16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

202. CORONAROPATIA

PREVENZIONE DELLA MALATTIA CORONARICA

Sommario:

Introduzione
MODIFICAZIONI DELLA DIETA
SUPPLEMENTI ALLA DIETA
ESERCIZIO FISICO


La prevenzione della coronaropatia incomincia con l’eliminazione dei fattori di rischio modificabili. Smettere di fumare è di primaria importanza. Strategie ulteriori comprendono modifiche nella dieta, il raggiungimento di un peso appropriato in rapporto all’altezza, il controllo dei livelli di stress e l’esercizio regolare. I medici devono trattare le patologie concomitanti associate con un rischio aumentato, come l’ipertensione (v. Cap. 199), l’ipercolesterolemia, il diabete (v. Cap. 13) o l’ipotiroidismo (v. Cap. 8). In particolare, è stato dimostrato che una riduzione aggressiva dei livelli di colesterolo mediante gli inibitori della HMG-CoA reduttasi (statine, v. anche Cap. 15) riduce la mortalità totale, previene l’angina instabile e l’IMA e riduce la frequenza degli interventi di rivascolarizzazione coronarica.

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MODIFICAZIONI DELLA DIETA

I grassi: la dieta media degli statunitensi contiene il 37% delle calorie totali sotto forma di grassi. La American Heart Association raccomanda che tale proporzione sia ridotta al 30%; può essere necessaria una riduzione a < 10% per ottenere un effetto più significativo sul rischio di coronaropatia.

È anche importante che genere di grassi si assumono con la dieta; ce ne sono di tre tipi (Tab. 202-1): saturi, monoinsaturi e PUFA omega-3 e omega-6. La proporzione ideale di ciascuno di questi grassi non è nota. Tuttavia, diete ricche di grassi saturi sono chiaramente aterogene, mentre diete ricche di grassi monoinsaturi od omega-3 lo sono meno.

Studi statunitensi non sono riusciti a dimostrare una ridotta incidenza di angina o IMA nelle persone sottoposte a diete ricche di omega-3, nonostante queste diete fossero associate con un rischio ridotto di morte improvvisa cardiaca. Persone che hanno un’alimentazione ricca di pesce hanno un introito medio di omega-3 di 0,58 g/die, ma sono probabilmente necessari apporti di omega-3 molto maggiori per avere una riduzione del rischio dimostrabile. Per esempio, supplementi di omega-3 mediante due o tre dosi separate di acido eicosapentaenoico (1,8-6 g/die) e di acido docosaexaenoico (0,75-2,5 g/die) riducono elevati livelli sierici di trigliceridi. Queste dosi sono fino a 10 volte maggiori rispetto all’ammontare consumato dalle persone che assumevano una dieta ricca di pesce negli studi statunitensi.

Ai pazienti ad alto rischio di coronaropatia, e specialmente a quelli che hanno evidenza di malattia coronarica, è ragionevole raccomandare una dieta contenente 20 g/die di grassi, di cui 6-10 g siano PUFA, in egual misura omega-6 e omega-3,  2 g siano grassi saturi e il rimanente sia costituito da grassi monoinsaturi.

Frutta e verdura: assumere cinque piccole porzioni al giorno di frutta e verdura, che sono ricche di fattori nutritivi di origine vegetale, sembra ridurre il rischio di coronaropatia e di alcuni tipi di cancro. Tuttavia, le popolazioni che hanno una dieta ricca di fattori nutritivi di origine vegetale tendono anche a consumare meno grassi saturi, più fibre e più vitamina C ed E, rendendo il ruolo dei fattori nutritivi di origine vegetale meno chiaro. I flavonoidi, un tipo di fattore nutritivo di origine vegetale (si trovano nell’uva rossa e nera, nel vino rosso, nel tè nero e nella birra scura) sembrano avere un ruolo protettivo nei confronti della coronaropatia. L’elevato introito dei flavonoidi contenuti nel vino rosso può spiegare perché i Francesi hanno un’incidenza di coronaropatia relativamente bassa, nonostante facciano maggior uso di tabacco e di grassi rispetto agli Americani.

Fibre: gli Americani hanno un regime alimentare relativamente povero di fibre, di cui esistono due tipi: fibre solubili (contenute nei cereali integrali), che riducono il colesterolo totale e possono avere un effetto positivo sui livelli di glucoso e di insulina e fibre insolubili (p. es., cellulosa, lignina). Le fibre, tuttavia, non sono prive di effetti negativi, come per esempio l’interferenza con l’assorbimento di alcuni minerali e vitamine. In generale, gli alimenti ricchi di fattori nutritivi di origine vegetale e vitamine sono anche ricchi di fibre.

Proteine vegetali: l’assunzione di proteine vegetali (p. es., soia) sembra ridurre il rischio di coronaropatia.

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SUPPLEMENTI ALLA DIETA

L’utilità di supplementi alla dieta a base di vitamine, fattori nutritivi di origine vegetale, omega-3 e minerali resta controversa. Esistono dati che giustificano l’assunzione di vitamina E, vitamina C, acido folico e Ca, mentre dati meno convincenti sono portati a sostegno dell’utilizzo della vitamina B6 e B12.

La vitamina E riduce l’ossidazione del colesterolo LDL e sembra dunque ridurre la sua capacità di danneggiare i vasi sanguigni. I livelli sierici di vitamina E sono inversamente proporzionali alla mortalità cardiovascolare ed è stato dimostrato che l’assunzione di 800 UI/die di vitamina E riduce l’incidenza di IMA. Uno studio recente eseguito su una popolazione di infermiere ha mostrato che regimi dietetici ricchi di vitamina E si associano a un minore tasso di mortalità da cause cardiache, ma non è riuscito a dimostrare un beneficio specifico dei supplementi di vitamina E, probabilmente a causa di problemi nel disegno dello studio e nella raccolta dei dati. Ulteriori studi sono in corso.

L’assunzione di vitamina C (250-500 mg bid) , nonostante non sia stato dimostrato che riduca il rischio di cardiopatia, potenzia le proprietà antiossidanti della vitamina E.

L’acido folico (0,8 mg bid) previene la coronaropatia riducendo livelli elevati di omocisteina. Anche le vitamine B6 e B12 riducono i livelli di omocisteina, ma c’è scarsa evidenza che siano utili nella prevenzione generale. Il calcio (500 mg bid), a parte gli altri effetti favorevoli che ha, sembra avere un ruolo nel normalizzare i valori pressori in alcune persone.

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ESERCIZIO FISICO

Studi recenti hanno dimostrato che un’attività fisica regolare e una buona forma fisica sono associati a una ridotta incidenza di cardiopatie e ipertensione. Tuttavia, non sono stati realizzati trial controllati per stabilire l’intensità, la durata e la frequenza ottimali dell’esercizio o il tipo di esercizio. Inoltre, la questione se soggetti con cuore sano abbiano uno stile di vita più attivo o se stili di vita più attivi comportino cuori più sani resta senza risposta. Diversi studi controllati, ma con pochi pazienti, dimostrano effetti benefici dell’esercizio sulla PA e sul rischio di coronaropatia.

Una riabilitazione cardiaca completa, di cui l’esercizio fisico è una parte importante, riduce la morbilità e la mortalità a lungo termine dopo un IMA. Comporta lo stesso beneficio nei pazienti con angina e in quelli che sono stati sottoposti a intervento di bypass aorto-coronarico o ad angioplastica. La riabilitazione cardiaca si basa sugli stessi principi utilizzati nella prevenzione primaria della coronaropatia. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti e dei medici dedica poca attenzione alla prevenzione delle cardiopatie finché non compaiono i segni della coronaropatia.

La valutazione pre-esercizio deve comprendere l’anamnesi e l’esame obiettivo per escludere condizioni patologiche come una valvulopatia, l’ipertrofia ventricolare, aritmie pericolose, ipertensione, asma scatenato dall’esercizio, emoglobinopatie e patologie muscoloscheletriche. Negli adolescenti o nei giovani, in assenza di rilievi patologici, nessun approfondimento diagnostico ulteriore è in genere necessario. La valutazione è più complessa nelle persone più anziane e in soggetti ammalati o con un aumentato rischio per una data patologia (compresi i diabetici con un cattivo controllo dei valori glicemici, i cardiopatici, gli ipertesi o gli obesi). Idealmente, queste persone andrebbero sottoposte a un test ergometrico (v. Cap. 198). Prima dell’inizio dell’allenamento, va presa in considerazione un’ulteriore valutazione (p. es., da parte di un fisioterapista per i pazienti con patologie dell’apparato locomotore). I pazienti con elevati livelli di colesterolemia devono sottoporsi a un’analisi delle lipoproteine, a una stima del grasso corporeo e a una valutazione della dieta praticata. I pazienti obesi devono sottoporsi a un’analisi della dieta che praticano, a test di funzionalità tiroidea e alla determinazione della glicemia; i livelli di insulina (sia a digiuno che dopo assunzione di glucoso PO) e il metabolismo basale possono essere valutati in appositi studi sperimentali.

Ci sono tre generi di programmi di esercizio fisico: quelli che favoriscono la resistenza, la forza muscolare e l’agilità. La resistenza e la forza muscolare hanno un ruolo evidente nella prevenzione della coronaropatia. Un programma completo di esercizi deve comprendere tutti e tre i tipi di esercizio. L’"American College of Sports Medicine" ha stabilito i livelli minimi di esercizio fisico raccomandato per uomini e donne sani di ogni età per sviluppare e mantenere un’ottima funzione cardiorespiratoria, un’equilibrata composizione corporea e buoni livelli di forza e resistenza muscolari (v. Tab. 202-2).

Componenti dell’esercizio fisico svolto per allenarsi alla resistenza sono la durata, la frequenza, il tipo e l’intensità. Un allenamento di questo tipo deve durare  40 min/die almeno tre volte alla sett. Ogni singolo allenamento comprende 5 minuti di riscaldamento, 30 minuti di esercizio e 5 minuti di defaticamento. Si possono eseguire esercizi fisici di resistenza con diversi attrezzi. L’uso domestico di apparecchi meccanici che mimano l’andare in bicicletta (soprattutto quelli che comprendono anche il movimento delle braccia), il salire le scale, la voga o lo sci di fondo possono risultare efficaci per l’esecuzione di esercizio fisico aerobio quanto la corsa o lo jogging, il camminare a passo svelto, la bicicletta, la voga o la canoa.

L’esercizio deve svolgersi a un’intensità che permetta il raggiungimento di una frequenza cardiaca appropriata in rapporto alle condizioni di salute e agli scopi dell’allenamento di ogni individuo. In genere, dopo 5 minuti di riscaldamento, una persona sana deve eseguire esercizio fisico fino a raggiungere la frequenza cardiaca che corrisponde al 70-85% della propria Vo2 di picco. Se la frequenza cardiaca massimale (FCmax) non è stata misurata, può essere calcolata mediante la seguente formula:

FCmax = 220 – età

Tuttavia, negli anziani, questa formula può risultare significativamente inaccurata; la presenza di una malattia e l’uso di alcuni farmaci possono rendere ancora più complessa la valutazione del rapporto fra età e frequenza cardiaca. Un paziente affetto da patologia cardiaca o respiratoria deve praticare esercizio fisico a un livello meno intenso e la frequenza cardiaca dell’allenamento deve essere mantenuta su valori corrispondenti al 60% o perfino al 50% del Vo2 di picco.

È stato recentemente dimostrato che l’allenamento aerobio a sport di resistenza riduce il rischio di coronaropatia, riduce la PA a riposo, aumenta i livelli di colesterolo HDL e riduce l’insulino-resistenza. Tuttavia, se non eseguito correttamente, questo tipo di esercizio comporta il rischio di traumi, di un improvviso aumento della PA, di aritmie cardiache e rischia di peggiorare le condizioni emodinamiche nei pazienti con alcune valvulopatie. Nonostante questi rischi, l’allenamento aerobio a sport di resistenza può essere eseguito in maniera sicura in pazienti anziani selezionati, utilizzando tecniche di respirazione e di esercizio appropriate per promuovere il buon funzionamento dell’apparato cardiovascolare, prevenire l’osteoporosi e mantenere una forma fisica soddisfacente.

La prescrizione di allenamento aerobio a sport di resistenza comprende il tipo, l’intensità e la frequenza dell’esercizio. Può essere ugualmente efficace l’utilizzo di pesi liberi o di attrezzi dotati di pesi, sebbene i pesi liberi siano più difficili da usare in maniera corretta e sia di conseguenza più probabile che provochino un trauma. Idealmente, gli attrezzi dovrebbero permettere di fissare dei limiti al range di movimento per ogni dato esercizio e dovrebbe essere poi possibile aumentare la resistenza con piccoli incrementi. Non c’è accordo circa l’intensità ottimale dell’esercizio. Una resistenza moderata con ripetizioni frequenti è più sicura rispetto a un’elevata resistenza con poche ripetizioni, nonostante fornisca uno stimolo minore per l’adattamento muscolare. La resistenza viene di norma fissata a un livello tale per cui il paziente può eseguire, utilizzando sempre una tecnica corretta, ciascun esercizio in tre set di 10 ripetizioni ciascuno. Una tecnica corretta migliora gli effetti dell’allenamento e riduce il rischio di traumi; a tal fine, vanno anche evitati gli esercizi che potrebbero danneggiare articolazioni o muscoli che hanno già subito un trauma o sono indeboliti. Quando un paziente riesce a eseguire tre set di 12-15 ripetizioni con una tecnica corretta, la resistenza viene leggermente aumentata, ma mai tanto da impedire l’esecuzione di almeno tre set di 10 ripetizioni. Respirare correttamente durante l’esercizio è importante, particolarmente per impedire la manovra di Valsalva ed evitare così livelli di PA pericolosamente elevati. Una corretta respirazione può essere insegnata al paziente da fisioterapisti specializzati.

A tutti quelli che praticano esercizio fisico va mostrato come eseguire correttamente uno stretching che coinvolga tutti i maggiori gruppi di muscoli. Lo stretching deve essere lento e graduale e non deve mai essere doloroso. Idealmente, lo stretching dovrebbe far parte dell’inizio e della fine di ogni allenamento.

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