18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

245. INFERTILITÀ

DISFUNZIONE OVULATORIA

Sommario:

Introduzione
Monitoraggio dell'ovulazione
Terapia

Le donne con mestruazioni regolari (da 26 a 35 gg) accompagnate da una sindrome premestruale (turgore mammario, dolore ai quadranti inferiori dell’addome, cambiamento dell’umore) sono generalmente ovulatorie. Per quelle con cicli irregolari o amenorrea, la causa dovrebbe essere stabilita prima di iniziare il trattamento ovulatorio. Il ciclo mestruale è descritto nel Cap. 234; la valutazione dell’amenorrea, nel Cap. 235.

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Monitoraggio dell'ovulazione

La misurazione giornaliera della temperatura corporea basale (TCB) è stata usata per controllare l’ovulazione. Un picco minimo della TCB suggerisce l’imminente ovulazione; un aumento di  0,5°C ( 0,9°F) caratterizza il periodo postovulatorio. Tuttavia, questo metodo non è attendibile né accurato; al meglio, può predire l’ovulazione solo in un intervallo di 2 giorni. Molto più accurati sono i monitoraggi con l’ecografia pelvica del diametro dei follicoli ovarici e i kit di predizione dell’ovulazione che evidenziano un aumento nell’escrezione urinaria dell’ormone luteinizzante (LH) nelle 24-36 ore precedenti l’ovulazione. Diversi altri parametri biochimici possono essere usati per accertare se è avvenuta l’ovulazione, p. es., un aumento del progesterone sierico ( 4 ng/ml [ 13 nmol/l]) o di uno dei suoi metaboliti urinari, il pregnandiolo-glucuronide.

L’aspetto qualitativo dell’ovulazione può essere valutato con una biopsia endometriale eseguita tardivamente nella fase luteinica (10-12 gg dopo l’ovulazione). Un ritardo nella maturazione endometriale > 2 giorni (in confronto con l’inizio del ciclo mestruale successivo) indica un’inadeguata fase luteinica (insufficienza luteinica, difetto della fase luteinica) in cui la produzione o l’azione del progesterone sono inadeguate. Per fare questa diagnosi si deve verificare un ritardo in 2 cicli mestruali.

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Terapia

La scelta di farmaci che inducono l’ovulazione dipende dal problema specifico. La bromocriptina è il farmaco di scelta nelle pazienti con cicli anovulatori od oligo-ovulatori a causa di un’iperprolattinemia.

Sindrome dell’ovaio policistico o anovulazione cronica: il clomifene citrato (un anti-estrogeno orale derivato dal dietilstilbestrolo) è il farmaco più appropriato. Prima, deve essere indotto il sanguinamento uterino con il medrossiprogesterone acetato, 5-10 mg, 1 volta/die per 5-10 gg. Il clomifene è iniziato al 5o giorno di sanguinamento, spontaneo o indotto, e somministrato per 5 gg. L’ovulazione generalmente si verifica 5-10 gg (media, 7 gg.) dopo l’ultimo giorno di somministrazione del clomifene; nei cicli ovulatori, le mestruazioni si verificano entro 35 gg.

Se l’amenorrea persiste dopo questo trattamento, devono essere eseguiti un test di gravidanza e un’ecografia pelvica o un esame obiettivo della pelvi. Se le ovaie non sono aumentate di volume in maniera significativa, viene indotto il sanguinamento da deprivazione e il clomifene, 50 mg, viene somministrato di nuovo come descritto sopra. Se dopo 2 cicli non si verifica l’ovulazione, il dosaggio viene aumentato a 100 mg/ die per 5 gg e successivamente di altri 50 mg ogni 2 cicli fino a un massimo di 200 mg/die per 5 gg (sebbene il clomifene  100 mg/die sia approvato, numerosi studi hanno documentato l’efficacia e la sicurezza dei dosaggi più elevati). Una volta determinata la dose soglia per l’ovulazione, il trattamento deve essere continuato per almeno 3-4 cicli. Il tasso di concepimento è massimo intorno al 4o ciclo ovulatorio.

Gli effetti collaterali del clomifene citrato includono le vampate vasomotorie (10%), la distensione addominale (6%), la mastodinia (2%), la nausea (3%), i sintomi visivi (1-2%) e la cefalea (1-2%). L’incidenza di gravidanze multiple (principalmente gemellari) e di iperstimolazione ovarica (v. oltre) è di circa il 5% ciascuna.

L’assunzione di clomifene citrato per più di 12 cicli può aumentare il rischio di insorgenza di neoplasie dell’ovaio. I meccanismi di questa potenziale causalità sono sconosciuti e l’associazione del clomifene e di altri farmaci per la fertilità con il cancro dell’ovaio richiede ulteriori studi.

Le gonadotropine menopausali umane (Human Menopausal Gonadotropins, HMG), estratte dalle urine delle donne in post-menopausa, possono essere utilizzate se l’ovulazione o il concepimento non si verificano durante il trattamento con il clomifene. Sono disponibili due forme. Le menotropine sono disponibili sotto forma di fiale di 2 ml pari a un’attività di 75 UI di LH e di 75 UI di ormone follicolo-stimolante (FSH) o di 150 UI per ciascun ormone. L’urofollitropina è pari a un’attività di 75 UI di FSH per fiala, con una modesta attività per quanto riguarda l’LH. Sono disponibili anche le gonadotropine per somministrazione sottocutanea e le gonadotropine umane ricombinanti. Le preparazioni vengono usate in maniera simile. Le gonadotropine iniettabili sono piuttosto costose e possono avere effetti collaterali significativi; pertanto, i anomalie dello sperma e le disfunzioni tubariche devono essere valutati adeguatamente prima di iniziare un trattamento e i cicli di trattamento devono essere attentamente controllati da un medico esperto nell’uso di questi farmaci.

Le HMG sono somministrate IM ogni giorno, iniziando tra il 3o e il 5o dopo il sanguinamento spontaneo o da sospensione, per stimolare la maturazione di 2-4 follicoli in 7-14 gg, come indicato dai livelli sierici di estradiolo e dall’ecografia transvaginale. Una volta che i follicoli sono maturati, viene somministrata gonadotropina umana corionica (hCG) IM per indurre l’ovulazione.

I maggior rischi della terapia con HMG sono rappresentati dalle gravidanze multiple (10-30%) e dalla sindrome da iperstimolazione ovarica (10-20%). In questa sindrome, potenzialmente fatale, le ovaie sono molto aumentate di volume e c’è un passaggio di liquidi intravascolari nello spazio peritoneale, che causa ipovolemia, oliguria, emoconcentrazione e ascite massiva. La sindrome può, di solito, essere evitata con uno stretto monitoraggio della paziente e sospendendo le hCG se la risposta ovarica diventa eccessiva.

Gli agonisti dell’ormone per il rilascio delle gonadotropine (GnRH) (v. oltre) sono usati sempre più frequentemente nei disturbi ovulatori (p. es., la sindrome dell’ovaio policistico) per abolire la secrezione endogena di gonadotropine e aumentare l’efficacia del successivo trattamento con HMG e GnRH pulsato. Questo approccio non è stato convalidato.

Amenorrea ipotalamica: la gonadorelina acetata, un GnRH di sintesi per infusione EV pulsatile, può essere usata per indurre l’ovulazione. Questo farmaco stimola l’ipofisi a rilasciare LH e FSH in maniera fisiologica; dunque, di solito, solo un follicolo dominante è stimolato a ovulare in un periodo di 14 gg di trattamento. Dato che il rischio di iperstimolazione ovarica è basso, non è necessario uno stretto monitoraggio. Dopo l’ovulazione, l’GnRH può essere continuato durante la fase luteinica o possono essere somministrate le hCG in un’unica dose di 1500 U IM q 3 gg per 4 volte.

Deficit della fase luteinica: possono essere usati il clomifene citrato, 50-100 mg/die per 5 gg, cominciando dal 3o-5o giorno del ciclo mestruale, o il progesterone sotto forma di ovuli vaginali, 50 mg bid per 14 gg, cominciando 2 gg dopo l’ovulazione. Se si verifica il concepimento durante un ciclo di trattamento, la terapia con progesterone viene proseguita ininterrottamente fino alla 10a sett. di gravidanza.

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