16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

203. SCOMPENSO CARDIACO

CARDIOMIOPATIE

CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA

Gruppo di patologie congenite o acquisite caratterizzate da una marcata ipertrofia ventricolare con disfunzione diastolica, in assenza di patologie capaci di provocare un aumento del postcarico (p. es., stenosi valvolare aortica, coartazione aortica, ipertensione sistemica).

Le cause identificabili sono elencate nella Tab. 203-2.

Sommario:

Fisiopatologia
Sintomi, segni e diagnosi
Dati di laboratorio
Prognosi
Terapia


Fisiopatologia

Il muscolo cardiaco è patologico, con disorganizzazione ("disarray") delle cellule e delle miofibrille, sebbene si tratti di un rilievo non specifico di cardiomiopatia ipertrofica. Di solito, il setto interventricolare è ipertrofico in misura maggiore rispetto alla parete posteriore (ipertrofia settale asimmetrica). Nella forma più comune di ipertrofia asimmetrica del VS, si rilevano una significativa ipertrofia e un importante ispessimento della parte superiore del setto interventricolare subito al di sotto della valvola aortica. In sistole, il setto si ispessisce e il lembo anteriore della valvola mitrale, già disposto in maniera anomala a causa dell’alterata geometria ventricolare, è spinto verso il setto, provocando l’ostruzione del tratto di efflusso. In tal caso, si parla di cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva o stenosi da ipertrofia settale asimmetrica. Tutto ciò riduce ulteriormente la gittata cardiaca, che è già anormalmente bassa a causa della disfunzione diastolica causata dall’ipertrofia e dalla ridotta distensibilità ("compliance") del ventricolo.

L’ipertrofia congenita si trasmette come carattere autosomico dominante nei casi di ipertrofia settale asimmetrica, ma non nelle altre varianti. L’anomalia genetica più comune è una mutazione nonsenso ("missense") nell’esone 13 del gene per la catena pesante della b-miosina cardiaca (cromosoma 14). Più raro è il riscontro di un gene patologico ibrido delle catene pesanti di miosina a e b. Questa patologia può anche essere causata da altri difetti genetici.

La conseguenza più rilevante dell’ipertrofia consiste nel fatto che la camera rigida, priva di distensibilità (generalmente il ventricolo sinistro) oppone resistenza al riempimento diastolico e ciò comporta un’elevata pressione telediastolica che induce un incremento della pressione venosa polmonare. L’angina pectoris risulta da uno squilibrio tra la richiesta di O2 da parte del miocardio ipertrofico e il suo apporto attraverso le arterie coronarie; il flusso coronarico, infatti, può essere compromesso a causa della ridotta distensibilità del miocardio. L’inadeguata densità dei capillari rispetto alle dimensioni dei miociti, così come l’iperplasia e l’ipertrofia dell’intima e della media delle arterie coronarie intramiocardiche che riducono il lume vasale, contribuiscono alla genesi dell’ischemia nella cardiomiopatia ipertrofica, in assenza di malattia delle arterie coronarie epicardiche.

La lipotimia e la sincope da sforzo sono provocate da un’inadeguata gittata cardiaca, talvolta peggiorata da un gradiente del tratto di efflusso nei pazienti con ipertrofia settale asimmetrica. La gittata cardiaca si riduce notevolmente perché, in seguito alla tachicardia sinusale indotta dallo sforzo fisico, il tempo di riempimento diastolico è ridotto. La riduzione del tempo di riempimento diastolico del ventricolo ipertrofico e non distensibile riduce il precarico e comporta un aumento del grado di apposizione del lembo anteriore della valvola mitrale al setto interventricolare ipertrofico. Lo sforzo fisico, inoltre, riduce le resistenze vascolari periferiche e quindi la pressione diastolica, a livello della radice aortica. Questo può provocare un’ischemia, che può a sua volta causare aritmie atriali o ventricolari non sostenute con sincope. Nella cardiomiopatia ipertrofica la sincope indica un aumento del rischio di morte improvvisa, che si ritiene sia dovuta a tachicardia o a fibrillazione ventricolare.

L’endocardite infettiva può complicare la cardiomiopatia ipertrofica, a causa delle alterazioni della valvola mitrale che sembrano essere la conseguenza dell’alterata geometria ventricolare: i muscoli papillari e l’apparato valvolare mitralico sono spostati anteriormente e il rapido flusso protosistolico attraverso il tratto di efflusso produce un effetto Venturi. Una complicanza tardiva è talvolta costituita dal blocco cardiaco. L’ipertrofia della regione medioventricolare comporta la presenza di un gradiente endocavitario a livello del muscolo papillare. La parte distale del ventricolo sinistro può alla fine assottigliarsi e dilatarsi, in maniera simile a un aneurisma.

Inizio Pagina

Sintomi, segni e diagnosi

Le manifestazioni cliniche possono verificarsi isolatamente o in varia associazione. Solitamente, il dolore toracico consiste in un’angina tipica correlata allo sforzo. Anche la sincope è di solito secondaria allo sforzo ed è dovuta alla combinazione di ischemia, aritmie, ostruzione del tratto di efflusso e scarso riempimento diastolico ventricolare. La dispnea da sforzo è il risultato della scarsa distensibilità diastolica del ventricolo sinistro, che porta a un rapido aumento della pressione telediastolica del ventricolo sinistro a mano a mano che il flusso aumenta. L’ostruzione del tratto di efflusso riduce la gittata cardiaca e perciò contribuisce alla dispnea. La funzione sistolica è conservata e l’affaticabilità raramente è un problema. Le palpitazioni sono il risultato di aritmie ventricolari o atriali. I sintomi della cardiomiopatia ipertrofica possono pertanto simulare quelli della stenosi aortica o della coronaropatia.

L’esame obiettivo di solito chiarisce la diagnosi differenziale. I segni di un’aumentata pressione venosa (p. es., turgore giugulare, ascite, edema pretibiale, versamento pleurico) sono rari prima della fase terminale. La PA e la frequenza cardiaca risultano in genere normali. Il polso carotideo, nel caso di ipertrofia asimmetrica del setto e ostruzione del tratto di efflusso, presenta una fase ascendente brusca, un picco bifido dovuto all’ostruzione dinamica nella parte terminale della sistole e un rapido tratto discendente. Alla palpazione precordiale, l’itto apicale è nella sua normale posizione, caratterizzato da una spinta sostenuta dovuta all’ipertrofia del ventricolo sinistro. Si apprezza a volte un impulso apicale bifasico, soprattutto nel caso di una grave ostruzione del tratto di efflusso.

Sono solitamente presenti soffi sistolici, ma i pazienti con cardiomiopatia ipertrofica apicale e simmetrica possono non avere soffi. Il rilievo più comune è un soffio d’eiezione in crescendo-decrescendo non irradiato al collo; si ausculta meglio lungo la linea margino-sternale sinistra, a livello del 3o o 4o spazio intercostale. Questo soffio è causato dall’ostacolo all’efflusso del ventricolo sinistro che si verifica in sistole quando il setto interventricolare ipertrofico e il lembo anteriore della valvola mitrale si avvicinano l’uno all’altro. In alcuni pazienti, in seguito alla distorsione dell’apparato valvolare mitralico, si può rilevare un soffio da insufficienza mitralica. Esso è dolce e aspirato e si ausculta meglio all’apice con irradiazione verso la regione ascellare sinistra. Raramente, si hanno anche click protosistolici o mesosistolici. In alcuni pazienti con restringimento del tratto di efflusso del ventricolo destro, si rileva un soffio sistolico eiettivo a livello del secondo spazio intercostale lungo il margine sternale sinistro. Un S4, quasi sempre presente, indica una contrazione atriale forzata contro un ventricolo sinistro con una ridotta distensibilità in telediastole.

Il soffio eiettivo della cardiomiopatia ipertrofica può essere alterato da manovre che riducono il ritorno venoso e, di conseguenza, riducono il volume diastolico del ventricolo sinistro, aumentando così il grado di apposizione del lembo anteriore mitralico al setto interventricolare ipertrofico. Per questo, la manovra di Valsalva aumenta l’intensità del soffio, così come fanno anche manovre atte a ridurre la pressione aortica (p. es., inalazione di nitrito d’amile) o come avviene in corrispondenza di un battito postextrasistolico, sempre per l’aumento del gradiente pressorio del tratto di efflusso. La chiusura a pugno della mano ("handgrip") provoca un aumento della pressione aortica, causando una diminuzione dell’intensità del soffio.

Inizio Pagina

Dati di laboratorio

Test non invasivi capaci di confermare la diagnosi hanno generalmente sostituito il cateterismo cardiaco. L’ECG di solito soddisfa i criteri di voltaggio dell’ipertrofia ventricolare sinistra. L’ipertrofia settale asimmetrica viene spesso suggerita da onde Q settali molto profonde in I, aVL, V5 e V6; si osserva a volte un complesso QS in V1 e V2, che simula un pregresso infarto settale. Le onde T sono patologiche nella maggior parte dei casi; il rilievo più comune sono onde T invertite, profonde e simmetriche in I, aVL, V5 e V6. È comune un sottoslivellamento del tratto ST in queste stesse derivazioni. L’onda P è spesso ampia e bifida in II, III e aVF e bifasica in V1 e V2 e indica un’ipertrofia atriale sinistra. Una preeccitazione ventricolare (sindrome di Wolff-Parkinson-White) si verifica più spesso di quanto dovrebbe avvenire se si trattasse di un’associazione casuale ed è uno dei meccanismi che sono alla base delle aritmie sintomatiche di questi pazienti.

L’esame radiologico del torace è spesso ingannevolmente normale, in quanto l’ipertrofia si sviluppa a scapito delle cavità ventricolari; un ventricolo sinistro globoso con un’ombra cardiaca di normali dimensioni può costituire l’unica anomalia rilevabile. La fluoroscopia cardiaca escluderà la presenza di calcificazioni della valvola aortica.

L’ecocardiografia M-mode e bidimensionale con studio Doppler rappresenta la migliore tecnica diagnostica non invasiva. Si può misurare lo spessore delle pareti ventricolari, per differenziare le diverse forme di cardiomiopatia ipertrofica (v. Fig. 203-3). È consueto uno spostamento in avanti del muscolo papillare e dell’apparato valvolare mitralico. L’ostruzione del tratto di efflusso può essere spesso quantificata osservando l’entità del movimento sistolico anteriore del lembo anteriore mitralico e la durata della sua apposizione al setto interventricolare ipertrofico. L’analisi Doppler delle velocità di flusso a livello del tratto di efflusso del ventricolo sinistro può consentire la quantificazione del gradiente e dell’area del segmento stenotico ed è particolarmente utile per monitorare l’effetto della terapia medica o chirurgica. L’analisi Doppler della velocità del flusso diastolico transmitralico consente il rilievo della disfunzione diastolica del ventricolo sinistro; l’accorciamento frazionario del ventricolo sinistro e la frazione d’eiezione (FE) sono normali o aumentati. Nei pazienti che hanno un’ostruzione del tratto di efflusso di grado elevato si osserva, talvolta, una chiusura mesosistolica della valvola aortica. L’angiografia radioisotopica mostra una cavità ventricolare di piccole dimensioni con una FE normale o elevata.

Va eseguito il cateterismo cardiaco solo quando viene presa in considerazione la terapia chirurgica. Nel ventricolo sinistro e, meno comunemente, in quello destro si possono rilevare gradienti pressori intracavitari. Il gradiente aumenta in coincidenza di un battito postextrasistolico, durante la manovra di Valsalva e dopo inalazione di nitrito di amile. La pressione telediastolica è spesso elevata a causa della ridotta distensibilità ventricolare. La FE è normale o elevata. La ventricolografia mostra una caratteristica deformità della camera a seconda del tipo di cardiomiopatia ipertrofica e talvolta conferma la presenza di insufficienza mitralica. Le arterie coronarie risultano ampiamente pervie con un flusso molto aumentato, ma sofisticati studi metabolici possono rilevare la presenza di ischemia miocardica a causa della riduzione del lume delle arterie intramiocardiche, dello squilibrio capillari/ miociti e dell’aumentato stress di parete. Nei pazienti anziani, può aversi una coronaropatia associata.

In alcuni casi, si può avere una graduale perdita di elementi contrattili, probabilmente a causa dell’ischemia cronica diffusa dovuta allo squilibrio capillari/miociti. A mano a mano che i miociti vanno incontro a morte cellulare, vengono rimpiazzati da una fibrosi diffusa e il ventricolo ipertrofico e con disfunzione diastolica si dilata gradualmente, con comparsa di disfunzione sistolica: inizia così la fase della cardiomiopatia congestizia terminale.

Inizio Pagina

Prognosi

La prognosi è riservata; la mortalità è del 4% per anno. (La mortalità è inversamente proporzionale all’età in cui compaiono i sintomi ed è massima nei pazienti con frequenti tachicardie ventricolari non sostenute, sincope o morte improvvisa abortita). Una storia familiare di morte improvvisa in pazienti giovani e la comparsa di angina o dispnea da sforzo in pazienti > 45 anni implicano una prognosi infausta. La morte improvvisa costituisce la causa di morte più comune, mentre si verifica meno frequentemente uno scompenso cardiaco cronico. La consulenza genetica è appropriata nei casi di ipertrofia settale asimmetrica, che sembra avere una progressione accelerata durante la pubertà.

Inizio Pagina

Terapia

La terapia è diretta principalmente contro l’anomala distensibilità diastolica. I b-bloccanti e i calcioantagonisti da soli o in associazione costituiscono i capisaldi della terapia. Entrambi diminuiscono la contrattilità miocardica, il che favorisce un aumento delle dimensioni della cavità ventricolare sinistra e diminuisce l’ostruzione all’efflusso, migliorando la funzione diastolica ventricolare. I b-bloccanti e i calcioantagonisti con effetto cronotropo negativo rallentano anche la frequenza cardiaca, prolungando il tempo di riempimento diastolico e riducendo così l’entità dell’ostruzione del tratto di efflusso. È meglio evitare i b-bloccanti con attività simpatico-mimetica intrinseca (p. es., pindololo, oxprenololo, acebutololo). I calcioantagonisti variano per il loro effetto inotropo negativo e per la potenza del loro effetto vasodilatatore arterioso. È importante scegliere un vasodilatatore blando che abbia un significativo effetto di depressione della contrattilità. Il verapamil è il calcioantagonista di scelta per la cardiomiopatia ipertrofica.

I farmaci che riducono il precarico (p. es., nitrati, diuretici, ACE-inibitori, antagonisti dell’angiotensina) causano una riduzione delle dimensioni del ventricolo e provocano un peggioramento dei sintomi e dei segni clinici. I farmaci inotropi (p. es., glicosidi digitalici, catecolamine) peggiorano l’ostruzione del tratto di efflusso, non riducono l’elevata pressione telediastolica e possono indurre aritmie. I vasodilatatori aumentano il gradiente del tratto di efflusso e producono una tachicardia riflessa che peggiora ulteriormente la funzione diastolica ventricolare. Sebbene farmaci antiaritmici possano essere prescritti nel caso di aritmie dimostrate mediante ECG o monitoraggio ambulatoriale delle 24 h, non c’è alcuna evidenza che essi modifichino il rischio di morte improvvisa. Tuttavia, studi retrospettivi non controllati con amiodarone suggeriscono che tale farmaco può ridurre la mortalità in pazienti con tachiaritmie ventricolari non sostenute o sincope. L’azione antifibrillatoria dei b-bloccanti può aiutare a prevenire la morte improvvisa, sebbene ciò non sia mai stato dimostrato. La disopiramide ha un effetto inotropo negativo ed è stata usata come antiaritmico e come farmaco inotropo negativo.

In soggetti rianimati da una morte improvvisa, sono stati impiantati defibrillatori. Sebbene tale trattamento sia ragionevole, non è stato provato che esso riduca la mortalità totale nella cardiomiopatia ipertrofica. Per l’endocardite infettiva, è raccomandata la profilassi antibiotica (v. Cap. 208). Occorre evitare sport competitivi, perché molti episodi di morte improvvisa si verificano in coincidenza di un aumento dell’attività fisica.

I pazienti che progrediscono verso la fase dilatativa congestizia della malattia vanno trattati nella stessa maniera di quelli con cardiomiopatia dilatativa a predominante disfunzione sistolica.

La miotomia o miectomia settale è riservata ai pazienti che riferiscono sintomi disabilitanti nonostante terapia medica, nei quali l’ostruzione del tratto di efflusso sia stata dimostrata mediante ecocardiografia e cateterismo cardiaco. Essa allevia i sintomi nella maggior parte di casi attentamente selezionati, ma non modifica la mortalità. L’infarto settale mediante iniezione di etanolo attraverso cateteri inseriti nei rami settali dell’arteria discendente anteriore si è rivelato promettente e può costituire una valida alternativa alla miectomia settale. In alcuni casi, si è proceduto alla riparazione o alla sostituzione della valvola mitrale, a causa di una grave disfunzione valvolare; questo provoca una concomitante riduzione del gradiente del tratto di efflusso. In alcuni pazienti con ostruzione del tratto di efflusso sono stati utilizzati pacemaker bicamerali per modificare il pattern di depolarizzazione del ventricolo. Nella maggior parte dei casi, si è ridotta la gravità dell’ostruzione e la sintomatologia è migliorata. L’effetto a lungo termine di questo trattamento e l’impatto sulla mortalità richiedono ulteriori studi.

Inizio Pagina

-indietro- -ricerca- -indice sezione- -indice generale- -indice tabelle- -indice figure- -help-

Copyright © 2002 Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A. Via G. Fabbroni, 6 - 00191 Roma - Tutti i diritti riservati.

Informativa sulla privacy