di farmaci chemioterapici e il fare affidamento sulla chemioterapia o sulla profilassi in alternativa a un intervento chirurgico (p. es., il drenaggio di un’infezione localizzata e la rimozione di un corpo estraneo).

Le penicilline sono un ampio gruppo di antibiotici ad azione antibatterica che hanno in comune il nucleo dell’acido 6-aminopenicillanico. Sembra che la loro azione antibatterica risieda nella capacità di inibire funzioni metaboliche essenziali per la sintesi della parete cellulare dei batteri e nell’attivazione di enzimi che distruggono la parete stessa. Perciò le penicilline agiscono soltanto sui batteri in attiva moltiplicazione.

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