18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

247. VALUTAZIONE E CONSULENZA GENETICA PRENATALI

(V. anche Cap. 286)

Lo screening genetico identifica le persone che hanno un rischio aumentato di sviluppare o di concepire una prole con malattie genetiche. Lo screening genetico è una procedura di routine nell’ambito delle cure prenatali.

Si deve eseguire un’accurata anamnesi familiare che va poi esemplificata sotto forma di un albero genealogico (i simboli comunemente usati sono descritti nella Fig. 286-1). Le informazioni minime da ottenere riguardano tre generazioni: tutti i parenti di primo grado (genitori, fratelli e sorelle, figli) e di secondo grado (zii, nonni) del soggetto esaminato e il loro stato di salute. Per storie familiari complicate sono necessari alberi genealogici più estesi. Si deve valutare di routine l’origine etnica, così come qualsiasi matrimonio tra consanguinei. Se si sospettano delle malattie genetiche, è necessario rivedere le relative cartelle cliniche.

La diagnosi di molte malattie genetiche è basata sui segni clinici (fenotipo) piuttosto che sulla sintomatologia. È quindi fondamentale una descrizione dettagliata dei reperti obiettivi, in particolare nei nati morti e nei neonati deceduti subito dopo la nascita. Vanno effettuate delle fotografie e delle radiografie total-body, che devono essere poi allegate alla documentazione clinica; possono essere di grosso valore per le future consulenze. È consigliabile anche la crioconservazione dei tessuti fetali (fegato, tessuti contenenti fibroblasti) per permettere futuri studi enzimatici o sul DNA, se la causa della morte è poco chiara.

Lo screening dei portatori si riferisce generalmente all’identificazione degli eterozigoti (portatori) di patologie autosomiche recessive o legate al cromosoma X. In ostetricia, lo screening fornisce ai futuri genitori delle informazioni circa la possibilità che i loro bambini ereditino un disordine genetico, cosicché possano prendere in considerazione delle alternative riproduttive (p. es., la diagnosi prenatale con una possibile interruzione della gravidanza o il trattamento dei feti affetti, l’inseminazione artificiale se il portatore è l’uomo, la donazione di oociti se il portatore è la donna, l’evitare la gravidanza).

Eseguire uno screening di tutta la popolazione è impossibile, anche per le sole patologie più comuni. I criteri generali per lo screening includono la disponibilità di un test per l’identificazione della patologia sospetta che sia semplice, accurato e poco costoso; la provenienza etnica, razziale e geografica; l’aumentato rischio per uno specifico disordine genetico; la disponibilità di una terapia o di alternative riproduttive per i portatori identificati. Negli USA, 3 patologie rispondono a questi requisiti: la malattia di Tay-Sachs, l’anemia falciforme e le talassemie. Per le altre patologie (p. es., l’emofilia, la fibrosi cistica, la distrofia muscolare di Duchenne), può essere possibile uno screening basato sull’anamnesi familiare. In un convegno del National Institutes of Health è stato recentemente raccomandato lo screening di tutte le donne gravide e di tutte le persone in età riproduttiva, per la fibrosi cistica. Le linee guida per rispettare questa raccomandazione sono in preparazione. Le tecniche molecolari (v. Cap. 286) possono spesso modificare in maniera sostanziale il rischio teorico, evitando a volte la necessità di una diagnosi invasiva prenatale. Per esempio, una donna gravida il cui fratello ha l’emofilia, teoricamente ha un rischio del 50% di essere portatrice del gene della emofilia; se lo screening dimostra che lei non è una portatrice, il suo rischio di avere un bambino con l’emofilia è quasi nullo. Per una valutazione più accurata possibile del rischio, a volte devono partecipare diversi parenti (inclusi quelli affetti).

L’anemia falciforme (v. anche Cap. 127), la patologia mendeliana più frequente tra i neri americani (circa 1 ogni 400), è un disordine autosomico recessivo. Le persone affette da un’anemia falciforme sono omozigoti per il gene mutante; quelle con il tratto della malattia sono eterozigoti (cioè esprimono sia il gene normale che quello alterato). La sostituzione di un singolo nucleotide (da GAG a GTG) nel 6o codone del gene della b-globulina provoca la trascrizione dell’aminoacido valina (al posto dell’acido glutammico) con la formazione di una molecola di Hb anomala. Sono disponibili diversi test di screening per il portatore; l’elettroforesi dell’Hb deve essere usata per confermare i risultati dei test di screening. La diagnosi prenatale può essere effettuata con l’analisi diretta del DNA ottenuto dai villi coriali o dalle cellule del liquido amniotico. Lo screening dei neonati per l’anemia falciforme è raccomandato perché la profilassi antibiotica, somministrata alle persone affette, può ridurre l’incidenza delle infezioni che spesso rappresentano l’evento scatenante della crisi falciforme.

La malattia di Tay-Sachs (una GM2 gangliosidosi, v. anche in Altre lipidosi nel Cap. 16) è un disordine autosomico recessivo che interessa circa 1 ogni 3600 bambini ebrei Ashkenazi e abitanti della Louisiana di origine francese. L’esosaminidasi A, che è coinvolta nel metabolismo dei gangliosidi (una classe di lipidi del sistema nervoso), è assente. I portatori possono essere individuati evidenziando una riduzione intermedia dell’attività dell’esosaminidasi A nel siero. Tuttavia, durante la gravidanza e durante l’uso di contraccettivi per via orale, l’attività dell’esosaminidasi A nel siero normale diminuisce in rapporto all’esosaminidasi totale, producendo risultati falsi positivi. Sono, invece, raccomandate le misurazioni dell’esosamininidasi dei leucociti, che non sono coinvolti in queste situazioni. La diagnosi prenatale può essere effettuata titolando l’attività dell’esosaminidasi A nelle cellule in coltura dei villi coriali o del liquido amniotico; l’attività può essere misurata anche, direttamente nei villi coriali. A volte è possibile la diagnosi per mezzo dell’analisi del DNA.

Le talassemie (v. anche Talassemie nel Cap. 127) sono un gruppo eterogeneo di anemie ereditarie in cui è ridotta la sintesi di Hb. Nell’a-talassemia è assente uno dei 4 geni (in due differenti loci) che codificano le due catene a della molecola dell’Hb; l’a-talassemia è più comune tra le persone del Sud-Est asiatico. La b-talassemia major (la malattia) si distingue in 2 grandi gruppi con alterata sintesi delle catene b. Nel gruppo bo, l’mRNA per le catene b è assente o non funzionante. Nel gruppo b+, il gene b è soppresso in modo incompleto, con una riduzione della quantità di mRNA. La b-talassemia è presente in tutte le popolazioni, ma è più comune nelle regioni del Mediterraneo, nel Medio Oriente e in parte dell’India e del Pakistan. Lo screening dei portatori per l’a-talassemia e la b-talassemia minor asintomatiche (lo stato di portatore) può essere eseguito valutando i parametri dei GR. Nelle persone che non hanno un deficit di ferro, un valore corpuscolare medio di Hb di 20-22 pg e volumi globulari medi di 50-70 fl sono suggestivi del loro stato di portatori. Lo stato di portatore della b-talassemia è confermato dalla dimostrazione di livelli elevati di Hb A2 all’elettroforesi. I livelli dell’Hb A2 sono normali nei portatori di a-talassemia. La diagnosi prenatale sia della a- che della b-talassemia può essere fatta con tecniche di analisi molecolare. È essenziale una caratterizzazione accurata dell’alterazione molecolare.

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