18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

239. ENDOMETRIOSI

Patologia benigna caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale funzionante al di fuori della cavità uterina..

Sommario:

Introduzione
Eziologia ed epidemiologia
Sintomi e segni
Diagnosi
Terapia

L’endometriosi è generalmente limitata alle superfici peritoneali o sierose degli organi addominali, comunemente le ovaie, i legamenti larghi, il cavo del Douglas e i legamenti uterosacrali. Meno comunemente interessa la superficie sierosa dell’intestino, tenue o crasso, gli ureteri, la vescica, la vagina, le cicatrici chirurgiche, le pleure e il pericardio.

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Eziologia ed epidemiologia

L’ipotesi più diffusamente accettata è che alcune cellule endometriali migrino dalla cavità uterina e si impiantino in sedi ectopiche. Il flusso retrogrado di tessuto mestruale attraverso le tube di Falloppio potrebbe essere la causa dell’endometriosi intra-addominale; i sistemi linfatico o circolatorio potrebbero trasportare le cellule endometriali in sedi lontane (p. es., la cavità pleurica). Un’altra ipotesi è la trasformazione dell’epitelio celomatico in ghiandole simil-endometriali (cioè, la metaplasia celomatica).

L’incidenza dell’endometriosi è maggiore (del 6%) nelle parenti di primo grado di donne affette da endometriosi rispetto alla popolazione generale, suggerendo che l’ereditarietà possa essere un fattore causale. L’incidenza è anche maggiore nelle donne che ritardano la gravidanza, che sono di discendenza asiatica o che hanno delle anomalie del dotto mülleriano.

Sebbene le incidenze riportate siano molto variabili, l’endometriosi viene riscontrata comunemente nel 10-15% delle donne che hanno le mestruazioni e sono tra i 25 e i 44 anni di età. Si verifica anche tra le adolescenti. È stato stimato che il 25-50% delle donne infertili abbia un’endometriosi. Nelle pazienti con una grave endometriosi e con un’anatomia pelvica alterata, l’incidenza di infertilità è elevata perché sono alterati i meccanismi di raccolta e di trasporto tubarico dell’oocita. Tuttavia, sono infertili anche alcune pazienti con un’endometriosi di minima entità e una normale anatomia pelvica. In queste pazienti, possono essere responsabili della diminuita fertilità un’aumentata incidenza dell’insufficienza del corpo luteo, una sindrome del follicolo ovarico luteinizzato non rotto (oocita intrappolato), un aumento della produzione peritoneale di prostaglandine, un aumento dell’attività macrofagica peritoneale o un endometrio non recettivo.

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Sintomi e segni

Le manifestazioni cliniche sono rappresentate dal dolore pelvico, dalla presenza di una massa in sede pelvica, da un’alterazione del ciclo e dall’infertilità. Alcune donne con endometriosi estesa possono essere asintomatiche, mentre altre con lesioni minime possono avere un dolore invalidante. Possono verificarsi una dispareunia e un dolore pelvico mediano, prima o durante le mestruazioni, in particolare con esordio improvviso dopo vari anni di cicli senza dolore. Una dismenorrea di questo tipo è un’importante prova diagnostica. Le lesioni sull’intestino crasso o sulla vescica possono provocare dolore durante la defecazione, distensione addominale, rettorragia durante le mestruazioni o dolore sovrapubico durante la minzione. Il tessuto endometriosico impiantato sull’ovaio o sulle strutture annessiali può formare un endometrioma (una massa cistica > 2-3 cm, localizzata su di un ovaio) o delle aderenze annessiali che determinano la formazione di una massa pelvica. Talora, la rottura o la fissurazione di un endometrioma causa un dolore addominale acuto.

L’esame obiettivo della pelvi può essere normale, o rivelare, raramente, delle lesioni visibili sulla vulva o sulla cervice, nella vagina, sull’ombelico o in sede di cicatrici chirurgiche. Può essere presente un utero retroverso e fisso, un aumento di volume delle ovaie o una nodularità dei legamenti utero-sacrali.

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Diagnosi

La diagnosi viene sospettata sulla base dei sintomi o sui reperti clinici, ma può essere confermata solo visualizzando le lesioni, di solito con l’endoscopia pelvica e con la loro biopsia. La diagnosi può anche essere fatta con la biopsia durante una laparotomia, una sigmoidoscopia o una cistoscopia. Istologicamente, gli impianti endometriosici sono costituiti da ghiandole e da stroma, strutturalmente identiche all’endometrio uterino (la maggior parte delle lesioni può sanguinare durante le mestruazioni). Per definizione, per porre diagnosi di endometriosi devono essere presenti sia le ghiandole che lo stroma. Questi tessuti contengono recettori per gli estrogeni e per il progesterone, che permettono loro di crescere e differenziarsi in risposta alle variazioni dei livelli ormonali durante il ciclo mestruale. Per questo motivo, l’aspetto macroscopico (p. es., chiaro, rosso, bruno, nero) e le dimensioni degli impianti sono variabili. Il sanguinamento da parte degli impianti peritoneali è ritenuto responsabile dell’inizio del processo infiammatorio, seguito dalla deposizione di fibrina, dalla formazione di aderenze e dalla cicatrizzazione finale che causa la distorsione delle superfici peritoneali e della normale anatomia della pelvi. Altre procedure diagnostiche (p. es., l’ecografia, il clisma opaco, l’urografia EV, la TC e la RMN) possono essere utili per dimostrare l’estensione della malattia e per seguirne il decorso, ma non sono specifiche né sufficienti per porre diagnosi. I dosaggi dei marker sierici dell’endometriosi (p. es., i livelli dell’antigene neoplastico sierico 125 e degli anticorpi anti-endometrio) possono aiutare il medico a monitorare l’andamento della malattia, ma richiedono ulteriori studi. Può essere indicata la valutazione dell’infertilità (v. Cap. 245).

La stadiazione della malattia aiuta il medico nel decidere il piano terapeutico e valutare la risposta alla terapia. I nuovi criteri di stadiazione dell’American Society for Reproductive Medicine si basano sulla sede degli impianti, sulla presenza di endometriosi superficiale o profonda e di aderenze sottili o spesse. L’endometriosi può essere classificata di grado I (minima), II (lieve), III (moderata) o IV (grave, v. Tab. 239-1). Un altro sistema di classificazione è basato principalmente sul dolore pelvico. Tuttavia, nella valutazione dell’endometriosi la variabilità nell’osservatore e tra gli osservatori è alta nella valutazione dell’endometriosi e si sta cercando un metodo più utile per la stadiazione della malattia.

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Terapia

Il trattamento deve essere individualizzato sulla base dell’età della paziente, dei sintomi, del desiderio di una gravidanza e dell’estensione della patologia. Le opzioni includono la soppressione farmacologica della funzione ovarica per arrestare la crescita e l’attività degli impianti endometriali, la resezione chirurgica conservativa di quanto più tessuto endometriosico possibile, una combinazione delle due terapie e l’isterectomia totale per via addominale, di solito con salpingo-annessiectomia.

I farmaci che sopprimono la funzione ovarica e la crescita del tessuto endometriale sono elencati nella Tab. 239-2. I contraccettivi orali continui sono usati frequentemente. Sono ora disponibili altri farmaci (p. es., gli agonisti dell’ormone per il rilascio della gonadotropina [GnRH]) che producono un’ipoestrogenemia relativa e reversibile. Tuttavia, il trattamento con gli agonisti del GnRH è limitato a  6 mesi perché l’uso a lungo termine è associato a una perdita di tessuto osseo. Il danazolo, un’antigonadotropina, inibisce l’ovulazione, ma ha dei significativi effetti collaterali androgenici, che ne limitano l’utilità. I contraccettivi orali somministrati ciclicamente o in modo continuo, dopo il trattamento con danazolo o con gli agonisti dell’GnRH, possono rallentare la progressione della malattia e sono raccomandati nelle donne che vogliono ritardare la gravidanza. Il tasso di gravidanza con la terapia medica oscilla tra il 40 e il 60%. Non è chiaro se i tassi di fertilità sono migliorati dal trattamento dell’endometriosi lieve o minima. La terapia medica o quella chirurgica conservativa in realtà non curano l’endometriosi, in quanto questa recidiva nella maggior parte delle pazienti, una volta interrotto il trattamento. Solo la completa ablazione della funzione ovarica previene la recidiva dell’endometriosi.

I casi moderati e gravi sono trattati al meglio con l’asportazione o l’escissione di quanti più impianti possibile preservando il potenziale riproduttivo. Le indicazioni alla terapia chirurgica sono rappresentate dalla presenza di endometriomi, di aderenze pelviche significative, di un’ostruzione tubarica e di dolore pelvico invalidante e resistente alla terapia medica. Nel corso degli interventi devono essere usate delle tecniche microchirurgiche per prevenire la formazione di aderenze. Durante la laparoscopia, è talvolta possibile un’elettrocoagulazione delle lesioni ovariche o peritoneali o la loro vaporizzazione o asportazione con un laser a CO2, ad argon o al neodimio:ittrio-alluminio-garnet (Nd:YAG laser). Dopo questo trattamento le percentuali di gravidanza sono del 40-70%, inversamente proporzionali alla gravità dell’endometriosi. Se l’asportazione delle lesioni è incompleta, una terapia soppressiva aggiuntiva con contraccettivi orali o con gli agonisti del GnRH può migliorare la percentuale di fertilità. Per le pazienti con dolore pelvico mediano, la resezione laparoscopica dei legamenti uterosacrali, con l’elettrocauterio o con il laser, può ridurre il dolore.

L’isterectomia dovrebbe essere riservata alle pazienti con dolore pelvico intrattabile che non vogliono più avere gravidanze. Dopo l’asportazione dell’utero e delle ovaie, la terapia estrogenica sostitutiva può essere cominciata già nel postoperatorio o, se è stata lasciata in situ una quantità significativa di tessuto endometriale, può essere differita di 4-6 mesi; durante questo periodo può rendersi necessaria l’associazione di una terapia medica soppressiva. La terapia progestinica continua (p. es., il medrossiprogesterone acetato, 2,5 mg PO al giorno) deve essere somministrata con la terapia estrogenica perché il tessuto residuo può crescere e si possono sviluppare iperplasia o neoplasie maligne se gli estrogeni sono somministrati da soli. Nelle pazienti più giovani bisogna cercare di preservare la funzione ovarica, anche se sono state riportate delle recidive di endometriosi.

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