16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

203. SCOMPENSO CARDIACO

CARDIOMIOPATIE

CARDIOMIOPATIA DILATATIVA CONGESTIZIA

Patologia della funzione miocardica con insufficienza cardiaca, in cui sono predominanti la dilatazione ventricolare e la disfunzione sistolica.

Sommario:

Eziologia e fisiopatologia
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi
Terapia


Eziologia e fisiopatologia

La più comune causa identificabile nelle zone a clima temperato è la coronaropatia diffusa con una miopatia diffusa su base ischemica; per le altre cause, v. Tab. 203-2.

Nella maggior parte dei casi, al momento della presentazione clinica, si rileva una fibrosi miocardica cronica con diffusa perdita di miociti. Si ritiene che, in alcuni pazienti, il processo patologico di base incominci con una miocardite acuta (probabilmente virale nella maggior parte dei casi), seguita da una fase di latenza di durata variabile e successivamente da una fase di fibrosi cronica e di perdita diffusa di miocardiociti, dovuta a una reazione autoimmunitaria contro i miociti modificati dal virus. Qualunque sia la causa, il risultato finale è la dilatazione, l’assottigliamento e l’ipertrofia compensatoria del restante miocardio (v. Fig. 203-3) nell’ambito di una fibrosi diffusa. L’alterata geometria ventricolare spesso provoca un’insufficienza mitralica o tricuspidale secondaria di natura funzionale, con dilatazione atriale. Il risultato più immediato è la depressione della funzione sistolica ventricolare, che si riflette in una ridotta frazione di eiezione (FE). La gittata cardiaca viene mantenuta a spese della tachicardia e di un incremento del volume telediastolico, che provoca a sua volta un aumento della tensione di parete e della richiesta miocardica di O2. La distensibilità e la pressione diastolica si modificano solo tardivamente nel corso della malattia.

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Sintomi e segni

Si tratta di una patologia generalmente cronica, che si presenta con dispnea da sforzo e fatica, dovute all’elevata pressione diastolica del ventricolo sinistro e alla bassa gittata cardiaca. Siccome possono essere interessati entrambi i ventricoli, spesso sono evidenti anche i segni e i sintomi di insufficienza del ventricolo destro.

Più raramente, quando è responsabile un agente infettivo, l’esordio è quello di una miocardite acuta associata a febbre. L’infezione da virus Coxsackie B è comune soprattutto nelle regioni temperate (v. Infezioni virali nel Cap. 265), mentre la malattia di Chagas dovuta al Trypanosoma cruzi è più comune nell’America Centrale e Meridionale (v. Protozoi extraintestinali nel Cap. 161). L’incidenza di cardiomiopatia dilatativa congestizia è in aumento nei pazienti con AIDS (v. Cap. 163).

L’esame obiettivo rivela una PA normale o bassa, tachicardia sinusale, rantoli basali, turgore delle vene del collo con onde a e v prominenti (v. Fig. 197-1), reflusso epato-giugulare ed edemi periferici. Nei casi gravi, si sviluppano anche epatomegalia, ascite e ipotrofia muscolare. Si osserva spesso un diffuso sollevamento parasternale e si apprezza un impulso diastolico in concomitanza del terzo tono (S3); all’auscultazione è spesso rilevabile un soffio puntale da insufficienza mitralica. Lungo il margine sternale sinistro, nella sua parte inferiore, si può rilevare il soffio dell’insufficienza tricuspidale, che aumenta di intensità con l’inspirazione e si associa a onde di rigurgito nelle vene del collo e pulsazione sistolica del fegato.

In alcuni pazienti, il processo patologico è limitato a un solo ventricolo (di solito il sinistro) e ciò modifica il quadro clinico. Una rara forma che coinvolge il solo ventricolo destro è caratterizzata da aritmie atriali e morte improvvisa per tachiaritmie ventricolari maligne.

È frequente la formazione di trombi murali in ogni cavità cardiaca, una volta che la camera si sia dilatata in maniera significativa. Le aritmie cardiache spesso complicano la fase miocarditica acuta e la fase dilatativa cronica.

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Diagnosi

La diagnosi dipende dall’anamnesi, dall’esame obiettivo e dall’esclusione di altre cause di insufficienza ventricolare (p. es., ipertensione sistemica, valvulopatia primitiva, IMA). L’ECG può mostrare una tachicardia sinusale, complessi QRS di basso voltaggio e sottoslivellamenti non specifici del tratto ST, con onde T di basso voltaggio o invertite. A volte sono presenti onde Q patologiche nelle derivazioni precordiali, che simulano un pregresso IMA. Il blocco di branca sinistro è comune. In circa il 25% dei casi, la differenziazione da un pregresso IMA può essere ulteriormente complicata dalla presenza di un dolore toracico che può essere simile al dolore anginoso, sebbene sia più spesso atipico per carattere e per sede e sia privo di una chiara relazione con lo sforzo.

L’esame radiologico del torace rivela una cardiomegalia che di solito coinvolge tutte le camere. L’aumento della pressione venosa polmonare e l’edema interstiziale sono spesso accompagnati da versamento pleurico, soprattutto destro. L’ecocardiografia M-mode e bidimensionale mostra camere cardiache dilatate e ipocinetiche con riduzione dell’accorciamento frazionario e permette di escludere una valvulopatia primitiva o la presenza di anomalie della cinesi segmentaria, che si osservano invece nell’IMA. L’esame ecocardiografico può inoltre rilevare la presenza di un trombo murale, che spesso complica la cardiomiopatia dilatativa congestizia. Gli studi scintigrafici mostrano camere cardiache dilatate e diffusamente ipocinetiche. Nella miocardite, la scintigrafia al gallio può identificare la fase infiammatoria acuta (v. Scintigrafia nel Cap. 198), mentre la RMN evidenzia le anomalie del tessuto miocardico.

Il cateterismo cardiaco è riservato ai pazienti nei quali la diagnosi rimane dubbia dopo un’indagine non invasiva, particolarmente in presenza di dolore toracico. La gittata cardiaca può essere normale o bassa, ma la FE risulta depressa e l’angiografia mostra un’ipocinesia diffusa. Non si rilevano gradienti e calcificazioni valvolari e le arterie coronarie sono normali. La pressione telediastolica del ventricolo sinistro aumenta tardivamente nel corso della malattia. Durante il cateterismo, si può effettuare la biopsia del miocardio di entrambi i ventricoli. Quando studi specifici mostrano una gittata cardiaca inaspettatamente ridotta in altre forme di cardiopatia, va considerata la possibilità di una coesistente cardiomiopatia.

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Prognosi

La prognosi è generalmente infausta: il 70% dei pazienti muore in < 5 anni. Il 50% dei decessi è improvviso: ciò suggerisce che la causa sia un’aritmia maligna. A meno che non sia individuata ed eliminata una causa primaria correggibile (p. es., alcol, un agente infettivo), non vi è alcuna terapia specifica che possa prolungare la sopravvivenza. La prognosi è migliore quando l’ipertrofia reattiva è adeguata e preserva lo spessore della parete ventricolare, mentre risulta peggiore in caso di marcato assottigliamento della parete ventricolare. Una prognosi infausta è correlata a una cattiva funzione ventricolare o ad aritmie ventricolari frequenti al monitoraggio ECG-24 h. Gli uomini sopravvivono per un periodo pari alla metà della sopravvivenza delle donne. I neri sopravvivono per un periodo pari alla metà della sopravvivenza dei bianchi.

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Terapia

Il trattamento è specifico per ciascuna malattia di base (p. es., toxoplasmosi, tireotossicosi, beriberi) e può comprendere l’eliminazione di potenziali tossine o di fattori che deprimono il miocardio, la terapia per la bassa gittata cardiaca e per l’insufficienza cardiaca e il trattamento delle complicanze. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, non si individua alcun fattore causale. Se possibile, bisogna eliminare l’alcol e alcuni farmaci psicotropi e correggere gli squilibri elettrolitici. La terapia dello scompenso cardiaco e della bassa gittata dipende da un appropriato bilanciamento tra la riduzione del postcarico, l’uso di farmaci inotropi e la riduzione del precarico, al fine di ottimizzare la gittata cardiaca e risolvere la congestione venosa sistemica e polmonare.

Una riduzione combinata del postcarico e del precarico con gli ACE-inibitori (p. es., captopril, enalapril, lisinopril) o con l’associazione idralazina-nitrati (p. es., isosorbide dinitrato) costituisce il presidio terapeutico fondamentale. Questi farmaci modificano favorevolmente la prognosi. Il carvedilolo, e probabilmente gli altri b-bloccanti prolungano la sopravvivenza e riducono la morbilità. I glicosidi digitalici, che riducono la morbilità, sono validi in quanto deboli inotropi positivi e perché controllano la frequenza ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale. I diuretici possono ridurre la pressione di riempimento dei ventricoli sinistro e destro, in modo da impedire l’edema polmonare o una significativa congestione epatica. Sono in corso di studio gli inibitori della fosfodiesterasi (p. es., amrinone, milrinone) e l’utilizzo di un’infusione di breve durata intermittente (48-72 h) di catecolamine (dopamina o dobutamina): tali presidi possono essere temporaneamente d’aiuto in alcuni pazienti. Non è stato dimostrato un effetto di queste terapie sulla sopravvivenza. I corticosteroidi, con o senza azatioprina, e le globuline equine antitimociti, possono abbreviare la fase acuta di alcune miopatie in cui sia stata dimostrata biopticamente la presenza di infiammazione a livello miocardico (p. es., miocardite acuta postvirale), ma non cambiano il decorso delle miopatie croniche e non sono più utilizzati. Di conseguenza, prima di intraprendere terapia con corticosteroidi o azatioprina, bisogna dimostrare biopticamente la presenza di una miocardite in fase attiva.

Dato il rischio che si formino trombi murali, si ricorre alla profilassi con anticoagulanti orali per prevenire un’embolia sistemica o polmonare (v. Cap. 72). Le aritmie cardiache, che spesso complicano la fase miocarditica acuta della miopatia e la fase dilatativa cronica tardiva, vengono trattate con farmaci antiaritmici appropriati (v. Cap. 205). Attenzione: La maggior parte degli antiaritmici ha un effetto depressivo sulla contrattilità miocardica; pertanto, è meglio evitare farmaci con importante effetto inotropo negativo (p. es., disopiramide, procainamide). L’effetto proaritmico dei farmaci antiaritmici di classe I (p. es., encainide, flecainide) è tanto maggiore quanto peggiore è la funzione ventricolare. Se il blocco cardiaco complica la fase cronica dilatativa, può essere necessario un PM permanente. Tuttavia, il blocco atrioventricolare che si verifica durante una miocardite acuta spesso si risolve e, di solito, non è necessario un pacemaker permanente.

Nei pazienti con una diffusa coronaropatia di base associata a una miopatia ischemica diffusa, può essere indicata terapia antianginosa con nitrati, b-bloccanti e calcioantagonisti (v. Cap. 202). Tuttavia, il beneficio dei calcioantagonisti nel controllo dell’angina va comunque valutato considerando il loro effetto inotropo negativo; è meglio evitare i calcioantagonisti, eccetto l’amlodipina e la felodipina. Alcuni studi suggeriscono che certi pazienti (caratterizzati da una significativa risposta adrenergica compensatoria, che causa una cronica down-regulation dei recettori b-adrenergici nella fibrocellula muscolare cardiaca) possono beneficiare di basse dosi di b-bloccanti. Si deve cominciare con dosi molto basse (p. es., carvedilolo 6,25 mg o metoprololo 5 mg bid) ed è essenziale, per tutta la durata della terapia, un’attenta valutazione del paziente al fine di rilevare prontamente i segni di un peggioramento del compenso emodinamico. Se le dosi iniziali sono tollerate, vanno poi aumentate fino a 25 mg bid per il carvedilolo e 50 mg bid per il metoprololo. I maggiori benefici si hanno nei giovani con cardiomiopatia dilatativa congestizia di recente insorgenza. Le donne traggono più beneficio degli uomini. La nifedipina a breve durata d’azione agisce normalmente come un vasodilatatore e riduce il postcarico; tuttavia, in presenza di scompenso cardiaco, la risposta riflessa simpatica alla vasodilatazione arteriolare può essere già massimale. In tal caso, può diventare evidente l’effetto inotropo negativo del farmaco, con un peggioramento dell’insufficienza cardiaca.

Un appropriato riposo, il sonno e ridotti livelli di stress sono tutte cose importanti, ma il riposo prolungato a letto deve essere prescritto solo se la sintomatologia lo impone. L’esercizio fisico entro i limiti imposti dai sintomi migliora il generale stato di salute e può leggermente prolungare la sopravvivenza.

A causa della prognosi infausta, questi pazienti rappresentano la maggior parte dei candidati al trapianto cardiaco. I pazienti selezionati per il trapianto non devono avere malattie sistemiche associate, disturbi psichici o un aumento irreversibile delle resistenze vascolari polmonari; in genere, devono avere meno di 60 anni, perché i pazienti più giovani sono i candidati preferiti, data la cronica carenza di organi.

Una procedura chirurgica che comporta la rimozione di segmenti di miocardio per rimodellare il ventricolo dilatato si è dimostrata promettente in trial non controllati. Sono in corso trial controllati di confronto fra questa metodica e terapia medica ottimale. È stato dimostrato che un’altra procedura chirurgica, in cui il muscolo latissimus dorsi viene portato intorno al ventricolo insufficiente e stimolato mediante un pacemaker per la muscolatura scheletrica, non ha alcun valore.

Diversi dispositivi di supporto per il ventricolo, dotati di una fonte di energia interna con o senza una fonte di energia esterna, vengono attualmente usati per mantenere il paziente in vita in attesa del trapianto cardiaco o come terapia a lungo termine al posto del trapianto.

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