17. DISORDINI GENITOURINARI

214. VALUTAZIONE CLINICA DEI DISORDINI GENITOURINARI

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Esami di laboratorio


I disordini genitourinari possono presentarsi in modo aspecifico, ma di solito lo fanno con manifestazioni cliniche o anormalità degli esami di laboratorio tali da essere indicative di malattia renale primitiva o di malattia sistemica associata a patologia renale.

Normalmente, un adulto urina 4-6 volte/die, per lo più durante il giorno, con una diuresi totale di 700-2000 ml/die.

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Sintomi e segni

Pazienti asintomatici con malattia renale possono avere ipertensione o reperti ematici o urinari alterati. Possono avere un’anamnesi familiare positiva per patologie renali (p. es., malattia policistica, nefropatia ereditaria). L’ecografia prenatale, eseguita di routine, può scoprire alterazioni renali del feto.

In pazienti sintomatici, in caso di neoplasia renale, insufficienza renale in fase avanzata e IVU sono reperti comuni febbre, calo ponderale e malessere. Caratteristicamente, i sintomi renali comprendono alterazioni della minzione, della diuresi o dell’aspetto dell’urina; ematospermia nell’uomo; oppure dolore, edema, sintomi aspecifici e segni correlati all’insufficienza renale.

La pollachiuria senza aumento del volume della diuresi è un sintomo di ridotta capacità di riempimento vescicale. Infezioni, corpi estranei, calcoli o neoplasie possono ledere la mucosa vescicale o le sottostanti strutture, causando un’infiltrazione flogistica ed edema. Una moderata distensione della vescica, una ridotta elasticità vescicale, una massa pelvica o un utero gravido provocano una riduzione funzionale della capacità vescicale, provocando dolore e urgenza minzionale (necessità impellente e irresistibile di urinare). Se la minzione non è immediata, si può verificare incontinenza. Il volume urinario è solitamente scarso e il desiderio di urinare può essere quasi costante, finché non si risolve il processo irritativo.

La poliuria (diuresi > 2500 ml/die) può essere causata da aumentata assunzione di liquidi (p. es., disturbo compulsivo del bere), da diuresi osmotica (p. es., glicosuria da diabete mellito scompensato), da diminuito rilascio di vasopressina dovuto a patologia dell’ipotalamo o dell’ipofisi posteriore o diminuita risposta all’ADH da parte dei tubuli renali da ipercalcemia, carenza di K o diabete insipido nefrogeno (DIN), congenito o acquisito.

L’oliguria (diuresi < 500 ml/die negli adulti o < 24 ml/kg/die nei bambini) tende a essere acuta e a essere causata da diminuzione della perfusione renale (fattori prerenali), da ostruzione ureterale o dello sbocco vescicale (fattori postrenali) o da una malattia renale primitiva. Si può verificare uremia.

L’anuria (diuresi < 100 ml/die negli adulti), sebbene rara, può essere il segno di un’insufficienza renale acuta, dello stadio finale di un’insufficienza renale cronica progressiva o, raramente, d’infarto renale o necrosi corticale. Può essere anche dovuta a ostruzione urinaria reversibile. L’anuria prolungata dà luogo inevitabilmente a insufficienza renale.

La nicturia (minzione durante la notte) è un sintomo anormale, ma non specifico. Può verificarsi senza che vi sia una malattia; p. es., quale risultato di eccessiva assunzione di liquidi a tarda sera. Può essere conseguenza di una ritenzione urinaria secondaria a ostruzione del collo vescicale (p. es., ipertrofia prostatica). Meno frequentemente può essere un indice precoce di malattia renale e di poliuria dovuta a una diminuzione della capacità di concentrazione delle urine o a insufficienza cardiaca ed epatica, senza evidenza di malattia intrinseca del sistema urinario.

L’enuresi (emissione involontaria di urine a letto durante la notte) è fisiologica durante i primi 2 o 3 anni di vita; ma in età successive diventa un problema più serio (v. in Disturbi del comportamento nel Cap. 262). Può essere causata da una ritardata maturazione neuromuscolare della via urinaria inferiore o da un’affezione organica; p. es., infezione o stenosi uretrale distale nelle ragazze, valvole uretrali posteriori nei ragazzi o vescica neurogena in entrambi i sessi.

La stranguria (minzione dolorosa) è indice di irritazione o infiammazione del collo vescicale o dell’uretra, dovuta di solito a infezione batterica. Sintomi persistenti senza infezione richiedono un’attenta valutazione della vescica e dell’uretra (v. anche Cap. 215).

I sintomi ostruttivi (ritardo o necessità di sforzarsi per iniziare la minzione, diminuzione della forza e del calibro del mitto urinario, sgocciolamento postminzionale) sono di solito dovuti a un’ostruzione distale rispetto alla vescica. Negli uomini, questa è generalmente causata da una stenosi a livello della prostata o, meno frequentemente, da una valvola nell’uretra posteriore (che nei ragazzi può essere congenita). In entrambi i sessi, sintomi simili possono essere indice di stenosi del meato.

L’incontinenza urinaria (perdita involontaria di urina) può essere causata da estrofia vescicale, epispadia, fistola vescico-vaginale, orifizi ureterali ectopici, disfunzione vescicale neurogena congenita o acquisita (neuropatia periferica, ictus, demenza), o da lesioni dovute all’intervento chirurgico di prostatectomia o al parto (v. anche Cap. 215). Nelle donne, l’incontinenza determinata da uno sforzo fisico di lieve entità (p. es., tosse, riso, corsa o sollevamento di qualche oggetto) è frequentemente dovuta all’atrofia dell’uretra da mancanza di estrogeni, al cistocele che si forma come conseguenza dell’invecchiamento o dello stiramento dei muscoli del pavimento pelvico durante il parto. La perdita di urina dovuta a ostruzione della regione cervico-uretrale oppure a vescica flaccida può produrre un’incontinenza da sovradistensione, quando la pressione intravescicale supera la resistenza della regione cervico-uretrale. Con l’incontinenza da sovradistensione è sempre presente residuo postminzionale.

La pneumaturia (passaggio di gas nelle urine) è rara. Di solito indica la presenza di una fistola tra la via urinaria e l’intestino e può costituire la complicanza di una diverticolite, con formazione di un ascesso, di enterocolite, di un tumore del colon o di una fistola vescico-vaginale. Raramente la pneumaturia può essere dovuta alla formazione di gas in corso d’infezione batterica delle basse vie urinarie.

Le alterazioni del colore o dell’aspetto dell’urina riconoscono molte cause. L’urina può essere chiara durante la diuresi da carico idrico oppure di colore giallo intenso quando è molto concentrata per la presenza di pigmenti (p. es., urobilina). Se si può escludere l’escrezione di pigmenti alimentari (di solito urine di colore rosso) o di farmaci (marrone, nero, blu, verde o rosso), colori diversi dal giallo suggeriscono la presenza di ematuria, emoglobinuria, mioglobinuria, piuria, porfiria o di melanoma. Un’urina torbida è solitamente dovuta alla precipitazione di sali di fosfati amorfi in un’urina alcalina; meno frequentemente, è indice di piuria dovuta a IVU. L’urina lattescente può essere prodotta da fosfati precipitati in un’urina alcalina. L’urina a polvere di mattone è solitamente prodotta da urati precipitati in un’urina acida. L’esame microscopico e chimico dell’urina ne può, di solito, identificare la causa.

L’ematuria (sangue nell’urina) può produrre una variazione del colore che va dal rosso al marrone secondo la quantità di sangue presente e dell’acidità dell’urina. Un’ematuria lieve può non dare variazioni di colore e può essere diagnosticata soltanto con l’analisi microscopica e chimica. L’ematuria senza dolore è solitamente dovuta a un’affezione renale, vescicale o prostatica. In assenza di cilindri ematici (che di solito indicano glomerulonefrite, v. Tab. 214-1), un’ematuria asintomatica può essere causata da neoplasia della vescica o del rene. Di solito, questi tumori sanguinano a intermittenza e il fatto che il sanguinamento si interrompa spontaneamente non deve essere motivo di tranquillità. In corso di nefropatia da IgA, si può anche verificare ematuria intermittente, ricorrente. Altre cause di ematuria asintomatica comprendono calcoli, malattia policistica, cisti renali, malattia drepanocitica (anemia a cellule falciformi), idronefrosi e iperplasia prostatica benigna. Ematuria accompagnata da dolore lancinante (colica renale) indica il passaggio di un calcolo o di un coagulo formatosi in seguito a un sanguinamento renale. L’ematuria con disuria è associata anche a infezioni vescicali o a litiasi.

La chiluria (presenza di linfa nell’urina) è provocata dalla rottura di un vaso linfatico, dovuta principalmente ad anomale connessioni tra i linfatici retroperitoneali ostruiti e il sistema collettore renale oppure alla filariasi, al linfoma o a neoplasie occulte.

L’ematospermia (sangue nello sperma) ricorre in < 2% delle consulenze urologiciche. La maggior parte dei pazienti ha episodi ricorrenti di ematospermia, anche se qualcuno ne riferisce uno solo. Generalmente è idiopatica. La causa può essere una patologia delle vescicole seminali dovuta a un’infezione non identificata o a congestione vascolare. Può essere associata a una prolungata astinenza sessuale, a coito frequente o interrotto. Il disturbo è di solito benigno e raramente associato a neoplasie o a gravi infezioni. Tuttavia ,questi pazienti dovrebbero essere valutati per infezioni prostatiche o stenosi uretrali. Occasionalmente, l’ematospermia è dovuta a coagulopatia. Il trattamento è empirico, a meno che non venga riconosciuta una causa. Alcuni urologi preferiscono un ciclo di 5-7 giorni di tetraciclina 250 mg qid, seguita da un delicato massaggio prostatico.

Il dolore renale è solitamente riferito al fianco o al dorso tra la 12a costa e la cresta iliaca, con occasionale irradiazione all’epigastrio. La distensione della capsula renale, che è sensibile allo stimolo algogeno, ne è la probabile causa. Questa si può verificare in qualsiasi condizione che causi tumefazione del parenchima (p. es., glomerulonefrite acuta, pielonefrite, ostruzione ureterale acuta). Vi è spesso una marcata dolorabilità nella zona al di sopra del rene, nell’angolo costovertebrale formato dalla 12a costa e dalla colonna lombare. Infiammazione e/o distensione acuta della pelvi renale o dell’uretere causano dolore al fianco e all’ipocondrio, con irradiazione nella fossa iliaca ipsilaterale e spesso alla parte superiore della coscia, al testicolo o alle grandi labbra. Il dolore è intermittente, ma non scompare mai del tutto tra una colica e l’altra. L’ostruzione cronica solitamente è asintomatica.

Il dolore vescicale è molto frequentemente causato da cistite batterica; è comunemente riscontrabile nell’area sovrapubica e, durante la minzione, viene avvertito nell’uretra distale. La ritenzione acuta d’urina causa dolore molto intenso, mentre la ritenzione urinaria cronica dovuta a ostruzione del collo vescicale o a vescica neurogena solitamente provoca pochi disturbi.

Il dolore prostatico dovuto alla prostatite può essere avvertito come un vago fastidio o un senso di pesantezza nell’area perineale o rettale, ma la patologia prostatica è generalmente priva di sintomatologia dolorosa.

Il dolore testicolare, dovuto a trauma o infezione, è solitamente intenso.

L’edema rappresenta in genere un eccesso di acqua e di Na nello spazio extracellulare dovuto a escrezione renale anormale, ma può essere causato anche da una malattia cardiaca o epatica. Inizialmente, l’edema si evidenzia soltanto con un aumento di peso, ma in seguito diventa palese. L’edema associato a patologia renale può essere talora notato per la prima volta come pienezza delle gote piuttosto che come gonfiore nelle parti declivi o inferiori del corpo. Se la ritenzione di liquidi prosegue, si può verificare l’anasarca (edema generalizzato) con trasudati fluidi (versamenti) nelle cavità pleurica e peritoneale; più frequentemente è associato a proteinuria continua e grave (sindrome nefrosica).

L’uremia (condizione tossica associata a eccessivo accumulo nel sangue di prodotti del metabolismo proteico) si verifica quando la GFR scende a < 10% della norma, con conseguenti alterazioni di molteplici sistemi d’organo. I sintomi e segni più comuni sono: calo ponderale, debolezza, fatica, dispnea, anoressia, nausea e vomito, prurito, ritardo di crescita, tetania, neuropatia periferica, pericardite e convulsioni. La maggior parte di questi può però essere migliorata o risolta con la dialisi o il trapianto renale, e con un’adeguata dieta.

L’ipertensione può essere secondaria a una patologia renale (anomalie od ostruzione vascolare, glomerulonefrite, insufficienza renale progressiva). Tuttavia, il 5% delle ipertensioni negli adulti è dovuto a cause nefrovascolari (con stenosi dell’arteria renale principale o dell’arteria segmentaria e con un aumento dimostrabile di renina dal lato ostruito).

Le alterazioni della cute possono comprendere pallore, indizio di anemia, comunemente associata a malattia renale; escoriazioni, probabilmente causate da prurito e infezioni (p. es., lesioni pustolose della cute, cellulite) che possono essere dovute a glomerulonefrite. Lesioni cutanee da vasculite o da endocardite possono indicare una possibile causa di malattia renale.

Le alterazioni della retina all’esame oftalmoscopico possono comprendere emorragie, essudati e papilledema, quale segno di edema cerebrale associato a ipertensione maligna, o alterazioni metaboliche.

Altre alterazioni, indici di patologia del sistema urinario, comprendono: stomatiti, un alito con odore di ammoniaca e l’ingrandimento dei reni, della vescica o della prostata alla palpazione.

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Esami di laboratorio

Esami ematologici: una valutazione ematologica può suggerire la presenza di malattia renale. L’anemia (soprattutto quella normocitica-normocromica da carenza di eritropoietina) può essere un indizio di insufficienza renale, ma bisogna escludere molte altre cause (p. es., neoplasie, patologie infiammatorie sistemiche). La policitemia si può riscontrare nel carcinoma renale o nella malattia policistica, ma le cause più frequenti andrebbero considerate per prime .

Gli esami ematochimici sono spesso anormali nell’insufficienza renale, ma le alterazioni sono aspecifiche. L’ipernatriemia, per esempio (v. Cap. 12) è per lo più dovuta a mancanza di un’adeguata assunzione di acqua in un paziente obnubilato, ma può essere provocata da una perdita eccessiva di acqua per un difetto di concentrazione renale dovuto a un’affezione tubulo-interstiziale (p. es., diabete insipido nefrogeno [DIN], nefropatia ipercalcemica o da deplezione di potassio). Il HCO3 sierico può diminuire in conseguenza di acidosi metabolica dovuta a malattia renale, di acidosi lattica o di chetoacidosi. In assenza di un danno muscolare acuto, un persistente aumento della creatinina sierica è altamente specifico per patologia renale (v. Misurazione della funzione renale, oltre ).

Esame chimico dell’urina: l’esame chimico delle urine è la miglior guida per evidenziare malattie GU intrinseche e comprende l’esame microscopico del sedimento e la valutazione qualitativa di proteine, glucoso, chetoni, sangue, nitriti ed esterasi leucocitaria. In condizioni standard, la concentrazione di soluto dell’urina (osmolarità o p. sp.) o il pH urinario possono assumere significato diagnostico. L’esame chimico delle urine di routine in pazienti asintomatici è raramente positivo e altrettanto raramente induce la richiesta di ulteriori indagini o cambiamenti terapeutici. Solo nelle donne gravide vi sono buone ragioni per eseguire lo screening della batteriuria (per prevenire serie complicanze materne e fetali) e della proteinuria (per individuare la preeclampsia). Tuttavia, l’esame chimico delle urine per batteriuria ha il 2% di falsi negativi e quindi si raccomanda un esame colturale con conta delle colonie. La ripetizione del test per nitriti in un campione di urina del primo mattino può essere un metodo utile ed economico per seguire le donne in gravidanza in fase avanzata dopo un esame colturale negativo.

Elementi particellari nell’urina, che possono venire separati e concentrati forzando l’urina attraverso un filtro membranoso, richiedono speciali tecniche di colorazione per la microscopia ma forniscono un dato permanente. Generalmente, si centrifugano 10-15 ml di urina emessa da poco, per 5 min e a bassa velocità (1500 giri/ min). Dopo aver scartato il sopranatante, si esamina il residuo in una speciale camera emocitometrica a volume fisso, ma può essere sufficiente anche un comune vetrino da microscopio con coprioggetto. Usando una luce ridotta con un obiettivo a piccolo ingrandimento, vengono esaminati diversi campi. Aumentando la luce, con l’obiettivo a forte ingrandimento, vengono identificati cilindri e cellule specifiche (v. Tab. 214-2). Una stima semiquantitativa della quantità di questi elementi figurati viene fatta tramite un conteggio nei campi a piccolo e forte ingrandimento (p. es., da 10 a 15 GB/campo microscopico ad alto ingrandimento).

L’urina normale contiene poche cellule e altri elementi figurati, riversati in essa durante l’intero percorso nel sistema urinario. In presenza di una malattia, queste cellule aumentano e possono aiutare a localizzare la sede e il tipo di lesione. Nelle donne, l’urina emessa contiene anche cellule del tratto genitale. Una malattia del sistema urinario è indicata in un uomo da > 1 GB, GR o cellule epiteliali per campo ad alta risoluzione (400 ×), vale a dire > 1000 cellule/ml o in una donna da > 4 GB per campo ad alta risoluzione, cioè, > 4000 cellule/ml nelle urine centrifugate. Leucociti in numero eccessivo possono indicare infezione o altre malattie infiammatorie. In pazienti sintomatici il riscontro di > 10 leucociti/ml è fortemente indicativo di batteriuria significativa. Trovare batteri occasionali in un sedimento urinario centrifugato non indica necessariamente la presenza di IVU. Tuttavia, batteri in un campione non centrifugato di urina appena emessa con urinocolture con una conta di colonie 105 unità formanti colonie (colony-forming unit, CFU)/ml sono indice di un’IVU piuttosto che di contaminazione.

Una quantità eccessiva di GR può indicare la presenza di infezione, tumore, calcoli o infiammazione a carico di un qualsiasi punto del sistema urinario. Quando  80% dei GR è dismorfico (ampio intervallo di variazioni morfologiche), l’ematuria è probabilmente di origine glomerulare (v. Cap. 224). In alcune condizioni cliniche, l’analisi della morfologia dei GR può essere irrealizzabile. Per esempio, nella diuresi forzata, nella macroematuria con glomerulonefrite o nell’insufficienza renale può ritrovarsi eritrocituria isomorfa. Un quadro morfologico vario di GR urinari si può verificare nella glomerulonefrite da IgA, una causa frequente di ematuria glomerulare. La recente identificazione di acantociti (GR rotondi con una o più protrusioni di differenti forme e ampiezza) è un marker più specifico di sanguinamento glomerulare. Alcuni studi indicano che se il 5% dei GR urinari totali è composto di acantociti, allora può essere diagnosticata, con un alto indice di sensibilità (71%) e specificità (98%), una sottostante malattia glomerulare.

Si possono ritrovare cristalli di vari sali (p. es., ossalati, fosfati, urati) o di farmaci (p. es., sulfamidici) quando le loro concentrazioni e il pH urinario superino i limiti della loro solubilità.

Nel sedimento urinario, i cilindri (masse cilindriche di mucoproteine nelle quali possono essere intrappolati elementi cellulari, proteine o goccioline grasse) sono importantissimi per distinguere un’affezione renale primitiva da patologie delle vie urinarie (v. Tab. 214-1).

La proteinuria è riscontrabile in modo semplice e rapido mediante i test reattivi disponibili in commercio. Questa tecnica è sensibile alla presenza di basse dosi, 5-20 mg/dl, di albumina, la proteina predominante nella maggioranza delle affezioni renali, ma è meno sensibile alle globuline e alle mucoproteine e può essere negativa in presenza di proteina di Bence-Jones. L’elettroforesi, l’immunoelettroforesi e test radioimmunologici sono in grado anche di separare o quantificare varie proteine urinarie.

I principali meccanismi che provocano proteinuria sono: alte concentrazioni plasmatiche di proteine normali o anormali (proteinuria da "iperafflusso" p. es., lisozimuria nella leucemia mielomonocitica, proteinuria di Bence-Jones); aumentata secrezione da parte delle cellule dei tubuli (proteinuria di Tamm-Horsfall); minore riassorbimento tubulare di proteine normalmente filtrate e aumento di proteine filtrate causato da un’alterata permeabilità dei capillari glomerulari.

Negli adulti, la proteinuria viene riscontrata come reperto occasionale durante una normale visita medica. La proteinuria può essere intermittente, ortostatica (presente soltanto nella posizione eretta) o costante (persistente). La maggior parte dei pazienti con proteinuria intermittente od ortostatica non mostra alcun deterioramento della funzione renale e in circa il 50% di essi la proteinuria scompare dopo diversi anni. La presenza, però, di proteinuria costante è un problema più serio. Sebbene il decorso sia asintomatico senza altri segni di malattia renale (p. es., ematuria microscopica), la maggior parte dei pazienti ha proteinuria per molti anni; molti sviluppano un sedimento urinario anormale e ipertensione, e una minoranza progredisce fino all’insufficienza renale.

Le misurazioni dell’escrezione di proteine sono utili per la diagnosi e per seguire il decorso dei pazienti, specialmente se la proteinuria è costante. Si può effettuare la misura dell’escrezione di proteine totali nella 24 ore (valori normali, < 150 mg/die). Alternativamente, viene misurato, in un campione casuale di urine, il rapporto proteine/creatinina (valori normali < 0,2). Una grave proteinuria (> 2 g/m2/die o un rapporto proteina/creatinina > 2) solitamente si riscontra in pazienti con sindrome nefrosica da glomerulonefrite (v. Cap. 224).

La proteinuria è di solito minima, intermittente o assente nelle patologie tubulo-interstiziali (p. es., pielonefrite, nefropatia da analgesici, nefrosclerosi benigna, nefropatie da ipercalcemia e da deplezione di potassio).

La proteinuria da sforzo si verifica a volte in maratoneti, pugili e jogger. È accompagnata da un aumento di catecolamine e può essere associata a emoglobinuria, ematuria o persino mioglobinuria.

Per la glicosuria il test con stick reattivi è specifico e sensibile, essendo in grado di dimostrare anche la presenza di una piccola quantità di glucoso, come 100 mg/dl (5,5 mmol/l). La causa più frequente di glicosuria è l’iperglicemia con normale trasporto renale di glucoso. Tuttavia, se la glicosuria persiste con normali concentrazioni ematiche di glucoso, si dovrebbe prendere in considerazione una disfunzione dei tubuli renali.

Per la chetonuria il reagente degli stick è più sensibile all’acido acetoacetico che all’acetone e non reagisce con l’acido b-idrossibutirrico. La chetonuria di solito è aspecifica e l’acido acetoacetico, l’acetone e l’acido b-idrossibutirrico vengono tutti escreti nell’urina. Il riscontro di uno di questi 3 componenti nelle urine è in genere sufficiente per diagnosticare la chetonuria. La chetonuria è un indice dell’eziologia dell’acidosi metabolica. È presente nel digiuno prolungato, nel diabete mellito scompensato e talvolta nell’intossicazione da etanolo. Non è specifica di un’affezione intrinseca del sistema urinario.

Per l’ematuria il reagente delle strisce reattive è sensibile alla Hb libera e alla mioglobina. Un test positivo in assenza di GR all’esame microscopico è indice di emoglobinuria o di mioglobinuria ed è un indizio importante dell’eziologia in un paziente con insufficienza renale acuta.

Per la nitrituria il test dipende dalla trasformazione di nitrato (derivato da metaboliti dietetici) in nitrito tramite l’azione di alcuni batteri nell’urina. Normalmente non si rileva la presenza di nitriti. In presenza di batteriuria importante, il test sarà positivo nell’80% dei casi in cui l’urina è rimasta per almeno  4 h nella vescica. Quindi, un test positivo è un indice affidabile di batteriuria significativa. Comunque un test negativo non la esclude. Le ragioni di un test negativo in presenza di batteriuria comprendono: insufficiente tempo d’incubazione nella vescica per la trasformazione di nitrato in nitrito, scarsa escrezione urinaria di nitrato, assenza in alcuni microrganismi urinari patogeni degli enzimi che trasformano il nitrato in nitrito e riduzione dei nitrati in azoto da parte di enzimi batterici.

L’esterasi leucocitaria, si ritrova nei granuli azzurrofili o principali dei neutrofili. Il suo rilevamento, che indica la presenza di GB, è un surrogato per rilevare la presenza di batteriuria, ma in realtà è suggestiva della presenza di un processo flogistico di qualsiasi natura, il più comune dei quali è l’infezione batterica. Si possono verificare falsi negativi in presenza di urine molto concentrate, di glicosuria, di urobilinogeno, di fenazopiridina, di nitrofurantoina, di rifampicina e di grandi quantità di vitamina C.

L’osmolarità è la concentrazione totale di soluti nelle urine, espressa come mOsm/kg (mmol/kg) di acqua urinaria. La miglior determinazione si ottiene con un osmometro. La normale osmolarità urinaria varia tra i 50 e i 1200 mOsm/kg secondo il titolo circolante di vasopressina e dell’indice di escrezione di soluti urinari. Sebbene la perdita della capacità di concentrazione urinaria sia un test sensibile di disfunzione renale, la misurazione dell’osmolarità urinaria (o del peso specifico) in un campione di urina raccolta casualmente è di aiuto soltanto quando è maggiore di 700 mOsm/ kg (peso specifico 1020), poiché esclude un’importante patologia tubulo-interstiziale. Valori dell’osmolarità più bassi possono essere normali o anormali a seconda del precedente stato di idratazione.

Il peso specifico dell’urina viene misurato per mezzo di un urinometro o mediante l’indice di rifrazione (rifrattometro) o mediante strisce reattive. Sebbene la correlazione con l’osmolarità non sia lineare, essa è sufficiente per le applicazioni cliniche tranne quando siano presenti grandi quantità di glucoso o di soluti ad alto peso molecolare quali sostanze proteiche od organiche iodate (mezzi di contrasto radiografico). Diversamente dall’urinometro e dal rifrattometro che danno valori anormalmente elevati in contrasto con valori bassi di osmolarità, le strisce reattive per la valutazione del peso specifico risentono della presenza di queste sostanze nell’urina.

Il pH urinario viene misurato da uno stick reattivo impregnato con vari coloranti che cambiano colore quando il pH varia tra 5 a 9. Sebbene questo esame sia eseguito di routine, non identifica né esclude i pazienti con patologia del sistema urinario. Tuttavia, spesso aiuta a identificare i vari cristalli che possono trovarsi nell’urina all’esame microscopico. L’esame del pH urinario mediante pH-metria è un punto critico nella diagnosi dell’acidosi tubulare renale di tipo distale, che è suggerita da un pH urinario > 5,5 dopo un carico acido. Il pH urinario in pazienti con altri tipi di affezione renale generalmente varia in modo relativamente normale, anche se la capacita di eliminare acido titolabile e ammoniaca può essere ridotta.

Urinocoltura quantitativa: si deve ottenere un campione per urinocoltura che rappresenti l’urina della vescica senza contaminazione da altre fonti. Ciò si può ottenere direttamente con un catetere uretrale o con aspirazione sovrapubica con ago dalla vescica. Tecniche non invasive, che utilizzino urine del mitto intermedio raccolte sterilmente e metodi di coltura quantitativa, di solito possono fornire informazioni adeguate senza i rischi di una manovra strumentale. L’interpretazione del numero delle colonie batteriche deve tener conto delle condizioni cliniche del paziente (v. Tab. 214-3).

Le indagini per la localizzazione dell’infezione (v. Tab. 214-4) si basano sull’ipotesi che i batteri provenienti dagli ureteri siano indicativi d’infezione renale (v. anche Cap. 227). La maggior parte dei pazienti con IVU ha batteriuria vescicale senza evidenza di invasione tissutale, che risponde prontamente a un trattamento antibiotico adeguato (a meno che non vi sia un’ostruzione urinaria). Indagini per la localizzazione non sono indicate. Tuttavia, nel paziente con frequenti recidive di infezioni, le indagini di localizzazione possono aiutare a scoprirne la causa e portare a un diverso trattamento terapeutico. Il metodo del "washout" vescicale è probabilmente la procedura meno invasiva di localizzazione, poiché evita la cistoscopia e la cateterizzazione ureterale.

Misurazione della funzionalità renale: i test di funzionalità renale (v. Tab. 214-5) sono utili nel valutare la gravità della patologia renale e nel seguirne l’evoluzione.

La creatinina sierica può essere adoperata come un indice della funzionalità renale, poiché la produzione e l’escrezione di creatinina sono ragionevolmente costanti in assenza di malattie muscolari. La concentrazione plasmatica di creatinina varia inversamente alla GFR ed è di conseguenza un utile indice della GFR stessa, se si considerano la sua produzione (in rapporto alla massa muscolare e all’età) e metabolismo (maggiore nell’uremia). Il limite più alto di concentrazione plasmatica di creatinina in uomini con una GFR normale è di 1,2 mg/dl (110 mmol/l); nelle donne, di 1 mg/dl (90 mmol/l).

La creatinina clearance negli uomini è di 140-200 l/die (70 ± 14 ml/min/m2) e nelle donne di 120-180 l/die (60 ± 10 ml/min/m2). Negli uomini, si può calcolare la creatinina clearance (Clcreat) dalla concentrazione sierica di creatinina come:

Nelle donne, i valori calcolati vengono moltiplicati per 0,85.

La clearance della creatinina non è utile per scoprire lesioni renali precoci a causa dell’ipertrofia dei glomeruli residui. Dopo la perdita dal 50 al 75% della normale superficie di filtrazione glomerulare, si evidenzia chiaramente una diminuzione della clearance della creatinina. Quindi, una clearance della creatinina normale non può escludere la presenza di una patologia renale di modesta entità.

Diversamente dalla creatinina sierica, l’azoto ureico (Blood Urea Nitrogen, BUN) non è utilizzabile come unico indice di valutazione della funzionalità renale poiché è influenzato da variazioni del flusso urinario e dalla produzione e metabolismo dell’urea. Il rapporto BUN:creatininemia è spesso usato per differenziare l’iperazotemia prerenale, renale o postrenale (ostruttiva). Un rapporto > 15 è anormale e indica un’iperazotemia prerenale o postrenale. Il rapporto azoto ureico:creatininemia si eleva ogni qual volta la produzione di urea aumenta con la dieta, con la nutrizione parenterale totale o con terapia steroidea, con alcune neoplasie e antibiotici e con l’ipercatabolismo proteico, come si osserva nelle infezioni e nel diabete mellito scompensato. Le cause di iperazotemia prerenale comprendono shock, perdita di liquidi extracellulari, emorragia massiva GI, grave insufficienza epatica e cardiaca e stenosi serrata bilaterale dell’arteria renale. Il rapporto azoto ureico:creatininemia è normale nell’iperazotemia di origine renale. Si riscontra un rapporto basso in gravidanza, in caso d’iperidratazione, nella grave epatopatia e nella malnutrizione.

I test per la capacità di concentrazione renale sono semplici e diagnosticamente utili. Una perdita della capacità di concentrazione in presenza di un’adeguata stimolazione da parte della vasopressina è associata a malattia tubulo-interstiziale (edema, infiltrato, fibrosi), tranne quando vi sia un diabete insipido nefrogeno (DIN). La perdita della capacità di concentrazione è frequentemente presente molto prima che sia misurabile una diminuzione della GFR. I test migliori per valutare la capacità di concentrazione del rene sono quello della privazione di acqua per un periodo di 12-14 ore e quello della risposta alla vasopressina esogena. Dopo che il paziente ha digiunato per 12-14 ore durante la notte, vengono misurati l’osmolarità della prima urina del mattino e dei successivi campioni raccolti ogni ora. La massima capacità di concentrazione è stata raggiunta con la privazione di acqua quando vi è una differenza di < 30 mOsm/kg o di gr < 0,001 peso specifico nelle misurazioni consecutive di ogni ora. Vengono somministrate 5 U SC di vasopressina acquosa o 10 mg di desmopressina per insufflazione nasale e l’osmolarità urinaria viene misurata dopo un’altra ora. I risultati di questo tipo di esame sono mostrati nella Fig. 214-1. (Attenzione: nei pazienti con insufficienza renale, la privazione di acqua può essere pericolosa e di solito non è utile per la diagnosi; la capacità di concentrazione è sempre anormale quando la GFR è ridotta in modo significativo.) Se non si ha risposta né alla privazione di acqua né alla vasopressina esogena, vi può essere un difetto intrinseco della concentrazione renale che può essere dovuto a una o più delle seguenti cause di danno funzionale tubulare: congenito (p. es., diabete insipido nefrogeno, DIN, sindrome di Fanconi) o acquisito (p. es., diuresi osmotica, alcuni diuretici [furosemide, bumetanide, acido etacrinico], deficit di potassio o ipercalcemia). Altrimenti, si deve prendere in considerazione una malattia tubulo-interstiziale, come si osserva nella malattia drepanocitica, nella nefrite tossica, nella pielonefrite, nella nefrosclerosi o in qualsiasi altra patologia renale tanto grave da produrre iperazotemia. Per altre risposte a questi test e per le loro interpretazioni, v. Terapia in Diabete insipido nel Cap. 7.

La misurazione del flusso plasmatico renale non è clinicamente più utile della GFR ma è più difficile e costosa.

Test speciali addizionali della funzione tubulare renale richiedono solitamente laboratori di ricerca specializzati e vengono riservati a pazienti con problemi specifici. Tuttavia, i test che misurano fosfati e urati plasmatici, aminoacidi urinari e pH urinario sono facilmente ottenibili e possono dimostrarsi utili nello screening di specifici problemi clinici.

Tecniche di diagnostica per immagini: la radiografia diretta dell’addome (rene, uretere, vescica) può rivelare la dimensione e la posizione dei reni ma è stata ormai superata dall’ecografia. Poiché le affezioni GI e GU tendono a confondersi quanto a sintomi, la radiografia può essere utile nella diagnosi differenziale. Tuttavia, il contorno renale può essere nascosto dal contenuto intestinale, dalla mancanza del grasso perirenale o da un ematoma o ascesso perirenale. Questa difficoltà può essere superata dalla TC. Può venire svelata l’assenza congenita di un rene. Se entrambi i reni sono insolitamente grandi, ci si può trovare in presenza di una malattia policistica renale, di un mieloma, di un linfoma, di amiloidosi o d’idronefrosi. Se entrambi i reni sono piccoli, si deve prendere in considerazione lo stadio finale di una displasia renale bilaterale o di una malattia sclerosante (p. es., glomerulonefrite, nefrite tubulo-interstiziale, nefroangiosclerosi). Un ingrandimento monolaterale suggerisce un tumore renale, una cisti o un’idronefrosi, mentre un rene piccolo monolaterale, è compatibile con displasia congenita, con pielonefrite atrofica o con un rene ischemico. Normalmente, il rene sinistro è più lungo di 0,5 cm del destro.

Nel 90% dei casi, il rene destro è più basso del sinistro in quanto spostato dal fegato. Gli assi maggiori dei reni sono obliqui rispetto alla colonna vertebrale e tendono a essere paralleli rispetto ai margini dei muscoli psoas. Se entrambi i reni sono paralleli alla colonna vertebrale, bisogna pensare alla possibilità di reni a ferro di cavallo. Se soltanto un rene è dislocato, vi può essere un tumore o una cisti.

Poiché la radiografia è bidimensionale, è praticamente impossibile fare diagnosi di calcolosi della via urinaria, a meno che non vi sia un calcolo "a corna di cervo". Tuttavia si possono notare formazioni radiopache sospette nelle regioni surrenalica, renale, ureterale, vescicale o prostatica. Per poter localizzare calcificazioni soprattutto all’interno di queste strutture sono necessarie radiografie oblique e laterali e la visualizzazione della via urinaria con mezzo di contrasto, con l’ecografia e con la TC.

L’urografia endovenosa (UE, chiamata comunemente, ma non correttamente PEV, pielografia endovenosa) è effettuata per visualizzare il rene e il tratto inferiore della via urinaria. Viene eseguita con infusione EV di un derivato iodato dell’acido benzoico. La molecola iodata fornisce la radiopacità, mentre l’acido benzoico viene rapidamente filtrato dal rene. Un mezzo di contrasto dopo infusione EV si concentra nei tubuli renali in 5 min, fornendo un nefrogramma. La TC renale viene spesso eseguita per mostrare i contorni renali che possono altrimenti essere nascosti dal gas sovrastante o dal contenuto intestinale. Inoltre, si possono frequentemente differenziare le cisti dalle neoplasie solide. Più tardi il mezzo di contrasto appare nel sistema collettore, tracciando i contorni della pelvi renale, degli ureteri e, in ultimo, della vescica. La visualizzazione dipende dalla concentrazione del mezzo di contrasto nei reni e nel sistema collettore. Quindi, i migliori radiogrammi si ottengono nei pazienti con una GFR normale non diuretizzati al momento della somministrazione del mezzo di contrasto. Uno studio adeguato è generalmente difficile da ottenere in pazienti con BUN > 50 mg/dl (> 17,8 mmol urea/ l) o con creatininemia > 3 mg/dl (270 mmol/l). Per i pazienti con iperazotemia, sono meno rischiose e vengono quindi preferite altre tecniche di visualizzazione renale (p. es., l’ecografia o, se indicata, la TC).

L’urografia endovenosa è indicata per individuare la causa di IVU ricorrenti o quando la sede di un’ostruzione provoca idronefrosi, reflusso vescico-ureterale, ipertensione e urolitiasi. Se si sospetta una lesione renale, l’urografia confermerà che il rene non leso è normale e fornirà informazioni funzionali sul rene colpito. Comunque in caso di trauma del sistema urinario, si preferisce la TC (o talvolta l’angiografia).

(Attenzione: in seguito a procedure contrastografiche, occasionalmente, si nota insufficienza renale acuta [incidenza < 0,5%]in pazienti a basso rischio. Il meccanismo è sconosciuto, ma i fattori concomitanti di rischio per nefropatia da mezzo di contrasto comprendono: preesistente insufficienza renale, diabete mellito, età avanzata, disidratazione e mieloma multiplo. Quando vengono eseguiti studi contrastografici in pazienti ad alto rischio, un’idratazione adeguata, un mezzo di contrasto non ionico e una riduzione del dosaggio possono ridurre il rischio.)

Nella pielografia retrograda, i mezzi di contrasto radiopachi, simili a quelli impiegati per l’urografia endovenosa, vengono introdotti direttamente nella via urinaria previa cistoscopia e cateterizzazione dell’uretere. La pielografia ascendente fornisce un’opacizzazione più intensa del sistema collettore e minzionale, quando l’urografia ha avuto insuccesso per la modesta funzionalità renale o non ha visualizzato il rene, quando vi è un sanguinamento delle alte vie urinarie con una normale urografia, o quando questa mostra un difetto di riempimento. Inoltre, una valutazione per via retrograda può essere indicata per stabilire il grado di ostruzione ureterale o quando il paziente è allergico ai mezzi di contrasto EV. È anche utile per un esame dettagliato del sistema collettore pelvicaliceale, degli ureteri (compreso il sospetto di fistola ureterovaginale) e della vescica. Gli svantaggi sono: rischio di infezione, distorsione dei calici per iperdistensione; fenomeni di flusso retrogrado ("backflow") che oscurano il dettaglio, edema ureterale acuto, ostruzione per stenosi secondaria e la necessità dell’anestesia.

Nella pielografia anterograda, il mezzo di contrasto viene introdotto nella pelvi renale mediante visualizzazione radiografica. Questa indagine può essere indicata quando la pielografia retrograda non può essere effettuata per l’impossibilità di incannulare un uretere, per la presenza di una grave patologia vescicale, per la presenza di un uretere ectopico o reimpiantato o per l’impossibilità di iniettare il mezzo di contrasto al di sopra del punto ostruito nell’uretere.

La cistografia, che è una fase dell’urografia endovenosa, può rivelarsi insoddisfacente per una scarsa opacizzazione o per un riempimento incompleto. È allora necessaria una cistografia retrograda (riempimento controllato della vescica tramite catetere) per un’adeguata visualizzazione. La cistografia retrograda è consigliabile per studi sulla vescica neurogena, sulle rotture vescicali o sulle infezioni ricorrenti della via urinaria. Cause quali reflusso vescico-ureterale o fistole vescicali possono essere diagnosticate con questa tecnica o con scintigrafia vescicale. I radiogrammi vengono scattati durante e dopo la minzione per essere sicuri di un adeguato svuotamento vescicale.

L’uretra maschile può essere esaminata durante la minzione, al termine della cistografia (uretrocistografia minzionale). Se non può essere inserito un catetere uretrale, viene utilizzata l’iniezione retrograda di un mezzo di contrasto per delineare una patologia uretrale (uretrocistografia retrograda).

La TC è più costosa dell’ecografia e della urografia. Tuttavia la TC è utilissima nel valutare il carattere e l’estensione delle masse renali o nel determinare l’eziologia di una massa retroperitoneale che deforma il normale profilo del via urinaria (p. es., un linfonodo addominale ingrandito). Le cisti renali hanno una bassa densità alla TC. Dopo iniezione EV di mezzo di contrasto, non vi è alcun immagine di rinforzo; piuttosto, la cisti spicca come una "lucentezza" prominente contro il parenchima contenente il contrasto. Al contrario, il carcinoma renale è generalmente isodenso alla scansione senza contrasto, mentre con il contrasto EV può mostrare una maggiore densità provocata dall’ipervascolarizzazione della lesione. Un rafforzamento del contrasto aiuta spesso a dimostrare aree necrotiche dentro la massa e aree a contenuto grasso che suggeriscono la presenza di un angiomiolipoma. Spesso è possibile determinare l’estensione dell’interessamento extrarenale da parte del tumore. Quando si sospetta o sia nota la presenza di un carcinoma vescicale, la TC, con immissione sequenziale intravescicale di aria e mezzo di contrasto, rappresenta un’altra tecnica efficace.

L’angiografia è la tecnica di diagnostica per immagini più invasiva e viene riservata per indicazioni particolari. I mezzi di contrasto possono essere introdotti per via retrograda, in cui un catetere viene inserito in un’arteria periferica (femorale, ascellare) e spinto nel lume aortico fino all’area desiderata, e per via translombare, ora impiegata raramente, in cui si punge l’aorta per via percutanea. La tecnica retrograda è più sicura e più semplice, e fornisce angiogrammi migliori. In molte istituzioni l’arteriografia convenzionale è stata sostituita dalle tecniche digitali, che sono più sicure poiché possono essere usate minori quantità di mezzo di contrasto e cateteri più piccoli.

L’angiografia trova la sua indicazione nella diagnosi di: possibili lesioni vascolari (p. es., aneurisma); massa di incerta natura evidenziata alla TC; embolizzazione di un tumore renale; inadeguata visualizzazione alla TC delle vene renali o della vena cava inferiore. A volte, in caso di tumori voluminosi, l’arteriografia è indicata per tracciare una mappa della vascolarizzazione. L’angiografia può anche essere utile in caso di sospetta ipertensione nefrogena; anomalie renali congenite di struttura, posizione o vascolarizzazione; sanguinamento renale monolaterale persistente in presenza di una normale urografia; ridotta funzionalità renale di relativamente recente esordio quando la pielografia retrograda è normale o se la cateterizzazione retrograda ureterale non ha avuto successo e nei casi in cui sia necessaria un’accurata conoscenza della vascolarizzazione prima di un intervento chirurgico (p. es., per una nefrectomia parziale o per un trapianto da donatore vivente). Le complicanze comprendono lesioni dei vasi incannulati e degli organi limitrofi, reazioni al mezzo di contrasto, emorragia.

Nella venografia la vena cava inferiore viene visualizzata per motivi diagnostici tramite puntura percutanea della vena femorale. Poche sono state le complicanze registrate con questa procedura, limitate a uno stravaso di sangue e di mezzo di contrasto nell’area dell’iniezione. La cateterizzazione della vena renale consente di prelevare campioni, per la misurazione della renina nella vena renale, per la diagnosi di trombosi della vena renale e per valutare l’estensione di una neoplasia renale maligna, quando l’ecografia o la TC non forniscono risposte attendibili.

L’ecografia (ECO), tecnica relativamente innocua e non invasiva, presenta alcuni vantaggi in quanto la visualizzazione non dipende dalla funzionalità. Ciò nondimeno, si possono dedurre alcune informazioni funzionali, specialmente nel feto, in cui i reni possono essere identificati dopo circa 20 sett. di gestazione, permettendo la misurazione della quota di produzione di urina mediante stime seriate del volume della vescica. Per i neonati, l’ECO rappresenta la tecnica di prima scelta per investigare masse addominali, IVU e anomalie sospette del sistema urinario, poiché è atraumatica e ottiene risultati molto accurati.

Il rene può essere delineato efficacemente e il quadro ecografico pelvicaliceale può essere esaminato criticamente con scansioni fatte nelle diverse posizioni. L’ECO è particolarmente efficace nel diagnosticare le malattie policistiche del rene, nel differenziare tra cisti renali e tumori, nel rivelare idronefrosi e raccolte di fluido perirenale o emorragia intrarenale, nel valutare la dimensione dei reni e nel localizzare la sede ottimale per la biopsia renale percutanea o per la nefrostomia. L’ECO costituisce il metodo diagnostico migliore in un paziente uremico quando non è consentita la somministrazione di mezzo di contrasto e di radioisotopi. L’ECO è efficace nella valutazione del trapianto renale in casi di improvvise modificazioni delle dimensioni dei reni; nel rivelare ostruzione, linfocele o emorragia perirenale; nell’indicare patologie retroperitoneali quali tumore, linfoadenopatia o emorragia. L’eco Doppler può mostrare la pervietà delle arterie e delle vene e la quantità nonché la velocità del flusso sanguigno, utili nella valutazione dei pazienti trapiantati di rene o di pazienti particolari con ipertensione.

La vescica ripiena di urina viene delineata velocemente dagli ultrasuoni. Normalmente, le modificazioni del contorno della parete vescicale dipendono dalla quantità di urina presente. L’assenza di modificazioni del normale contorno, la distorsione della posizione della vescica, o un anormale ispessimento della parete indicano una patologia pelvica o della parete vescicale. Anche se l’ecografia può evidenziare tumori della vescica, la TC costituisce una tecnica di valutazione migliore.

La RMN fornisce ulteriori informazioni riguardo masse renali che non si riescono a definire con altre indagine radiologiche. Consente di ottenere immagini nei piani trasversale, coronale, sagittale. I dati morfologici sono ottenuti dalla ricostruzione tridimensionale del tessuto. Le lesioni renali solide e cistiche sono diagnosticate altrettanto precocemente con la TC, ma la RMN fornisce informazioni riguardo al liquido della cisti per la diagnosi differenziale tra emorragia e infezione. Inoltre, la RMN definisce le strutture vascolari e perirenali, permettendo la diagnosi di trombosi, di aneurisma, di fistola artero-venosa o di infiltrazione neoplastica. A livello pelvico, la RMN mostra ogni piano tissutale e può evidenziare le vescicole seminali e l’estensione dell’invasione parietale di una neoplasia vescicale. La RMN riconosce i propri limiti nel movimento respiratorio e nella peristalsi. Le calcificazioni intrarenali sono mal definite poiché hanno protoni poco mobili.

La RMN, effettuata impiegando come contrasto l’acido penteico gadolinico somministrato in bolo, e la tecnica di immagini a rapida sequenza, viene sempre più adoperata. Questa tecnica fornisce informazioni sulla GFR e sulla funzione tubulare.

Studi morfologici: la biopsia renale viene eseguita per stabilire la diagnosi istologica; per aiutare a valutare la prognosi e la potenziale reversibilità o progressione della lesione renale, l’efficacia delle terapie in atto e per determinare la storia naturale delle patologie renali. L’unica controindicazione assoluta alla biopsia è la presenza di un disordine emorragico incontrollabile. La biopsia di un monorene nativo è una controindicazione relativa, da soppesare a fronte della necessità di informazioni. Vengono frequentemente eseguite biopsie di un rene trapiantato funzionante, per diagnosticare i vari tipi di nefropatia (p. es., rigetto, tossicità da farmaci, recidiva della malattia renale primitiva). Le condizioni associate a una maggiore morbosità in seguito a biopsia sono considerate come controindicazioni relative: p. es., tumori renali, voluminose cisti renali, idronefrosi, ascessi perirenali, grave riduzione del volume ematico o plasmatico, ipertensione grave e insufficienza renale avanzata con sintomi di uremia.

La biopsia a cielo aperto è raramente necessaria; soltanto quando ha avuto insuccesso il metodo percutaneo o quando il controllo visivo diretto della biopsia è importante. Per la tecnica percutanea, il paziente viene sedato e il rene viene visualizzato con tecniche radiografiche o ecografiche. Il paziente viene messo in posizione prona; dopo aver anestetizzato la cute sovrastante e i muscoli del dorso, viene inserito l’ago da biopsia; il tessuto ottenuto serve per la microscopia ottica, elettronica e a immunofluorescenza.

La citologia urinaria è utile nello screening di possibili neoplasie della via urinaria in popolazioni ad alto rischio (p. es., i lavoratori delle industrie petrolchimiche e i pazienti con ematuria senza dolore dovuta a cause non renali) e nel controllo a distanza di pazienti già sottoposti a resezione di tumori vescicali. Si devono esaminare numerosi campioni consecutivi di urina, a partire da quella iniziale, alla ricerca di cellule esfoliative anormali. Si riscontra una citologia anormale nel 70-85% dei pazienti con neoplasia epiteliale della via urinaria già nota, ma lesioni iperplastiche reattive o infiammatorie della via urinaria o farmaci citotossici assunti per neoplasie non urogenitali possono dare falsi positivi. In pazienti asintomatici, l’incidenza di cellule neoplastiche nelle urine è di circa lo 0,1%. I reperti falsamente negativi sono solitamente associati a neoplasie con un basso grado istologico. L’accuratezza diagnostica per le neoplasie vescicali può essere aumentata effettuando un vigoroso lavaggio vescicale con soluzione di NaCl allo 0,9% (50 ml immessi e quindi aspirati per mezzo di una siringa, attraverso un catetere). Le cellule raccolte nella soluzione fisiologica sono quindi concentrate ed esaminate.

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