16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

202. CORONAROPATIA

La maggior parte delle coronaropatie è dovuta a deposito subintimale di ateromi nelle arterie di grosso e medio calibro che vascolarizzano il cuore. I fattori di rischio e la patogenesi delle lesioni aterosclerotiche e della coronaropatia vengono descritti nei Cap. 15 e 201. Più raramente, la coronaropatia è dovuta a spasmo coronarico, di solito idiopatico (con o senza placca aterosclerotica associata), e può essere dovuta a sostanze esogene come la cocaina. Cause rare comprendono l’embolia coronarica, la malattia di Kawasaki (v. Cap. 265) e le vasculiti (p. es., il LES).

L’aterosclerosi coronarica ha generalmente un’insorgenza insidiosa, è spesso distribuita in maniera irregolare in diversi vasi e può interferire all’improvviso con il flusso ematico diretto alle diverse regioni del miocardio, spesso per rottura di una placca ateromatosa eccentrica con conseguente trombosi intraluminale.

Le complicanze maggiori delle malattie delle coronarie sono l’angina pectoris, l’angina instabile, l’IMA e la morte improvvisa cardiaca dovuta ad aritmie. Negli USA, la malattia coronarica è la principale causa di morte in entrambi i sessi ed è responsabile di circa un terzo delle morti totali ogni anno.

Nonostante l’esatta patogenesi della malattia coronarica non sia chiara, i fattori di rischio sono ben noti: elevati livelli plasmatici di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (LDL-C) e di lipoproteina a, bassi livelli di colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità (HDL-C) e di vitamina E circolante e una scarsa forma fisica. Elevati livelli ematici di trigliceridi e di insulina, che riflettono una condizione di insulino-resistenza, possono costituire dei fattori di rischio, ma questi dati sono meno chiari. Il rischio di coronaropatia è aumentato dall’uso del tabacco; da una dieta ricca di grassi e di calorie e povera di fattori nutritivi di origine vegetale (che si trovano nella frutta e nella verdura), di fibre e di vitamina E e C o, almeno in alcune persone, da una dieta con livelli relativamente bassi di acidi grassi polinsaturi omega-3 (Polyunsaturate Fatty Acids, PUFA); da una ridotta capacità di controllare lo stress; dall’inattività fisica. Anche diverse malattie sistemiche (p. es., l’ipertensione, il diabete, l’ipotiroidismo) sono associate con un aumentato rischio di coronaropatia.

Studi recenti hanno mostrato un’associazione fra la malattia coronarica e una variante comune di recettore piastrinico per il fibrinogeno (PlA2), presente nel 20% degli americani. La presenza di questa variante può avere una predittività per la coronaropatia forte quanto il fumo di sigaretta e l’ipertensione. Resta da stabilire se la somministrazione di una terapia antipiastrinica alle persone portatrici di questa variante possa prevenire la coronaropatia.

L’omocisteina è stata recentemente identificata come fattore di rischio per la vasculopatia cerebrale, periferica e coronarica. I pazienti con omocistinuria, una rara patologia recessiva, hanno livelli di omocisteina plasmatica di 10-20 volte superiori rispetto al normale (iperomocisteinemia) e sviluppano una vasculopatia prematura e a rapida evoluzione. L’omocisteina ha un effetto tossico diretto sull’endotelio e promuove la trombosi e l’ossidazione delle LDL. I valori normali variano fra circa 4 e 17 mmol/l. Un modesto aumento dell’omocisteina plasmatica totale può avere cause multiple, compresi bassi livelli di acido folico, vitamine B6 e B1 2, insufficienza renale, alcuni farmaci e varianti geneticamente determinate degli enzimi coinvolti nel metabolismo dell’omocisteina. I pazienti con valori di omocisteina nel 5% più alto del range hanno un rischio di 3,4 volte maggiore di IMA o di morte cardiaca rispetto ai pazienti nel 90% più basso, dopo correzione per gli altri fattori di rischio. Aumentati livelli di omocisteina sono associati con un aumento del rischio, indipendentemente dall’eziologia. Studi recenti suggeriscono una gradualità nel rischio perfino nell’ambito del normale range dei valori di omocisteinemia; perciò, la riduzione di livelli plasmatici normali può comunque essere vantaggiosa. Il metodo più semplice ed efficace per ridurre l’omocisteina plasmatica è la somministrazione di 1-2 mg/die di acido folico, che non ha effetti collaterali, eccetto che nel deficit di vitamina B12 non trattato. Pareri autorevoli raccomandano che i pazienti con coronaropatia siano sottoposti a test di screening per i livelli plasmatici di omocisteina; a meno che i valori non siano ai limiti inferiori del range normale, bisogna incominciare una terapia con acido folico (v. anche Iperomocisteinemia nel Cap. 132.)

In pazienti con coronaropatia sottoposti ad aterectomia sono stati rilevati marker biologici che suggeriscono una localizzazione coronarica dell’infezione da Chlamydia. Il ruolo di questo e di altri agenti infettivi nella genesi della coronaropatia è in corso di studio.

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