16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

203. SCOMPENSO CARDIACO

CARDIOMIOPATIE

IPERTENSIONE POLMONARE PRIMITIVA

Malattia ostruttiva poco frequente di causa ignota, che interessa le arterie polmonari di piccolo e medio calibro e che evolve verso un’insufficienza ventricolare destra o una sincope fatale 2-5 anni dopo la diagnosi.

Sommario:

Introduzione
Diagnosi e terapia


Il sesso femminile è colpito cinque volte più frequentemente di quello maschile; l’età media al momento della diagnosi è di 35 anni. I pazienti più giovani hanno una prognosi peggiore. È sempre presente iperplasia dell’intima con conseguente restringimento del lume vasale. Nei casi più avanzati si osservano aree di ipertrofia e di iperplasia della media, lesioni plessiformi irreversibili e arteriti necrotizzanti (arteriopatia plessogenica). Simili lesioni anatomopatologiche e un analogo decorso clinico sono stati osservati in alcuni pazienti con cirrosi e in un ridotto numero di pazienti che assumono desfenfluramina e fentermina (farmaci anoressizzanti) in associazione; tali farmaci non sono più in commercio negli USA.

In > 95% dei casi è presente una dispnea da sforzo progressiva. Le precordialgie e la sincope da sforzo sono meno frequenti. In molti pazienti sono presenti artralgie e il fenomeno di Raynaud, spesso anni prima dell’esordio evidente dell’ipertensione polmonare primitiva.

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Diagnosi e terapia

La diagnosi va sospettata sulla base delle manifestazioni cliniche, ma vanno escluse tutte le cause note di cuore polmonare (v. sopra), soprattutto quelle che possono essere modificate dalla terapia (p. es., embolia polmonare). L’esame obiettivo mostra, in misura variabile, i caratteri del cuore polmonare.

L’ecocardiogramma, la scintigrafia ventilazione/perfusione, i test di funzionalità respiratoria e il cateterismo cardiaco risultano di solito necessari per escludere altre cause di ipertensione polmonare. Se la scintigrafia ventilazione/perfusione mostra deficit di perfusione segmentari non accompagnati da deficit di ventilazione, oppure evidenzia ampi deficit di perfusione, va eseguita l’angiografia polmonare. Il pattern di captazione descritto non si osserva nell’ipertensione polmonare primitiva, ma suggerisce un’occlusione cronica trombotica delle arterie polmonari dovuta a un’embolia polmonare che non si è risolta; in alcuni di questi casi, può essere d’aiuto la tromboendoarteriectomia. Un’angioscopia polmonare può rivelare un trombo murale cronico, anche quando l’arteriografia è negativa. L’utilità della biopsia polmonare a cielo aperto è controversa.

Alcuni pazienti rispondono alla terapia con vasodilatatori (p. es., prostaciclina, nifedipina) con una drastica riduzione della pressione dell’arteria polmonare. Tuttavia, l’efficacia dei vasodilatatori deve essere dapprima dimostrata nel laboratorio di emodinamica. L’uso inappropriato di questi farmaci ha provocato drastici peggioramenti e decessi. Sempre più spesso, la nifedipina a lunga durata d’azione viene somministrata per via orale a dosi determinate in maniera empirica durante il cateterismo cardiaco. La somministrazione EV di prostaciclina (farmaco vasodilatatore e antiaggregante piastrinico) attraverso cateteri venosi e piccole pompe per infusione portatili si è dimostrata efficace se praticata per > 1 anno, migliorando la qualità della vita e riducendo il bisogno urgente di trapianto polmonare. Per prevenire l’embolia ricorrente silente o la trombosi in situ, e visto che la stasi venosa può essere una conseguenza dell’insufficienza cardiaca destra, solitamente si pratica terapia anticoagulante orale a lungo termine, se non è controindicata; il tempo di protrombina viene mantenuto tra 1,5 e 1,75 volte i valori normali (INR tra 2 e 3, v. Dati di Laboratorio sotto Emostasi nel Cap. 131).

Il trapianto di polmone unilaterale o bilaterale è una procedura dall’utilità ormai comprovata nell’ipertensione polmonare primitiva.

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