17. DISORDINI GENITOURINARI

225. MALATTIA TUBULO-INTERSTIZIALE

NEFRITE TUBULO-INTERSTIZIALE ACUTA

Sindrome caratterizzata da insufficienza renale acuta che interessa principalmente i tubuli e il tessuto interstiziale.

Sommario:

Eziologia
Sintomi, segni e diagnosi
Prognosi e terapia


Eziologia

La causa più comune è la tossicità da ipersensibilità alla terapia farmacologica. Soltanto pochi farmaci (dei > 80 farmaci associati a questa sindrome) sono responsabile della maggior parte dei casi (v. Tab. 225-2 e 226-1). Il riconoscimento di un’eziologia farmaco-correlata è importante dal momento che un grave danno renale è spesso prevedibile o reversibile. Possono anche essere responsabili la sarcoidosi, la Legionella, la leptospirosi, lo Streptococco, le infezioni virali e alcune erbe cinesi.

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Sintomi, segni e diagnosi

L’insorgenza dopo terapia farmacologica può verificarsi dopo diverse settimane da una singola somministrazione, così come dopo 3-5 giorni da una seconda assunzione. Il tempo di latenza varia da 1 giorno con la rifampicina a 18 mesi con un FANS.

La presentazione di una nefrite tubulo-interstiziale acuta varia, ma l’insufficienza renale acuta, con o senza oliguria, correlata temporalmente con un farmaco responsabile o un infezione è caratteristica. La febbre si verifica in molti casi e può essere accompagnata da un rash orticarioide. Il sedimento urinario di solito rivela GB, GR e cilindri leucocitari ma è talvolta poco significativo. Sia eosinofilia che eosinofiluria (impiegando la colorazione di Hansel) si manifestano in > 75% dei casi. La proteinuria di solito è minima. Nella malattia indotta da FANS, febbre, rash e eosinofilia sono di solito assenti, ma proteinuria nel range nefrosico con minime alterazioni glomerulari vengono spesso osservate (sono osservata anche con ampicillina, rifampicina, interferon o ranitidina).

Molti pazienti sviluppano segni di disfunzione tubulare come poliuria (difetto di concentrazione), deplezione di volume (difetto nella conservazione di Na), iperkaliemia (difetto nella escrezione di K) e acidosi metabolica (difetto nella escrezione acida). I reni sono solitamente ingranditi a causa dell’edema interstiziale e captano con avidità il gallio radioattivo o i leucociti marcati con radionuclidi. Tuttavia, una scintigrafia al gallio-67 negativa non esclude la diagnosi.

La diagnosi implica la sospensione del farmaco sospettato di essere responsabile e l’osservazione della risposta. Nessun’altra indagine è richiesta se la funzione renale inizia a migliorare entro diversi giorni.

La biopsia renale è la sola metodica decisiva per la diagnosi. Le indicazioni includono una diagnosi dubbia o un’insufficienza renale progressiva. I glomeruli sono solitamente normali. Il reperto più precoce è l’edema interstiziale, seguito di solito da infiltrazione interstiziale di linfociti, plasmacellule, eosinofili e piccole quantità di leucociti polimorfonucleati. Nei casi gravi, si possono osservare le cellule infiammatorie invadere lo spazio tra le cellule allineate lungo la membrana basale tubulare (tubulite); in altri campioni, si possono osservare reazioni granulomatose secondarie a meticillina, sulfamidici, micobatteri e miceti. La presenza di granulomi non caseosi è indicativa di sarcoidosi. La microscopia a immunofluorescenza ed elettronica raramente evidenziano qualche alterazione patognomonica.

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Prognosi e terapia

La funzione renale di solito si ristabilisce (specialmente durante le prime 6-8 sett.) quando il farmaco responsabile viene sospeso, sebbene sia comune qualche residuo segno cicatriziale.

La terapia è consigliata per una grave, persistente oliguria. La terapia corticosteroidea (p. es., prednisone 1 mg/kg/die per 3 giorni, diminuito nei successivi 7-10 giorni) può accelerare il recupero della funzione quando la nefrite tubulo-interstiziale acuta è causata da reazione di ipersensibilità o immunologica.

La guarigione, tuttavia, può essere incompleta, con persistenza di iperazotemia. In questi pazienti, infiltrati interstiziali diffusi piuttosto che a macchia, ritardano la risposta al prednisone e l’IRA persistente (> 3 sett.) è indicativa di un danno irreversibile. Le alterazioni istologiche sono solitamente reversibili, se la causa viene riconosciuta e rimossa; tuttavia, alcuni casi gravi progrediscono fino alla fibrosi e all’insufficienza renale.

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