16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

209. MALATTIE DEL PERICARDIO

Sommario:

Introduzione
PERICARDITE
    Eziologia
    Anatomia patologica e fisiopatologia
    Sintomi e segni
    Diagnosi
    Tecniche diagnostiche speciali
    Terapia


Anomalie congenite del pericardio comprendono le cisti pericardiche e l’assenza del pericardio parietale. Le cisti pericardiche si verificano tendenzialmente alla giunzione fra il pericardio e la pleura diaframmatica, più comunemente a destra. L’assenza del pericardio parietale è solitamente ben tollerata ma può simulare l’ingrandimento di un segmento dell’arteria polmonare a causa di uno spostamento del cuore a sinistra alla rx del torace. Raramente, l’assenza parziale del pericardio parietale di sinistra provoca un ostacolo alla circolazione a causa dell’erniazione del cuore attraverso tale difetto.

Le patologie acquisite del pericardio (p. es., infezioni, infiammazioni, traumi, neoplasie) di regola provocano una pericardite.

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PERICARDITE

Infiammazione del pericardio, che può essere acuta o cronica e può provocare un versamento pericardico.

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Eziologia

Pericardite acuta: La pericardite acuta può essere provocata da un’infezione, da patologie del connettivo, malattie metaboliche, traumi, dall’IMA, da alcuni farmaci oppure può essere idiopatica.

Infezioni che provocano una pericardite acuta possono essere causate da batteri, parassiti, protozoi, virus o miceti. Le infezioni batteriche più frequenti sono provocate da streptococchi, stafilococchi e bacilli gram negativi. L’Haemophilus influenzae è comune nei bambini. La pericardite purulenta è poco comune, ma può verificarsi in coincidenza di un’endocardite infettiva, di una polmonite, di una setticemia e di un trauma penetrante, dopo un intervento cardiochirurgico e nei pazienti immunocompromessi. Le infezioni virali più frequenti sono da echovirus, virus influenzale e coxsackievirus di gruppo B. In alcuni Paesi, l’AIDS è la causa più comune di versamento pericardico individuato ecocardiograficamente. I pazienti affetti da AIDS possono sviluppare pericardite da Mycobacterium avium, M. tuberculosis, Nocardia, infezioni micotiche, malattie virali, linfoma o sarcoma di Kaposi. Tuttavia, il versamento pericardico spesso non ha una causa evidente. La pericardite tubercolare ha un’insorgenza insidiosa e può verificarsi anche in assenza di un chiaro interessamento polmonare. È responsabile di < 5% dei casi di pericardite acuta o subacuta negli USA, ma è la causa della maggior parte dei casi di versamento pericardico in alcune zone dell’India e dell’Africa.

La pericardite acuta o cronica può anche essere causata da patologie del tessuto connettivo (autoimmuni) (p. es., AR, LES, sclerodermia) e da malattie del metabolismo (p. es., uremia). Può essere dovuta a un trauma; p. es., si verifica dopo pericardiotomia (sindrome postpericardiotomica) nel 5-30% degli interventi di cardiochirurgia. Traumi toracici penetranti o non penetranti possono causare un emopericardio e una conseguente pericardite (talora con conseguente tamponamento cardiaco, v. oltre). I cateteri cardiaci e quelli utilizzati per l’alimentazione parenterale possono occasionalmente perforare il miocardio e penetrare nel sacco pericardico. Gli aneurismi sacculari o dissecanti dell’aorta possono rompersi nel pericardio.

La pericardite acuta può costituire una complicanza precoce di un IMA (10-15% dei casi). La sindrome post-IMA tardiva (sindrome di Dressler) si verifica solitamente in un periodo compreso fra 10 giorni e 2 mesi dopo un infarto miocardico (1-3%) ed è caratterizzata da febbre, pericardite con sfregamenti, versamento pericardico, pleurite, versamento pleurico e dolore articolare. Occasionalmente, dopo un IMA il cuore può rompersi, con conseguente emopericardio. Ciò si verifica di solito 1-10 giorni dopo l’IMA ed è più frequente nelle donne.

La pericardite acuta può complicare terapie con farmaci come procainamide, idralazina, isoniazide, metisergide, fenitoina o anticoagulanti. Spesso, la causa della pericardite acuta può non essere identificata (pericardite nonspecifica o idiopatica) ma, in alcuni casi, si può, in un secondo momento, dimostrarne l’eziologia virale.

Pericardite cronica: I principali tipi di pericardite cronica sono la pericardite cronica costrittiva e il versamento pericardico cronico.

La pericardite cronica costrittiva è in genere idiopatica, sebbene possa far seguito a quasi tutte le malattie che provocano una pericardite acuta. Raramente si verifica a seguito della febbre reumatica. Le più comuni cause conosciute sono la TBC o altre infezioni, le neoplasie, agenti fisici come radiazioni di diversa natura, l’artrite reumatoide e la cardiochirurgia.

Il versamento pericardico cronico è solitamente idiopatico ma può essere causato dal bacillo tubercolare, da miceti o da neoplasie. Le neoplasie metastatiche, p. es. i carcinomi (soprattutto polmonare e mammario), i sarcomi (specialmente il melanoma), le leucemie e i linfomi, sono la causa più comune di ampi versamenti pericardici nei pazienti ospedalizzati. Il pericardio può anche essere coinvolto da neoplasie toraciche, per contiguità; il mesotelioma primario del pericardio è raro. L’interessamento neoplastico è spesso complicato da versamento sieroso o emorragico, che può essere focale o diffuso; se diffuso, si può avere un tamponamento cardiaco che impedisce la normale funzione cardiaca.

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Anatomia patologica e fisiopatologia

Pericardite acuta: La pericardite acuta può essere sierosa, fibrinosa, sieroemorragica, emorragica o purulenta. Possono essere interessati anche gli strati superficiali del miocardio subepicardico. L’entità e il tipo di reazione cellulare dipendono dalla causa determinante.

Pericardite cronica: La pericardite cronica può essere sierosa, chilosa o emorragica (effusiva); fibrosa, adesiva o calcifica (può dare una costrizione o può anche non causare problemi clinici). La fibrosi del pericardio può derivare da infezioni, traumi o emopericardio, oppure può accompagnarsi a una collagenopatia, compresa la febbre reumatica; spesso la causa è sconosciuta. La fibrosi può essere parcellare o massiva ed è di frequente sede di depositi di calcio. La fibrosi del pericardio può non avere effetti emodinamici o può causare gradualmente una pericardite cronica costrittiva. Quest’ultima può causare un aumento cronico della pressione venosa sistemica ed epatica, che può portare a una cirrosi cardiaca.

Nel versamento pericardico cronico, l’entità del versamento varia da circa 50 ml a > 1 l di liquido (valori normali:  25 ml). La rapida ma modesta, oppure lenta e massiva, formazione di versamento pericardico e la riduzione della distensibilità pericardica, legata a processi fibrocalcifici o neoplastici, possono limitare il riempimento del cuore in diastole. In questo caso, la pressione telediastolica ventricolare è condizionata dall’effetto limitante del versamento o dell’ispessimento del pericardio, mentre le pressioni diastoliche nei ventricoli, negli atri e nei distretti venosi diventano praticamente identiche, abitualmente 13-32 mm Hg. Si ha una congestione venosa sistemica, che provoca un considerevole passaggio di liquido dai capillari sistemici all’interstizio con comparsa di edemi declivi e successivamente di ascite. I segni della congestione sistemica sono più appariscenti di quelli della congestione polmonare e un edema polmonare franco è raro. Tuttavia, versamenti pericardici > 1 l che si sviluppano lentamente possono non produrre un tamponamento, poiché il pericardio può distendersi per accogliere un ampio volume che si accumula lentamente.

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Sintomi e segni

Pericardite acuta: la pericardite acuta può presentarsi con dolore toracico, febbre, sfregamenti pericardici, tamponamento, alterazioni dell’ECG o della rx; a volte viene scoperta per caso nel corso di una malattia sistemica. Un dolore sordo o acuto in sede precordiale o retrosternale può irradiarsi al collo, al trapezio (specialmente a sinistra) o alle spalle. Il dolore è d’intensità variabile da lieve a grave ed è generalmente aumentato dai movimenti del torace, dalla tosse e dal respiro; è alleviato dalla posizione seduta e dall’inclinazione in avanti del torace. Solitamente è possibile distinguere il dolore pericardico da quello ischemico, che non peggiora con i movimenti del torace o con la posizione supina (v. anche dolore pericardico nel Cap. 197). Possono essere presenti tachipnea e tosse non produttiva; sono comuni febbre, brividi e astenia.

Il reperto obiettivo più importante è costituito dagli sfregamenti pericardici, che possono essere trifasici o sistolico e diastolico. Spesso, tuttavia, gli sfregamenti sono intermittenti ed evanescenti, oppure possono essere presenti solo durante la sistole o, meno frequentemente, in diastole. Un versamento pericardico cospicuo può attutire i toni cardiaci, aumentare l’area di ottusità cardiaca e modificare le dimensioni e la forma dell’ombra cardiaca.

Tamponamento cardiaco: l’aumento della pressione diastolica ventricolare, della pressione atriale e venosa e la caduta della gittata sistolica, della gittata cardiaca e della pressione arteriosa sistemica fanno seguito al rapido accumulo di liquido nel cavo pericardico. I segni clinici che ne derivano sono simili a quelli dello shock cardiogeno (riduzione della gittata cardiaca e bassa pressione arteriosa sistemica) con tachicardia, dispnea e ortopnea ed elevate pressioni venose sistemiche e polmonari. Il tamponamento cardiaco grave è quasi sempre accompagnato da un’accentuazione della fisiologica caduta inspiratoria della pressione arteriosa sistolica (polso paradosso). Una riduzione > 10 mm Hg è in genere significativa. Nei casi avanzati, il polso può scomparire durante l’inspirazione. Il polso paradosso può anche essere evidente nella BPCO, nell’asma bronchiale, nell’embolia polmonare, nell’infarto ventricolare destro e nello shock clinico. Il tamponamento cardiaco, se consegue a un fatto acuto con un versamento o un’emorragia di lieve entità, si verifica in presenza di toni cardiaci normali e senza alcun aumento apprezzabile dell’aia di ottusità cardiaca alla palpazione.

Un tamponamento distrettuale con versamento saccato può far seguito a un intervento cardiochirurgico, a un’infezione o a una neoplasia. La diagnosi clinica può essere difficile; in presenza di una compressione localizzata dell’atrio o del ventricolo di sinistra, la pressione venosa sistemica non è aumentata. È necessaria l’ecocardiografia bidimensionale per fare diagnosi.

Pericardite cronica: la pericardite cronica (spesso neoplastica, tubercolare o uremica) può verificarsi senza dolore.

La fibrosi e la calcificazione del pericardio sono condizioni asintomatiche, a meno che non si abbia una pericardite costrittiva; in tal caso, possono diventare evidenti i sintomi e i segni di congestione venosa periferica, con la contemporanea comparsa di un tono aggiunto protodiastolico ("pericardial knock") dovuto all’improvviso rallentamento del riempimento diastolico del ventricolo; talora compare anche un polso paradosso. I segni della pericardite cronica costrittiva differiscono da quelli del tamponamento cardiaco: la sola anomalia precoce può essere l’aumento delle pressioni: diastolica ventricolare, atriale, polmonare e venosa sistemica. La funzione sistolica ventricolare (frazione d’eiezione) è solitamente conservata. L’aumento protratto della pressione venosa polmonare causa dispnea e ortopnea; l’ipertensione venosa sistemica produce ipervolemia, turgore delle giugulari, versamento pleurico (di solito maggiore a destra), epatomegalia, ascite ed edemi periferici. Il polso paradosso si manifesta solo in pochi casi ed è generalmente meno grave che nel tamponamento. Talvolta, è presente il segno di Kussmaul (turgore delle giugulari in inspirazione), che è invece assente nel tamponamento cardiaco. In circa il £ 50% dei casi di pericardite costrittiva si hanno calcificazioni pericardiche, che sono spesso meglio apprezzabili alla rx del torace in proiezione laterale. L’ombra cardiaca può essere piccola, normale o ingrandita. Le modificazioni ECG sono solitamente aspecifiche. Il voltaggio del QRS è generalmente ridotto. Le onde T mostrano di solito alterazioni non specifiche. Nel 25% circa dei pazienti con pericardite costrittiva è presente fibrillazione atriale o, meno comunemente, flutter atriale.

La pericardite cronica costrittiva può evolvere verso una pericardite effusivo-costrittiva, in cui il tracciato delle pressioni endocavitarie è simile a quello del tamponamento cardiaco ma, dopo che il liquido pericardico è stato rimosso, esso è simile a quello della pericardite cronica costrittiva.

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Diagnosi

Pericardite acuta: la pericardite acuta può essere diagnosticata grazie all’anamnesi circa le caratteristiche del dolore e grazie alle tipiche modificazioni dell’ECG o al rilievo di sfregamenti pericardici. Il dolore della pericardite deve essere differenziato dal dolore pleurico e dal dolore dell’infarto miocardico o polmonare. La formazione di un versamento pericardico può essere sospettata da modificazioni rapide dell’ombra cardiaca su rx seriate del torace, specie quando i campi polmonari restano chiari. (È più probabile trovare segni di congestione polmonare quando la causa delle rapide modificazioni delle dimensioni del cuore è lo scompenso cardiaco.) L’ombra cardiaca è spesso ingrandita simmetricamente, con scomparsa del profilo delle singole camere cardiache e dei grandi vasi. Dato che anche nel mixedema e nella congestione secondaria a insufficienza ventricolare il versamento pericardico può essere di considerevole entità, la sua presenza non implica necessariamente la diagnosi di pericardite. L’ecocardiografia rappresenta il miglior mezzo per riconoscere un versamento pericardico in corso di pericardite acuta; tuttavia, l’ecocardiogramma può risultare normale in caso di sola pericardite fibrinosa. Nella pericardite acuta, sono di comune riscontro una leucocitosi e l’aumento della VES.

Lo skin test alla tubercolina è solitamente positivo nella pericardite tubercolare, a meno che il paziente non sia anergico. La ricerca di ceppi alcol-acido resistenti è raramente positiva. Per la diagnosi, può rendersi necessaria la coltura dell’essudato pericardico o di tessuto pericardico; la conferma diagnostica può aversi, ex adiuvantibus, dalla risposta alla terapia antitubercolare. Pericarditi dovute a infezioni da germi piogeni, da virus o da miceti; da febbre reumatica acuta; da collagenopatie; da uremia o da IMA possono passare inosservate poiché in tali casi l’attenzione viene di solito rivolta alle altre manifestazioni della malattia di base; una volta rilevata la pericardite, la causa è solitamente di facile identificazione.

Una lesione traumatica a carico del pericardio viene di solito suggerita dall’anamnesi, dal rilievo auscultatorio di sfregamenti pericardici, dalle modificazioni ECG e dal rapido accumulo di sangue nel sacco pericardico, che provoca un tamponamento cardiaco. La comparsa di aritmie atriali e di segni evidenti di tamponamento o di costrizione pericardica in pazienti neoplastici è indicativa della presenza di metastasi pericardiche.

La sindrome postpericardiotomica e quella post-IMA possono essere difficili da identificare e devono essere differenziate dai processi infettivi a carico del pericardio che fanno seguito a interventi di cardiochirurgia e da episodi recenti di infarto del miocardio o di embolia polmonare. Permettono di fare diagnosi: il dolore, gli sfregamenti pericardici e la febbre, che compaiono in un periodo compreso fra 2 sett. e diversi mesi dopo l’evento scatenante noto, oltre che la risposta rapida ai corticosteroidi. Le recidive sono comuni.

La pericardite idiopatica viene diagnosticata dopo aver escluso tutte le cause specifiche. È spesso preceduta da infezioni delle prime vie respiratorie. Quando la causa non è evidente, possono essere presi in considerazione i seguenti test: emocoltura, test cutanei per la TBC, test per l’infezione da HIV, creatininemia, ricerca di miceti nel liquido pericardico o sulla biopsia pericardica, test per gli anticorpi antinucleo, test di fissazione del complemento per l’istoplasmosi nelle aree endemiche, Streptozyme test, test per gli Ab neutralizzanti i virus coxsackie, i virus influenzali e gli echovirus. Possono risultare utili i test per gli Ab anti-DNA e anti-RNA. Se viene eseguita una pericardiocentesi, il liquido estratto deve essere sottoposto a coltura e a esame citologico per la ricerca di cellule neoplastiche. In caso di versamento pericardico recidivante o persistente, può rendersi necessaria la biopsia diretta del pericardio, con esame colturale e microscopico. La pericardite idiopatica è complicata da recidive (per mesi o anni) nel 15-25% dei casi.

Pericardite cronica: la fibrosi del pericardio può essere individuata mediante il rilievo di calcificazioni pericardiche, talora senza costrizione pericardica, o per le manifestazioni cliniche di congestione circolatoria. La pericardite cronica costrittiva deve essere differenziata dalle miocardiopatie e dalle valvulopatie che provocano congestione e dalla cirrosi epatica di origine non cardiaca. Di regola, ci si attende una pressione venosa giugulare elevata nel caso di una cardiopatia costrittiva o restrittiva sintomatica, ma non in presenza di cirrosi. La cardiomiopatia restrittiva deve essere distinta dalla pericardite costrittiva.

Per differenziare un versamento pericardico o una pericardite effusivo-costrittiva da un cuore dilatato possono rendersi necessarie tecniche diagnostiche speciali. Nella pericardite costrittiva pura, l’ombra cardiaca alla rx del torace spesso non è ingrandita.

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Tecniche diagnostiche speciali

Nelle fasi precoci della pericardite acuta, ECG seriati possono mostrare alterazioni del segmento ST e dell’onda T, che in genere interessano la maggior parte delle derivazioni. Si osserva un sopraslivellamento del tratto ST in due o tre delle derivazioni standard, che successivamente ritorna all’isoelettrica. A differenza di quanto si verifica nell’IMA, il tratto ST non mostra un sottoslivellamento reciproco (eccetto che in aVR e in V1) e mancano onde Q patologiche. Può aversi una depressione del segmento PR. Dopo diversi giorni o > 1 sett., le onde T si appiattiscono e quindi si invertono in tutte le derivazioni, eccetto che in aVR. L’inversione delle onde T si verifica dopo che il tratto ST è ritornato alla linea isoelettrica e dunque differisce rispetto a quanto avviene nell’ischemia acuta o nell’IMA. Con il versamento, il voltaggio del QRS generalmente diminuisce. Viene mantenuto il ritmo sinusale in circa il 90% dei casi. L’ombra cardiaca alla rx del torace non è ingrandita, eccetto che nel caso di una coesistente cardiopatia o nel caso di versamento > 250 ml. È di comune riscontro un versamento pleurico, specialmente a sinistra. Quando il tamponamento complica la pericardite acuta, l’alternanza elettrica può coinvolgere l’onda P, il QRS o l’onda T. Più spesso, ne è interessato il solo QRS: l’ampiezza del QRS aumenta e diminuisce a battiti alterni. In alcuni casi di tamponamento, l’alternanza elettrica è associata a variazioni della posizione del cuore ("swinging heart"). Nella maggior parte dei casi tuttavia non si evidenzia alternanza elettrica.

L’ecocardiografia, metodica non rischiosa, rapida e non invasiva, ha un elevata sensibilità e specificità per l’individuazione del liquido pericardico. Di solito, l’ecocardiografia evidenzia modificazioni caratteristiche nel tamponamento, mentre le variazioni che si riscontrano nella pericardite costrittiva non sono specifiche. In caso di versamento, l’esame mostra due echi dietro al ventricolo sinistro, nella regione della parete posteriore del cuore: uno è originato dall’epicardio e l’altro dal pericardio parietale. Nei versamenti importanti, si evidenzia la presenza di liquido anche anteriormente al ventricolo destro. Lo spazio tra i due echi corrisponde al fluido. Rilievi ecocardiografici solitamente presenti nel tamponamento cardiaco sono il collasso dell’atrio destro e il collasso diastolico del ventricolo destro, in presenza di un versamento pericardico moderato-severo. L’ecocardiografia Doppler è utile nel differenziare la pericardite costrittiva dalla cardiomiopatia restrittiva, quando le pressioni di riempimento del VD e del VS sono ugualmente elevate. Nella pericardite costrittiva, la velocità del flusso diastolico transmitralico si riduce > 25% in inspirazione, mentre nella cardiomiopatia restrittiva si riduce < 15%. La velocità del flusso attraverso la tricuspide durante l’inspirazione aumenta più del normale nella pericardite costrittiva, ma non nella cardiomiopatia restrittiva.

La diagnosi di pericardite costrittiva può essere suggerita dallo studio emodinamico, che mostra i caratteristici tracciati di pressione. La pressione media di incuneamento ("wedge") polmonare, la pressione diastolica dell’arteria polmonare, la pressione telediastolica del ventricolo destro e la pressione atriale destra hanno di solito valori compresi tra 10 e 30 mm Hg, praticamente identici nel tamponamento cardiaco e nella pericardite costrittiva. Le pressioni sistoliche dell’arteria polmonare e del ventricolo destro sono solo modicamente elevate, cosicché le pressioni differenziali sono basse. In presenza di una pericardite costrittiva, le curve della pressione atriale mostrano di solito un’accentuazione delle deflessioni x e y e le curve della pressione ventricolare mostrano un avvallamento ("dip") diastolico ripido in corrispondenza della fase di riempimento ventricolare rapido (v. Fig. 209-1). In presenza di un’importante pericardite costrittiva, queste modificazioni si verificano quasi sempre.

Nel tamponamento cardiaco, non vi è il "dip" diastolico precoce nella curva di pressione ventricolare. La curva della pressione atriale mostra una deflessione x conservata, mentre si perde la y. In caso di stati congestizi gravi dovuti a cardiomiopatia dilatativa, la pressione "wedge" o la pressione diastolica del ventricolo sinistro di solito superano la pressione media dell’atrio destro e la pressione diastolica del ventricolo destro di  4 mm Hg. Nella cardiomiopatia restrittiva, e più raramente nella pericardite costrittiva, si riscontrano valori di pressione sistolica del ventricolo destro > 50 mm Hg. Quando la pressione "wedge" risulta uguale alla pressione media atriale destra e c’è un "dip" nella fase protodiastolica della curva della pressione ventricolare con ampie onde x e y nel tracciato pressorio dell’atrio destro, può essere presente una pericardite costrittiva o una cardiomiopatia restrittiva.

La TC o la RMN confermano la diagnosi e solitamente mostrano un ispessimento pericardico > 5 mm. Quando si rileva un tale ispessimento in presenza delle caratteristiche emodinamiche sopra descritte, può essere diagnosticata una pericardite costrittiva. Quando non si riesce a dimostrare la presenza di ispessimento pericardico o di liquido, la diagnosi di cardiomiopatia restrittiva è probabile ma non dimostrata.

La biopsia endomiocardica abitualmente rivela un miocardio normale nella pericardite costrittiva e fibrosi, amiloidosi o altre cause nella cardiomiopatia restrittiva. Tuttavia, i risultati possono non essere conclusivi e una toracotomia esplorativa può essere necessaria se la pericardite costrittiva resta una possibilità.

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Terapia

Per il dolore si possono somministrare 650 mg di aspirina PO, 15-60 mg di codeina PO, 50-100 mg di meperidina PO o IM oppure 10-15 mg IM di morfina q 4 h. L’ansia o l’insonnia possono rispondere a basse dosi di benzodiazepine. Nelle malattie acute del pericardio gli anticoagulanti sono di solito controindicati, poiché possono provocare una emorragia intrapericardica e un tamponamento cardiaco fatale; tuttavia, possono essere somministrati nella pericardite che complica precocemente l’IMA. In genere è raccomandato il ricovero per tenere il paziente in osservazione, date le possibili complicanze. Vanno sospesi i farmaci che potrebbero avere un ruolo nell’eziologia della pericardite (p. es., anticoagulanti, procainamide, fenitoina).

Pericardite acuta: La pericardite dovuta a infezioni batteriche o micotiche va trattata con farmaci antimicrobici specifici (v. Tubercolosi nel Cap. 157). La pericardiocentesi è indicata per risolvere il tamponamento o nel caso di sospetta pericardite purulenta. Va anche considerata a scopo diagnostico quando il versamento e i sintomi progrediscono dopo 1-3 settimane di osservazione. Se la pericardite è dovuta a infezione da piogeni, il sacco pericardico va drenato chirurgicamente.

Nella sindrome postpericardiotomica, nella pericardite post-IMA e nella pericardite idiopatica, non sono indicati gli antibiotici. L’indometacina 25-50 mg PO tid può controllare il dolore e il versamento. Si può somministrare prednisone 20-60 mg/die PO in dosi refratte per un periodo di 3-4 giorni, quando necessario, per controllare il dolore, la febbre e il versamento. La dose viene gradualmente ridotta se la risposta è soddisfacente e la terapia può essere sospesa dopo 7-14 giorni in alcuni casi, mentre in altri occorrono molti mesi di trattamento.

Nella febbre reumatica, nelle altre malattie del connettivo e in caso di coinvolgimento del pericardio in processi neoplastici, il trattamento della pericardite è diretto contro la malattia di base. In alcuni casi di trauma, al fine di porre riparo alla lesione e drenare il sangue dal sacco pericardico, si rende necessaria la chirurgia.

La pericardite uremica può rispondere a un aumento della frequenza delle sedute di dialisi, all’aspirazione o alla terapia con corticosteroidi per via locale o generale. La somministrazione intrapericardica di triamcinolone può essere utile.

Quando il tamponamento cardiaco si sviluppa rapidamente con caduta dei valori pressori e stato di shock, può rendersi necessaria la pericardiocentesi immediata; l’asportazione di una quantità anche piccola di liquido può essere di importanza vitale. Eccetto che in caso di emergenza, la pericardiocentesi, una procedura potenzialmente letale, deve essere effettuata sotto la supervisione di un cardiologo o di un chirurgo toracico e, se possibile, in un laboratorio di cateterismo cardiaco sotto guida ecocardiografica. La toracotomia presenta abitualmente rischi minori. Bisogna avere a disposizione l’attrezzatura per la rianimazione.

Nei casi non urgenti è preferibile una premedicazione con 5-15 mg di morfina o 50-100 mg di meperidina IM. Il paziente deve stare disteso, con la testa sollevata di 30° dal piano orizzontale. In condizioni di asepsi, la cute e il tessuto sottocutaneo vengono quindi infiltrati con lidocaina. Un ago n° 16 di 75 mm con punta di taglio corto ("short-beveled") viene collegato a una siringa di 30-50 ml. Si può penetrare nel sacco pericardico attraverso l’angolo xifocostale destro o sinistro, oppure all’apice del processo xifoideo, con l’ago diretto verso l’interno, verso l’alto e molto vicino alla parete toracica. L’ago viene fatto avanzare mantenendo con la siringa un’aspirazione costante. L’ecocardiografia può essere usata per guidare l’ago e localizzarlo mediante l’iniezione di soluzione salina. Una volta in sede, l’ago deve essere fissato sulla cute, per evitare che penetri più del necessario e oltrepassi la parete cardiaca o danneggi le coronarie. È necessario monitoriare l’ECG per rilevare eventuali aritmie prodotte dal contatto con il miocardio. Come regola generale, si monitorano la pressione atriale destra, la pressione capillare polmonare e la pressione intrapericardica. Il liquido viene evacuato fino a che la pressione intrapericardica cade al di sotto della pressione dell’atrio destro, di solito a livelli inferiori alla pressione atmosferica. Se è necessario un drenaggio continuo, un catetere di plastica può essere inserito nella cavità pericardica attraverso l’ago, che viene a questo punto rimosso. Il catetere di plastica può essere lasciato in sede per 2-4 giorni. Il versamento recidivante dovuto all’interessamento del pericardio da parte di un tumore maligno può essere trattato mediante farmaci sclerosanti come le tetracicline.

Pericardite cronica: la stasi legata alla pericardite cronica costrittiva può essere alleviata dal riposo a letto, dalla restrizione dietetica di sale e dall’impiego di diuretici. La digossina è indicata nelle aritmie atriali o in quelle associate a disfunzione ventricolare sistolica. La pericardite cronica costrittiva richiede di solito la resezione del pericardio. Tuttavia, i pazienti con sintomi lievi, calcificazioni importanti o significativi danni miocardici possono essere candidati non idonei al trattamento chirurgico. La mortalità della resezione del pericardio può raggiungere il 40% nei pazienti in classe NYHA IV. È molto probabile che pazienti affetti da pericardite costrittiva associata a terapia radiante o a collagenopatia abbiano un importante danno miocardico e non dimostrino alcun miglioramento dopo resezione pericardica.

La terapia del versamento pericardico cronico è diretta verso la causa, se nota; altrimenti, si raccomanda l’osservazione. Il versamento pericardico sintomatico ricorrente o persistente può essere trattato mediante la pericardiotomia "a palloncino", una finestra chirurgica nel pericardio o mediante la sclerosi con tetracicline. I versamenti asintomatici da causa sconosciuta possono richiedere solamente un periodo di osservazione.

Pericardite recidivante: La pericardite idiopatica o la pericardite dovuta a traumi, a interventi cardiochirurgici o a IMA può recidivare. In aggiunta ai FANS o al prednisone, la colchicina (1 mg/die) è spesso efficace. Raramente si rende necessaria la resezione pericardica.

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