15. DISTURBI PSICHIATRICI

188. DISTURBI DISSOCIATIVI

DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITA'

(Disturbo di personalità multipla)

Disturbo caratterizzato da due o più identità o personalità, che alternativamente prendono il sopravvento nel comportamento del soggetto.

Sommario:

Introduzione
Eziologia
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi
Terapia


È presente un’amnesia che comporta l’incapacità di ricordare importanti informazioni personali correlate ad alcune delle identità. L’amnesia non è uniforme in tutte le personalità; ciò che è sconosciuto a una personalità può essere noto a un’altra. Alcune personalità sembrano conoscere le altre e interagire con esse in un elaborato mondo interiore. Per esempio, alcune personalità di cui la personalità A è inconsapevole possono essere a conoscenza della personalità A e sapere ciò che fa, come se osservassero il suo comportamento. Altre possono essere inconsapevoli della personalità A oppure esserne a conoscenza, ma non avere contemporaneità di coscienza (la consapevolezza simultanea degli eventi da parte di più di una personalità) con essa.

Il disturbo dissociativo dell’identità è grave e cronico e può condurre a disabilità e invalidità. È associato a un’elevata incidenza di tentativi di suicidio ed è ritenuto il disturbo mentale con maggiori probabilità di esito in suicidio.

Numerosi studi mostrano che un disturbo dissociativo dell’identità precedentemente non diagnosticato è presente nel 3-4% dei pazienti psichiatrici acuti ospedalizzati e in una minoranza ragguardevole dei pazienti nelle strutture per il trattamento dell’abuso di sostanze psicoattive. Sembra sia abbastanza comune, essendo stato diagnosticato in maniera crescente negli ultimi anni in ragione della sua aumentata conoscenza, del miglioramento dei metodi diagnostici e della migliore conoscenza del maltrattamento infantile e delle sue conseguenze. Sebbene alcuni esperti ritengano che l’aumento del riscontro di questo disturbo rifletta l’influenza dei medici su pazienti suggestionabili, nessuna evidenza certa avvalora questa opinione.

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Eziologia

Il disturbo dissociativo dell’identità viene attribuito all’interazione di numerosi fattori, tra cui: gli stress insostenibili; la funzione dissociativa (comportante la capacità di dissociare i propri ricordi e percezioni, o la propria identità, dalla consapevolezza conscia); la fissazione difensiva alle normali tappe evolutive; nell’infanzia, la mancanza di sufficiente accudimento e compassione in risposta alle esperienze dolorose, oppure la mancanza di protezione contro nuove esperienze insopportabili. I bambini non nascono con il senso dell’unità dell’Io, che si sviluppa successivamente da molte fonti ed esperienze. Lo sviluppo dei bambini con gravi maltrattamenti viene ostacolato e molte parti di ciò che sarebbe confluito in un’identità relativamente unificata restano separate. Studi effettuati nell’America settentrionale mostrano che il 97-98% degli adulti con disturbo dissociativo dell’identità riferisce abusi infantili, che possono essere documentati per l’85% degli adulti e per il 95% dei bambini e degli adolescenti con disturbo dissociativo dell’identità e con altre forme di disturbi dissociativi strettamente correlate. Sebbene questi dati confermino che l’abuso infantile è la causa principale tra i pazienti nordamericani (in alcune culture, le conseguenze di guerre e di catastrofi rivestono un ruolo maggiore), non stanno a significare che tutti questi pazienti abbiano subito abusi, o che tutti gli abusi riferiti dai pazienti con disturbo dissociativo dell’identità siano accaduti davvero. Determinati aspetti di alcune esperienze di abuso riferite possono rivelarsi inesatti. Inoltre, alcuni pazienti non hanno subito abusi, ma hanno subito una perdita precoce importante (come la morte di un genitore), una malattia grave, o altri eventi molto stressanti. Per esempio, un paziente che abbia avuto necessità di numerosi ricoveri e interventi chirurgici nell’infanzia può avere avuto esperienze molto difficili da sostenere, ma non aver subito abusi.

Lo sviluppo individuale richiede che i bambini siano in grado di integrare efficacemente diversi e complessi tipi di informazioni. Quando i bambini conseguono appercezioni coesive e complesse di se stessi e degli altri, attraversano delle fasi in cui percezioni ed emozioni differenti vengono tenute separate. Ogni fase evolutiva può essere usata per produrre dei sé differenti. Non tutti i bambini che subiscono abusi, oppure gravi perdite e traumi, hanno la capacità di sviluppare personalità multiple. I pazienti con disturbo dissociativo dell’identità sono facilmente ipnotizzabili. Questa capacità, strettamente correlata alla capacità di dissociarsi, è ritenuta un fattore predisponente alla manifestazione del disturbo. Tuttavia, la maggior parte dei bambini che presenta queste capacità ha anche meccanismi di adattamento normali ed è protetta e tranquillizzata dagli adulti in modo sufficiente a prevenire lo sviluppo di un disturbo dissociativo dell’identità.

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Sintomi e segni

I pazienti spesso presentano un corteo sintomatologico che può somigliare ad altri disturbi neurologici e psichiatrici, come disturbi d’ansia, disturbi di personalità, disturbi schizofrenici e affettivi e disturbi convulsivi. La maggior parte ha sintomi di depressione, manifestazioni d’ansia (sudorazione, tachicardia, palpitazioni), fobie, attacchi di panico, sintomi fisici, disfunzioni sessuali, disturbi del comportamento alimentare e disturbi post-traumatici da stress. I pensieri e i tentativi di suicidio sono comuni, così come gli episodi di automutilazione. Molti soggetti hanno fatto abuso di sostanze psicoattive per un certo periodo.

L’alternarsi delle personalità e le barriere amnestiche esistenti tra esse spesso determinano un caos esistenziale. Poiché le personalità spesso interagiscono tra loro, i pazienti con disturbo dissociativo dell’identità spesso riferiscono di sentire delle conversazioni interne e le voci delle altre personalità, che spesso fanno commenti sul paziente o gli si rivolgono direttamente. Le voci sono vissute come allucinazioni.

Diversi sintomi sono caratteristici del disturbo dissociativo dell’identità: quadri sintomatologici fluttuanti; livelli di funzionamento altrettanto fluttuanti, da quello elevato all’invalidità; cefalee gravi o altri dolori somatici; distorsioni e lacune temporali, amnesie; depersonalizzazione e derealizzazione. Il termine depersonalizzazione si riferisce alla sensazione di irrealtà, di estraniazione dal proprio sé e di distacco dai propri processi fisici e mentali. Il paziente ha la sensazione di osservare dal di fuori la propria esistenza e può realmente vedere se stesso come se stesse guardando un film. Il termine derealizzazione si riferisce all’esperienza di percepire le persone e l’ambiente circostante, altrimenti familiari, come se fossero sconosciuti, strani o irreali.

I soggetti con disturbo dissociativo dell’identità vengono spesso a conoscenza delle cose che hanno fatto, ma non ricordano dei notevoli cambiamenti nel loro comportamento. Possono scoprire oggetti, produzioni o scritti che non possono spiegare o riconoscere; possono riferirsi a se stessi in prima persona plurale (noi) o in terza persona (lui, lei, loro); possono avere amnesia per gli eventi accaduti tra i 6 e gli 11 anni. L’amnesia per gli eventi precoci è normale e diffusa.

Poiché il disturbo dissociativo dell’identità tende a somigliare ad altri disturbi psichiatrici, i pazienti di solito raccontano di avere ricevuto tre o più diverse diagnosi psichiatriche e di fallimenti terapeutici precedenti. Complessivamente, sono molto preoccupati per problemi di controllo, sia di autocontrollo che di controllo degli altri.

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Diagnosi

La diagnosi richiede una valutazione medica e psichiatrica, che comprende domande specifiche sui fenomeni dissociativi. In alcune circostanze, lo psichiatra può usare interviste prolungate, l’ipnosi o interviste con farmaco-induzione e può chiedere al paziente di tenere un diario tra le visite. Tutti questi provvedimenti favoriscono il cambiamento degli stati di personalità durante la valutazione. Vi sono delle interviste formulate ad hoc che possono aiutare l’identificazione dei pazienti con disturbo dissociativo dell’identità.

Lo psichiatra può tentare di contattare ed elicitare le altre personalità, chiedendo di parlare alla parte della mente coinvolta nei comportamenti per i quali il paziente è amnestico, o che sono stati vissuti in modo depersonalizzato o derealizzato.

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Prognosi

I pazienti possono essere divisi in tre gruppi rispetto alla prognosi. Quelli del primo gruppo hanno sintomi prevalentemente dissociativi e caratteristiche post-traumatiche, hanno un funzionamento generalmente buono e di solito guariscono completamente con un trattamento specifico. Quelli del secondo gruppo hanno sintomi di altri disturbi psichiatrici gravi, come disturbi di personalità, dell’umore, del comportamento alimentare e da abuso di sostanze. Questi ultimi migliorano più lentamente e il trattamento può essere meno efficace oppure più lungo e più problematico. I pazienti del terzo gruppo non solo hanno una psicopatologia grave concomitante, ma restano anche strettamente legati alle persone da cui avrebbero subito abuso. Il trattamento è spesso lungo e confuso e ha lo scopo di ridurre e alleviare i sintomi, piuttosto che di conseguire l’integrazione delle personalità. A volte la terapia aiuta anche i pazienti con la prognosi più sfavorevole a fare rapidi progressi verso la guarigione.

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Terapia

I sintomi vanno e vengono spontaneamente, ma il disturbo dissociativo dell’identità non guarisce altrettanto spontaneamente. I farmaci aiutano a gestire sintomi specifici, ma non incidono sul disturbo di per sé. Tutti i trattamenti di provata efficacia che mirano a conseguire l’integrazione, comportano una psicoterapia indirizzata specificamente al disturbo dissociativo dell’identità. Alcuni pazienti sono incapaci di perseguire l’integrazione, o restii a farlo. Per loro, il trattamento deve mirare a facilitare la cooperazione e la collaborazione tra le personalità, e a ridurre i sintomi. Questo trattamento è spesso difficile e doloroso; inoltre tendono a presentarsi numerose crisi, come conseguenza degli atti delle diverse personalità e della disperazione del paziente, quando affronta i ricordi traumatici. Uno o più ricoveri psichiatrici possono essere necessari ad aiutare alcuni pazienti in periodi particolarmente difficili, e durante l’elaborazione di ricordi particolarmente dolorosi. L’ipnosi viene spesso usata per facilitare l’accesso alle personalità e la comunicazione tra di esse, nonché per stabilizzarle e interpretarle. Viene usata anche per discutere i ricordi traumatici e per diluire il loro impatto. La desensibilizzazione e il ricondizionamento dei movimenti oculari, (Eye Movement Desensitization and reprocessing, EMDR), applicati con cautela, sono un ausilio utile. La EMDR cerca di elaborare i ricordi traumatici, e di sostituire con pensieri positivi i pensieri negativi su se stessi, associati a questi ricordi.

Generalmente sono necessarie due o più sedute psicoterapiche a sett. per un periodo da 3 a  6 anni, per integrare le personalità o per ottenere una armoniosa interazione tra esse, che consenta un funzionamento normale in assenza di sintomi. L’integrazione delle personalità è l’esito più desiderabile.

La psicoterapia ha tre fasi principali. Nella prima fase, la priorità è la sicurezza, la stabilizzazione e il rafforzamento del paziente, in vista del difficile lavoro di elaborazione del materiale traumatico e di gestione delle personalità problematiche. Il sistema di personalità viene esaminato e descritto allo scopo di pianificare il resto del trattamento. Nella seconda fase il paziente viene aiutato a elaborare gli episodi dolorosi del suo passato, e a sostenere il dolore per le perdite e le altre conseguenze negative del trauma. Quando vengono individuati i motivi delle restanti dissociazioni del paziente, la terapia può entrare nella fase finale, in cui i sé del paziente, le sue relazioni e il suo funzionamento sociale possono essere ricollegati, integrati, e riabilitati. Un certo grado di integrazione si verifica spontaneamente, ma la gran parte deve essere incoraggiata parlando con le diverse personalità e organizzandone l’unificazione, oppure deve essere facilitata attraverso l’immaginazione e la suggestione ipnotica. Acquisita l’integrazione, i pazienti continuano il trattamento per far fronte ad alcune questioni che possono non essere state risolte. Allorché il trattamento post-integrazione appare completo, le visite presso il terapeuta vengono diminuite, ma di rado vengono completamente sospese. I pazienti arrivano a considerare lo psichiatra come una persona che può aiutarli a gestire i propri problemi psicologici, allo stesso modo in cui hanno bisogno periodicamente dell’assistenza del medico di base.

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