15. DISTURBI PSICHIATRICI

190. COMPORTAMENTO SUICIDA

(V. anche Cap. 189 e 274)

Sommario:

Introduzione
Incidenza
Eziologia
Metodi
Prevenzione
Trattamento del tentativo di suicidio
Effetti del suicidio
Eutanasia

Il comportamento suicida comprende i gesti suicidi, il tentativo di suicidio e il suicidio portato a termine. I piani e le azioni suicide che appaiono di riuscita improbabile sono spesso definiti gesti suicidi; hanno un valore prevalentemente comunicativo. Tuttavia, non dovrebbero mai essere sottovalutati; sono richieste di aiuto e richiedono un’accurata valutazione e un trattamento mirato ad alleviare l’infelicità e a prevenire ulteriori tentativi, soprattutto perché il 20% dei soggetti che hanno tentato il suicidio ripete il gesto entro l’anno e il 10% alla fine riesce nel proprio intento. Un tentativo di suicidio è un gesto suicida che non è stato fatale probabilmente perché l’intenzione autodistruttrice era incerta, vaga o ambigua, o perché l’azione intrapresa aveva un potenziale letale basso. La maggior parte delle persone che tentano il suicidio ha desideri di morte ambivalenti e il tentativo di suicidio può rappresentare una richiesta di aiuto e può fallire grazie a un forte desiderio di vivere. Il suicidio portato a termine ha come risultato la morte. La distinzione tra suicidio portato a termine e tentativo di suicidio non é assoluta, perché i tentativi di suicidio includono anche i gesti suicidi di persone la cui decisione di morire è impedita soltanto perché vengono scoperti immediatamente e soccorsi con successo; inoltre, un tentativo di suicidio può risultare fatale per un errore di valutazione del paziente.

Il comportamento autodistruttivo può essere diretto (comprendente di solito idee di suicidio, tentativi di suicidio e suicidi portati a termine) oppure indiretto (caratterizzato dall’esposizione, in genere ripetuta e spesso inconscia, a rischi potenzialmente letali senza l’intenzione di morire, ma con conseguenze in grado di rivelarsi alla fine autodistruttive). Esempi del tipo indiretto sono il bere eccessivo e l’uso di sostanze, il fumare molto, la sovralimentazione, il trascurare la propria salute, l’automutilarsi, il sottoporsi a numerosi interventi chirurgici, gli scioperi della fame, il comportamento criminale e la guida imprudente.

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Incidenza

Le statistiche sul comportamento suicida sono basate principalmente sui certificati di morte e i rapporti investigativi, e sottostimano l’incidenza vera. Nondimeno, il suicidio è una delle prime 10 cause di morte tra gli adulti nelle comunità urbane. In Europa, il tasso urbano è più alto di quello rurale; negli USA, sono all’incirca uguali. Negli USA, circa 75 persone si suicidano ogni giorno. Il suicidio rappresenta il 10% delle cause di morte nei soggetti tra i 25 e i 34 anni e il 30% di quelle tra gli studenti universitari. È inoltre la seconda principale causa di morte tra gli adolescenti (v. Cap. 274). L’aumento costante dei suicidi nell’adolescenza nel corso degli ultimi 10 anni è dovuto principalmente a un aumento dei suicidi nel sesso maschile, che si sono più che raddoppiati. Oltre il 70% dei soggetti che si suicida ha più di 40 anni e l’incidenza sale nettamente tra i soggetti oltre i 60 anni, soprattutto di sesso maschile. Circa il 65% dei soggetti che tentano il suicidio ha meno di 40 anni.

Su circa 200000 tentativi di suicidio che avvengono ogni anno negli USA, il 10% ha un esito fatale. I tentativi di suicidio rappresentano circa il 20% delle emergenze di Pronto Soccorso e il 10% di tutti i ricoveri in ospedale. Le donne tentano il suicidio da 2 a 3 volte più frequentemente degli uomini, ma questi ultimi riescono più spesso a raggiungere il proprio obiettivo. Diversi studi hanno evidenziato un’incidenza di suicidi più elevata tra i familiari di pazienti che hanno tentato il suicidio.

I soggetti sposati di ambo i sessi, soprattutto in caso di relazioni stabili, hanno un tasso di suicidio significativamente più basso delle persone sole. I tassi di tentativi di suicidio e di suicidi portati a termine sono più alti tra le persone rimaste sole in seguito a separazione, divorzio o morte del coniuge. L’incidenza del tentativo di suicidio é altissima tra le adolescenti sole ed é alto anche tra gli uomini soli intorno ai 30 anni.

I suicidi nelle donne di colore sono aumentati dell’80% negli ultimi 20 anni, cosicché il tasso globale per la popolazione di colore è attualmente uguale a quello dei bianchi, soprattutto nelle aree urbane. Anche tra gli indiani americani il tasso è salito di recente; in alcune tribù è 5 volte la media nazionale.

In prigione, commettono suicidio particolarmente i giovani di sesso maschile che non hanno commesso crimini violenti, di solito nel corso della prima sett. di reclusione. Il metodo abituale è l’autoimpiccamento.

I suicidi di gruppo, sia di numerose persone che solo di due (come amanti o coniugi), rappresentano una forma estrema di identificazione personale con gli altri. I suicidi nei gruppi numerosi tendono a verificarsi in situazioni altamente emotive che superano il forte istinto di autoconservazione.

I professionisti, come avvocati, dentisti, militari e medici, sembrano avere tassi di suicidi oltre la media. Il tasso tra i medici è alto, principalmente a causa dei medici di sesso femminile, il cui tasso annuo di suicidio è 4 volte quello della popolazione generale appaiata. Per i medici di età inferiore a 40 anni, il suicidio è la principale causa di morte. L’overdose da farmaci é più comune come mezzo di suicidio tra i medici di ambo i sessi rispetto alla popolazione generale, probabilmente perché i medici hanno facilità di accesso ai farmaci e ne conoscono le dosi letali. Tra le specializzazioni mediche, la frequenza più alta riguarda gli psichiatri.

Il suicidio è meno comune tra i membri praticanti di molti gruppi religiosi (soprattutto cattolici) che in genere sono sostenuti dalla fede e sono protetti da stretti vincoli sociali contro i gesti autodistruttivi. Le percentuali riportate nei paesi cattolici non sono basse soltanto in ragione del fatto che i medici legali tendono a evitare referti di suicidio; le percentuali sembrano essere effettivamente più basse, come per gli ebrei. Tuttavia, né l’affiliazione religiosa né forti credenze religiose possono prevenire gli atti suicidiari individuali impulsivi e non premeditati compiuti durante periodi di frustrazione, rabbia e disperazione, specialmente quando sono accompagnati da deliri di colpa e indegnità.

Un suicida su sei lascia uno scritto. Gli scritti spesso riguardano le relazioni interpersonali e gli eventi che faranno seguito alla morte del soggetto. Gli scritti lasciati dagli anziani spesso esprimono preoccupazione per coloro che lasciano, mentre quelli delle persone più giovani possono esprimere rabbia o persino vendicatività. Il contenuto può essere indicativo del disturbo mentale che ha condotto all’atto suicida. Nei tentativi di suicidio, un biglietto è meno comune: esso indica la premeditazione, oltre a un rischio elevato di ripetizione dei tentativi e di riuscita nell’intento.

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Eziologia

I meccanismi psicologici che sottendono il comportamento suicida somigliano a quelli spesso implicati in altre forme di comportamento autodistruttivo, come l’alcolismo, la guida imprudente, l’automutilazione e i comportamenti antisociali violenti. Il suicidio rappresenta spesso l’atto finale nel decorso di uno di tali comportamenti. Le esperienze traumatiche infantili, soprattutto le sofferenze derivanti da famiglie disgregate o dalla perdita dei genitori, sono significativamente più comuni tra le persone con una tendenza al comportamento autodistruttivo, forse perché queste persone sono più predisposte ad avere difficoltà a impostare rapporti stabili, sicuri, significativi. Il tentato suicidio é più probabile tra le mogli maltrattate e tra le vittime di abusi infantili, il che riflette una ciclicità di deprivazione e violenza all’interno della famiglia.

Il suicidio è in genere il risultato di motivazioni multiple e complesse. I principali fattori causali sono rappresentati da disturbi mentali (depressione in primo luogo), fattori sociali (delusioni e perdite), anomalie di personalità (impulsività e aggressività) e disturbi fisici (v. anche Tab. 190-1). Spesso l’elemento scatenante è costituito da un unico fattore (di solito l’interruzione di una relazione importante).

La depressione è implicata in oltre la metà di tutti i tentati suicidi. Può essere scatenata da fattori sociali come il disaccordo coniugale, le storie sentimentali infelici o finite bruscamente, i conflitti con i genitori (per i giovani), i lutti recenti (soprattutto tra gli anziani). Una depressione associata a un disturbo fisico può condurre a un tentativo di suicidio, ma le menomazioni fisiche, specialmente se croniche o dolorose, sono più comunemente associate al suicidio portato a termine. Un disturbo fisico, particolarmente se grave, cronico e doloroso, gioca un ruolo importante in circa il 20% dei suicidi tra gli anziani.

L’alcol predispone ai gesti suicidi, sia aggravando una depressione dell’umore che riducendo l’autocontrollo. Circa il 30% dei soggetti che tentano il suicidio ha assunto alcol prima del tentativo e circa la metà di questi si trova in stato di intossicazione al momento in cui lo compie. Dal momento che l’alcolismo, soprattutto quello con episodi di potus compulsivo, nei periodi di astinenza spesso genera profondi sensi di rimorso, gli alcolisti sono predisposti al suicidio anche da sobri. In uno studio, il 10% dei pazienti alcolisti ha commesso suicidio. Dei programmi di trattamento per alcolisti che includessero misure tese a prevenire i suicidi, probabilmente ridurrebbero il tasso di suicidio.

Alcuni pazienti con schizofrenia commettono il suicidio. Nella schizofrenia cronica, il suicidio può derivare dagli episodi di depressione cui questi pazienti sono predisposti. Il metodo usato è di solito bizzarro e spesso violento. Il tentativo di suicidio é raro, sebbene possa essere il primo segno evidente di disturbo psichico, presentandosi nelle fasi precoci della malattia, probabilmente quando il paziente comincia ad avere coscienza della disorganizzazione dei propri processi volitivi e di pensiero.

Gli individui con disturbi della personalità sono predisposti ai tentativi di suicidio, soprattutto quelli immaturi da un punto di vista emotivo, con disturbo di personalità borderline o antisociale, che tollerano poco le frustrazioni e reagiscono allo stress impulsivamente con aggressività e violenza. Alcuni hanno un’anamnesi di eccessiva assunzione di alcol, di abuso di sostanze oppure di comportamento criminale. L’incapacità di creare relazioni mature e durature può portare alla riduzione delle opportunità sociali, a solitudine e a depressione, che probabilmente spiegano il gran numero di tentativi di suicidio tra le persone separate o divorziate. In tali persone, i fattori scatenanti sono gli stress causati inevitabilmente dalla rottura delle relazioni, anche se disturbate, e dalla fatica di stabilire amicizie e stili di vita nuovi.

In alcuni tentativi di suicidio, ha un ruolo importante il meccanismo della roulette russa. Il soggetto decide che sia la sorte a determinare l’esito. Alcuni soggetti instabili traggono eccitamento da quest’ultimo aspetto delle attività rischiose che sfidano la morte, come la guida imprudente e gli sport pericolosi.

Nel comportamento suicida è spesso evidente l’aggressività verso gli altri (particolarmente nell’omicidio-suicidio e nell’alta incidenza di suicidio tra i detenuti per crimini violenti). Se si considera l’impatto doloroso, il suicidio appare come un atto diretto verso altre persone significative.

I disturbi cerebrali organici, come il delirium (p. es., dovuto a sostanze, infezioni o insufficienza cardiaca) o la demenza (v. Cap. 171), possono essere accompagnati da labilità emotiva. Nel corso di una profonda ma transitoria variazione depressiva dell’umore, possono verificarsi gravi atti violenti di tipo autolesivo. Poiché in tali circostanze la consapevolezza è di solito compromessa, il paziente può avere solo un vago ricordo dell’evento. I pazienti con epilessia, specialmente del lobo temporale, spesso hanno episodi depressivi brevi ma gravi. La prescrizione di farmaci adatti alla loro condizione li espone a un rischio di comportamento suicida superiore alla norma.

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Metodi

La scelta dei mezzi é determinata da fattori culturali e dalla loro disponibilità, e può riflettere la serietà dell’intenzione, dal momento che alcuni di essi (p. es., la precipitazione da grandi altezze) rendono praticamente impossibile la salvezza, mentre altri (p. es., l’ingestione di farmaci) danno una possibilità di scampo. Malgrado ciò, l’uso di un metodo che si dimostra non fatale non implica necessariamente che l’intenzione sia meno seria. Un metodo bizzarro suggerisce che alla base vi sia una psicosi.

L’ingestione di farmaci è il metodo più comunemente usato nei tentativi di suicidio. L’uso di barbiturici é diminuito (a < 5% dei casi), ma é in crescita l’utilizzazione di altri farmaci psicotropi. L’uso di salicilato é diminuito da > 20% dei casi a circa il 10%, ma é aumentato l’uso del paracetamolo. La gente considera il paracetamolo un analgesico sicuro, ma un’overdose può essere molto pericolosa (v. Intossicazione da paracetamolo nel Cap. 263 e Tab. 307-3.

Circa il 20% di coloro che tentano il suicidio utilizza due o più metodi o una associazione tra farmaci, aumentando così il rischio di morte, soprattutto quando vengono associati farmaci con interazioni pericolose. Quando sono stati assunti più farmaci, va ottenuto il livello ematico di tutti quelli possibili.

Nei tentativi di suicidio, i metodi violenti come l’impiccagione o l’uso di armi da fuoco sono poco frequenti. Nei suicidi portati a termine, le armi da fuoco sono il mezzo più comune usato sia dagli uomini (74%) che dalle donne (31%). I tassi di suicidio con armi da fuoco variano con la disponibilità di armi e con i regolamenti sul porto d’armi.

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Prevenzione

Ogni atto o minaccia di suicidio va presa sul serio. Sebbene alcuni suicidi tentati o riusciti costituiscano una sorpresa e uno shock anche per familiari e conoscenti stretti, nella maggior parte dei casi vengono mandati chiari avvertimenti, in genere a familiari, amici, personale medico o ai volontari dei centri di prevenzione delle emergenze di suicidio, che offrono un servizio 24 ore su 24 alle persone in difficoltà. I volontari tentano di identificare la persona che potrebbe suicidarsi, mantengono la conversazione, valutano il rischio e offrono aiuto per i problemi immediati; di solito si mettono in contatto con altri soggetti (familiari, medici, polizia) per l’assistenza urgente durante la crisi, cercando di avviare la persona a rischio di suicidio alle strutture idonee per l’assistenza di follow-up. Malgrado questo sia un approccio razionale per aiutare gli individui a rischio di suicidio, non ci sono dati significativi indicanti che esso ne riduca l’incidenza.

In media, i medici incontrano ogni anno nella propria pratica clinica 6 o più pazienti a rischio di suicidio. Più della metà delle persone che commettono suicidio ha consultato il proprio medico nei mesi immediatamente precedenti, e almeno il 20% si è sottoposto a trattamento psichiatrico durante l’anno precedente. Poiché la depressione é spesso implicata nel suicidio, il suo riconoscimento e il suo trattamento (v. Cap. 189) costituiscono il contributo più importante che un medico possa dare alla sua prevenzione.

Ogni paziente depresso dovrebbe essere interrogato attentamente sugli eventuali pensieri di suicidio. La paura che tale indagine, anche se fatta in forma discreta e partecipe, possa inculcare nel paziente l’idea di autodistruggersi, è infondata. Il colloquio potrà aiutare il medico a ottenere un quadro più chiaro della gravità della depressione del paziente, incoraggerà la discussione costruttiva e rassicurerà il paziente che il medico comprende la sua profonda disperazione. La scale di valutazione per la depressione (p. es., il Beck Depression Inventory) possono aiutare a stabilire se il suicidio sia un rischio reale.

Il rischio di suicidio aumenta nella prima fase del trattamento della depressione, quando c’è un miglioramento del rallentamento e dell’indecisione, ma l’umore depresso é ancora presente, o solo parzialmente attenuato. I risultati iniziali del trattamento, quindi, possono rendere il paziente capace di realizzare più efficacemente l’autodistruzione. I farmaci psicoattivi devono essere prescritti con attenzione e in quantità controllate. L’insonnia può essere un sintomo di depressione; se così é, trattarla con ipnotici senza curare la depressione sottostante è non soltanto inefficace ma anche pericoloso.

Nei soggetti che minacciano un suicidio imminente (p. es., un paziente che dice di stare per assumere una dose letale di barbiturico o che minaccia di gettarsi dall’alto), il desiderio di morire é ambivalente e spesso passeggero. Il medico o altre persone cui il soggetto chiede aiuto devono sostenere il suo desiderio di vivere. La persona che minaccia il suicidio si trova nel pieno di una crisi e gli si deve offrire la speranza di una risoluzione. L’aiuto psicologico in una situazione di emergenza comporta l’instaurazione di un rapporto e di una comunicazione aperta con la persona; ricordargli la propria identità (vale a dire chiamandolo ripetutamente per nome); aiutarlo ad analizzare il problema che ha causato la crisi; offrire un aiuto costruttivo per il problema; incoraggiarlo a intraprendere azioni positive; ricordargli che la sua famiglia e i suoi amici si preoccupano per lui e vogliono aiutarlo.

Se una persona chiama dicendo che ha già commesso un gesto suicida (p. es., che ha preso un farmaco o aperto il gas) o che sta per farlo, bisognerebbe ottenere il suo indirizzo, se possibile. Un’altra persona deve contattare immediatamente la polizia per rintracciare la chiamata e tentare un salvataggio, mentre il suicida é trattenuto al telefono fino all’arrivo della polizia.

Per i pazienti che hanno tentato il suicidio, un adeguato trattamento successivo di tipo psichiatrico e sociale é il mezzo migliore per ridurre i tentativi ripetuti e quelli riusciti. Va eseguita una valutazione psichiatrica (v. oltre).

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Trattamento del tentativo di suicidio

Molte persone che hanno tentato il suicidio giungono al pronto soccorso in stato comatoso (v. Cap. 170). Se vi è conferma di un’overdose o della presenza di un farmaco potenzialmente letale, quest’ultimo deve essere rimosso dall’organismo del paziente, tentando di prevenirne l’assorbimento e di accelerarne l’escrezione; deve essere istituito un trattamento sintomatico di sostegno delle funzioni vitali; deve essere somministrato qualsiasi tipo di antidoto conosciuto, se il farmaco specifico può essere identificato (v. Cap. 307). Ogni persona che abbia commesso un atto autolesivo a rischio per la vita deve essere ricoverata, per trattare il danno fisico e ottenere una valutazione psichiatrica. La maggior parte dei pazienti si ristabilisce abbastanza da essere dimessa non appena il danno fisico é stato curato; va offerta a tutti un’assistenza di follow-up.

La valutazione psichiatrica va eseguita il più presto possibile per tutti i pazienti che tentano il suicidio. Dopo il tentativo, il paziente può negare ogni problema, perché la grave depressione che porta al gesto suicida è seguita da un breve periodo di elevazione del tono dell’umore, un effetto catartico che probabilmente rende conto del fatto che i tentativi ulteriori di suicidio sono rari, immediatamente dopo quello iniziale. Tuttavia, il rischio che un altro tentativo riesca è alto, finché non si risolvono i problemi del paziente. Quest’ultimo ha bisogno di una fonte di aiuto forte, sicura, che si instaura quando il medico fornisce attenzione empatica ed esprime preoccupazione, impegno e comprensione rispetto alla sua sofferenza.

La valutazione psichiatrica identifica alcuni dei problemi che hanno contribuito al tentativo e aiuta il medico a programmare un trattamento adeguato. Qust’ultimo è composto dai punti seguenti: stabilire una relazione; comprendere le ragioni del tentativo di suicidio, il suo contesto, gli eventi che lo hanno preceduto e le circostanze nelle quali si è verificato; valutare le difficoltà e problemi attuali; considerare adeguatamente le relazioni familiari e personali che spesso sono collegate al tentativo di suicidio; valutare in maniera completa lo stato mentale del paziente, con particolare riguardo alla rilevazione di una depressione o di altri disturbi mentali, nonché di abuso di alcol o di altre sostanze, che richiedono un trattamento specifico, oltre a quello della crisi; avere colloqui con il coniuge, con i parenti o gli amici stretti; infine contattare il medico di famiglia.

La valutazione iniziale deve essere condotta da uno psichiatra, sebbene anche il personale non medico preparato alla gestione dei comportamenti suicidi possa trattare i pazienti a rischio in maniera soddisfacente.

La durata del ricovero e il tipo di trattamento richiesto sono variabili. I pazienti con disturbi psicotici, con disturbi cerebrali organici o epilessia, nonché alcuni pazienti con depressione grave e una crisi non risolta, devono essere ricoverati in un reparto psichiatrico finché non avranno risolto i problemi di base o non saranno in grado di affrontarli. Se il medico di famiglia del paziente non è a conoscenza del caso, deve essere tenuto pienamente al corrente della situazione e devono essergli forniti suggerimenti specifici sulla gestione delle cure di follow- up.

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Effetti del suicidio

Ogni gesto suicida ha un marcato impatto emotivo su tutte le persone coinvolte. Il medico, la famiglia e gli amici possono provare sensi di colpa, vergogna e rimorso per non avere previsto un suicidio riuscito, così come rabbia contro il suicida stesso o altre persone. Tuttavia, devono rendersi conto di non essere onniscienti od onnipotenti, e che il suicidio in definitiva non si poteva evitare. Il medico può fornire un aiuto prezioso alla famiglia e agli amici del defunto che affrontano i propri sensi di colpa e il dolore della perdita.

L’effetto del tentativo di suicidio è simile, ma i familiari e gli amici hanno l’opportunità di porre fine ai sensi di colpa rispondendo adeguatamente all’evidente richiesta di aiuto della persona in questione.

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Eutanasia

Questo termine descrive l’assistenza fornita da medici o altri professionisti a una persona che vuole porre termine alla propria vita. L’eutanasia è molto controversa perché è l’opposto dell’approccio abituale del medico ai pazienti. Un’assistenza sofisticata, competente e compassionevole può spesso alleviare il dolore e la sofferenza, aiutando i pazienti terminali a ottenere un buon controllo dei sintomi e a mantenere la propria dignità (v. Cap. 294). Tuttavia, a volte è impossibile ottenere un sollievo sufficiente, oppure determinati pazienti possono comunque chiedere di anticipare la propria morte come scelta individuale e voler quindi porre fine alla vita in modo indolore.

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