16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

201. ARTERIOSCLEROSI

ATEROSCLEROSI

Forma di arteriosclerosi caratterizzata da un ispessimento subintimale localizzato (ateroma) delle arterie di medio e di grosso calibro, che può ridurre o impedire del tutto il flusso ematico.

Sommario:

Introduzione
Anatomia patologica e patogenesi
Fattori di rischio
Sintomi e segni
Diagnosi
Prevenzione
Terapia


In generale, la prevalenza delle manifestazioni cliniche dell’aterosclerosi aumenta nelle donne in età postmenopausale e si avvicina a quella degli uomini della stessa età.

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Anatomia patologica e patogenesi

La placca aterosclerotica è costituita da un accumulo di lipidi intra ed extracellulari, di cellule muscolari lisce, tessuto connettivo e glicosaminoglicani. La lesione aterosclerotica più precocemente rilevabile è la stria lipidica (formata da cellule schiumose cariche di lipidi, che sono monociti circolanti che si sono spostati giungendo fino allo strato sottoendoteliale dell’intima e si sono trasformati in macrofagi), che si trasforma successivamente in placca fibrosa (fatta di cellule muscolari lisce intimali circondate da tessuto connettivo e da lipidi intracellulari ed extracellulari).

I vasi aterosclerotici hanno un’espansione sistolica ridotta e un’onda di propagazione anormalmente rapida. Anche le arterie arteriosclerotiche dei soggetti ipertesi hanno una ridotta elasticità, che si riduce ulteriormente quando si sviluppa aterosclerosi.

Sono state proposte due ipotesi principali per spiegare la patogenesi dell’aterosclerosi: l’ipotesi lipidica e l’ipotesi del danno endoteliale cronico. Esse sono probabilmente correlate.

L’ipotesi lipidica postula che un aumento delle LDL plasmatiche provoca l’ingresso delle LDL nella parete arteriosa, con conseguente accumulo di lipidi nelle cellule muscolari lisce e nei macrofagi (cellule schiumose). Le LDL contribuiscono anche all’iperplasia delle cellule muscolari lisce e alla loro migrazione verso le regioni intimali e sotto-intimali in risposta a fattori di crescita. Le LDL vengono modificate od ossidate in tale ambiente e diventano così più aterogene. Le particelle di colesterolo contenute nelle LDL sono anche più suscettibili a essere modificate e ossidate. Le LDL modificate od ossidate sono chemiotattiche per i monociti e provocano la loro migrazione nell’intima, la loro precoce comparsa nelle strie lipidiche e la loro trasformazione e stabilizzazione come macrofagi nel compartimento sotto-intimale. Recettori posti sulla superficie dei macrofagi facilitano l’ingresso delle LDL ossidate all’interno di queste cellule, trasformandole in macrofagi carichi di lipidi e cellule schiumose. Le LDL ossidate sono anche citotossiche per le cellule endoteliali e possono essere responsabili della loro disfunzione o scomparsa dalle lesioni più avanzate.

Un modello di aterosclerosi è stato studiato in scimmie nutrite con una dieta ricca di colesterolo. Entro 1-2 sett. dall’induzione dell’ipercolesterolemia, i monociti hanno aderito alla superficie dell’endotelio arterioso grazie all’espressione di recettori specifici, si sono spostati nello strato sottoendoteliale e hanno accumulato lipidi (diventando cellule schiumose). Anche le cellule muscolari lisce con fenotipo proliferativo accumulano lipidi. A mano a mano che le strie lipidiche e le placche fibrose si accrescono e sporgono nel lume, lo strato sottoendoteliale risulta esposto alla corrente ematica nelle sedi di danno endoteliale e si formano aggregati piastrinici e trombi murali. Il rilascio di fattori di crescita da parte delle piastrine aggregate può aumentare la proliferazione della muscolatura liscia a livello dell’intima. Alternativamente, l’organizzazione e l’incorporazione del trombo all’interno della placca aterosclerotica possono contribuire alla sua crescita.

L’ipotesi del danno endoteliale cronico postula che il danno endoteliale dovuto a diversi meccanismi provoca una perdita di endotelio, con adesione delle piastrine allo strato sottoendoteliale, aggregazione piastrinica, chemiotassi di monociti e linfociti T e rilascio di fattori di crescita derivati dalle piastrine e dai monociti, che inducono la migrazione delle cellule muscolari lisce dalla media nell’intima dove si replicano e sintetizzano tessuto connettivo e proteoglicani e formano una placca fibrosa. Anche altre cellule (p. es., macrofagi, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce arteriose) producono fattori di crescita che possono contribuire all’iperplasia delle cellule muscolari lisce e alla produzione di matrice extracellulare.

Queste due ipotesi sono strettamente collegate e non si escludono a vicenda. Le LDL modificate sono citotossiche per le cellule endoteliali in coltura e possono indurre danno endoteliale, richiamare monociti e macrofagi e stimolare l’accrescimento delle cellule muscolari lisce. Le LDL modificate inibiscono anche la mobilità dei macrofagi, cosicché, una volta che si sono trasformati in cellule schiumose nella regione sottoendoteliale, i macrofagi possono restare intrappolati. Inoltre, le cellule endoteliali che si rigenerano (dopo una lesione) non sono perfettamente funzionanti e hanno un aumentato uptake di LDL dal plasma.

La placca aterosclerotica può accrescersi lentamente e in vari decenni può dar luogo a una stenosi grave o può progredire fino all’occlusione totale dell’arteria. Con il tempo, la placca diventa calcifica. Alcune placche sono stabili, ma altre, specialmente quelle ricche di lipidi e di cellule infiammatorie (p. es., macrofagi) e coperte da un sottile cappuccio fibroso, possono andare incontro a fissurazione o rottura spontanee, esponendo il contenuto della placca al flusso ematico. Queste placche sono instabili o vulnerabili e sono più strettamente associate alla comparsa di un evento ischemico acuto. La rottura della placca stimola la trombosi; il trombo può embolizzare, occludere rapidamente il lume fino a provocare una sindrome coronarica acuta o diventare gradualmente parte della placca, contribuendo alla sua crescita.

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Fattori di rischio

I principali fattori di rischio non reversibili per l’aterosclerosi comprendono l’età, il sesso maschile e una storia familiare di aterosclerosi prematura. I principali fattori di rischio reversibili sono trattati più avanti. C’è anche una forte evidenza che l’inattività fisica sia associata con un aumentato rischio di malattia coronarica. Sebbene sia stato proposto che il tipo di personalità possa costituire un fattore di rischio, il suo ruolo è controverso.

Anomalie dei livelli di lipidi sierici: elevati livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL) e ridotti livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) predispongono all’aterosclerosi. C’è una diretta associazione fra i livelli di colesterolo totale e LDL e il rischio di coronaropatia. I livelli di HDL sono inversamente correlati con il rischio di coronaropatia. Le principali cause della riduzione delle HDL sono il fumo di sigaretta, l’obesità e l’inattività fisica. Un ridotto livello di HDL è anche associato con l’uso di steroidi androgeni e composti correlati (inclusi gli anabolizzanti), b-bloccanti, ipertrigliceridemia e fattori genetici.

Il livello di colesterolo e la prevalenza di coronaropatia sono influenzati da fattori genetici e ambientali (inclusa la dieta). Persone con bassi livelli sierici di colesterolo che si spostano da un Paese a bassa prevalenza di coronaropatia verso un Paese ad alta prevalenza e che tendono a modificare le proprie abitudini alimentari sviluppano elevati livelli di colesterolo con un aumento del rischio di malattia coronarica.

Ipertensione: una PA diastolica o sistolica elevata è un fattore di rischio per ictus, IMA e insufficienza cardiaca e renale. Il rischio associato con l’ipertensione è inferiore nelle società con bassi livelli medi di colesterolo.

Fumo di sigaretta: il fumo aumenta il rischio di arteriopatia periferica, coronaropatia, vasculopatia cerebrale e occlusione di bypass dopo chirurgia arteriosa ricostruttiva. Il fumo è particolarmente pericoloso nelle persone che già hanno un aumentato rischio di patologie cardiovascolari. Esiste una relazione dose-risposta tra il numero di sigarette fumate al giorno e il rischio di malattia coronarica. Il fumo passivo può aumentare il rischio di coronaropatia. Uomini e donne sono entrambi suscettibili, ma il rischio può essere maggiore nelle donne. La nicotina e le altre sostanze chimiche derivate dal tabacco sono tossiche per l’endotelio vascolare.

Il fumo di sigaretta aumenta le LDL e riduce le HDL, aumenta il monossido di carbonio ematico (e può quindi produrre un’ipossia endoteliale) e favorisce la vasocostrizione delle arterie già ristrette a causa della patologia aterosclerotica. Aumenta anche la reattività piastrinica (ciò può favorire la formazione di un trombo piastrinico) e aumenta la concentrazione ematica di fibrinogeno e l’ematocrito, con un conseguente aumento della viscosità ematica.

Diabete mellito: sia il diabete insulino-dipendente che quello non insulino-dipendente sono associati con fenomeni aterosclerotici più diffusi e a insorgenza più precoce, come parte di un diffuso squilibrio metabolico che comprende la dislipidemia e la glicosilazione del tessuto connettivo. L’iperinsulinemia danneggia l’endotelio vasale. Il diabete è un fattore di rischio particolarmente importante nelle donne e annulla l’effetto protettivo degli ormoni femminili.

Obesità: alcuni studi hanno rilevato che l’obesità, in modo particolare l’obesità del tronco negli uomini, è un fattore di rischio indipendente per coronaropatia. L’ipertrigliceridemia è comunemente associata con l’obesità, il diabete mellito e l’insulino-resistenza e sembra essere un importante fattore di rischio indipendente nelle persone con bassi livelli di LDL o HDL e nelle persone più giovani. Non tutti i tipi di ipertrigliceridemia possono essere aterogeni. Le particelle più piccole e più dense delle lipoproteine a densità molto bassa comportano il rischio maggiore.

Inattività fisica: diversi studi hanno associato uno stile di vita sedentario con un aumentato rischio di coronaropatia e altri studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico regolare può essere protettivo.

Iperomocisteinemia: elevati livelli ematici di omocisteina, dovuti a una riduzione del suo metabolismo geneticamente determinata, possono causare un danno all’endotelio vascolare, che rende i vasi predisposti all’aterosclerosi (v. anche Cap. 202 e Iperomocisteinemia nel Cap. 132).

Infezione da Chlamydia pneumoniae: l’infezione da Chlamydia pneumoniae o un’infezione virale possono avere un ruolo nel determinare il danno endoteliale e l’infiammazione vascolare cronica, che possono poi portare all’aterosclerosi.

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Sintomi e segni

L’aterosclerosi è caratteristicamente silente fino alla comparsa di una stenosi critica, di trombosi, aneurismi o embolie. Inizialmente, i sintomi e i segni riflettono l’impossibilità, da parte del flusso ematico del tessuto interessato, di aumentare in maniera proporzionale alla domanda (p. es., angina da sforzo, claudicatio intermittens). In genere, i sintomi e i segni si manifestano gradualmente, mentre l’ateroma oblitera il lume vasale lentamente. Tuttavia, quando un’arteria di grosso calibro va incontro a occlusione acuta, i sintomi e i segni possono essere drammatici. Le specifiche patologie ischemiche correlate all’occlusione sono descritte altrove in §16 e nel Cap. 174.

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Diagnosi

L’aterosclerosi va sospettata sulla base dei fattori di rischio e dei suoi sintomi e segni, che possono in realtà essere pochi. L’ostruzione aterosclerotica viene comunemente confermata mediante angiografia o ecocardiografia Doppler. La diagnosi delle manifestazioni specifiche (p. es., la malattia coronarica) è descritta altrove nel Manuale.

L’iperlipidemia (v. anche Cap. 15) comunemente si presenta con i segni e i sintomi di un’aterosclerosi obliterativa prematura che colpisce il cervello (attacco ischemico transitorio o ictus), il cuore (angina pectoris o IMA), l’intestino e gli arti inferiori (claudicatio intermittens). Xantomi (nelle pieghe delle mani e dei gomiti e lungo le inserzioni tendinee) e xantelasmi sono talvolta associati a iperlipidemia, soprattutto nelle forme familiari. Attacchi ricorrenti di pancreatite acuta, associati o no ad alcolismo, suggeriscono un’ipertrigliceridemia. Una storia familiare di ipertrigliceridemia o l’esordio di una malattia cardiovascolare prima dei 60 anni d’età sono una ragione ulteriore per sospettare un’aterosclerosi precoce.

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Prevenzione

Il modo più efficace per prevenire le complicanze cardiovascolari e cerebrovascolari dell’aterosclerosi e della trombosi arteriosa associata è la prevenzione dell’aterosclerosi stessa. I fattori di rischio reversibili per l’aterosclerosi sono alterati livelli di lipidi sierici, ipertensione, fumo di sigaretta, diabete mellito, obesità, sedentarietà, iperomocisteinemia e probabilmente infezione da C. pneumoniae. Una migliore comprensione di questi fattori di rischio e del loro ruolo nell’eziologia, nella patogenesi e nell’evoluzione dell’aterosclerosi porteranno a una prevenzione più mirata nei confronti dell’aterosclerosi preclinica o ingravescente e perciò contribuiranno all’ulteriore declino della morbilità e della mortalità.

Anomali livelli di lipidi sierici: almeno 20 trial randomizzati dimostrano che la riduzione dei livelli di LDL-colesterolo rallenta la pregressione o induce una regressione della malattia coronarica e riduce gli eventi coronarici. I benefici sono massimi nei pazienti a più alto rischio di coronaropatia (p. es., quelli con altri fattori di rischio, come ipertensione, fumo di sigaretta) e in quelli con i più alti livelli di colesterolo. La riduzione delle LDL sieriche dà anche benefici nei pazienti con coronaropatia preesistente, perfino se i livelli di LDL di questi pazienti non sono aumentati. Trial recenti hanno mostrato una riduzione significativa della mortalità cardiovascolare e totale quando si utilizzano le statine per ridurre il colesterolo. Le statine inoltre rallentano la progressione della coronaropatia (come dimostrato da studi angiografici) nei pazienti con graft arteriosi ed elevati livelli di LDL-colesterolo. Le linee guida per lo screening e la terapia dell’ipercolesterolemia lieve, moderata e grave sono descritte nel Cap. 15.

Ipertensione: il trattamento dei pazienti con elevati livelli di PA riduce l’incidenza di ictus e la mortalità totale, ma la riduzione degli eventi coronarici è meno incisiva. Metanalisi di tutti gli studi realizzati sul controllo dei valori pressori mostrano una riduzione del rischio di ictus del 40%, del rischio di IMA dell’8% e una riduzione della mortalità cardiovascolare del 10%.

Fumo di sigaretta: il paziente va sempre incoraggiato a smettere di fumare. Il rischio nelle persone che smettono di fumare, indipendentemente dalla durata del periodo di tempo per il quale hanno fumato, è della metà rispetto a quello delle persone che continuano a fumare. Smettere di fumare diminuisce anche la morbilità e la mortalità nei pazienti con vasculopatia periferica e riduce la mortalità dopo intervento di bypass aorto-coronarico e nel post-IMA.

Diabete mellito: sebbene uno stretto controllo dei valori glicemici riduca il rischio di complicanze microvascolari nel diabete, gli effetti sulla patologia dei vasi di maggior calibro e sull’aterosclerosi sono meno chiari. L’iperlipidemia e l’ipertensione sono più comuni nei diabetici e questi fattori di rischio, insieme con l’iperinsulinemia, possono contribuire all’aumento del rischio di coronaropatia.

Obesità: il calo ponderale aumenta i livelli di HDL e deve essere incoraggiato quando possibile.

Inattività fisica: diversi trial randomizzati hanno dimostrato che un’attività fisica moderata e costante nel tempo riduce le manifestazioni cliniche e la mortalità da coronaropatia nei pazienti ad alto rischio. È stato anche riportato che l’esercizio fisico regolare riduce l’incidenza di IMA e di morte, ma non è chiaro se fra le due cose vi sia un reale nesso causale oppure tale associazione sia semplicemente dovuta al fatto che le persone in migliori condizioni di salute sono più portate a eseguire una regolare attività fisica. L’esercizio fisico regolare aumenta i livelli di HDL e può abbassare la PA.

Iperomocisteinemia: l’iperomocisteinemia in presenza o in assenza di basse concentrazioni plasmatiche di vitamina B12 può essere corretta mediante la somministrazione di folati con o senza supplementi di vitamina B. Tuttavia, non è chiaro se questo trattamento dia un reale beneficio.

Infezione da Chlamydia pneumoniae: la comprensione del ruolo dell’infezione e dell’infiammazione nell’aterosclerosi e nelle sue complicanze sta migliorando. Sono in corso trial clinici per stabilire se la terapia antibiotica ha un reale impatto sulle manifestazioni cliniche dell’infezione.

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Terapia

Una volta che l’aterosclerosi si è instaurata, il trattamento è diretto verso le sue complicanze (p. es., angina pectoris, IMA, aritmie, scompenso cardiaco, insufficienza renale, ictus ischemico e occlusione di arterie periferiche). Tali argomenti vengono trattati altrove nel Manuale.

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