13. MALATTIE INFETTIVE

154. FARMACI ANTIVIRALI

FARMACI ANTIVIRALI PER L'INFEZIONE DA HIV

Sommario:

Introduzione
INIBITORI DELLA TRANSCRITTASI INVERSA ANALOGHI NUCLEOSIDICI
    ZIDOVUDINA
    DIDANOSINA
    ZALCITABINA
    STAVUDINA
    LAMIVUDINA

INIBITORI NON NUCLEOSIDICI DELLA TRANSCRITTASI INVERSA
    NEVIRAPINA
    DELAVIRDINA

INIBITORI DELLA PROTEASI
SAQUINAVIR
RITONAVIR
INDINAVIR
NELFINAVIR

Le raccomandazioni riguardanti l’uso dei farmaci antivirali nel HIV sono in continuo aggiornamento. Quando e con cosa iniziare, quando cambiare il regime e come minimizzare lo sviluppo di resistenze e la resistenza crociata sono tutti argomenti in continua rivalutazione. Chiaramente, la monoterapia provoca l’insorgenza della resistenza e la perdita di efficacia quale risultato dell’enorme carica virale, della breve emivita e della propensione a mutare da parte del HIV.

La determinazione della carica virale rappresenta un elemento cruciale nel determinare l’efficacia di un dato regime terapeutico l’obiettivo è quello di rendere non più misurabile la carica virale, dal momento che alti livelli di viremia conducono alla perdita di CD4 e in ultimo alla soppressione immunitaria. La raccomandazione attuale è quella di iniziare un regime a tre farmaci (o a quattro con 2 IP e 2 ITI v. in [ref. Linee guida 5.5.1999, n.d.t.]) in pazienti con una viremia > 5000-10000, indipendentemente dal numero dei CD4. Questo regime offre una soppressione virale sostenuta rispetto alle combinazioni a due farmaci e alla monoterapia.

Le combinazioni a tre farmaci che contengono un inibitore delle proteasi (IP) sono considerate le più potenti tra i regimi possibili (in realtà ora si parla di mega HAART, Higly Active Antiretroviral Terapy, cioè di combinazioni di > 5 farmaci antiretrovirali). La difficoltà con la terapia multipla è che il paziente può non aderire completamente alle indicazioni a causa del numero delle compresse e degli effetti collaterali. Anche scostamenti minimi dalle indicazioni terapeutiche possono indurre fenomeni di resistenza farmacologica e perdita di efficacia. Quando si decide di cambiare una combinazione che non funziona, vanno iniziati almeno due nuovi farmaci (preferibilmente tre). Tutti i regimi è opportuno che siano personalizzati e, occasionalmente, qualora i pazienti non fossero in grado di aderire ai difficili schemi a tre farmaci, sarà da preferire un regime a due farmaci all’assenza di terapia. I farmaci anti-HIV includono inibitori della transcrittasi inversa (ITI) (nucleosidici e non-nucleosidici) e inibitori della proteasi (IP).

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INIBITORI DELLA TRANSCRITTASI INVERSA ANALOGHI NUCLEOSIDICI

Questi farmaci sono fosforilati nei metaboliti attivi che competono per l’incorporazione nel DNA virale. Essi inibiscono l’enzima transcrittasi inversa del HIV in maniera competitiva e agiscono come se chiudessero la catena della sintesi del DNA.

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ZIDOVUDINA

La zidovudine (ZDV, AZT) è un analogo della timidina che inibisce la transcrittasi inversa virale come interrompendo la catena. La dose è 200 mg PO q 8 h o 300 mg PO bid. Per la demenza HIV associata, si raccomanda una dose di 1000-1200 mg/die. Il farmaco è uno dei pochi antivirali che riesce a raggiungere livelli ematici significativi nel LCR e che sembra fornire protezione contro la demenza HIV relata. Gli effetti collaterali includono cefalea, decolarazione delle unghie, anemia, neutropenia, nausea, disturbi GI, epatite e miosite. La ZDV ha mostrato di essere in grado di diminuire sia la trasmissione verticale che l’acquisizione occupazionale dopo esposizione percutanea. Il suo uso con il gancyclovir può provocare una profonda soppressione midollare.

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DIDANOSINA

La didanosina (ddI) è una purina dideossi nucleoside che viene fosforilata a dideossiadenosina trifosfato nelle cellule e agisce interrompendo la catena di formazione del DNA. Essa è uno dei più potenti inibitori della transcrittasi inversa. È stato dimostrato come il passaggio alla terapia con ddi ritardi la comparsa delle patologie che permettono la diagnosi di AIDS o la morte nei pazienti che prendevano ZDV se confrontati con quanti continuavano ad assumere la ZDV. La dose è 200 mg PO bid in compresse o 250 mg PO bid in polvere se il peso corporeo è > 60 kg o 125 mg PO bid in compresse o 167 mg PO bid in polvere se il peso corporeo è < 60 kg. La ddI viene somministrata in forma tamponata per prevenire la sua degradazione da parte dell’acido gastrico e deve essere assunta a stomaco vuoto. Le compresse devono essere masticate completamente o schiacciate e disciolte in acqua. Gli effetti collaterali includono la neuropatia periferica, la pancreatite e la diarrea.

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ZALCITABINA

La zalcitabina (ddC) è un analogo nucleosidico sintetico pirimidinico della 2_-deossicitidina che ha il gruppo 3_-idrossilico rimpiazzato da un idrogeno. Il metabolita attivo, dideossicitidina 5_-trifosfato, agisce interrompendo la catena del DNA virale. La dose è 0,75 mg PO tid; la combinazione di ddC e ZDV ritarda la morte o la AIDS ma soltanto nei pazienti senza precedente esperienza di terapia con ZDV. Gli effetti collaterali includono ulcere orali e neuropatia periferica nel 17-30% dei pazienti trattati, rash e febbre.

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STAVUDINA

La stavudina (d4T) è un analogo sintetico nucleosidico timidinico e viene fosforilato dalle chinasi cellulari a stavudina trifosfato, che è l’agente attivo. Il farmaco compete con la deossitimidina trifosfato e provoca un’interruzione della catena del DNA. La dose è 40 mg o 30 mg PO bid se il peso del paziente è < 60 kg. Esiste un potenziale antagonismo tra ZDV e d4T; perciò tale associazione va evitata. In un ampio studio di pazienti pretrattati con ZDV (con CD4 tra 50 e 500) è stata confrontata la d4T sostituita alla ZDV e si è rilevato che i pazienti randomizzati nel gruppo d4T avevano un ritardo nell’insorgenza della AIDS o della morte, rispetto a quelli che avevano proseguito la ZDV. Gli effetti collaterali sono minimi e includono un modesto rialzo degli enzimi epatici e neuropatia periferica, per cui può essere indicata la riduzione della dose.

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LAMIVUDINA

La lamivudina (3TC) è un analogo nucleosidico sintetico che viene fosforilato nel composto attivo 5_-trifosfato che inibisce la transcrittasi inversa del HIV, dando come risultato l’interruzione della catena del DNA. Il HIV diviene rapidamente resistente con una modifica nel codone 184, ma questa mutazione ritarda l’emergenza di resistenza verso altri inibitori della transcrittasi inversa quali la ZDV. Questo fenomeno di resistenza precoce può portare a parziale resistenza crociata verso altri inibitori della transcrittasi inversa, come la ddI e la ddC e perciò la 3TC va utilizzata solo in combinazione. In alcuni pazienti con resistenza alla ZDV, l’aggiunta di 3TC permette di recuperare la sensibilità alla ZDV. Il dosaggio è 150 mg PO bid. Gli effetti collaterali sono rari e includono disturbi GI, cefalea, astenia e rash.

La 3TC ha mostrato anche di essere in grado di sopprimere il DNA-HBV nei pazienti con epatite cronica B attiva; ulteriori studi sono in corso.

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INIBITORI NON NUCLEOSIDICI DELLA TRANSCRITTASI INVERSA

Questi farmaci si legano direttamente all’enzima transcrittasi inversa a livelli diversi da quelli cui si legano gli analoghi nucleosidici. In generale, la resistenza virale a questi farmaci si sviluppa rapidamente e per tale motivo non devono essere utilizzati in monoterapia a eccezione di casi specifici.

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NEVIRAPINA

La nevirapina si lega direttamente alla transcrittasi virale e blocca l’attività della DNA polimerasi RNA dipendente DNA dipendente interrompendo il sito catalitico dell’enzima. La dose è 200 mg PO/die per 2 sett. seguita da 200 mg bid. L’aumento a scalare della dose riduce lo sviluppo del rash che può essere letale. Se si verifica rash durante il periodo di induzione la dose non va aumentata sino a risoluzione del quadro. In caso di monoterapia la resistenza si sviluppa rapidamente. In paziento con malattia da HIV moderatamente avanzata senza pregressa storia di terapia antivirale, la combinazione di nevirapina, ZDV, e ddI risulta più efficace della ZDV e della ddI nell’aumentare il numero dei CD4 e nel ridurre i livelli del HIV RNA. La nevirapina raggiunge livelli liquorali significativi. La nevirapina è un induttore del citocromo P-450 e può provocare la diminuzione dei livelli plasmatici di altri farmaci somministrati in concomitanza, cioè, rifampicina, inibitori della proteasi e contraccettivi orali.

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DELAVIRDINA

La delavirdina inibisce il HIV-1 attraverso il legame diretto alla transcrittasi inversa e bloccando l’attività della DNA polimerasi RNA dipendente e DNA dipendente. La resistenza emerge rapidamente quando viene somministrata in monoterapia e si ha resistenza crociata agli altri inibitori della transcrittasi inversa non nucleosidici. Essa viene metabolizzata principalmente attraverso il citocromo P-450. La dose standard è 400 mg PO tid.

La somministrazione contemporanea della delavirdina e di alcuni antiistaminici non sedativi, di sedativi ipnotici, di antiaritmici, di calcio antagonisti, di ergotamina, di amfetamine e di cisapride può potenzialmente provocare dei gravi o letali effetti collaterali, in tali casi vanno presi in considerazione farmaci alternativi.

La delavirdina inibisce il metabolismo del citocromo P-450 dell’indinavir e pertanto va presa in considerazione la riduzione del dosaggio dell’indinavir a 600 mg tid. A differenza della nevirapina, la delavirdina non penetra nel SNC. Manifestazioni di grave rash sono state riportate nel 3,6% dei pazienti studiati.

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INIBITORI DELLA PROTEASI

Gli inibitori della proteasi rappresentano la classe più potente tra i farmaci antivirali; essi hanno come obiettivo l’enzima virale proteinasi. L’inibizione della proteasi virale previene la divisione delle poliproteine gag-pol, da cui risultano particelle virali non infettive. Mutazioni primarie e accessorie del genoma che codifica per la proteinasi virale porta all’emergenza di resistenze crociate tra i farmaci di questa classe. L’unica combinazione di due inibitori della proteasi ben documentata è costituita da ritonavir e saquinavir, che ha dimostrato una significativa e sostenuta riduzione della carica virale e un aumento dei CD4. Alcuni dati ottenuti da studi in vitro suggeriscono che il saquinavir e l’indinavir sono antagonisti. Altre combinazioni di vari inibitori della proteasi sono in corso di studio. Gli inibitori della proteasi sono metabolizzati attraverso il citocromo P-450 e tutti i farmaci somministrati in aggiunta a essi devono essere valutati per possibili interazioni.

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SAQUINAVIR

Il dosaggio del saquinavir è 600 mg PO tid entro 2 h da un pasto completo; questa formulazione ha una biodisponibilità di solo il 4%, fattore questo che limita enormemente la sua efficacia. Formulazioni alternative, come le capsule in gel morbido, che permettono di ottenere livelli sierici più elevati, sono state registrate di recente negli USA (Saquinavir soft-gel: Fortovase). In questa formulazione il dosaggio è di 1200 mg (6 capsule) tid entro 2 h da un pasto (n.d.t.). Una dose più elevata (7200 mg/die) permette risposte più durature ma non è ben tollerata. La combinazione con ritonavir a 400 mg bid per entrambi i farmaci determina un aumento > 20 volte del livello medio di saquinavir, con una provata durevole capacità di soppressione virale. Gli effetti collaterali includono la diarrea, la nausea e la cefalea. La rifampicina o la rifabutina diminuiscono in modo significativo le concentrazioni di saquinavir e non vanno utilizzate con questo farmaco. Anche altri farmaci che inducono il citocromo P-450 possono determinare la riduzione delle concentrazioni di saquinavir. Il saquinavir è un inibitore moderato del citocromo P-450 e la co-somministrazione di terfenadina, astemizolo o cisapride e di altri substrati dei composti del citocromo P-450 devono essere evitati o comunque gli effetti collaterali monitorati con attenzione. Farmaci che inibiscono il citocromo P-450, quali ketoconazolo, itraconazolo e fluconazolo, determinano un aumento dei livelli di saquinavir.

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RITONAVIR

La dose del ritonavir è 600 mg PO bid e può essere assunta con il cibo (Dal luglio 1998 le capsule sono state ritirate dal commercio per un difetto di gelificazione dell’involucro, al momento è disponibile solamente la soluzione orale per cui è prevista una dose standard di 7,5 ml PO bid (ndt) L’aumento della dose da 300 mg bid a 600 bid in 5 giorni (per quanto attiene la soluzione orale si propende a effettuare uno scalaggio della dose in 14 giorni-ndt-) può ridurre l’incidenza di diarrea, manifestazione che può rappresentare un effetto collaterale importante. Le capsule devono essere mantenute in frigorifero la soluzione orale ha invece bisogno di essere refrigerata solo se non viene consumata entro 30 giorni. È comune il riscontro di resistenza crociata con indinavir; si verifica inoltre parziale o completa resistenza con altri inibitori della proteasi. Il ritonavir è il più forte inibitore del citocromo P-450 e la sua co-somministrazione con alcuni antiistaminici non sedativi (cioè, terfenadina), sedativi ipnotici (cioè, midazolam) oppure con farmaci antiaritmici può determinare dei livelli tossici e importante morbilità. Tutti i farmaci somministrati contemporaneamente al ritonavir devono essere valutati per verificare potenziali interazioni. I farmaci che inducono il P-450, quali la rifampicina, ridurranno i livelli sierici del ritonavir e potranno diminuirne l’efficacia. Gli effetti collaterali comprendono diarrea, parestesie periorali, alterazione del gusto, nausea, epatite e anormalità dei lipidi.

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INDINAVIR

La dose standard dell’indinavir è 800 mg tid e deve essere assunta a stomaco vuoto (cioè 1 h prima o 2 h dopo i pasti). Onde prevenire l’insorgenza di litiasi renale si raccomanda di bere almeno 1,5 l di liquidi nelle 24 h. L’indinavir non va somministrato contemporaneamente a terfenadina, astemizolo, cisapride, triazolam o midazolam per la competizione con il citocromo P-450, che può determinare un’inibizione del metabolismo di questi farmaci e gravi effetti collaterali. Il principale effetto collaterale, la nefrolitiasi, insorge nel 4% dei pazienti e di solito può essere trattato semplicemente aumentando l’idratazione, sebbene a volte si debba procedere all’interruzione del farmaco. Nel 10% dei pazienti studiati si presenta un’iperbilirubinemia asintomatica. Come nel caso di altri inibitori della proteasi, i farmaci che agiscono sul citocromo P-450 devono essere evitati. La rifabutina diminuisce i livelli sierici dell’indinavir mentre il ketoconazolo li aumenta. Si verifica resistenza crociata con il ritonavir con vari livelli di resistenza crociata con altri inibitori della proteasi del HIV. La didanosina non può essere somministrata in contemporanea perché le sue sostanze tamponanti possono ridurre l’assorbimento dell’indinavir.

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NELFINAVIR

La dose standard del nelfinavir è 750 mg PO tid a stomaco pieno, l’effetto collaterale principale è la diarrea. Il citocromo P-450 viene inibito e pertanto la contemporanea somministrazione del nelfinavir con farmaci metabolizzati principalmente attraverso questa via può determinare un aumento degli effetti collaterali; farmaci che non vanno somministrati contemporaneamente includono astemizolo, terfenadina, rifampicina, midazolam, triazolam e cisapride.

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