15. DISTURBI PSICHIATRICI

195. USO E DIPENDENZA DA SOSTANZE

DIPENDENZA DA OPPIACEI

Marcata dipendenza psichica che si manifesta con una compulsione irresistibile all’assunzione continua degli oppiacei, con lo sviluppo di una tolleranza che porta a un aumento del dosaggio per ottenere gli effetti iniziali e con una dipendenza fisica che cresce di intensità con l’aumentare delle dosi e della durata d’uso.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Complicanze
Terapia

La dipendenza fisica porta alla necessità di un uso continuativo dello stesso oppiaceo o di una sostanza simile per prevenire l’astinenza. La sospensione del farmaco o la somministrazione di un antagonista porta alla comparsa di una caratteristica sindrome da astinenza autolimitante.

La tolleranza e la dipendenza fisica dagli oppiacei (naturali o di sintesi) si sviluppano rapidamente; dosi terapeutiche assunte regolarmente per 2-3 giorni possono portare a un certo grado di tolleranza e dipendenza e alla sospensione della sostanza; il consumatore può presentare sintomi da astinenza lieve, che passano quasi inavvertiti o sono descritti come casi di influenza. I pazienti con dolore cronico che necessitano di un uso a lungo termine non vanno etichettati come tossicomani, sebbene anche essi possano avere problemi di tolleranza e dipendenza fisica (v. nel Cap. 167).

Gli oppiacei inducono tolleranza crociata, quindi i tossicodipendenti possono sostituirne uno con un altro. Le persone che hanno sviluppato una tolleranza possono presentare scarsi segni dell’uso di droga, e possono avere un funzionamento normale nelle proprie attività usuali, ma il problema di procurarsi la droga é sempre presente. La tolleranza ai vari effetti spesso si sviluppa in modo irregolare. Gli eroinomani possono diventare largamente tolleranti agli effetti euforizzanti o letali della droga, ma continuare ad avere miosi pupillare e stipsi.

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Sintomi e segni

L’intossicazione acuta (overdose) da oppiacei è caratterizzata da euforia, rossore, prurito cutaneo (in particolare con la morfina), miosi, sonnolenza, diminuzione della frequenza e dell’ampiezza del respiro, ipotensione, bradicardia, diminuzione della temperatura corporea.

La sindrome da astinenza da oppiacei in genere include segni e sintomi di ipereccitabilità del SNC. La gravità della sindrome cresce con l’aumentare della dose di oppiaceo e con la durata della dipendenza. I sintomi compaiono già 4-6 h dopo la sospensione e, per l’eroina, raggiungono il massimo tra 36 e 72 h.. Uno stato d’ansia e un desiderio impellente (craving) per la droga vengono seguiti da un aumento della frequenza respiratoria a riposo (> 16 atti respiratori al minuto), in genere con sbadigli, sudorazione, lacrimazione e rinorrea. Altri sintomi sono la midriasi, la piloerezione ("pelle d’oca"), i tremori, le contrazioni muscolari, gli accessi di caldo e di freddo, i dolori muscolari e l’anoressia. La sindrome da astinenza in persone che assumevano metadone (che ha un’emivita lunga), si sviluppa più lentamente ed è chiaramente meno grave di quella da eroina, sebbene i tossicomani possano descriverla come peggiore.

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Complicanze

Molte complicanze della dipendenza da eroina sono correlate a una somministrazione della sostanza in condizioni non igieniche. Altre sono dovute alle proprietà intrinseche della droga, a overdose oppure al comportamento durante lo stato di intossicazione concomitante al consumo della droga. Complicanze frequenti sono i problemi polmonari, le epatiti, i disturbi di tipo artritico, le alterazioni immunologiche e i disturbi neurologici.

Polmonari: possono verificarsi polmoniti da aspirazione e di origine infettiva, ascessi polmonari, emboli settici del polmone e atelettasie. Quando vengono iniettate compresse preparate per uso orale, può insorgere una fibrosi polmonare sulla base di una granulomatosi da talco. L’abuso cronico di eroina porta a una diminuzione della capacità vitale e a una diminuzione da lieve a moderata della capacità di diffusione. Tali effetti si differenziano dall’edema polmonare, che può essere associato acutamente a un’iniezione di eroina. Molti tossicodipendenti da oppiacei fumano uno o più pacchetti di sigarette al giorno, il che li rende particolarmente suscettibili a una serie di infezioni polmonari.

Epatiche: può insorgere un’epatite virale di tipo A, B e C. L’associazione tra l’epatite virale e il frequente abuso alcolico può spiegare l’alta incidenza di disfunzioni epatiche.

Muscolo-scheletriche: la complicanza muscolo-scheletrica più comune è l’osteomielite (in particolar modo delle vertebre lombari), dovuta probabilmente a infezioni ematogene secondarie all’uso di siringhe non sterili. Possono aversi spondiliti e sacroileiti infettive. Nella miosite ossificante (gomito del tossicodipendente), il muscolo brachiale è danneggiato da un uso maldestro dell’ago, seguito da sostituzione della massa muscolare con una massa calcifica (metaplasia extraossea).

Immunologiche: in oltre il 90% dei tossicodipendenti si verifica un’ipergammaglobulinemia sia per le IgG che per le IgM. La ragione di tali alterazioni immunologiche è sconosciuta, ma essa può essere il riflesso di una stimolazione antigenica continua da parte delle infezioni o delle iniezioni parenterali quotidiane di sostanze estranee. Con il mantenimento a base di metadone, l’ipergammaglobulinemia si riduce. Gli eroinomani e gli altri consumatori di droghe EV hanno un rischio estremamente elevato di contrarre l’infezione da HIV e l’AIDS. Nelle comunità dove aghi e siringhe sono stati spesso condivisi, la diffusione dell’AIDS ha assunto proporzioni devastanti (v. Cap. 163).

Neurologiche: negli eroinomani, i disturbi neurologici sono in genere rappresentati da complicanze non infettive quali coma e anossia cerebrale. Può manifestarsi un’ambliopia (dovuta presumibilmente alla contaminazione dell’eroina con chinino), una mielite trasversa e un certo numero di mono- e polineuropatie, così come una sindrome di Guillain-Barré. Le complicanze cerebrali includono quelle secondarie a endocardite batterica (meningite batterica, aneurisma micotico, ascesso cerebrale, ascessi subdurali ed epidurali), quelle dovute a epatite virale o tetano e la malaria cerebrale acuta da plasmodium falciparum. Alcune complicanze neurologiche possono essere dovute a risposte allergiche alle sostanze da taglio dell’eroina.

Altre: possono insorgere ascessi cutanei superficiali, cellulite, linfangite, linfoadenite, flebite secondaria all’uso di aghi infetti. Molti eroinomani cominciano con iniezioni sottocutanee (skin popping) e possono ritornare a questa modalità di assunzione quando l’eccessiva scarificazione rende le loro vene inaccessibili. Nei casi più disperati si possono trovare ulcere cutanee nei luoghi più inverosimili. L’uso degli aghi infetti e le continue iniezioni possono portare a un’endocardite batterica, a un’epatite, e all’infezione da HIV. Queste complicanze fanno seguito a iniezioni frequenti. Poiché di recente la potenza dell’eroina è aumentata, un maggior numero di consumatori la inalano e la fumano, quindi i problemi infettivi potrebbero diminuire.

Gravidanza e abuso di oppiacei: alcuni problemi della madre eroinomane vengono trasmessi al feto. Poiché l’eroina e il metadone passano liberamente la barriera placentare, il feto sviluppa subito una dipendenza fisica. Una madre con infezione da virus HIV o da virus dell’epatite B può trasmettere il virus al proprio neonato. Le tossicodipendenti incinte visitate in tempo devono essere incoraggiate a intraprendere un programma di mantenimento con metadone. L’astinenza é la cosa migliore per il feto, ma le madri astinenti spesso tornano all’uso di eroina e trascurano le cure prenatali. La sospensione dell’eroina o del metadone nelle donne incinte alla fine del 3o trimestre può precipitare un travaglio precoce; quindi, le donne incinte che giungono all’osservazione a fine gravidanza possono essere stabilizzate meglio con il metadone, piuttosto che essere disturbate da tentativi di sospendere gli oppiacei. La madre in mantenimento con metadone può accudire il proprio neonato senza causargli alcun problema clinico manifesto; la concentrazione del farmaco nel latte materno è minima.

I neonati di madri dipendenti da oppiacei possono presentare tremori, pianto stridulo, reazioni di paura, convulsioni (raramente) e tachipnea. I problemi del neonato, comprese l’astinenza da sostanze e la sindrome alcolica fetale, sono trattati alla voce Patologia Metabolica nel Neonato nel Cap. 260 e alla voce Droghe e Allattamento nel Cap. 256 (v. anche Cap. 250).

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Terapia

Il trattamento clinico dei tossicodipendenti da oppiacei è molto difficoltoso. I medici che trattano la dipendenza pertanto dovrebbero conoscere bene le leggi statali e locali. Pochi medici hanno una formazione specifica o l’esperienza per gestire i tossicomani, i loro amici e le loro famiglie, o per gestire gli atteggiamenti della società (compresi quelli dei rappresentanti della legge, degli altri medici e del personale sanitario ausiliario) verso il loro trattamento. Di solito, il medico deve inviare i tossicomani da oppiacei nei centri di trattamento specializzati, piuttosto che tentare di curarli da solo.

Per usare in maniera legale un farmaco di tipo oppiaceo nel trattamento di un tossicodipendente, il medico deve stabilire l’esistenza di una dipendenza fisica da oppiacei. Tuttavia, molti dei tossicomani che richiedono un trattamento hanno una dipendenza fisica minima, perché usano eroina di bassa qualità, che può anche non causare alcuna dipendenza fisica. Molti consumatori di eroina sono dipendenti fisicamente solo a tratti: quando l’eroina è disponibile, viene usata subito; quando è scarsa, molti restano astinenti e aspettano. La dipendenza fisica é suggerita da un’anamnesi di tre o più iniezioni di narcotico al giorno, dalla presenza di segni da ago recenti, dall’osservazione dei segni e sintomi dell’astinenza o dalla presenza di morfina in un campione urinario. L’eroina è metabolizzata in morfina, coniugata con acido glucuronico ed escreta.

Trattamento di un’overdose: l’antagonista degli oppiacei naloxone (0,4-0,8 mg EV) è il farmaco di scelta, perché non induce depressione respiratoria (v. anche alla voce "Narcotici" nella Tab. 307-3). Elimina rapidamente lo stato di incoscienza dovuto a un oppiaceo. Siccome alcuni pazienti diventano agitati, confusi e aggressivi appena escono da uno stato comatoso, può essere necessario applicare dei mezzi sicuri di contenzione prima della somministrazione dell’antagonista. Tutti i pazienti trattati per un’overdose dovrebbero essere ricoverati e tenuti in osservazione almeno per 24 ore, dato che l’azione del naloxone è relativamente breve e la depressione respiratoria si può ripresentare per diverse ore, soprattutto con il metadone. L’edema polmonare grave, che può causare la morte per ipossia, abitualmente non risponde al naloxone e non é chiara la sua relazione con l’overdose.

Astinenza: la sindrome da astinenza è autolimitante e, sebbene molto drammatica, non è pericolosa per la vita. Il paziente va informato che proverà sintomi sgradevoli, ai quali non sarà consentito di raggiungere livelli intollerabili, e che i farmaci usati per alleviarli saranno somministrati in base ai segni fisici obiettivi di astinenza. Il comportamento di ricerca di droga del paziente inizia in genere con i primi sintomi di astinenza, e il personale ospedaliero deve essere sempre attento alla possibilità che egli cerchi di procurarsi la droga. I visitatori vanno limitati.

Molti pazienti in sindrome da astinenza hanno altri problemi medici che devono essere diagnosticati e trattati. I tossicodipendenti da oppiacei possono presentare dipendenze multiple e, sebbene sia teoricamente possibile fornire adeguati trattamenti di svezzamento per ciascuna sostanza, ciò non è necessario.

Attualmente la terapia sostitutiva con metadone è il metodo preferito per lo svezzamento dagli oppiacei, in ragione della sua emivita lunga e delle sue proprietà sedative meno marcate. Il metadone viene somministrato per via orale nella quantità minima (in genere, 30 mg/die) sufficiente a prevenire i segni gravi di astinenza, ma non necessariamente tutti i segni. Dosi più alte vanno somministrate soltanto quando si osservano segni fisici di astinenza. Dosi comprese tra 25 e 45 mg possono produrre perdita di coscienza se il soggetto non ha sviluppato tolleranza. Una volta stabilita la dose adeguata, essa va ridotta progressivamente di non più del 20% al giorno. A questo punto i pazienti in genere si arrabbiano e spesso chiedono altri farmaci. Le manifestazioni acute di astinenza scompaiono di solito entro 7-10 gg, ma i pazienti lamentano spesso debolezza, insonnia e una grave ansia pervasiva per diversi mesi. Il cloralio idrato, da 500 a 1000 mg/die PO, può migliorare il sonno. Per un periodo fino a 6 mesi possono persistere effetti metabolici e psicologici minori dell’astinenza. Non è chiaro se questa sindrome di astinenza protratta contribuisca alle recidive. La dipendenza da oppiacei lieve (quale può insorgere in soggetti che abbiano usato analgesici oppioidi per lungo tempo) può essere trattata riducendo la dose di narcotico gradualmente, sostituendolo con un oppiaceo debole (p. es., il propossifene napsilato) oppure usando le benzodiazepine (che non hanno tolleranza crociata con gli oppiacei) a dosi scalari.

Il farmaco adrenergico centrale clonidina è in grado di bloccare quasi tutti i segni dell’astinenza da oppiacei. Probabilmente riduce la dismissione adrenergica centrale secondaria alla stimolazione dei recettori centrali (lo stesso meccanismo con il quale la clonidina abbassa la PA). Tuttavia la clonidina causa ipotensione e sonnolenza e la sua sospensione può portare rapidamente all’insorgenza di agitazione, insonnia, irritabilità, tachicardia e cefalea. La clonidina può essere utile alla sospensione dell’eroina o del metadone prima dell’inizio di un trattamento orale con naltrexone (v. oltre). Anche l’agonista-antagonista degli oppiacei buprenorfina è stato usato con successo nella sospensione.

Astinenza da metadone: la sindrome da astinenza indotta dal metadone è simile a quella da eroina, ma il suo inizio è più graduale e ritardato e inizia da 36 a 72 h dopo la sospensione della sostanza. Spesso si lamentano dolori muscolari profondi ("dolori alle ossa"). Lo svezzamento dal metadone per i tossicodipendenti che hanno seguito un programma di mantenimento con tale sostanza può risultare particolarmente difficile, poiché la dose di metadone raggiunta può essere maggiore di 100 mg/die. Generalmente la disintossicazione va iniziata riducendo la dose a 60 mg/die per diverse settimane prima di tentare una disintossicazione completa. La clonidina può essere particolarmente utile come adiuvante nello svezzamento da metadone.

Dipendenza cronica da oppiacei: non vi é consenso sul trattamento a lungo termine dei tossicodipendenti da oppiacei. Migliaia di tossicodipendenti da oppiacei statunitensi sono inclusi in programmi di mantenimento con metadone, miranti a soddisfare i problemi di rifornimento dei tossicodipendenti attraverso l’erogazione di dosi adeguate di metadone orale, mettendoli così in condizione di essere socialmente produttivi. Il metadone blocca gli effetti dell’eroina iniettata e allevia la "fame di droga" del consumatore. Per molti soggetti il programma ha funzionato. La larga diffusione dell’uso del metadone ha tuttavia provocato irritazione a livello sociale e politico, e molte persone non hanno fiducia nella sua utilità come trattamento.

Il levo-acetilmetadolo (LAAM), un oppiaceo a lunga emivita affine al metadone, può essere usato 3 volte a settimana, diminuendo la spesa e il problema delle visite quotidiane o dell’assunzione domiciliare. Una dose di 80 mg 3 volte a settimana è comparabile al metadone da 30 a 100 mg/die.

Il naltrexone, un antagonista degli oppiacei con biodisponibilità orale, blocca gli effetti dell’eroina. Possiede un lieve effetto agonista e molti tossicomani da oppiacei non lo prendono volontariamente. La dose abituale è di 50 mg/die o 350 mg/sett. frazionata in 2 o 3 somministrazioni.

Alcuni dati suggeriscono di sperimentare l’agonista-antagonista buprenorfina per il trattamento di mantenimento dei tossicomani da oppiacei. Tale farmaco blocca i recettori, interferisce con l’uso dell’eroina e fornisce un lieve effetto oppioide che può motivarne l’uso continuativo. Può essere venduta come compressa sublinguale.

L’idea della comunità terapeutica, introdotta dal Daytop Village e dalla Phoenix House, implica un trattamento non farmacologico attuato in centri residenziali pubblici, ove i consumatori di droga ricevono un addestramento, un’educazione e un reindirizzo che li aiuta a ricostruirsi una vita. La permanenza è relativamente lunga (di solito 15 mesi). Queste comunità hanno aiutato e persino trasformato alcune persone. Tuttavia, i tassi iniziali di abbandono sono estremamente alti. Sono ancora senza risposta le domande su quanto funzionino queste comunità, su quanto largamente possano essere utilizzate e su quanti fondi la società dovrà investirvi.

L’epidemia di AIDS ha fatto nascere il movimento per la riduzione del danno, che cerca di offrire dei servizi che riducano i danni dell’uso di sostanze senza richiederne la sospensione. Per esempio, fornire aghi e siringhe pulite ai consumatori EV riduce la diffusione dell’HIV. Nonostante queste evidenze, i fondi federali degli Stati Uniti non possono essere usati per istituire una fornitura di aghi o siringhe ai consumatori EV. Altri tipi di approcci alla riduzione del danno, tra cui l’accesso facilitato al metadone, le strategie di mantenimento alternative e l’attenuazione delle restrizioni alle prescrizioni di sostanze psicoattive sono più diffuse in Europa che negli USA, dove i programmi considerati come un appoggio al comportamento di consumo di sostanze trovano delle resistenze.

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