15. DISTURBI PSICHIATRICI

189. DISTURBI DELL'UMORE

DISTURBI BIPOLARI

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Terapia


La valutazione accurata di molti soggetti con depressione rivela tratti bipolari, e un paziente su 5 con un disturbo depressivo sviluppa anche una franca ipomania o una mania. La maggior parte dei viraggi dal disturbo monopolare al bipolare si verifica entro 5 anni dall’esordio delle manifestazioni depressive. Tra i predittori di viraggio vi sono: un esordio precoce della depressione (< 25 anni), una depressione post-partum, episodi depressivi frequenti, un miglioramento rapido dell’umore con trattamenti somatici (p. es., antidepressivi, fototerapia, deprivazione di sonno, terapia elettroconvulsiva), e un’anamnesi familiare di disturbi dell’umore per tre generazioni consecutive.

Tra un episodio e l’altro, i pazienti con disturbo bipolare presentano un umore a colorito depressivo e, a tratti, grande attività ed energia; la compromissione del funzionamento evolutivo e sociale è più comune che nel disturbo monopolare. Nel disturbo bipolare, gli episodi sono più brevi (da 3 a 6 mesi), l’età d’esordio è più precoce, l’esordio degli episodi più acuto e i cicli (il periodo di tempo tra l’esordio di un episodio e quello del successivo) sono più brevi che nel disturbo monopolare. La ciclicità è particolarmente accentuata nelle forme a cicli rapidi del disturbo bipolare (di solito definite tali quando si manifestano  4 episodi per anno).

Nel disturbo bipolare di tipo I, si alternano episodi conclamati di tipo maniacale e depressivo maggiore. Il disturbo bipolare di tipo I di solito esordisce con un episodio depressivo, e il suo decorso è caratterizzato da almeno un periodo maniacale o di eccitamento. La fase depressiva può essere il preludio o il postumo immediato della fase maniacale, oppure la depressione e la mania possono essere separate da mesi o anni.

Nel disturbo bipolare di tipo II, gli episodi depressivi si alternano a episodi ipomaniacali (periodi relativamente lievi, senza sintomi psicotici, che di solito durano meno di 1 sett.). Nel corso del periodo ipomaniacale l’umore risale, il bisogno di sonno diminuisce e l’attività psicomotoria aumenta oltre il livello consueto per il paziente. Spesso il viraggio viene indotto da fattori circadiani (p. es., si va a letto depressi e ci si sveglia al mattino presto in stato ipomaniacale). L’ipersonnia e la sovralimentazione sono caratteristiche, e gli episodi possono recidivare stagionalmente (p. es., in autunno o in inverno); nella fase depressiva si manifestano insonnia e diminuzione dell’appetito. Per alcune persone i periodi ipomaniacali hanno carattere adattativo, perché si associano a grande energia e sicurezza, e a un funzionamento sociale superiore al normale. Molti pazienti che sperimentano un’elevazione piacevole dell’umore, di solito dopo una depressione, non lo riferiscono se non viene loro chiesto esplicitamente. Domande mirate possono rivelare segni patologici, come sperpero, avventure sessuali impulsive e abuso di sostanze stimolanti. Tali informazioni possono essere fornite più probabilmente dai familiari.

I pazienti con episodi depressivi maggiori e un’anamnesi familiare di disturbi bipolari (chiamati ufficiosamente bipolari di tipo III) spesso denotano lievi tendenze ipomaniacali; il loro temperamento è chiamato ipertimico (cioè, energico, ambizioso, competitivo).

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Sintomi e segni

I sintomi della fase depressiva sono simili a quelli della depressione monopolare (v. sopra, tranne per il fatto che il ritardo psicomotorio, l’ipersonnia e nei casi estremi lo stupor, sono più caratteristici.

Nella psicosi maniacale conclamata l’umore di solito è euforico, ma l’irritabilità e la franca ostilità con litigiosità non sono rare. Generalmente, i pazienti maniacali sono esuberanti e appariscenti o vestiti con colori sgargianti; hanno modi autoritari con una parlantina rapida, inarrestabile. Tendono a credere di essere nel loro stato mentale migliore. La loro mancanza di consapevolezza e la capacità sregolata di attività possono portare a uno stato psicotico pericolosamente esplosivo. Ne risultano contrasti interpersonali che possono condurre a deliri paranoidi, come quelli di nocumento o di persecuzione.

L’attività mentale accelerata è vissuta dal paziente sotto forma di pensieri che si rincorrono, è osservata dal medico come fuga delle idee e, nelle sue forme estreme, è difficilmente distinguibile dall’allentamento dei nessi associativi nei pazienti schizofrenici. Facilmente distraibili, i pazienti possono passare di continuo da un tema od occupazione a un’altra. I pensieri e le attività sono espansive e possono arrivare sino a una franca megalomania delirante (cioè, la convinzione erronea di essere ricchi, potenti, inventivi e geniali, oppure l’assunzione temporanea di un’identità megalomanica). Alcuni pazienti credono di essere assistiti da agenti esterni. A volte si manifestano allucinazioni uditive e visive. Il bisogno di sonno appare diminuito. I pazienti maniacali si imbarcano in svariate attività in maniera inesauribile, eccessiva e impulsiva, senza rendersi conto dei pericoli sociali cui possono andare incontro. Nei casi estremi, l’attività psicomotoria è talmente frenetica che non esiste più alcun legame comprensibile tra umore e comportamento; questa agitazione afinalistica è nota come mania confusa, che è la controparte dello stupor depressivo. Osservabile raramente nella pratica psichiatrica attuale, la mania confusa costituisce un’emergenza medica, perché i pazienti possono morire per vero e proprio esaurimento fisico.

Gli stati misti sono una combinazione di manifestazioni depressive e maniacali (o ipomaniacali) e distinguono i disturbi bipolari dalla controparte monopolare. Gli esempi più tipici sono rappresentati dal pianto momentaneo al culmine dello stato maniacale o dalla fuga delle idee nel contesto di uno stato depressivo. In almeno 1/3 delle persone con disturbo bipolare, l’intero episodio (oppure una sequenza di episodi) si manifesta sotto forma di episodio misto. Una presentazione sintomatologica comune consiste in elevazione disforica dell’umore, pianto, diminuzione del sonno, fuga delle idee, megalomania, irrequietezza psicomotoria, ideazione suicida, deliri persecutori, allucinazioni uditive, perplessità e confusione. Questo quadro di presentazione è chiamato mania disforica, cioè con sintomi depressivi preminenti sovrapposti a una psicosi maniacale. La mania disforica spesso colpisce il sesso femminile e le persone con temperamento depressivo. L’abuso di alcol e di farmaci ipnotico-sedativi contribuisce allo sviluppo o all’aggravamento degli stati misti.

Gli stati misti depressivi, che non sono descritti in maniera specifica nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, IV edizione (DSM-IV), vanno considerati più precisamente come intromissioni di sintomi ipomaniacali o di tratti ipertimici in un episodio depressivo maggiore con ritardo psicomotorio. I farmaci antidepressivi possono aggravare questi stati producendo uno stato depressivo irritabile subacuto che dura molti mesi. Il quadro clinico è costituito da irritabilità, urgenza dell’eloquio sullo sfondo del ritardo, estrema stanchezza, rimuginazioni di colpa, ansia libera, attacchi di panico, insonnia intrattabile, aumento della libido, apparenza istrionica ma con espressione genuina di sofferenza depressiva e, nei casi estremi, ossessioni e impulsi al suicidio. I pazienti con stato misto depressivo e quelli con mania disforica sono ad alto rischio di suicidio e richiedono una gestione clinica esperta.

La mortalità per cause cardiovascolari è lievemente maggiore nei pazienti con disturbo bipolare; questo aumento non è spiegato dalla cardiotossicità del litio o degli antidepressivi triciclici e tende a verificarsi anche nei parenti di primo grado che non hanno episodi affettivi conclamati. L’aumento è probabilmente correlato alla comorbilità con l’ipertensione, il diabete e la malattia coronarica, tutte aggravate dalla dipendenza alcolica e nicotinica, frequente nei pazienti con disturbo bipolare.

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Terapia

Gestione della fase acuta: la mania euforica classica spesso si manifesta come un’emergenza sociale, e va trattata preferibilmente in regime di ricovero. Il litio funziona meglio nella mania euforica non complicata. Dopo aver effettuato le analisi di laboratorio di routine (emocromo completo, analisi dell’urina, tiroxina, TSH, elettroliti sierici, creatinina, azoto ureico), si somministra carbonato di litio alla dose di 300 mg PO bid o tid, aumentando il dosaggio per un periodo di 7-10 gg, fino a raggiungere un livello sierico compreso tra 0,8 e 1,2 mEq/l. I pazienti con mania in fase acuta presentano un’elevata tolleranza al litio, generalmente con sua ritenzione nei primi 10 giorni, mentre il Na+ viene escreto. Si raccomanda una dieta regolare. I giovani, che hanno una funzionalità glomerulare eccellente, hanno bisogno di dosi maggiori di litio per raggiungere gli stessi livelli sierici; i pazienti anziani necessitano di dosi minori. Poiché l’inizio dell’azione del litio ha un periodo di latenza di 4-10 gg, è necessario talvolta somministrare inizialmente da 5 a 10 mg PO o IM di aloperidolo (fino a 30 mg/die) o un altro antipsicotico; ne viene somministrata la quantità necessaria fino al controllo dello stato maniacale. Nel caso di pazienti psicotici estremamente iperattivi con scarsa assunzione di cibo e acqua, è preferibile somministrare un antipsicotico IM con sostegno delle funzioni vitali per una sett., prima di iniziare il trattamento col litio. Il lorazepam o il clonazepam a dosi di 2-4 mg tid IM o PO, somministrati precocemente nel trattamento della fase acuta, possono potenziare gli effetti dell’antipsicotico, la cui dose in tal modo può essere ridotta.

Il litio è un metallo alcalino che si trova in natura. I suoi supposti meccanismi di azione terapeutica comprendono la riduzione della mobilizzazione del Ca++ intraneuronale, attraverso l’attivazione del sistema effettoriale di membrana del fosfoinositolo; l’iperpolarizzazione della membrana neuronale; l’aumento della deaminazione presinaptica della noradrenalina e la diminuzione del suo rilascio; il blocco dei recettori b-adrenergici che stimolano l’adenilciclasi; la riduzione del turnover della dopamina; l’aumento della captazione del triptofano con conseguente stabilizzazione delle dinamiche sinaptiche della 5-HT; l’inibizione della sintesi della prostaglandina E1; il rallentamento dei ritmi biologici. Sebbene il litio sia in grado di attenuare le fluttuazioni bipolari dell’umore, esso non ha alcun effetto sull’umore normale. Sembra inoltre avere un’azione antiaggressiva, ma non è chiaro se ciò avvenga anche nei pazienti non affetti dal disturbo bipolare. Non produce direttamente sedazione, né di solito compromissione cognitiva; se si verifica ciò, deve essere escluso un ipotiroidismo indotto dal litio.

Due terzi dei pazienti con disturbo bipolare non complicato rispondono al litio. I fattori predittivi di una buona risposta sono un quadro di mania euforica nel contesto di un disturbo primitivo dell’umore, una frequenza di episodi < 2/anno, un’anamnesi personale e familiare positiva di risposta al litio. Il litio è meno efficace nei pazienti con stati misti, con forme di disturbo bipolare a cicli rapidi e con comorbilità per ansia, abuso di sostanze o un disturbo neurologico.

Il litio, che in genere viene somministrato sotto forma di sale carbonato, è assorbito rapidamente e completamente nel tratto gastrointestinale e raggiunge il picco sierico in 90 min. Non viene trasformato; il 95% viene escreto a livello renale, con un processo accelerato dalla presenza di ioni Na+. Pertanto, l’uso di diuretici o la presenza di disturbi che portano a perdita di Na+ comportano il rischio di tossicità. L’emivita è di 24 h, ma tende ad aumentare con l’età. La stabilizzazione dei livelli plasmatici si ottiene in 4-6 gg, il che genera un ritardo nell’azione antimaniacale acuta. Durante un episodio maniacale, il paziente trattiene litio ed elimina Na+; i dosaggi PO e il livello ematico devono essere più alti durante il trattamento acuto rispetto a quelli della profilassi di mantenimento. Il litio ha un margine terapeutico ristretto e i suoi livelli ematici devono essere monitorati con precisione.

I più comuni effetti collaterali acuti lievi del litio consistono in tremori fini, fascicolazioni, nausea, diarrea, poliuria, sete, polidipsia e aumento di peso (parzialmente attribuibile all’assunzione di bevande ad alto contenuto calorico). Questi effetti sono di solito transitori e spesso rispondono a lievi abbassamenti della dose, al suo frazionamento (p. es., tid) oppure all’uso di formulazioni a rilascio prolungato. Non appena il dosaggio si sia stabilizzato, la dose intera va somministrata dopo la cena. Questo dosaggio può migliorare la compliance e si ritiene che le flessioni dei livelli sierici abbiano un’azione protettiva sul rene. Un b-bloccante, come l’atenololo a dosi di 25 mg PO 1 volta/die o bid, può controllare un tremore invalidante.

Gli effetti tossici si manifestano all’inizio con tremori grossolani, iperreflessia profonda, cefalea persistente, vomito e confusione mentale e possono portare a stupor, convulsioni e aritmie cardiache. A parte il sovradosaggio, la tossicità del litio è più probabile nei pazienti anziani e in quelli con ridotta clearance della creatinina, o con perdita di Na+ derivante da febbre, vomito, diarrea o uso di diuretici. Possono contribuire all’iperlitiemia anche FANS diversi dall’aspirina. Nessuna di queste situazioni è una controindicazione assoluta al litio. Tuttavia la funzione renale deve essere valutata all’inizio e monitorata di frequente (misurando il volume urinario nelle 24 ore, la concentrazione urinaria e la clearance della creatinina), e la litiemia va misurata spesso. Può essere necessario ridurre le dosi e somministrare una dose supplementare di sodio alimentare. Qualora si sospetti una malattia tiroidea, occorre saggiare la risposta del TSH al TRH e gli altri indici di funzionalità tiroidea. Nei pazienti con umore relativamente stabile, i livelli sierici di litio e il peso vanno misurati ogni tre mesi, la creatinina e il TSH due volte l’anno.

Frequenti effetti collaterali cronici del litio sono l’esacerbazione dell’acne e della psoriasi, l’ipotiroidismo e il diabete insipido nefrogeno (che può migliorare con la diminuzione del dosaggio o con la provvisoria sospensione del farmaco). I pazienti con anamnesi di disturbi renali parenchimali possono presentare il rischio di danni strutturali a livello del tubulo distale.

La psicosi maniacale acuta viene sempre più spesso trattata con gli antipsicotici atipici risperidone (di solito 4-8 mg/die PO) e olanzapina (di solito 5-10 mg/die PO), in ragione del loro minimo rischio di effetti collaterali extrapiramidali.

Anche gli anticonvulsivanti, specialmente il valproato e la carbamazepina, sono di largo uso. Il loro meccanismo di azione preciso nel disturbo bipolare è sconosciuto, ma può coinvolgere meccanismi GABAergici e in via finale i sistemi di segnale di membrana mediati dalla proteina G. I loro principali vantaggi sul litio includono un margine terapeutico più largo e la mancanza di tossicità renale. Il valproato (soprattutto sotto forma di valpromide, che ha buona tollerabilità gastrointestinale) è approvato per la mania acuta. A differenza della carbamazepina, la valpromide non ha effetti di soppressione midollare, ma può causare danno epatico nei bambini. La valpromide può causare aumento di peso, alopecia e tremori nell’adulto. Gli effetti collaterali più comuni della carbamazepina sono sedazione, vertigini, atassia, diplopia e rash pruriginosi. La carbamazepina ha un effetto di autoinduzione sul proprio catabolismo, quindi necessita di frequenti aumenti di dosaggio nei primi mesi di trattamento; la valpromide non presenta tale induzione.

La carbamazepina (sino a circa 28 mg/kg/die PO) è utile nei pazienti con caratteristiche psicotiche non congrue all’umore. La valpromide (sino a 60 mg/kg/die PO) è preferita da molti medici negli USA come stabilizzante dell’umore per il trattamento della fase acuta, in special modo per i pazienti maniacali ostili e irritabili. La "depakinizzazione" (aumento della dose in pochi giorni) può avere effetti rapidi.

Sebbene la mania disforica possa essere trattata con un antipsicotico, la valpromide (sino a 60 mg/kg/die PO) è il trattamento di scelta, specialmente quando sono presenti caratteristiche psicotiche. L’antipsicotico atipico clozapina può essere di grande beneficio per i pazienti con disturbo misto maniacale resistente, ma è associato al rischio di agranulocitosi; l’olanzapina può essere un’alternativa priva di tale rischio. La terapia elettroconvulsiva è riservata ai casi più gravi di mania e di stato misto.

Nei pazienti con disturbo bipolare di tipo II, ogni antidepressivo efficace può causare un’ipomania iatrogena, ma il buproprione e la paroxetina sembrano quelli con minori probabilità di farlo. La tranilcipromina è riservata ai casi resistenti al bupropione o alla paroxetina. Questi antidepressivi possono essere usati come monoterapia per i pazienti relativamente stabili tra gli episodi, e che hanno ricadute infrequenti. Per la maggior parte degli altri pazienti con disturbo bipolare di tipo II, sono necessari anche gli stabilizzanti dell’umore. Il litio ha un modesto effetto antidepressivo acuto nella fase depressiva del disturbo bipolare, e può essere somministrato da solo o in associazione a qualsiasi antidepressivo, ma preferibilmente con uno che abbia le minori probabilità di indurre ciclicità. Le dosi di potenziamento del litio vanno da 600 a 1200 mg/die. Gli antidepressivi possono essere potenziati anche con la valpromide, da 500 a 1000 mg/die. Alcuni pazienti rispondono all’associazione di litio e valpromide.

Terapia di mantenimento: il trattamento di un episodio maniacale isolato va proseguito per almeno 6 mesi. La maggior parte degli episodi maniacali recidiva, in quanto parte di un disturbo bipolare ricorrente. La terapia di mantenimento con litio va iniziata dopo due episodi bipolari classici separati da meno di 3 anni.

I livelli vanno mantenuti tra 0,3 e 0,8 mEq/l, di solito somministrando da due a cinque capsule da 300 mg al dì. Gli antidepressivi non vanno usati in corso di profilassi, a meno che la depressione intercorrente non sia grave; se usati, vanno somministrati solo per 4-12 sett. Se si manifesta un’accelerazione psicomotoria disturbante o uno stato misto, la tioridazina da 50 a 300 mg/die PO per 1-4 sett. può stabilizzare nuovamente il paziente; l’olanzapina da 5 a 10 mg/die può essere un’alternativa praticabile.

Nel caso del paziente maniacale non aderente alla terapia, oppositivo, di prassi si somministra una fenotiazina depot come la flufenazina decanoato 12,5-25 mg IM q 3-4 sett. Nei pazienti con disturbo bipolare e manifestazioni psicotiche incongrue con l’umore, oltrepassanti i limiti usuali del disturbo dell’umore "puro", sono spesso necessari cicli intermittenti di neurolettici depot.

Gli anticonvulsivanti possono essere più facili da usare rispetto al litio. La carbamazepina, da 400 a 2000 mg/die PO (livello ematico: da 6 a 12 mg/l), è efficace. A causa del rischio di agranulocitosi, sarà utile avviare misure prudenziali quali la sorveglianza clinica e un emocromo periodico. La valpromide, da 400 a 2000 mg/die (livello ematico: da 40 a 140 mg/l) non causa alterazioni ematologiche, ma la funzionalità epatica va controllata periodicamente. Poiché la valpromide ha minori probabilità di causare ottundimento mentale, viene spesso preferita per la profilassi.

L’anticonvulsivante lamotrigina (sino a 200 mg/die PO) è particolarmente utile per la fase depressiva del disturbo bipolare e per gli accessi affettivi gravi in alcuni pazienti con personalità borderline. Il trattamento va iniziato con 25 mg; la dose viene aumentata gradualmente per evitare rash pruriginosi, che si verificano precocemente nel 5-10% dei pazienti. La sospensione, appena insorge il rash, evita la rara ma grave sindrome di Stevens-Johnson. Il gabapentin sembra avere scarsi effetti collaterali, ma è da riservare ai casi resistenti come farmaco potenziante.

Prevenzione dei cicli rapidi: gli antidepressivi possono indurre cicli rapidi in alcuni pazienti (p. es., i pazienti con disturbo bipolare di tipo II e temperamento ciclotimico), anche se somministrati in associazione con il litio. La strategia migliore è quella preventiva: limitare l’uso degli antidepressivi alla fase depressiva. Per un caso ormai istaurato di cicli rapidi, il medico deve sospendere gradualmente tutti gli antidepressivi con effetto sui cicli, gli stimolanti, la caffeina, le benzodiazepine e l’alcol. Può essere necessario il ricovero. Il litio (o la valpromide) può essere somministrato con il buproprione. Poiché anche l’ipotiroidismo borderline predispone ai cicli rapidi (specialmente nelle donne), spesso è utile il potenziamento degli stabilizzanti dell’umore con ormoni (p. es., l-tiroxina da 100 a 200 mg/die PO). A volte può anche essere utile la carbamazepina. Alcuni esperti associano un anticonvulsivante al litio, cercando di mantenere ambedue i farmaci a 1/2-2/3 della loro dose abituale. Anche la nimodipina (90 mg bid), un calcioantagonista, può essere d’aiuto nei cicli ultrarapidi (cioè cicli di pochi giorni), ma questa non è ancora una strategia affermata.

Per ottenere risultati ottimali è spesso necessaria l’associazione di diversi stabilizzanti dell’umore. Tuttavia, è meglio evitare associazioni tra carbamazepina e valpromide e tra valpromide e lamotrigina, per la possibilità di effetti tossici additivi.

La fototerapia è un approccio relativamente nuovo per i pazienti con disturbo bipolare stagionale o di tipo II (con depressione in autunno-inverno e ipomania in primavera-estate). È probabilmente più utile come potenziante.

Precauzioni in gravidanza: le donne che desiderano un figlio devono aver compiuto almeno 2 anni di terapia di mantenimento senza episodi del disturbo, prima che possa essere loro prescritta una sospensione del litio. Il litio deve essere sospeso nel primo trimestre per evitare il rischio di anomalia di Ebstein, un difetto cardiaco. La carbamazepina e la valpromide vanno inoltre sospesi nel primo trimestre, perché possono provocare difetti del tubo neurale. Per una recidiva grave nel corso del primo trimestre, la terapia elettroconvulsiva è più sicura. Gli stabilizzanti dell’umore, se assolutamente necessari, possono essere usati nel secondo e terzo trimestre, ma vanno sospesi 1-2 sett. prima del parto e ripresi pochi giorni dopo. Le madri che assumono stabilizzanti dell’umore non devono allattare perché questi farmaci passano nel latte.

Psicoeducazione e psicoterapia: assicurarsi il sostegno di un familiare è di cruciale importanza per prevenire gli episodi maggiori. I pazienti e i loro cari vengono spesso visti in terapia di gruppo, nella quale acquisiscono conoscenze sul disturbo bipolare, sulle sue conseguenze sociali e sul ruolo centrale dei farmaci stabilizzanti dell’umore nel suo trattamento. I pazienti, particolarmente quelli con disturbo bipolare di tipo II, possono non adeguarsi ai regimi terapeutici con gli stabilizzanti, perché riferiscono che questi farmaci esercitano su di essi un controllo eccessivo e li rendono meno vigili e creativi. Il medico può spiegare che una diminuzione di creatività è relativamente rara, poiché gli stabilizzanti dell’umore generalmente offrono l’opportunità di prestazioni più costanti nelle occupazioni scolastiche, professionali e artistiche. È necessario un dosaggio "intelligente"; il medico deve tenere in considerazione la carriera del paziente, assicurandogli che non si verificheranno ricadute.

La psicoterapia individuale può aiutare i pazienti ad affrontare meglio i problemi quotidiani e ad adattarsi alla loro nuova identità. I pazienti hanno la consapevolezza inconscia che la loro periodica tendenza a perdere il controllo comporta dei costi, ma provano risentimento per il controllo da parte del medico. Per tale ragione, quando opportuno, il medico deve valutare se soddisfare alcune delle richieste del paziente di ridurre lievemente la dose di stabilizzanti; il possibile maggior rischio di ricadute è bilanciato da una migliore compliance e da una relazione di fiducia. Se si manifestano imminenti segni di ricaduta, come la riduzione del bisogno di sonno, possono essere prescritte per qualche notte basse dosi di un antipsicotico (p. es., la tioridazina da 50 a 100 mg). Gli interventi sul coniuge o sulla famiglia del paziente possono aiutare ad attenuare le cisi interpersonali. Ai pazienti va consigliato di evitare farmaci stimolanti e alcol, per ridurre al minimo la deprivazione di sonno e per riconoscere i segni precoci di ricaduta. Se i pazienti tendono allo sperpero, il patrimonio va affidato a un familiare di fiducia. I soggetti con tendenza agli eccessi sessuali devono essere informati sulle conseguenze coniugali (divorzio) e sui rischi infettivi della promiscuità (in particolare l’AIDS).

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