13. MALATTIE INFETTIVE

161. INFEZIONI PARASSITARIE

PROTOZOI EXTRAINTESTINALI

TOXOPLASMOSI

Infezione da Toxoplasma gondii, che causa uno spettro di manifestazioni che va dalla linfoadenopatia asintomatica benigna a malattie del SNC potenzialmente letali, alla corioretinite e al ritardo mentale.

Sommario:

Introduzione
Eziologia e patogenesi
Sintomi e segni
Diagnosi
Prevenzione
Terapia


Le indagini sieroepidemiologiche indicano che l’esposizione umana alla toxoplasmosi è comune e diffusa in tutto il mondo; il 20-40% degli adulti sani negli USA è sieropositivo. Il feto e l’ospite immunocompromesso sono a maggior rischio di malattia grave.

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Eziologia e patogenesi

Il Toxoplasma gondii è un protozoo ubiquitario parassita degli uccelli e dei mammiferi. Questo parassita obbligato intracellulare invade il citoplasma di ogni cellula nucleata e si moltiplica asessualmente all’interno di esso. Quando si sviluppa l’immunità dell’ospite, la moltiplicazione dei tachizoiti cessa e si formano cisti tissutali che persistono per anni specialmente nel cervello e nei muscoli. La riproduzione sessuata di T. gondii si verifica solo nell’intestino dei gatti; le oocisti prodotte emesse con le feci rimangono infettive nel terreno per circa un anno.

L’ingestione di oocisti dalle feci di gatto è la più comune modalità di infezione orale negli USA. L’infezione può anche verificarsi mangiando carne cruda o poco cotta contenente cisti tissutali, generalmente di agnello, maiale o manzo. La toxoplasmosi può essere trasmessa per via transplacentare se la madre è infetta o se l’immunosoppressione riattiva una precedente infezione durante la gravidanza. La trasmissione può anche verificarsi tramite trasfusione di sangue intero o globuli bianchi o tramite trapianto d’organo da donatore sieropositivo. La riattivazione si verifica principalmente nei pazienti immunosoppressi o in persone altrimenti sane con infezione congenita della retina.

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Sintomi e segni

L’infezione è di solito asintomatica, ma può causare una moderata linfoadenopatia cervicale o ascellare. Le infezioni sintomatiche possono presentarsi in diversi modi. La toxoplasmosi acuta può mimare una mononucleosi acuta con linfoadenopatia, febbre, malessere, mialgie, epatosplenomegalia e faringite. Sono comuni la linfocitosi atipica, l’anemia moderata, la leucopenia e lievi anomalie dei test di funzionalità epatica.

La sindrome può persistere per settimane o mesi ma è quasi sempre autolimitatantesi. Sono stati descritti una forma grave disseminata caratterizzata da polmonite, miocardite, meningoencefalite, polimiosite, rash maculopapuloso diffuso, febbre elevata, brividi e prostrazione. È poco comune una malattia acuta fulminante.

La toxoplasmosi nel paziente immunocompromesso può causare una malattia grave. La toxoplasmosi clinicamente apparente si sviluppa nel 30-40% dei pazienti con AIDS, spesso come riattivazione di una precedente infezione latente piuttosto che come prima acquisizione di infezione. La maggior parte dei pazienti con AIDS e toxoplasmosi sviluppa encefaliti potenzialmente letali o meningoencefaliti. Sono molto meno comuni miocarditi, polmoniti, orchiti, coinvolgimento di altri organi e malattia disseminata. La toxoplasmosi del SNC causa deficit neurologici focali, come deficit motorio o sensitivo, paralisi dei nervi cranici, anomalie visive, convulsioni focali e anomalie generalizzate del SNC, come cefalea, stato mentale alterato, convulsioni, coma e febbre. Nelle polmoniti da toxoplasma, infiltrati interstiziali diffusi possono progredire rapidamente verso il consolidamento e causare insufficienza respiratoria; un’endoarterite può portare all’infarto di piccoli segmenti polmonari. Difetti della conduzione sono comuni ma spesso asintomatici nelle miocarditi e possono rapidamente portare all’insufficienza cardiaca. Le infezioni non trattate sono di solito fatali.

La toxoplasmosi congenita di solito deriva da un’infezione acuta primaria (spesso asintomatica) acquisita dalla madre durante la gravidanza. Le donne infettate prima del concepimento non trasmettono di norma la toxoplasmosi al feto, a meno che l’infezione si sia riattivata durante la gravidanza per un’immunosoppressione. Il rischio dell’infezione transplacentare aumenta dal 15 al 30 al 60% per infezioni materne acquisite rispettivamente nel 1o, 2o o 3o trimestre di gravidanza.

Le manifestazioni cliniche della toxoplasmosi congenita sono varie. Aborto spontaneo e parto pretermine possono verificarsi precocemente nella gravidanza. La malattia del neonato può essere grave, con ittero, rash ed epatosplenomegalia, seguiti da una caratteristica tetrade di anomalie: corioretinite bilaterale, calcificazioni cerebrali, idrocefalo o microcefalia e ritardo psicomotorio. La prognosi è infausta. Molti bambini con infezioni meno gravi e la maggior parte dei bambini nati da madri infettate durante il 3o trimestre sembra sana alla nascita ma è ad alto rischio di sviluppare sintomi mesi o anni più tardi.

La maggior parte delle toxoplasmosi oculari deriva da un’infezione congenita in seguito riattivatasi (spesso nel secondo e terzo decennio) di vita. Si possono avere retinite focale necrotizzante e infiammazione necrotizzante secondaria della coroide. Le recidive di corioretinite sono comuni e possono portare a dolore oculare, visione offuscata e a volte a cecità.

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Diagnosi

La diagnosi si pone su base sierologica. Anticorpi specifici di tipo IgM compaiono durante le prime 2 settimane di malattia, con un picco massimo entro 4-8 sett. e quindi divengono irrilevabili entro vari mesi. Gli anticorpi IgG compaiono più lentamente, raggiungono il massimo in 1-2 mesi e possono rimanere elevati e stabili per mesi o anni. Anticorpi IgM specifici oppure un aumento di 4 volte in uno dei test per le IgG indica abitualmente la malattia acuta, che va anche sospettata se i titoli dei test per IgG-AFI o con colorante superano il titolo di 1:1000 in presenza di linfoadenopatia in una donna in gravidanza o di encefalite in un soggetto immunocompromesso. L’infezione pregressa, che conferisce resistenza alla reinfezione, fornisce tipicamente risposte positive per IgG e negative per IgM. La ricerca di anticorpi IgM specifici nella malattia neonatale suggerisce l’infezione congenita (le IgG materne attraversano la placenta ma non le IgM). Sono di solito presenti bassi titoli di anticorpi IgG, anche se non sono rintracciati nella corioretinite attiva anticorpi specifici IgM.

La sierologia non è utile per la diagnosi di toxoplasmosi in pazienti con AIDS. Anticorpi IgM non sono presenti durante la riattivazione e gli anticorpi IgG verso T. gondii non distinguono tra infezione latente e riattivata. Quest’ultima è presente negli USA nel 20-30% dei pazienti con AIDS a prescindere dalla toxoplasmosi clinica.

Il parassita può essere isolato durante la fase acuta della malattia inoculando topi o in colture tissutali con materiali bioptici o fluidi organici, ma questo richiede fino a 6 sett. Gli organismi possono essere dimostrati istologicamente. I tachizoiti che sono presenti durante l’infezione acuta, si colorano bene con la colorazione di Giemsa o con quella di Wright ma può essere difficile trovarli nelle sezioni di tessuto colorate di routine. Le cisti tissutali non distinguono l’infezione acuta da quella cronica. Il toxoplasma deve essere distinto da altri organismi intracellulari, come Histoplasma, Trypanosoma cruzi e Leishmania. Sono in fase di studio test per la ricerca rapida di antigeni del parassita o amplificazione del DNA tramite PCR nel sangue, LCR o liquido amniotico. L’analisi basata su PCR del liquido amniotico sembra essere il metodo più sensibile per la diagnosi di toxoplasmosi in utero.

Nella toxoplasmosi del SNC il LCR può mostrare pleiocitosi linfocitaria ed elevati livelli di proteine. La TC mostra tipicamente lesioni multiple dense, rotondeggianti che prendono il contrasto quando questo viene usato. La RMN è più sensibile della TC. Sebbene queste lesioni non siano patognomoniche, la loro presenza in pazienti con AIDS e i sintomi neurologici richiedono che sia comunque instaurata una terapia empirica. Se il sospetto diagnostico di toxoplasmosi è corretto, un miglioramento clinico o radiologico deve avvenire entro 7-14 giorni. La diagnosi specifica in pazienti con AIDS e sintomi neurologici richiede una biopsia cerebrale.

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Prevenzione

L’infezione può essere evitata astenendosi dal consumo di carne cruda o poco cotta. La carne deve essere cotta a 66°C, congelata a-20°C, affumicata o conservata sotto sale o con altre tecniche. È essenziale lavarsi le mani dopo aver maneggiato carne cruda. Deve essere evitato il contatto con il terreno o con cibo contaminato da feci di gatto.

La chemioprofilassi è raccomandata per i pazienti con AIDS con IgG positive una volta che la conta delle cellule CD4 sia < 100/ml. Un efficace regime di profilassi è la combinazione di trimetoprim-sulfametossazolo alle stesse dosi usate per la profilassi contro lo Pneumocystis carinii.

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Terapia

La maggior parte dei pazienti immunocompetenti non necessita di terapia specifica a meno che non siano presenti malattie viscerali o non persistano gravi sintomi. Una terapia specifica è tuttavia indicata per la toxoplasmosi acuta del neonato, la donna in gravidanza e i pazienti immunosoppressi.

Il regime più efficace è l’associazione di pirimetamina (25-100 mg/die PO per 3-4 sett. negli adulti 2 mg/kg per 3 giorni quindi 1 mg/kg/die fino a un massimo di 25 mg/die per 4 sett. nei bambini) con sulfadiazina (1-1,5 g PO qid per gli adulti; 100-200 mg/kg/die in dosi frazionate per i bambini). La pirimetamina può deprimere il midollo osseo. Questo processo può essere minimizzato dalla concomitante somministrazione di leucovorina IM (non folato, che blocca l’effetto terapeutico), 10 mg/die per gli adulti, 5-10 mg ogni 3 giorni per i bambini. I pazienti con toxoplasmosi oculare devono ricevere inoltre corticosteroidi. Ai neonati con infezione congenita si deve somministrare pirimetanina q 2 o 3 gg e sulfonamide giornaliero fino a un anno. Il trattamento della donna in gravidanza, con infezione acuta, riduce l’incidenza dell’infezione fetale. Tuttavia, la pirimetamina non deve essere usata durante le prime 14-16 sett. di gravidanza. La spiramicina (3-4 g/die PO per 3-4 sett.) è stata usata con sicurezza ed efficacia in donne in gravidanza ma è meno attiva dell’associazione pirimetamina-sulfadiazina e non attraversa la placenta. Le recidive sono così comuni nei pazienti con AIDS che il trattamento deve continuare indefinitamente. In pazienti intolleranti ai sulfonamidi, si può utilizzare in alternativa pirimetamina ad alte dosi da sola o l’associazione di pirimetamina e clindamicina (1,8–2,4 g/die in dosi frazionate); entrambi i regimi hanno mostrato in alcuni casi un miglioramento. L’atovaquone e l’azitromicina possono essere delle alternative per i pazienti intolleranti a sulfonamidi.

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