13. MALATTIE INFETTIVE

158. MALATTIE SISTEMICHE DA FUNGHI

(Micosi sistemiche)

Sommario:

Introduzione
Principi diagnostici generali
Principi generali di terapia


In questo capitolo vengono trattate le principali micosi sistemiche. Le dermatofitosi e le altre infezioni cutanee vengono trattate nel Cap. 113; le malattie polmonari provocate da ipersensibilità ai funghi sono trattate nel Cap. 76 e quelle con interessamento pleurico nel Cap. 80; le malattie fungine che interessano il sistema GU sono trattate nel Cap. 227.

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Principi diagnostici generali

Molti dei funghi responsabili sono opportunisti e risultano patogeni soltanto se infettano un soggetto defedato (v. anche Cap. 151). Le infezioni da funghi opportunisti sono particolarmente frequenti in pazienti sottoposti a terapie con corticosteroidi, con immunosoppressivi o con antimetaboliti: tali infezioni tendono anche a presentarsi in pazienti con AIDS, insufficienza renale, diabete mellito, bronchiettasie, enfisema, TBC, linfomi, leucemie e ustioni. Tipiche infezioni opportunistiche sono: candidiasi, aspergillosi, mucormicosi (ficomicosi), nocardiosi e criptococcosi. (La nocardiosi è trattata nel Cap. 157.) Nei pazienti immunocompetenti le micosi disseminate con polmonite e setticemia sono rare. In tali pazienti le lesioni polmonari si possono sviluppare lentamente. Le micosi sistemiche che colpiscono soggetti gravemente immunocompromessi hanno spesso una presentazione acuta o subacuta, con polmonite rapidamente progressiva, fungemia o manifestazioni di disseminazione extrapolmonare.

Le malattie fungine che si presentano come infezioni primarie possono avere una distribuzione geografica particolare. Per esempio negli USA la coccidioidomicosi è praticamente confinata nel Sud-Ovest; l’istoplasmosi si verifica soprattutto negli stati orientali e centro-occidentali; la blastomicosi è limitata al Nord America e all’Africa; mentre la paracoccidioidomicosi, a volte denominata blastomicosi del Sud America, è confinata a tale continente. I viaggiatori, tuttavia, possono manifestare la malattia qualche tempo dopo essere divenuti infetti e dopo il ritorno a casa da viaggi nelle aree endemiche.

Nei soggetti immunocompetenti le micosi sistemiche hanno tipicamente un decorso cronico. Possono trascorrere mesi o addirittura anni prima che venga consultato un medico o che venga effettuata la diagnosi. I sintomi, raramente intensi, in tali micosi croniche, possono essere febbre, brivido, sudori notturni, anoressia, perdita di peso, malessere generale e depressione.

Quando un fungo si diffonde a partire da un focolaio primario nel polmone, le manifestazioni possono essere caratteristiche. Per esempio la criptococcosi si manifesta abitualmente come meningite cronica, l’istoplasmosi progressiva disseminata come un interessamento generalizzato del sistema reticoloendoteliale (fegato, milza, midollo) e la blastomicosi come lesione cutanea singola o multipla.

Test immunosierologici sono disponibili per molte micosi sistemiche, ma pochi permettono di giungere a una diagnosi definitiva. Tra i test più utili vi sono quelli che misurano i prodotti antigenici specifici dei microrganismi, in particolare quello per il Cryptococcus neoformans e, più recentemente, per l’Histoplasma capsulatum. Alcuni test, quali la fissazione del complemento per anticorpi anti-coccidio, sono specifici e non richiedono una conferma con l’incremento del titolo: essi possono pertanto fornire la conferma diagnostica così come un’indicazione sul rischio relativo di disseminazione extrapolmonare. Nella meningite cronica la positività della fissazione del complemento per gli anticorpi anti-coccidio nel LCR rappresenta spesso l’unica indicazione diagnostica sulla necessità di effettuare una terapia antimicotica aggressiva. La maggior parte dei test di determinazione degli anticorpi antifungini è tuttavia di limitata utilità. Molti possiedono una bassa sensibilità e/o specificità e, poiché la determinazione di titoli anticorpali elevati o di un loro incremento richiede molto tempo, non sono utili nell’indirizzare la terapia iniziale.

Le diagnosi vengono abitualmente confermate mediante l’isolamento del fungo responsabile dall’espettorato, dalle urine, dal sangue, dal midollo osseo o da campioni provenienti dal tessuto infetto. Il significato clinico di un esame colturale positivo dall’espettorato può essere difficile da interpretare per i microrganismi commensali (p. es., Candida albicans) o per quelli che sono diffusi nell’ambiente (p. es., Aspergillus sp). Pertanto il ruolo eziologico può essere stabilito con certezza solo dalla conferma di un’invasione tissutale.

Al contrario delle malattie virali e batteriche, le infezioni fungine possono spesso essere diagnosticate mediante esame istopatologico, con un alto grado di attendibilità sulla base delle caratteristiche morfologiche peculiari dell’invasione micotica piuttosto che sulla base dell’identificazione di anticorpi specifici. Tuttavia, l’identificazione definitiva può essere difficile, soprattutto quando sono visibili pochi microrganismi; pertanto la diagnosi istopatologica quando possibile deve essere confermata dall’esame colturale. La valutazione dell’attività dell’infezione si basa sulle colture ottenute da molti siti differenti, sulla presenza di febbre, sulla conta dei leucociti, sui dati clinici, sui parametri di laboratorio correlati a uno specifico coinvolgimento d’organo (p. es., test di funzionalità epatica) e, in alcune micosi, sui test immunosierologici.

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Principi generali di terapia

I farmaci per la terapia antimicotica sistemica comprendono l’amfotericina B, differenti derivati azolici e la flucitosina. In aggiunta alla chemioterapia antimicotica e alla terapia medica generica, per eliminare alcune infezioni localizzate può essere necessaria la chirurgia. I farmaci di scelta per le specifiche infezioni micotiche sistemiche sono riportati nella Tab. 158-1.

Amfotericina B: nonostante la sua elevata tossicità, l’amfotericina B rimane la terapia standard per la maggior parte delle micosi sistemiche potenzialmente letali. Per le micosi croniche la terapia viene generalmente iniziata con  0,3 mg EV, con un graduale incremento giornaliero  0,1 mg/kg finquando non sia raggiunta la dose massima desiderata (abitualmente da 0,4 a 1,0 mg/kg in unica somministrazione, ma di solito senza superare i 50 mg/die). Se i pazienti tollerano gli effetti tossici acuti delle infusioni più concentrate, la dose EV quotidiana può essere gradualmente modificata in una schedula più conveniente a giorni alterni utilizzando il doppio della dose massima giornaliera. Trattamenti prolungati possono anche essere modificati in modo da diminuirne la frequenza e utilizzando schedule di somministrazione più convenienti (p. es., 3 volte a settimana). Per le micosi acute potenzialmente letali, l’amfotericina B, se tollerata, viene iniziata utilizzando la dose massima richiesta (0,6-1,0 mg/kg/die). Per alcune micosi opportunistiche rapidamente progressive (p. es., aspergillosi invasiva) a volte sono state utilizzate dosi picco fino a 1,5 mg/kg/die, generalmente suddivise in due o tre infusioni EV separate.

La formulazione standard di amfotericina B colloidale deossicolato, deve sempre essere somministrata in soluzione glucosata al 5%, in quanto i sali (compresa la soluzione fisiologica e il KCl) possono far precipitare il farmaco. Viene generalmente somministrata in 2-3 ore, anche se infusioni più rapide comprese tra 20 e 60 minuti nella maggior parte dei pazienti risultano sicure. Le reazioni sono solitamente lievi, ma alcuni pazienti possono presentare brivido, febbre, nausea, vomito, anoressia, cefalea e a volte ipotensione. Viene spesso utilizzata una premedicazione con acetaminofene o aspirina. La minoranza dei pazienti che sviluppa febbre elevata, nausea, vomito o ipotensione possono ottenere un vantaggio dalla somministrazione EV di 25-50 mg di idrocortisone; questo può quindi essere aggiunto alle successive infusioni EV per prevenire o ridurre le reazioni. In molti casi di trattamento prolungato l’idrocortisone può essere ridotto e quindi sospeso. Tremori e brividi intensi possono essere alleviati o prevenuti dalla meperidina, 50-75 mg EV. Può anche verificarsi una tromboflebite chimica.

La somministrazione intratecale di amfotericina B viene talora utilizzata nel trattamento della meningite cronica, in genere attraverso iniezione diretta intracisternale o mediante un serbatoio sottocutaneo del tipo Ommaya connesso a un catetere intraventricolare. Possono verificarsi cefalea, nausea e vomito, ma questi possono essere ridotti aggiungendo desametasone ad ogni somministrazione intratecale. Talvolta vengono utilizzate somministrazioni intratecali lombari a causa della penetrazione irregolare nelle aree cerebrali coinvolte e degli effetti infiammatori locali potenzialmente gravi che possono portare ad aracnoidite adesiva. Al momento dell’infusione in una siringa contenente l’amfotericina B diluita in soluzione glucosata al 5% alla concentrazione di 0,2 mg/ml vengono prelevati 10 ml o più di LCR. Dosi di 0,05-0,5 mg vengono quindi iniettate lentamente, in 2 min o più. Molto spesso, se tollerate, le dosi vengono gradualmente incrementate al massimo fino a uno schema di 0,5 mg 3 volte a settimana.

Il principale rischio di tossicità della terapia con amfotericina B è la compromissione della funzione renale. Prima e durante il trattamento devono essere attentamente monitorizzate la creatinina sierica e l’azotemia. L’amfotericina B è l’unico tra i farmaci antimicrobici nefrotossici a non essere eliminato in maniera significativa attraverso il rene. Con il peggioramento della funzionalità renale l’amfotericina B non si accumula in dosi crescenti; pertanto, in presenza di anomalie moderate della funzione renale, la dose non deve essere ridotta. Tuttavia, nei pazienti che iniziano la terapia con una normale funzionalità renale, la dose di amfotericina B deve essere ridotta quando la creatinina sierica aumenta oltre 3,0-3,5 mg/dl (265-309 mmol/l) o l’azotemia oltre 50 mg/dl (18 mmol Urea/l). La nefrotossicità acuta può essere ridotta mediante un’idratazione endovena con soluzione fisiologica prima dell’infusione dell’amfotericina B. Le alterazioni lievi o moderate della funzionalità renale indotte dall’amfotericina B in genere si risolvono gradualmente dopo il termine del trattamento. Un danno permanente si verifica principalmente in quei pazienti che vengono sottoposti a terapie prolungate nel tempo (per es., il 75% di quelli che ricevono una dose totale di amfotericina B > 4 g sviluppa un deficit irreversibile della funzionalità renale). In ogni paziente nel quale la funzionalità renale risulti gravemente compromessa prima o durante la terapia con amfotericina B, la decisione definitiva sul dosaggio dell’amfotericina B EV deve tener conto, rispetto al rischio di insufficienza renale, della gravità della micosi sistemica e della potenziale efficacia di farmaci antimicotici alternativi. Accanto alla tossicità renale l’amfotericina B determina spesso una soppressione della funzione del midollo osseo che si manifesta principalmente come anemia. L’epatotossicità o altri effetti collaterali sono poco frequenti.

Recentemente sono stati valutati numerosi veicoli lipidici allo scopo di ridurre le manifestazioni tossiche dell’amfotericina B pur mantenendone l’efficacia terapeutica. Anche se tali preparazioni differiscono nella composizione, nella tossicità acuta e nell’eliminazione sierica, esse concentrano la deposizione di amfotericina B nel fegato, nella milza e nei polmoni e determinano una minor tossicità rispetto alla tradizionale amfotericina B deossicolato. Con le preparazioni lipidiche possono quindi essere somministrate con sicurezza più alte dosi di farmaco. In Europa sono disponibili tre preparazioni ma solo una è stata autorizzata negli USA. Quest’ultima, complesso lipidico di amfotericina B, ha un utilizzo limitato solo all’aspergillosi invasiva che non risponda all’amfotericina B colloidale o non possa essere trattata in maniera sicura con adeguate dosi della preparazione standard per un’alterazione della funzionalità renale. In pazienti con differenti tipi di micosi sono in corso studi clinici per definire la sicurezza relativa e l’efficacia di queste preparazioni di complessi lipidici così come della dispersione colloidale dell’amfotericina B, della preparazione liposomiale di amfotericina B e della nistatina incapsulata in liposomi (altro antimicotico polienico correlato all’amfotericina B). Alcuni medici hanno addirittura utilizzato misture di amfotericina B con Intralipid, ma queste sembrano meno efficaci. Le preparazioni non sono state standardizzate, pertanto possono variare e la nefrotossicità non è stata sensibilmente o consistentemente ridotta.

Azoli antifungini: questi farmaci non sono nefrotossici e possono essere somministrati per via orale. Essi rendono possibile la terapia delle micosi croniche in un regime ambulatoriale più semplice. Il primo di questi farmaci orali, il ketoconazolo, è stato superato dai più recenti, più efficaci e meno tossici derivati triazolici quali il fluconazolo e l’itraconazolo.

Il fluconazolo è idrosolubile e dopo somministrazione orale viene assorbito quasi completamente. Viene principalmente eliminato immodificato nelle urine e possiede un’emivita > 24 h, elemento che ne permette l’uso in unica somministrazione quotidiana. È dotato di un’elevata penetrazione nel LCR ( 70% dei livelli sierici) ed è diventato utile soprattutto nel trattamento della meningite criptococcica e da coccidioide (v. oltre). Esso inoltre offre un’efficace alternativa meno tossica rispetto all’amfotericina B nel trattamento della candidemia nei pazienti non neutropenici. Anche se originariamente è stato approvato per il trattamento delle micosi sistemiche al dosaggio di 200-400 mg al giorno, per alcuni pazienti gravemente malati da alcuni tipi di micosi possono essere necessarie dosi più elevate, quali 800 mg/die (v. oltre) e in alcuni trial limitati sono state utilizzate persino dosi quotidiane  1000 mg senza un’apparente eccessiva tossicità.

La Candida cruzii è tipicamente fluconazolo-resistente, mentre la Candida (Torulopsis) glabrata è generalmente meno sensibile rispetto alla C. albicans. Recentemente stanno aumentando in maniera progressiva altri tipi di Candida sp fluconazolo-resistenti, anche in relazione al ripetuto e diffuso utilizzo del farmaco per il trattamento e la prevenzione della candidosi e di altre micosi. Finora la maggior parte degli isolati resistenti di Candida sembra comunque sensibile all’itraconazolo anche se alcuni non lo sono. Di particolare interesse sono le segnalazioni di Candida fluconazolo-resistente in pazienti senza AIDS e mai sottoposti in precendenza a terapia con azoli. Per evitare l’utilizzo indiscriminato del fluconazolo è fortemente raccomandata una limitazione, almeno finquando non si dimostrino inefficaci altre terapie per le candidosi mucocutanee.

Malessere GI e rash cutaneo sono i più comuni effetti collaterali. Una tossicità più grave è rara, ma l’uso del fluconazolo è stato associato a necrosi epatica, alla sindrome di Stevens-Johnson, ad anafilassi, ad alopecia e ad anomalie congenite successive all’uso del farmaco oltre il primo trimestre di gravidanza. Le interazioni con altri farmaci si verificano meno frequentemente con il fluconazolo che con il ketoconazolo o l’itraconazolo. Tuttavia il fluconazolo talora determina un incremento dei livelli sierici di ciclosporina, rifabutina, fenitoina, anticoagulanti orali tipo warfarin, farmaci alla sulfonilurea quali la tolbutamide o zidovudina. La rifampicina può ridurre i livelli ematici di fluconazolo.

L’itraconazolo è diventato il trattamento standard della sporotricosi linfocutanea così come dell’istoplasmosi lieve o moderatamente grave, della blastomicosi e della paracoccidioidomicosi. Inoltre si è dimostrato efficace in casi lievi di aspergillosi invasiva, in alcuni casi di coccidioidomicosi e in alcuni tipi di cromomicosi. Per l’elevata solubilità nei lipidi e legame proteico, i livelli ematici di itraconazolo tendono a essere bassi ma i livelli tissutali sono generalmente elevati. I livelli del farmaco nelle urine o nel LCR sono trascurabili. L’itraconazolo, nonostante non sia il farmaco di scelta, è stato utilizzato con successo per risolvere alcuni tipi di meningite micotica.

L’itraconazolo, come il ketoconazolo, per l’assorbimento richiede un pH acido, pertanto i livelli ematici dopo somministrazione orale possono variare. Le bevande acide (p. es., coca-cola, succhi di frutta acidi) o il cibo possono migliorarne l’assorbimento. Tuttavia l’assorbimento può essere ridotto quando l’itraconazolo viene assunto con qualunque prescrizione o farmaco utilizzato per ridurre l’acidità gastrica. Numerose sostanze possono ridurre le concentrazioni sieriche dell’itraconazolo, tra queste la rifampicina, la rifabutina, la didanosina, la fenitoina e la carbamazepina. Inoltre l’itraconazolo inibisce la degradazione metabolica di altri farmaci determinandone un incremento dei livelli ematici con conseguenze potenzialmente gravi. Aritmie cardiache gravi e talora fatali si possono verificare se l’itraconazolo viene utilizzato con la cisapride o con alcuni antiistaminici quali la terfenadina, l’astemizolo e forse la loratadina. Rabdomiolisi è stata associata con l’incremento dei livelli ematici di ciclosporina o di farmaci ipocolesterolemizzanti quali lovastatina o la simvastatina indotto dall’itraconazolo. Si può anche verificare un incremento dei livelli ematici di digossina, di tacrolimus, di anticoagulanti orali o di ipoglicemizzanti orali quando tali sostanze vengano utilizzate con l’itraconazolo.

Con dosi superiori a 400 mg/die i principali effetti collaterali sono di tipo GI ma alcuni uomini hanno riportato impotenza mentre dosi più elevate possono determinare ipokaliemia, ipertensione ed edema. Altri effetti collaterali descritti comprendono rash allergico, epatite e allucinazioni.

Flucitosina: la flucitosina, analogo di un acido nucleico, è idrosolubile e ben assorbita dopo somministrazione orale. Sono comuni resistenze al farmaco sia preesistenti sia emergenti, tanto che viene quasi sempre utilizzata insieme a un altro farmaco antifungino, generalmente l’amfotericina B. La flucitosina in combinazione con l’amfotericina B viene principalmente utilizzata per il trattamento della criptococcosi ma si è anche dimostrata utile in alcuni casi di candidosi disseminata, di altre infezioni micotiche e di gravi aspergillosi invasive. Occasionalmente la flucitosina da sola ha migliorato (ma probabilmente non completamente curato) alcuni casi di cromomicosi. La flucitosina in recenti trial è stata anche utilizzata in combinazione con antimicotici azolici. Quest’ultima combinazione ha fornito promettenti risultati preliminari nella criptococcosi e in alcuni casi di altre micosi ma rimane comunque sperimentale.

La dose abituale (150 mg/kg/die PO in 4 dosi frazionate) fornisce elevati livelli di farmaco nel siero, nelle urine e nel LCR. Poiché la flucitosina viene principalmente eliminata dal rene, le concentrazioni ematiche, non appena si sviluppa nefrotossicità in corso di uso contemporaneo di amfotericina B, soprattutto quando quest’ultima viene utilizzata a dosi > 0,4 mg/kg/die, tendono a raggiungere livelli di tossicità. Si può anche verificare un’alterazione epatica reversibile. Le concentrazioni sieriche di flucitosina devono essere monitorizzate e il dosaggio corretto per mantenere concentrazioni sieriche entro un range di circa 40-60 mg/ml per ridurre il rischio di piastrinopenia e leucopenia. Le concentrazioni della flucitosina diventano spesso elevate durante le fasi precoci della nefrotossicità da amfotericina B, quando la creatinina clearance aumenta in maniera significativa senza un importante incremento dei livelli sierici di creatinina. Pertanto, soprattutto se non possono essere misurati in tempi rapidi i livelli ematici tempestivi, è prudente iniziare la terapia con la dosa più bassa (100 mg/kg/die) e quindi modificare le dosi verso il basso utilizzando il nomogramma accluso nella confezione in accordo con ogni ulteriore riduzione della funzionalità renale.

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