13. MALATTIE INFETTIVE

157. MALATTIE BATTERICHE

CAUSATE DA COCCHI GRAM+

INFEZIONI STAFILOCOCCICHE

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Profilassi e terapia

Gli stafilococchi patogeni sono ubiquitari; essi sono presenti nella parte anteriore delle narici in circa il 30% degli adulti sani e sulla cute in circa il 20%; negli ospedali i pazienti e il personale sanitario hanno positività leggermente superiori. Negli ospedali e nella comunità sono comuni i ceppi antibiotico-resistenti.

I neonati e le madri in allattamento sono predisposti alle infezioni stafilococciche così come i pazienti con influenza, malattie croniche bronco-polmonari (p. es., fibrosi cistica, enfisema polmonare), leucemia, neoplasie, trapianti, portatori di protesi o di altri corpi estranei, ustioni, malattie cutanee croniche, incisioni chirurgiche, diabete mellito e portatori di cateteri vascolari in plastica. Sono pazienti a rischio anche quelli che ricevono corticosteroidi, irradiazioni, farmaci immunodepressori o antitumorali. I soggetti predisposti possono acquisire stafilococchi antibiotico-resistenti da altre zone colonizzate del loro corpo o da personale ospedaliero. La trasmissione più comune avviene attraverso le mani del personale ma si può avere diffusione aerea.

Alcune malattie stafilococciche sono mediate da tossine piuttosto che risultato dell’infezione per se. La tossinfezione stafilococcica è causata da ingestione di enterotossina stafilococcica preformata termostabile (v. nel Cap. 28). La sindrome da shock tossico (sotto), causata da esotossine, può verificarsi in associazione all’uso di tamponi vaginali o come complicanza di un’infezione postchirurgica (spesso di aspetto insignificante). La sindrome da cute bruciata stafilococcica, causata dalla tossina esfoliatina, è una dermatite esfoliativa dell’infanzia (v. nei Cap. 112 e 260).

Le malattie stafilococciche sotto elencate sono trattate ulteriormente altrove nel Manuale.

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Sintomi e segni

Le infezioni neonatali compaiono abitualmente entro la 6a sett. dalla nascita. Sono comuni soprattutto le lesioni cutanee pustolose o bollose generalmente localizzate alle regioni ascellare e inguinale o alle pieghe del collo; tuttavia, si riscontrano anche ascessi sottocutanei multipli (specialmente dei seni) esfoliazioni, batteriemia, meningite o polmonite. L’esame microscopico delle lesioni purulente rivela neutrofili e grappoli di stafilococchi gram +, spesso all’interno dei neutrofili. (V. anche Infezioni nosocomiali nel Cap. 260 e Impetigine nel Cap. 265.)

Le madri in allattamento che siano colpite da mastite o da ascessi mammari, da 1 a 4 sett. dopo il parto, vanno considerate affette da infezioni stafilococciche antibiotico-resistenti provenienti con ogni probabilità dal reparto neonatale e trasmesse attraverso i loro bambini.

Le infezioni postoperatorie, che vanno da ascessi dai punti di sutura fino a estesi interessamenti della ferita, sono dovute di solito a stafilococchi. Tali infezioni possono comparire da pochi gg a diverse sett. dopo l’operazione; è probabile che il loro esordio sia ritardato nel caso in cui i pazienti abbiano ricevuto antibiotici al momento dell’intervento chirurgico.

I foruncoli e i favi sono trattati nel Cap. 112.

La polmonite stafilococcica (v. Cap. 73) deve essere sospettata in pazienti affetti da influenza o in trattamento con corticosteroidi o farmaci immunosoppressivi, che sviluppino dispnea, cianosi o febbre persistente o ricorrente e nei pazienti ricoverati con malattie bronco-polmonari croniche o altre malattie ad alto rischio che sviluppino febbre, tachipnea, tosse, cianosi e leucocitosi. Nei neonati, la polmonite stafilococcica è caratterizzata da formazione di un ascesso nel polmone seguita da rapido sviluppo di pneumatocele ed empiema. L’esame microscopico dell’escreato del paziente rivela grappoli di cocchi gram + all’interno dei neutrofili.

La batteriemia stafilococcica può verificarsi a seguito di qualsiasi ascesso stafilococcico localizzato o con infezioni connesse a cateteri intravascolari o ad altri corpi estranei; è causa frequente di morte nei pazienti affetti da ustioni gravi. Sintomi e segni della batteriemia sono illustrati nel Cap. 156. È frequente una febbre persistente che può associarsi a shock. Lo Staphylococcus epidermidis e altri stafilococchi coagulasi-negativi vengono riconosciuti sempre più di frequente quale causa di batteriemia nosocomiale associata a cateteri o ad altri corpi estranei. Essi rappresentano una causa importante di morbosità (specialmente in caso di un prolungato ricovero) e di mortalità in pazienti debilitati.

L’endocardite stafilococcica (v. Endocardite infettiva nel Cap. 208), si sviluppa in particolare nei tossicodipendenti che fanno uso di droghe EV e nei pazienti portatori di protesi valvolari. La diagnosi viene sospettata per lo sviluppo improvviso di un soffio cardiaco, di un embolo settico e di altri segni classici ed è confermata dall’ecocardiogramma e dalle emocolture.

L’osteomielite stafilococcica (v. anche Osteomielite nel Cap. 54) si riscontra prevalentemente nei bambini e provoca brividi, febbre e dolore a livello delle ossa coinvolte. Successivamente compaiono rossore e rigonfiamento. Infezioni periarticolari provocano spesso gonfiori che fanno pensare ad artrite settica più che a osteomielite. La conta dei GB è di solito > 15000/ml e le emocolture sono spesso positive. Segni radiologici possono non essere evidenti per 10-14 gg e le rarefazioni ossee e le reazioni periostali possono non essere individuate per un periodo di tempo ancora maggiore. Si evidenziano spesso precocemente delle anormalità alla scintigrafia ossea.

L’enterocolite stafilococcica, ormai piuttosto rara, va sospettata in pazienti ricoverati che manifestino febbre, ileo, distensione e dolore addominale, ipotensione o diarrea, specialmente se sottoposti di recente a interventi chirurgici addominali o a antibioticoterapia. La diagnosi è verosimile se l’esame microscopico delle feci rivela un tappeto di neutrofili e di cocchi gram +. Si deve escludere l’infezione da Clostridium difficile tossigeno, la causa più comune di colite da antibiotici (v. Cap. 29).

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Profilassi e terapia

Le precauzioni asettiche (p. es., lavaggio accurato delle mani tra l’esame di un paziente e un altro e la sterilizzazione delle apparecchiature) sono molto importanti. I pazienti infetti devono essere isolati dagli altri e il personale ospedaliero con infezioni stafilococciche attive, anche di natura locale (p. es., pustole), non deve venire in contatto con pazienti o apparecchiature condivise fino a guarigione. Un portatore asintomatico nasale non deve essere escluso dal contatto col paziente, a meno che il ceppo non sia particolarmente pericoloso e non sia la fonte probabile di un’epidemia.

Essa comprende il drenaggio dell’ascesso, l’uso di antibiotici (per via parenterale nei pazienti gravi) e misure generali di supporto. Bisogna ottenere campioni per la coltura prima di istituire o variare le terapie antibiotiche. La scelta e il dosaggio di un antibiotico dipendono dalla sede dell’infezione, dalla gravità della malattia e infine dalla sensibilità del microrganismo.

Gli stafilococchi contratti in ospedale e molti dei ceppi contratti in comunità sono per solito resistenti a penicillina G, ampicillina e a penicilline antipseudomonas. Teoricamente, tutti i ceppi sono sensibili alle penicilline penicillasi-resistenti (meticillina, oxacillina, nafcillina, cloxacillina, dicloxacillina); cefalosporine (cefalotina, cefazolina, cefalexina, cefradine, cefamandolo, cefoxitina e cefalosporine di terza generazione); carbapenemici (imipenem, meropenem); gentamicina vancomicina; teicoplanina; lincomicina e clindamicina.

Sebbene le cefalosporine e la vancomicina siano efficaci, il farmaco di scelta è di solito una delle penicilline penicillasi-resistenti. Molti ceppi stafilococcici sono anche sensibili a eritromicina, tetracicline, aminoglicosidi, bacitracina e cloramfenicolo. Tuttavia, il cloramfenicolo e la bacitracina sono indicati raramente, vista la disponibilità di farmaci migliori e più sicuri.

Gli isolamenti di ceppi di Staphylococcus aureus meticillino-resistente (SAMR) sono di riscontro sempre più frequente negli USA, specie negli ospedali delle grandi città e nei centri di terzo livello. Questi microrganismi sono isolati di solito in tossicodipendenti infetti e in pazienti ricoverati in UTI anche se possono essere isolati in pazienti con infezioni di origine comunitaria. Gli SAMR isolati sono abitualmente resistenti alle penicilline resistenti alle b-lattamasi, alle cefalosporine e ai carbapenemici. Spesso i dati di laboratorio indicano erroneamente che tali germi sono sensibili alle cefalosporine, però le cefalosporine non sono affidabili nella terapia delle infezioni da SAMR.

È di frequente riscontro anche la resistenza ad aminoglicosidi e macrolidi (eritromicina, claritromicina, azitromicina, lincomicina e clindamicina). Nei confronti di alcune infezioni da SAMR, sebbene possano risultare efficaci l’imipenem-cilastatina o i chinolonici, il farmaco di scelta è la vancomicina EV. Negli adulti con una funzionalità renale normale il dosaggio abituale è di 500 mg q 6 h EV o 1000 mg q 12 h EV, in infusione della durata di almeno 1 h. Nel caso in cui la funzionalità renale sia ridotta, i dosaggi devono essere adeguati sulla base dei livelli sierici. La durata della terapia dipende dalla sede dell’infezione e dalla risposta individuale del paziente, ma abitualmente è di 2-4 sett. Alcuni pazienti con infezioni gravi o complicate necessitano di un trattamento EV per 6-8 sett., seguito da terapia orale per un mese o più. Recentemente in Giappone e negli USA sono stati individuati ceppi di SAMR con resistenza intermedia alla vancomicina.

Per la terapia dell’infezione da SAMR l’alternativa preferita alla vancomicina nell’adulto è rappresentata dal trimetoprim/sulfametossazolo (TMP/SMX) somministrato PO o EV a dosi di 10 mg/kg/die di TMP e di 50 mg/kg/die di SMX fino a 15 mg/kg/die di TMP e 75 mg/kg/die di SMX, in dosi frazionate a intervalli di 8-12 h, per 2-4 sett., oppure dalla rifampicina (600 mg/die) per via orale o parenterale, o dall’imipenem-cilastatina (500 mg q 6 h) o dal meropenem (0,5 g q 8 h) somministrati per via parenterale. In ogni caso la rifampicina non deve essere utilizzata da sola in quanto il microrganismo può sviluppare rapidamente resistenza. La rifampicina e gli aminoglicosidi sono coadiuvanti utili nel trattamento di infezioni gravi da SAMR associate a corpi estranei o che coinvolgano cavità sierose. Nel trattamento dei portatori di SAMR si sono rivelate utili cloxacillina, dicloxacillina, TMP/ SMX, ciprofloxacina e mupirocina per via topica, anche se il SAMR può divenire resistente a tutti questi farmaci.

In laboratorio i ceppi di enterococchi vancomicina-resistenti (EVR), che presentano una prevalenza sempre più alta, possono trasferire i geni responsabili di resistenza alla vancomicina ai ceppi di S. aureus coagulasi-positivi e ai ceppi di Staphylococcus coagulasi-negativi isolati da pazienti infetti. Sfortunatamente questi stafilococchi possono essere già resistenti ad altri antibiotici utilizzati nel trattamento di tali infezioni. Se disponibile, nel trattamento delle infezioni da stafilococchi vancomicino-resistenti, si può provare la bacitracina. Per evitare la diffusione di questi microrganismi i pazienti affetti devono essere sottoposti a rigorose misure di isolamento.

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