18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

247. VALUTAZIONE E CONSULENZA GENETICA PRENATALI

TECNICHE DI DIAGNOSI PRENATALE

Sommario:

AMNIOCENTESI
PRELIEVO DEI VILLI CORIALI
PRELIEVO PERCUTANEO DI SANGUE DAL CORDONE OMBELICALE
PRELIEVO DI CUTE FETALE
ECOGRAFIA
DIAGNOSI PREIMPIANTO

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AMNIOCENTESI

Il periodo migliore per eseguire l’amniocentesi è tra la 15a e la 17a sett. di gestazione (epoca di amenorrea). Il rischio dell’amniocentesi, eseguita precocemente durante la gravidanza, non è stato quantificato.

Immediatamente prima dell’amniocentesi, deve essere eseguita un’ecografia in tempo reale per valutare l’attività cardiaca fetale, l’epoca gestazionale, la posizione della placenta, la localizzazione del liquido amniotico e il numero dei feti (v. oltre). L’attività cardiaca fetale deve essere documentata anche subito dopo la procedura. Dopo la procedura devono essere somministrati alle madri Rh negative non sensibilizzate, 300 mg di immunoglobuline Rh0(D) per diminuire le probabilità di una sensibilizzazione.

Il liquido amniotico è ematico in circa il 2% delle amniocentesi. Il sangue, generalmente, non ostacola la crescita delle cellule amniotiche ed è di origine materna; tuttavia, se il sangue è fetale, può causare un falso aumento dellaa-fetoproteina del liquido amniotico (v. sopra). Un liquido di colore rosso scuro o marrone indica un pregresso sanguinamento intra-amniotico ed è associato a un esito sfavorevole della gravidanza. Un liquido di colore verde non sembra invece associato a un esito sfavorevole.

L’amniocentesi raramente causa una significativa morbilità materna (p. es., un’amnionite sintomatica). Una perdita ematica vaginale transitoria o una perdita di liquido amniotico, di solito autolimitantesi, si verificano nell’1-2% dei casi.

Il probabile rischio di un aborto in seguito all’amniocentesi è circa dello 0,5% superiore alla percentuale basale di aborti del 3,0%. Le lesioni del feto dovute all’ago sono rare. Sono rari anche l’impossibilità di ottenere il liquido amniotico, l’insuccesso delle colture e la contaminazione con cellule materne.

L’amniocentesi è possibile in > 95% delle gravidanze gemellari. Il liquido amniotico viene aspirato dal primo sacco. Prima di rimuovere l’ago, si iniettano nella prima cavità 2-3 ml di indacotindisulfonato sodico (indaco carminio), diluito 1:10 in acqua batteriostatica. Viene poi aspirato il liquido dal secondo sacco, nel punto scelto dopo aver visualizzato la membrana divisoria. L’aspirazione di un liquido limpido, conferma che il campione proviene dal secondo sacco. La stessa tecnica viene solitamente utilizzata nelle gravidanze con più feti.

Il sesso del feto può essere accertato prima della nascita definendo il cariotipo dalle cellule fetali coltivate. Quando la madre è stata identificata come una portatrice di una mutazione legata al cromosoma X e non è disponibile un test specifico per il feto, il sesso del feto può essere determinato con il proposito di interrompere la gravidanza in caso di sesso maschile, anche se il 50% sarà normale. L’analisi del DNA può identificare il maschio affetto da molti dei disturbi legati al cromosoma X.

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PRELIEVO DEI VILLI CORIALI

Il prelievo dei villi coriali (Chronic Villous Sampling, CVS) è utilizzato per la diagnosi prenatale nel 1o trimestre. I villi coriali vengono aspirati con una siringa e posti in coltura a breve e a lungo termine in laboratorio. I cariotipi sono ottenuti da entrambe le colture, anche se quelli della coltura a lungo termine sono più accurati. La maggior parte, se non tutti gli enzimi delle cellule del liquido amniotico messe in coltura, può essere misurata nei campioni dei villi coriali o nelle cellule dei villi coltivate e il DNA può essere estratto per gli studi di genetica molecolare. Tuttavia, il CVS non può essere usato per i test che richiedono il liquido amniotico (p. es., i livelli di a-fetoproteina del liquido amniotico per lo screening dei difetti del tubo neurale, v. sopra).

Il vantaggio principale del CVS è che i risultati sono disponibili in una fase molto più precoce della gravidanza. Allora, se i risultati sono anormali, possono essere usati dei metodi più semplici e sicuri per interrompere la gravidanza, o il feto può essere trattato prima della nascita (p. es., il desametazone per prevenire la virilizzazione in un feto di sesso femminile con un deficit di 21-idrossilasi). I risultati normali riducono prima l’ansia dei genitori.

Ci sono due approcci per il CVS. Il CVS transcervicale viene eseguito tra la 10a e la 13a sett. di gestazione. Il CVS transaddominale può essere eseguito dalla 10a sett. di gestazione fino al termine. È controindicato se l’intestino o la vescica interferiscono con il passaggio dell’ago o se la cute, nell’area dove si deve inserire l’ago è infetta. L’incidenza totale degli aborti dovuti al CVS eseguiti nel 1o trimestre (inclusi gli aborti spontanei, quelli indotti e gli aborti dopo le 20 sett.) non è statisticamente differente da quella dell’amniocentesi. La percentuale degli aborti dovuto a un CVS transaddominale eseguito dopo le 12 sett. di gestazione non è stata valutata in maniera definitiva.

La posizione della placenta determina l’approccio da usare. Le placente con impianto basso e quelle posteriori, di solito, sono raggiunte più facilmente per via transcervicale. L’approccio transaddominale è il più indicato nei casi di placente fundiche e di quelle poste anteriormente negli uteri leggermente antiflessi, e nei casi delle donne con leiomiomi cervicali o con un canale cervicale lungo e angolato. Nelle donne con un utero marcatamente retroflesso e una placenta posteriore può essere usato un approccio transvaginale attraverso il cul-de-sac posteriore. L’amniocentesi rappresenta l’alternativa nei casi in cui il CVS è controindicato.

Dopo il CVS si deve controllare con l’ecografia la frequenza cardiaca fetale. Alle donne Rh negative non sensibilizzate, si somministrano 300 mg di immunoglobuline Rh0(D). La qualità di ogni campione viene immediatamente valutata con un microscopio ottico o se necessario con l’uso di un microscopio dissettore. Per l’analisi è, di solito, necessario un minimo di 5 mg di villi; 10-25 mg rappresentano una quantità ottimale. Le cellule citotrofoblastiche sono raccolte direttamente dopo una notte di incubazione, per l’analisi citogenetica. Le colture in situ delle cellule mesenchimali dello stroma possono essere esaminate dopo circa 5-8 gg. Tra la 16a e la 18a sett., si dosa l’a-fetoproteina sierica materna per lo screening dei difetti del tubo neurale (v. sopra).

Un errore diagnostico dovuto alla contaminazione da parte di cellule materne è raro quando le tecniche di laboratorio sono buone. L’identificazione di certe anomalie cromosomiche (cioè una tetraploidia, le trisomie letali, una monosomia X) può non riflettere il reale stato del feto, ma piuttosto un mosaicismo confinato alla placenta. Il mosaicismo placentare può talvolta causare una disomia uniparentale nella linea cellulare diploide e il feto può essere a rischio di disturbi genetici recessivi, di anomalie causate dall’imprinting o di limitazioni della crescita intrauterina. È raccomandata la consulenza con un genetista esperto in questo tipo di anomalie.

Quando la diagnosi non è chiara, può essere necessaria l’amniocentesi per fare una diagnosi definitiva. In generale, comunque, l’accuratezza del CVS è sovrapponibile a quella dell’amniocentesi.

Il rischio di aborto in seguito ad amniocentesi è confrontabile con quello dovuto al CVS. L’incidenza degli aborti è più elevata nelle pazienti in cui è necessario più di un passaggio del catetere o dell’ago. Anche le percentuali di complicanze tardive nel corso della gravidanza sono confrontabili. Il CVS è stato messo in relazione ad anomalie congenite, in particolare i difetti di riduzione trasversale degli arti e l’ipogenesia oromandibolare e degli arti. Il rischio assoluto è di circa 1 su diverse migliaia di procedure, ma si mette in discussione l’evidenza di una qualunque associazione quando il CVS è eseguito dopo 10 sett. di gestazione da operatori esperti.

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PRELIEVO PERCUTANEO DI SANGUE DAL CORDONE OMBELICALE

I campioni di sangue fetale possono essere ora facilmente ottenuti con la puntura percutanea del cordone ombelicale (funicolocentesi). Sotto guida ecografica si inserisce un ago di calibro 23 o 25 gauge nella vena ombelicale, generalmente vicino al punto di inserzione del cordone ombelicale sulla placenta. La percentuale di aborti correlati alla procedura è di circa l’1%.

Il prelievo percutaneo di sangue dal cordone ombelicale è utile per l’analisi rapida dei cromosomi, soprattutto nella fase avanzata del 3o trimestre, quando sono state osservate delle anomalie fetali. Con le colture linfocitarie a breve termine si può stabilire l’assetto cromosomico fetale in 48-72 h. Un’anomalia cromosomica incompatibile con la vita può influenzare il trattamento ostetrico.

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PRELIEVO DI CUTE FETALE

La biopsia della cute fetale rappresenta l’unico metodo per la diagnosi prenatale di alcuni disturbi cutanei ereditari (genodermatosi), p. es., alcuni casi di eritrodermia ittiosiforme congenita ("harlequin ichthyosis"), di epidermolisi bollosa letale (tipo giunzionale) e di ipercheratosi epidermolitica, quando l’analisi del DNA non è disponibile e le famiglie non sono informate. I campioni di cute fetale sono ottenuti usando un fetoscopio (con visualizzazione diretta e biopsia attraverso il canale del fetoscopio) o usando una pinza da biopsia fatta passare attraverso un canale di 14 gauge sotto guida ecografica. Il punto preferito per la biopsia è la schiena del feto. L’incidenza di aborti in seguito al prelievo di cute fetale é del 2-3%.

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ECOGRAFIA

L’ecografia è necessaria per molte procedure diagnostiche durante la gravidanza. Non ci sono rischi conosciuti per la madre o per il feto. L’uso di routine dell’ecografia in gravidanza è controverso.

L’esame eseguito nel 1o trimestre deve accertare la presenza o l’assenza di un sacco gestazionale, il numero dei feti, la posizione della placenta e l’età gestazionale, così come deve documentare la vitalità del feto e valutare l’utero e gli annessi. L’esame eseguito nel 2o o nel 3o trimestre deve anche valutare la presentazione fetale, il volume del liquido amniotico e la presenza di malformazioni fetali macroscopiche. La determinazione del sesso del feto è generalmente possibile alla fine del 2o trimestre.

Molte delle indicazioni per la diagnosi prenatale (p. es., un’a-fetoproteina elevata o un’anamnesi familiare positiva per anomalie congenite) richiedono uno studio ecografico mirato per le anomalie fetali. Un esame ecografico mirato deve valutare le strutture fetali intracraniche (in particolare i ventricoli e il cervelletto), la colonna vertebrale (in sezioni longitudinali e sagittali), il cuore, la vescica, i reni, lo stomaco, il torace, la parete addominale e le ossa lunghe e il punto di inserzione del cordone ombelicale.

L’ecografia ad alta risoluzione può evidenziare le anomalie renali (p. es., l’agenesia renale [sindrome di Potter], la malattia policistica), le forme letali di displasia scheletrica con arti corti (p. es., la displasia scheletrica tanatofora, l’acondrogenesia), le anomalie dell’intestino (p. es., l’ernia diaframmatica, l’occlusione), la microcefalia e l’idrocefalia.

Gli ecografisti esperti devono essere capaci di diagnosticare senza difficoltà le anomalie più importanti (anencefalia), ma pochi centri riescono a quantificare la propria sensibilità e specificità per il riconoscimento di specifiche anomalie. Alcune situazioni cliniche, come l’oligoidramnios, l’obesità materna o la posizione fetale, precludono una visualizzazione ottimale. Le pazienti devono essere consapevoli che le anomalie fetali non possono essere individuate con un’accuratezza del 100% e che una normale ecografia non garantisce che il neonato sia fenotipicamente normale.

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DIAGNOSI PREIMPIANTO

In alcune pazienti, è possibile fare una diagnosi genetica prima dell’impianto, in modo da poter prendere delle decisioni sull’aborto prima che la gravidanza inizi. Queste diagnosi sono fatte utilizzando i corpuscoli polari derivati dagli oociti, i blastomeri dall’embrione allo stadio di quattro-otto cellule o un campione di trofoectoderma dalla blastocisti.

Queste tecniche sono disponibili solo in centri specializzati e sono usate per le coppie con un elevato rischio genetico per alcuni disordini mendeliani (p. es., la fibrosi cistica). L’elevato costo delle tecniche di fertilizzazione in vitro impedisce la diffusione dell’uso di routine di queste tecniche. Tuttavia, il lavaggio uterino, eseguito per ottenere una blastocisti per la biopsia del trofoectoderma, sembra promettere una riduzione dei costi.

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