18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

241. NEOPLASIE GINECOLOGICHE

CANCRO DELLA CERVICE UTERINA

Sommario:

Introduzione
Anatomia patologica
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi e trattamento

Il cancro della cervice è, come frequenza, la terza neoplasia ginecologica maligna e l’ottava neoplasia maligna tra le donne negli USA. L’età media per lo sviluppo di un cancro cervicale è di circa 50 anni anche se può interessare donne più giovani, anche di 20 anni. Circa l’1% di tutti i cancri cervicali si verifica in donne gravide o che lo sono state di recente (v. Tumori Maligni nel Cap. 251).

Il cancro cervicale è essenzialmente una malattia trasmessa sessualmente. Il rischio è inversamente correlato all’età del primo rapporto sessuale e direttamente correlato al numero di partner sessuali avuti nel corso della vita. Il rischio è aumentato anche per le partner sessuali di uomini le cui precedenti partner avevano avuto un cancro della cervice.

L’infezione da papillomavirus umano (HPV) e lo sviluppo di una neoplasia cervicale sono fortemente associati. L’infezione da HPV è legata a tutti i gradi di neoplasia cervicale intraepiteliale (CIN) e al cancro invasivo della cervice. L’infezione con il HPV di tipo 16, 18, 31, 33, 35 e 39 aumenta il rischio di neoplasia. Comunque, anche altri fattori sembrano contribuire alla trasformazione maligna. Per esempio, il fumo di sigarette è associato con un aumentato rischio di CIN e di cancro cervicale.

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Anatomia patologica

Le cellule precursori (displasia cervicale, CIN) si trasformano in un cancro cervicale invasivo nel corso di molti anni. Le CIN di grado I, II e III corrispondono alla displasia cervicale lieve, moderata e grave. La CIN III, che include la displasia grave e il carcinoma in situ, è difficile che regredisca spontaneamente e, se non trattata, può alla fine invadere la membrana basale, trasformandosi in un carcinoma invasivo.

Il carcinoma a cellule squamose è responsabile dell’80-85% di tutti i cancri cervicali; gli adenocarcinomi sono responsabili della maggior parte dei restanti casi. I sarcomi e i piccoli tumori delle cellule neuroendocrine sono rari.

Il cancro cervicale invasivo, di solito, si diffonde per estensione diretta ai tessuti circostanti e alla vagina o attraverso i linfatici, ai linfonodi pelvici e para-aortici che drenano la cervice. È possibile anche una diffusione per via ematogena.

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Sintomi e segni

La CIN è, di solito, asintomatica e viene scoperta grazie a un Pap test anormale. Le pazienti affette da un cancro cervicale in stadio precoce, di solito, presentano un sanguinamento vaginale irregolare, che è più frequentemente post-coitale, ma che può essere intermestruale o una menometrorragia. Le pazienti con voluminose neoplasie cervicali o con una malattia in stadio avanzato possono presentare delle perdite vaginali maleodoranti, un sanguinamento vaginale anomalo o un dolore pelvico. L’uropatia ostruttiva, la lombalgia e l’edema delle gambe sono manifestazioni della malattia in stadio avanzato.

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Diagnosi

Più del 90% dei casi asintomatici precoci di CIN può essere accertato in fase preclinica con l’esame citologico del Pap test ottenuto direttamente dalla cervice. Tuttavia, la percentuale di falsi negativi è del 15-40%, dipendendo dalla popolazione delle pazienti e dal laboratorio. Circa il 50% delle pazienti con un cancro della cervice non ha mai eseguito un Pap test o non ne ha effettuato uno da  10 anni. Le pazienti a più alto rischio per una neoplasia cervicale sono, con molte probabilità, quelle seguite con minore regolarità.

Un Pap test alterato (cioè, che indica una neoplasia, inclusa la displasia, la CIN, il carcinoma in situ, il carcinoma microinvasivo o il carcinoma invasivo) richiede un’ulteriore valutazione sulla base della diagnosi descrittiva del Pap test e dei fattori di rischio della paziente (v. Tab. 241-3). Il sistema di classificazione cellulare (da I a V) non è più usato.

Le lesioni cervicali sospette devono essere bioptizzate direttamente. Se non c’è una lesione chiaramente invasiva, può essere utilizzata la colposcopia per identificare le aree che richiedono una biopsia e per localizzare la lesione. I risultati della colposcopia possono essere correlati clinicamente (valutando le caratteristiche modificazioni del colore, la vascolarizzazione e i margini) con i risultati del Pap test. La biopsia guidata dalla colposcopia, di solito, fornisce un’evidenza clinica sufficiente per una diagnosi accurata. Se la valutazione colposcopica non è soddisfacente o è inconcludente, è necessaria una biopsia con conizzazione della cervice, eseguita mediante escissione con ansa (Loop Electrical Excision Procedure, LEEP), con il laser o con il bisturi a lama fredda.

Se la malattia cervicale è invasiva, la stadiazione viene eseguita sulla base dell’esame obiettivo, con una ricerca delle metastasi mediante cistoscopia, sigmoidoscopia, pielografia EV, rx del torace e rx dello scheletro (v. Tab. 241-4). Per le malattie in stadio precoce (IB o meno), la rx del torace è, di solito, il solo esame aggiuntivo necessario. La TC o la RMN dell’addome e della pelvi sono opzionali; i risultati non possono essere usati per la stadiazione clinica.

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Prognosi e trattamento

Il carcinoma a cellule squamose invasivo, di solito rimane localizzato o si diffonde in sede loco-regionale per un considerevole periodo di tempo; le metastasi a distanza si verificano tardivamente. Le percentuali di sopravvivenza a 5 anni sono dell’80-90% per lo stadio I, del 50-65% per lo stadio II, del 25-35% per lo stadio III e dello 0-15% per lo stadio IV. Quasi l’80% delle recidive si manifesta entro 2 anni. I fattori prognostici negativi includono l’interessamento linfonodale, le elevate dimensioni e il grosso volume del tumore, l’invasione profonda dello stroma cervicale, l’invasione dei parametri, l’invasione dei vasi e il reperto istologico di una componente neuroendocrina.

Per le donne con una malattia cervicale preinvasiva o con un carcinoma a cellule squamose microinvasivo della cervice, la biopsia mediante conizzazione con la LEEP, il laser o il bisturi a lama fredda o la crioterapia è, di solito, il trattamento adeguato. Raramente è necessario eseguire un’isterectomia per trattare una malattia cervicale preinvasiva.

Poiché il tumore si propaga per diffusione diretta o per via linfatica, il trattamento deve coinvolgere i linfonodi regionali. Possono essere appropriati la radioterapia o l’intervento chirurgico. Obiettivo del trattamento è anche la preservazione dei tessuti normali circostanti.

Il trattamento chirurgico primario è riservato alle pazienti con una limitata diffusione tumorale. Le pazienti con malattia microinvasiva (definita come un tumore che invade non più di 3 mm in profondità dalla membrana basale senza invasione dei vasi e con margini negativi alla conizzazione cervicale) possono essere trattate con un’isterectomia extrafasciale. Il rischio di recidiva e di metastasi linfonodali per queste pazienti è < 1%. La dissezione dei linfonodi pelvici non è indicata.

Le pazienti con una malattia in stadio IA2, IB o IIA possono essere trattate con un’isterectomia radicale che includa una dissezione bilaterale dei linfonodi pelvici e l’asportazione di tutti i legamenti adiacenti (cardinali, utero-sacrali) e i parametri o con una radioterapia. Le percentuali di cura a 5 anni per le donne con una malattia in stadio IB o IIA sono dell’85-90% con una o l’altra terapia. I vantaggi della chirurgia includono un tempo di trattamento relativamente breve, la possibilità di una stadiazione chirurgica, la conservazione delle ovaie nelle donne giovani e l’evitare la stenosi vaginale e le complicanze tardive della radioterapia. Una complicanza maggiore (p. es., la formazione di una fistola ureterovaginale o vescico-vaginale) si verifica in < 1% delle pazienti. Se durante l’intervento si nota una diffusione extracervicale, si può ricorrere alla radioterapia postoperatoria per prevenire la recidiva locale.

I vantaggi della radioterapia consistono nell’evitare la morbilità della chirurgia maggiore, nel trattamento ambulatoriale e nelle possibilità di trattamento delle pazienti che non sono delle buone candidate per la chirurgia. La radioterapia esterna riduce il tumore centrale e tratta i linfonodi regionali; questa terapia è seguita dalla brachiterapia (applicazioni radioattive locali, di solito usando il cesio) della cervice, che distrugge la parte centrale del tumore primitivo. Le maggiori complicanze acute includono la proctite e la cistite da radiazioni. A volte si verificano delle complicanze tardive, come l’ostruzione intestinale e la formazione di fistole retto-vaginali e vescico- vaginali.

Per le pazienti con una malattia in stadio IIB, III o IV, il trattamento di scelta è rappresentato dalla radioterapia. Molte lesioni avanzate richiedono elevate dosi. La percentuale di fallimento per i grossi tumori in stadio avanzato contenuti nella pelvi è del 40% e il rischio di metastasi ai linfonodi pelvici e para-aortici e di metastasi a distanza è sostanziale. Può essere utile, per controllare la malattia pelvica, l’impiego della chemioterapia come sensibilizzante alle radiazioni. Prima della radioterapia, può essere eseguita la stadiazione chirurgica per valutare i linfonodi para-aortici e, se indicata, può essere somministrata a quest’area una radioterapia a campi estesi.

Se i tumori sono limitati alla pelvi e interessano il retto o la vescica, può essere presa in considerazione l’eviscerazione (escissione di tutti gli organi pelvici). Comunque, di solito, si prova prima la radioterapia. L’eviscerazione è il trattamento di scelta per i tumori recidivanti o persistenti confinati alla parte centrale della pelvi dopo la radioterapia convenzionale. Può curare fino al 50% delle pazienti. Recenti progressi in questo tipo di intervento includono un’urostomia continente, un’anastomosi bassa del retto senza colostomia, la peduncolizzazione dell’omento a chiudere il pavimento pelvico, la ricostruzione vaginale con flap miocutaneo con il muscolo gracile o con il muscolo retto addominale e un migliore trattamento perioperatorio.

Poiché la radioterapia e la chirurgia hanno di solito successo, la chemioterapia non viene impiegata come trattamento primario a meno che la paziente non abbia una malattia metastatica diffusa. La chemioterapia sistemica non è, infatti, considerata curativa. Le metastasi a distanza, al di fuori del campo di irradiazione, sembrano rispondere meglio alla chemioterapia di quanto non faccia la parte centrale del tumore pelvico, precedentemente irradiata. I farmaci citotossici determinano un’obiettiva regressione, di breve durata, solo nel 25-30% delle pazienti. Il cisplatino e l’ifosfamide sono farmaci i più attivi.

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