13. MALATTIE INFETTIVE

161. INFEZIONI PARASSITARIE

INFEZIONI DA NEMATODI (VERMI AD ANELLO)

STRONGILOIDIASI

(Infezione da verme filiforme)

Infezione da Strongyloides stercoralis, che causa rash cutanei, eosinofilia e dolore addominale.

Sommario:

Eziologia e patogenesi
Sintomi e segni
Diagnosi
Prevenzione e terapia


Eziologia e patogenesi

La strongiloidiasi è endemica ovunque nei tropici e nelle aree subtropicali, comprese le aree rurali del sud degli USA. I vermi adulti vivono nella mucosa e sottomucosa del duodeno e del digiuno. Le uova rilasciate si rompono immediatamente e liberano larve rabdoidi che migrano nel lume e sono eliminate con le feci. Dopo pochi giorni al suolo, le larve si trasformano in larve filariformi infettive. Come i vermi a uncino, le larve di Strongyloides penetrano la cute umana, migrano attraverso i polmoni e raggiungono l’intestino, dove maturano in circa 2 sett.

Nel suolo, diverse generazioni di vermi a vita libera possono essere prodotte prima che i vermi tornino a essere parassiti. Le larve filariformi possono saltare la fase al suolo e penetrare direttamente il colon o la cute. La trasmissione è spesso dovuta all’esposizione della cute nuda al suolo contaminato in condizioni non igieniche. La trasmissione da persona a persona per via oro-fecale è responsabile della maggior parte delle infezioni riportate negli istituti psichiatrici e negli asili nido e tra i maschi omosessuali promiscui.

Può verificarsi autoreinfestazione. La reinfestazione può causare la presenza di un numero altissimo di vermi (sindrome da iperinfestazione) e probabilmente spiega perché l’infestazione può persistere per molti decenni. La sindrome de iperinfestazione si riscontra di solito in persone con immunità cellulo-mediata diminuita, occasionalmente in persone con acloridia o tempo prolungato di transito intestinale e raramente in persone altrimenti sane. L’accelerata autoinfestazione e l’iperinfestazione si verificano frequentemente in persone affette da virus umano linfotrofico a cellule T di tipo I o in soggetti che assumono farmaci immunosoppressivi, ma la strongiloidiasi disseminata non è comune tra i pazienti con AIDS, anche quelli provenienti dall’Africa dove la strongiloidiasi infetta quasi il 50% della popolazione. L’immunisoppressione può portare a un’iperinfestazione in persone con un’infestazione precedentemente asintomatica.

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Sintomi e segni

Più della metà delle persone infette è asintomatica, anche se  75% ha eosinofilia; l’eosinofilia può essere soppressa da farmaci come steroidi o agenti citotossici chemioterapeutici, che possono anche aumentare il rischio di iperinfestazione. I sintomi cutanei sono inusuali nella strongiloidiasi acuta ma non in quella cronica. Larva currens, una lesione orticarioide serpiginosa, migrante, di solito alle natiche, al perineo o alle cosce, è patognomonica, ma possono verificarsi altre eruzioni orticarioidi non specifiche o maculopapulari. I sintomi polmonari sono assenti nella maggior parte dei casi, sebbene le infestazioni massicce possano produrre una sindrome di Löffler. Occasionalmente, le larve maturano nella sottomucosa bronchiale e producono una bronchite cronica e asma.

L’infestazione intestinale nel duodeno e nell’adiacente digiuno può danneggiare la mucosa e la sottomucosa. I sintomi che ne risultano includono dolore epigastrico e dolorabilità, diarrea, nausea, vomito, costipazione e perdita di peso. L’infestazione cronica può portare a malassorbimento di glucoso ed enteropatia da dispersione proteica.

Nell’iperinfestazione, i vermi adulti femmina si accumulano nel piccolo intestino superiore mentre le larve filariformi invadono il restante tratto intestinale. I sintomi gastrointestinali precoci includono nausea, vomito, diarrea e dolore addominale. L’infestazione non trattata può causare ileo, ostruzione, sanguinamento gastrointestinale massivo, malassorbimento grave e peritonite. I sintomi polmonari includono tosse, espettorazione, dispnea, emottisi, broncospasmo e insufficienza respiratoria. La radiografia del torace può mostrare infiltrati interstiziali diffusi, consolidamento o ascesso.

Le larve migranti possono infettare il SNC, portando a meningite parassitaria, ascesso cerebrale e invasione diffusa del cervello. L’infestazione del fegato può causare epatite colostatica e granulomatosa. L’alta incidenza di meningiti secondarie da gram –, polmoniti e batteriemie probabilmente riflette la distruzione della mucosa intestinale o il trasporto di batteri da parte delle larve migranti. L’infestazione può essere fatale nei pazienti immunosoppressi. La mortalità della sindrome da iperinfezione non trattata si avvicina al 100%; la mortalità con il trattamento è del 50-80%.

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Diagnosi

La visualizzazione microscopica delle larve in un singolo campione di feci ha successo in circa il 25% delle volte. Ripetuti esami di feci concentrate o la flottazione in zinco, la tecnica di Baermann o il metodo della piastra di agar aumentano la sensibilità a  85%. Se i campioni restano a temperatura ambiente per diverse ore, le larve rabdoidi possono trasformarsi nelle più lunghe larve filariformi, che portano a erronee diagnosi di iperinfezione accelerata. Nelle infestazioni a più bassa carica può essere richiesto il prelievo di campioni dal tratto prossimale del piccolo intestino con apposite capsule a laccio (capsule da Enterotest) o per aspirazione. Quest’ultima deve essere fatta endoscopicamente per permettere biopsie di lesioni duodenali e digiunali sospette. Nella sindrome da iperinfestazione, le larve filariformi possono essere trovate nelle feci, nel contenuto duodenale, nell’escreato e nel lavaggio bronchiale e meno comunemente nel LCR, nelle urine e nel liquido pleurico o nel liquido ascitico.

Il test ELISA è sensibile all’80-85% per la diagnosi di strongiloidiasi non complicata, ma risultati falsi-positivi si verificano in persone infette con altri nematodi intestinali. Altri esami sierodiagnostici non sono in commercio.

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Prevenzione e terapia

La prevenzione dell’infestazione primaria è la stessa suggerita per l’anchilostomiasi. Per prevenire la sindrome da iperinfezione altamente fatale, i pazienti con possibile esposizione a Strongyloides (anche nel remoto passato), quelli con eosinofilia idiopatica e quelli con sintomi suggestivi di strongiloidiasi devono sottoporsi a diversi esami delle feci e, se necessario, a test del nastro o aspirazione duodenale prima di ricevere corticosteroidi o altra terapia immunosoppressiva. Infatti, se la terapia deve essere istituita, la bonifica parassitologica va documentata prima dell’immunosoppressione. Le persone immunosoppresse che hanno strongiloidiasi ricorrente possono avere necessità di cicli mensili di tiabendazolo.

Il tiabendazolo è il farmaco di scelta. Nell’infezione non complicata, 25 mg/kg bid PO per 2 giorni (massimo 3 g/die) risultano curativi all’80-90%; possono essere necessari cicli ripetuti o l’instillazione diretta del farmaco nell’intestino superiore. La guarigione deve essere documentata da ripetuti esami delle feci e del test del nastro. Nella sindrome da iperinfestazione devono essere somministrati 25 mg/kg bid PO o con sondino naso-gastrico per un minimo di 5-7 giorni, ma la terapia deve essere continuata per diversi giorni dopo che i parassiti siano scomparsi da tutti i siti. È necessario effettuare controlli a lungo termine delle feci e ottenere campioni dell’intestino superiori. Gli effetti collaterali del tiabendazolo sono frequenti e occasionalmente inabilitanti: nausea, vomito, dolore addominale, vertigini, cefalea, parestesia, malessere, prurito, vampate di calore.

L’ivermectina (200 mg/kg/die PO per 1-2 giorni) può essere più efficace contro Strongyloides e produce minori effetti collaterali del tiabendazolo. Il mebendazolo e l’albendazolo sono meno attivi che il tiabendazolo e non sono raccomandati.

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