14. MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO

174. MALATTIE CEREBROVASCOLARI

SINDROMI ISCHEMICHE

ATTACCHI ISCHEMICI TRANSITORI

Anomalie neurologiche focali a esordio improvviso e di breve durata che riflettono una disfunzione del circolo cerebrale nei territori arteriosi della carotide interna, cerebrale media o sistema arterioso vertebro-basilare.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Diagnosi e terapia

La maggior parte dei TIA è dovuta a emboli cerebrali che originano da placche aterosclerotiche ulcerate della carotide o nelle arterie vertebrali al collo o, meno spesso, da trombi murali patologici del cuore. Alcuni TIA sono dovuti a riduzione del flusso di breve durata in arterie stenotiche.

L’ipertensione, l’aterosclerosi, le cardiopatie, la fibrillazione atriale, il diabete mellito e la policitemia predispongono ai TIA. I TIA sono più frequenti nelle persone di mezza età e negli anziani; occasionalmente possono avvenire nei bambini affetti da gravi malattie cardiovascolari emboligene o che provocano un aumento eccessivo dell’ematocrito.

Nella rara sindrome da furto della succlavia, un’arteria succlavia stenotica prossimalmente all’origine della vertebrale "ruba" sangue all’arteria vertebrale omolaterale, qualora venga richiesto un aumento di flusso ematico al braccio, come durante l’esercizio fisico. Il reperto angiografico di flusso invertito tra arteria vertebrale e l’arteria succlavia stenotica non è mai diagnostico in assenza di segni clinici indicativi di ischemia vertebro-basilare provocata da movimento dell’arto interessato.

Inizio Pagina

Sintomi e segni

I TIA si manifestano improvvisamente, durano da 2 a 30 min o più (raramente > 1-2 h), quindi scompaiono senza lasciare anomalie neurologiche; la coscienza, durante tutto l’episodio, rimane integra. Quando un TIA dura per più di un’ora il paziente potrà sviluppare un infarto, evidenziato mediante successive TAC o RMN, anche senza anomalie neurologiche persistenti.

I sintomi sono sovrapponibili a quelli dell’ictus, ma sono transitori. Nel coinvolgimento dell’arteria carotidea i sintomi sono di solito unilaterali. La sindrome classica è caratterizzata da cecità omolaterale o emiparesi controlaterale, spesso con parestesie, anche se sono più comuni quadri clinici meno completi. L’afasia indica il coinvolgimento dell’emisfero dominante. Quando c’è un coinvolgimento del sistema vertebro-basilare (che irrora il tronco encefalico, il cervelletto e parti dei lobi temporale e occipitale) si avranno sintomi di disfunzione del tronco cerebrale; possono essere presenti confusione, vertigine, ambliopia, diplopia e perdita di forza o parestesie degli arti, unilaterali o più spesso bilaterali. La difficoltà nella parola (disartria) può derivare da alterazioni del sistema carotideo o di quello vertebro-basilare.

I "drop attack", nei quali le gambe del paziente in stato cosciente cedono, solitamente provocando una caduta, sono spesso attribuiti a un’ischemia vertebro-basilare, ma la causa reale di questa condizione comune è tuttora incerta.

I pazienti possono avere parecchi TIA in un giorno oppure due o tre episodi in diversi anni. I sintomi sono in genere simili negli episodi carotidei successivi ma possono, in qualche modo variare, negli attacchi vertebro-basilari successivi. I pazienti affetti da TIA sono a rischio notevolmente elevato di ictus e devono essere urgentemente sottoposti alla valutazione delle possibili cause.

Inizio Pagina

Diagnosi e terapia

È necessaria una diagnosi differenziale con le crisi epilettiche, le neoplasie, l’emicrania, la malattia di Méniere e altre forme di vertigine o con l’iperinsulinismo nei diabetici. L’ecografia non invasiva, l’angio-risonanza magnetica o l’arteriografia invasiva possono confermare la presenza di una stenosi e identificare l’arteria lesionata; tale conferma diventa necessaria qualora sia contemplata l’ipotesi di una chirurgia dell’arteria carotide nel collo. L’occlusione concomitante dell’arteria succlavia si evidenzia con valori di PA del braccio interessato significativamente inferiori rispetto al controlaterale. Se è sospettata una fonte cardioembolica, dovrà essere effettuata l’ecografia.

Dovranno essere identificati e trattati, se possibile, i fattori di rischio (v. Tab. 174-2).

Se i pazienti con TIA di origine carotidea presentano un’ostruzione documentata > 70% o una placca ulcerata nell’arteria ipsilaterale, la possibilità di malattia cerebrovascolare verrà ridotta più significativamente mediante l’endoarteriectomia rispetto alla sola terapia medica. La terapia medica è preferibile per ostruzioni < 30%. Per un’ostruzione fra il 30 e il 70%, la miglior terapia non è stata ancora definita. Vari trial multicentrici randomizzati indicano che l’endoarteriectomia riduce il rischio di TIA e di ictus nei pazienti asintomatici affetti da stenosi carotidea > 60%. Tuttavia, l’endoarteriectomia è controversa, in quanto il quoziente rischio/beneficio è basso e dipende dalla selezione dei pazienti, dalla morbilità chirurgica e dalla mortalità < 3%.

Se il paziente non è iperteso, la terapia con antiaggreganti e anticoagulanti sarà scelta nel caso di occlusione intracranica o localizzata nel territorio vertebro-basilare, oppure se essa interessa contemporaneamente la carotide e la vertebrale. Negli attacchi recenti e in quelli con frequenza giornaliera, si userà per prima l’eparina; un derivato warfarinico andrà somministrato se la frequenza degli attacchi è minore. La durata della terapia con anticoagulanti è stabilita empiricamente; spesso, si prosegue la terapia con anticoagulanti dai 2 ai 3 mesi prima di provarne la sospensione. Per i pazienti che presentano occasionalmente TIA secondario ad aterotrombosi, la maggior parte degli autori propone una terapia con antiaggreganti piastrinici, prima di iniziare quella con gli anticoagulanti. A meno che non sia specificatamente controindicata, la terapia con gli antiaggreganti piastrinici dovrà essere continuata indefinitamente. L’aspirina alla dose di 650-1300 mg/ die rappresenta il farmaco di scelta; non è nota tuttavia la dose ottimale per questo farmaco (per molti autori è tra 100 e 300 mg n.d.t.). Non è stata stabilita l’utilità della terapia con sulfinpirazone, dipiridamolo e cofibrato.

L’anastomosi chirurgica o il bypass tra la carotide esterna e l’arteria cerebrale media non hanno dato benefici, ma il bypass potrà giovare a pazienti selezionati che necessitano di occlusione carotidea immediata o a quelli che presentano un’occlusione con un circolo collaterale inadeguato e sintomi, nonostante la terapia con anticoagulanti.

Inizio Pagina

-indietro- -ricerca- -indice sezione- -indice generale- -indice tabelle- -indice figure- -help-

Copyright © 2002 Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A. Via G. Fabbroni, 6 - 00191 Roma - Tutti i diritti riservati.

Informativa sulla privacy