13. MALATTIE INFETTIVE

161. INFEZIONI PARASSITARIE

INFEZIONI DA TREMATODI (VERMI PIATTI)

SCHISTOSOMIASI

(Bilharziosi)

Infezione da vermi del genere Schistosoma, che può causare una malattia cronica dell’intestino, del fegato e del tratto genitourinario.

Sommario:

Eziologia e patogenesi
Sintomi e segni
Diagnosi
Prevenzione e terapia


Eziologia e patogenesi

I vermi adulti vivono e si accoppiano all’interno delle vene del mesentere o della vescica. Alcune uova penetrano nell’intestino o nella mucosa vescicale e vengono eliminate nelle feci o con le urine. Le uova si schiudono in acqua fredda, liberando i miracidi che si moltiplicano nelle lumache e producono migliaia di cercarie. Queste penetrano attraverso la cute umana nell’arco di pochi minuti dopo l’esposizione e si trasformano in schistosomuli. Gli schistosomuli si sviluppano fino a raggiungere la forma di vermi sessualmente attivi nelle vene intestinali o nel plesso venoso del tratto genito urinario, a seconda delle specie. Le uova compaiono nelle feci o nelle urine dopo 1-3 mesi dalla penetrazione delle cercarie. Le stime sulla durata di vita di un verme adulto oscillano in un range di 3-37 anni.

Lo S. haematobium colpisce principalmente l’apparato genito urinario ed è ampiamente diffuso nel continente africano; focolai di minori dimensioni sono presenti nel Medio Oriente e in India. Lo S. mansoni è diffuso in Africa e costituisce l’unica specie presente nell’emisfero occidentale (in Brasile, Suriname, Venezuela e in alcune isole caraibiche). Lo S. japonicum è presente esclusivamente in Asia, principalmente in Cina e nelle Filippine. Lo S. mekongi è l’agente responsabile della schistosomiasi nel Laos e nella Cambogia, lo S. intercalatum nell’Africa Centrale. La trasmissione della schistosomiasi non può verificarsi negli USA e in Canada poiché non sono presenti le lumache che agiscono come ospiti intermedi. Comunque, la malattia può essere presente nei viaggiatori e negli immigrati provenienti da zone endemiche.

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Sintomi e segni

La dermatite da Schistosoma può verificarsi in persone precedentemente sensibilizzate, causando un rash papulare pruriginoso nella zona di penetrazione delle cercarie (v. anche Dermatiti causate da Schistosomi animali, oltre). La schistosomiasi acuta (febbre di Katayama) può verificarsi 2-4 sett. dopo una esposizione massiva. Le manifestazioni della schistosomiasi acuta sono più comuni e generalmente più gravi nei viaggiatori rispetto ai nativi residenti nelle zone endemiche. I sintomi includono febbre, brividi, nausea, dolore addominale, malessere, mialgia, rash orticarioidi e marcata eosinofilia. Occasionalmente, le uova si localizzano in maniera aberrante nel SNC e causano mielite trasversa o crisi comiziali.

La schistosomiasi cronica si manifesta principalmente in funzione delle risposte dell’ospite alle uova localizzate nei tessuti. In fase di esordio, gli ascessi della mucosa intestinale causati da S. mansoni o S. japonicum possono andare incontro a ulcerazione e provocare diarrea ematica; al progredire delle lesioni, possono svilupparsi fibrosi focale, restringimenti, fistole e crescite papillomatose. In presenza di S. haematobium, le ulcerazioni della parete vescicale possono causare disuria, ematuria e pollachiuria. Nel tempo si sviluppa una cistite cronica; le stenosi possono condurre a idrouretere e idronefrosi; sono comuni masse papillomatose nella vescica, che possono diventare maligne; altrettanto comuni sono le infezioni batteriche secondarie del tratto genitourinario e le setticemie persistenti da Salmonella.

Reazioni granulomatose alle uova di S. mansoni e S. japonicum producono nel fegato una cirrosi diffusa nodulare periportale. La funzione della cellula epatica non risulta seriamente compromessa, ma il danno alla circolazione provoca una grave ipertensione portale. L’ematemesi è comune e può essere fatale. L’ipertensione portale provoca una diffusione delle uova nei polmoni, dove esse producono un’arterite obliterante focale e lesioni granulomatose che possono causare ipertensione polmonare e cuore polmonare.

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Diagnosi

Le uova si trovano nelle feci (S. japonicum, S. mansoni, S. mekongi, S. intercalatum) o nelle urine (S. haematobium), ma possono rendersi necessari esami seriati delle feci con tecniche di concentrazione. La prognosi e la terapia differiscono in base alle specie. Se il quadro clinico è compatibile con la schistosomiasi, ma non vengono riscontrate uova dopo ripetuti esami delle urine o delle feci, si deve ricorrere alla biopsia della mucosa intestinale o vescicale per la ricerca delle uova.

I test sierologici sono altamente sensibili e specifici. I livelli sierici di antigene possono essere utilizzati per stabilire le carica infestante e monitorare l’efficacia del trattamento. La RMN o l’ecografia possono individuare la fibrosi portale e le uova calcificate all’interno del fegato, nella parete intestinale o nella vescica e nell’uretere.

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Prevenzione e terapia

Si previene l’infezione evitando scrupolosamente il contatto con acqua contaminata. Gli adulti residenti in aree endemiche sono più resistenti alla reinfezione di quanto non lo siano bambini; questo suggerisce la possibilità di sviluppo di un’immunità acquisita. È in corso la messa a punto di un vaccino.

Attualmente, per il trattamento vengono utilizzati tre farmaci: si raccomanda la somministrazione orale di praziquantel per un giorno (20 mg/kg bid per S. haematobium e S. mansoni; 20 mg/kg tid per S. japonicum e S. mekongi). Comunque esso non agisce sullo sviluppo degli schistosomuli e così può essere inefficace nel caso di un’infezione precoce. Gli effetti collaterali sono generalmente lievi e includono dolore addominale, diarrea, cefalea e vertigini. Si è sviluppato un ceppo farmaco-resistente. L’oxamnichina è efficace solo contro S. mansoni. I ceppi africani sono più resistenti a questo farmaco rispetto ai ceppi del Sud America e richiedono dosi più elevate (30 mg/kg/die PO per 1 o 2 giorni piuttosto di 15 mg/kg in unica somministrazione). Sono stati osservati casi di oxamnichina-resistenza. Il metrifonato è utile solo per il trattamento di S. haematobium. Esso è largamente usato in aree endemiche a causa del basso costo. Il metrifonato va somministrato in 3 dosi, ciascuna a distanza di 2 sett.

Bisogna esaminare il paziente per rilevare eventuali uova vive 3 e 6 mesi dopo la terapia. Se la liberazione di uova non è notevolmente diminuita risulta indicata una nuova terapia. I test di rilevazione dell’antigene possono sostituire la conta quantitativa delle uova come indagine nel monitorare l’efficacia della chemioterapia.

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