18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

249.GRAVIDANZA FISIOLOGICA, TRAVAGLIO E PARTO

FARMACI IN GRAVIDANZA

In uno studio, il 90% delle donne gravide assumeva preparazioni, prescritte o da banco, appartenenti a 48 classi di farmaci. Quelli più frequentemente assunti includono gli antiemetici, gli antiacidi, gli antiistaminici, gli analgesici, gli antimicrobici, i tranquillanti, gli ipnotici, i diuretici, i farmaci sociali e le sostanze illecite (v. anche Cap. 250). Tuttavia, i farmaci sono responsabili solo del 2-3% di tutte le malformazioni congenite; la maggior parte è dovuta a cause genetiche, ambientali o sconosciute.

L’uso di farmaci durante la gravidanza è complicato dalla dinamica delle variazioni biochimiche della madre e del feto. I farmaci passano dalla madre al feto seguendo la stessa strada che assicura al feto le sostanze per il nutrimento e lo sviluppo e che permette la rimozione dei prodotti catabolici del feto. Lo scambio si verifica principalmente a livello della placenta, dove i villi che contengono i capillari fetali protrudono nei seni (spazi intervillosi). Il sangue arterioso materno giunge in questi spazi e poi drena nelle vene uterine per ritornare nella circolazione sistemica materna (v. Cap. 248). Il sangue materno e quello fetale non si mescolano. I soluti del sangue materno devono attraversare le cellule epiteliali e il tessuto connettivo dei villi e l’endotelio dei capillari fetali; da qui vengono poi trasportati al feto attraverso le vene placentari, che, a loro volta, convergono nella vena ombelicale.

I farmaci somministrati in gravidanza possono nuocere al feto producendo un effetto letale, tossico o teratogeno sull’embrione o sul feto; causando una vasocostrizione dei vasi placentari e influenzando così lo scambio di gas e di elementi nutritivi tra il feto e la madre; causando un grave ipertono uterino che provoca danni fetali da anossia o, indirettamente, alterando l’equilibrio biochimico della madre.

L’effetto di un farmaco sul feto è determinato in gran parte dall’età del feto, dalla potenza e dal dosaggio del farmaco. Le sostanze somministrate prima del 20o giorno dal concepimento possono agire secondo la legge del tutto o nulla, cioè o provocando la morte dell’embrione o non danneggiandolo affatto. La teratogenesi è improbabile durante questa fase. Il periodo dell’organogenesi (tra la 3a e l’8a sett.) è critico per gli effetti teratogeni. In questa fase, i farmaci che raggiungono l’embrione possono non determinare effetti rilevabili, possono provocare l’aborto, un importante difetto anatomico subletale (vero effetto teratogenico) o un difetto permanente di natura metabolica o funzionale che si può evidenziare in un’epoca successiva (embriopatia latente). I farmaci somministrati dopo la fase dell’organogenesi (cioè nel secondo e terzo trimestre) difficilmente hanno un effetto teratogeno, ma possono alterare lo sviluppo e le funzioni degli organi e dei tessuti fetali normalmente formati.

Le modalità di diffusione dei farmaci attraverso la placenta sono simili a quelle con cui diffondono attraverso altre barriere epiteliali (v. Assorbimento nel Cap. 298). Dopo che un farmaco è stato somministrato a una donna gravida, la sua concentrazione plasmatica è maggiore nella vena ombelicale che nell’arteria ombelicale. L’equilibrio tra il circolo materno e i tessuti fetali si raggiunge dopo almeno 40 minuti. Nell’ora prima del parto, i farmaci che passano attraverso la placenta (p. es., gli anestetici locali e i narcotici, che sono comunemente usati durante il travaglio) devono essere somministrati con cautela per evitare una tossicità nel neonato, perché dopo che il cordone è stato tagliato, il neonato (i cui processi metabolici ed escretori sono ancora immaturi) elimina i farmaci trasferiti molto più lentamente, attraverso il metabolismo epatico o l’escrezione urinaria.

La FDA classifica i farmaci in 5 categorie di sicurezza per l’uso in gravidanza (v. Tab. 249-1). Queste categorie sono universalmente accettate e sono spesso utili per determinare il rapporto rischio/beneficio quando si prescrivono dei farmaci in gravidanza.

Le classi dei farmaci o dei farmaci specifici possono avere degli effetti avversi sul feto.

Farmaci antineoplastici: poiché i tessuti embrionali sono caratterizzati da una crescita rapida e da un elevato turnover del DNA, essi somigliano ai tessuti neoplastici e sono, quindi, molto vulnerabili ai farmaci antineoplastici. L’aminopterina è stato il primo farmaco di cui sia stata dimostrata la teratogenicità nell’uomo. Molti antimetaboliti e agenti alchilanti (compreso il metotrexato, la 6-mercaptopurina, la ciclofosfamide, il clorambucile e il busulfano), possono provocare anomalie fetali come il ritardo di accrescimento intrauterino, l’ipoplasia mandibolare, la palatoschisi, la disostosi cranica, i difetti a carico dell’orecchio e il piede torto. La colchicina, la vinblastina, la vincristina e l’actinomicina D sono teratogene negli animali, ma non è stato dimostrato che lo siano anche nell’uomo. La colchicina aumenta il numero dei cromosomi anomali nelle colture di linfociti, sollevando il sospetto che possa aumentare il rischio di sviluppare una sindrome di Down nella prole.

Retinoidi sintetici: l’isotretinoide assunto precocemente nella gravidanza ha causato dei difetti alla nascita e aborti spontanei. Le anomalie più significative includono i difetti cardiaci, la microotia (orecchie piccole) e l’idrocefalia. Il rischio di anomalie è valutato essere del 25%. Un altro 25% dei bambini esposti in utero ha un ritardo mentale isolato. L’etretinato è teratogeno negli animali e nell’uomo. Dopo la somministrazione orale, viene accumulato nel tessuto adiposo sottocutaneo e quindi rilasciato lentamente; il suo metabolita, l’etetrina, produce degli effetti teratogeni fino a 2 anni dopo la sospensione della terapia.

Ormoni sessuali: gli androgeni e i progestinici sintetici, somministrati durante le prime 12 sett. di gestazione, possono provocare la mascolinizzazione dei genitali esterni nei feti di sesso femminile. Raramente, un adenocarcinoma a cellule chiare della vagina si sviluppa in adolescenti le cui madri avevano fatto uso, durante la gravidanza, di dietilstilbestrolo (DES), un estrogeno sintetico non steroideo. L’effetto dell’esposizione al DES rappresenta la prima implicazione della carcinogenesi per via transplacentare nell’uomo. Nelle donne esposte in utero al DES, sono state osservate le seguenti alterazioni: anormalità del muco cervicale preovulatorio, cavità uterina a forma di T, disfunzioni mestruali, aborto spontaneo, incompetenza cervicale e aumentata incidenza di gravidanze ectopiche e parto pre-termine. La mortalità perinatale può essere aumentata nei loro bambini. Nei maschi esposti al DES sono state invece osservate la stenosi del meato uretrale e l’ipospadia.

Anticonvulsivanti: la palatoschisi; le anomalie cardiache, craniofacciali o viscerali; l’ipoplasia delle unghie e delle dita e il ritardo mentale sono stati più frequentemente osservati nei bambini di donne epilettiche che assumono anticonvulsivanti. I fattori di rischio per la teratogenesi in queste donne possono includere la frequenza e la gravità degli attacchi epilettici, l’uso di un’elevata dose giornaliera di anticonvulsivanti e l’uso contemporaneo di più di tre anticonvulsivanti. Il trimetadione è molto teratogeno ed è quasi sempre controindicato. L’associazione, precedentemente presunta, della sindrome fetale da idantoina (anomalie craniofacciali, deficit di crescita, ritardo mentale difetti degli arti) con la fenitoina è stata messa in discussione perché degli studi mostrano difetti simili nei bambini di madri epilettiche non trattate. Tuttavia, la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che il rischio è evidente quando la fenitoina viene usata precocemente in gravidanza. Il fenobarbitale e la carbamazepina sono stati considerati teratogeni, in quanto causano un quadro dismorfico di anomalie minori simili a quelle associate con l’uso della fenitoina. Durante il primo giorno di vita, i neonati esposti in utero alla fenitoina, alla carbamazepina o al fenobarbitale hanno un aumentato rischio di sanguinamento dovuto al deficit di vitamina K indotto dai farmaci. Questa complicanza può essere prevenuta con la somministrazione giornaliera di vitamina K alla donna gravida, PO, 1 mese prima del parto o IM al neonato dopo la nascita. Tuttavia, poiché si possono verificare delle complicanze dovute alle convulsioni frequenti durante la gravidanza, la donna gravida affetta da epilessia deve essere trattata con fenitoina, carbamazepina o fenobarbitale, usando la più bassa dose efficace e controllandola strettamente. Assunto durante la gravidanza, il fenobarbitale può ridurre l’ittero fisiologico del neonato, forse a causa dell’induzione degli enzimi di coniugazione nel fegato neonatale.

Vaccini: i vaccini con virus vivi devono essere evitati nelle donne che sono, o si pensa, siano gravide. La somministrazione del vaccino per la rosolia può causare un’infezione placentare e fetale. Le vaccinazioni per il colera, l’epatite A e B, il morbillo, la parotite, l’influenza, la peste, la poliomielite, la rabbia, il tetano-difterite, il tifo, la varicella e la febbre gialla possono essere effettuate in gravidanza, se esiste un ragionevole rischio di infezione.

Farmaci per la tiroide: lo iodio radioattivo (131I), somministrato per trattare una patologia tiroidea, può attraversare la placenta e distruggere la tiroide fetale o provocare un ipotiroidismo grave. Anche la triiodotironina, il propiltiouracile e il metimazolo attraversano la placenta e possono causare un gozzo fetale. La soluzione saturata di ioduro di potassio, spesso usata per prevenire il rilascio di ormone tiroideo dalla ghiandola tiroide, quando l’ipertiroidismo è clinicamente grave, deve essere utilizzata con grande cautela. È stato visto che attraversa la placenta e causa un grosso gozzo nel feto, che determina un’ostruzione respiratoria nel neonato. Il metimazolo può causare dei difetti dello scalpo (aplasia della cute) nei neonati. Pertanto, il farmaco di scelta nel trattamento dell’ipertiroidismo in gravidanza è il propiltiouracile.

Narcotici e analgesici (v. anche Dipendenza da oppioidi nel Cap. 195): i narcotici e i salicilati attraversano la placenta e raggiungono livelli significativi nel feto. I bambini nati da madri con dipendenza da narcotici possono avere dei sintomi da privazione da 6 h a 8 gg dopo la nascita. I salicilati competono con la bilirubina per i siti di legame dell’albumina e possono provocare nel feto un ittero nucleare. L’aspirina in dosi massive può ritardare l’inizio del travaglio e causare la chiusura prematura del dotto arterioso fetale, una diatesi emorragica della madre durante o dopo il parto o un sanguinamento nel neonato.

Antipsicotici (neurolettici) e ansiolitici: le fenotiazine sono state impiegate in gravidanza come antiemetici e come farmaci psicoattivi. Attraversano agevolmente la placenta e, come gruppo di farmaci, sembra pongano un rischio insignificante per il feto.

Il diazepam è l’ansiolitico più frequentemente somministrato. Anche se molti studi epidemiologici hanno osservato un’aumentata incidenza di anomalie con il suo uso, la maggior parte degli studi ha concluso che questa associazione non esiste. Quando il diazepam è somministrato alla fine della gravidanza sono stati osservati nei neonati depressione, irritabilità, tremori e iperreflessia. Studi sull’esposizione del feto al meprobamato e al clordiazepossido, non mostrano alcuna prova di un’aumentata incidenza di malformazioni o di morte fetale. Test di sviluppo intellettivo e motorio eseguiti su questi bambini a 8 mesi di età e test di intelligenza eseguiti all’età di 4 anni, non hanno mostrato evidenza di un danno cerebrale.

Altri farmaci psicoattivi: non ci sono dati conclusivi sull’associazione tra l’uso degli antidepressivi triciclici e le malformazioni congenite. Vi sono osservazioni isolate secondo le quali i bambini nati da madri che hanno ricevuto dei triciclici poco prima del parto, possono avere tachicardia, insufficienza respiratoria e ritenzione urinaria. Anche il carbonato di litio, somministrato nel 1o trimestre, è stato associato a malformazioni congenite fino al 19% dei feti. Le più comuni erano le malformazioni cardiovascolari, compresa l’anomalia di Ebstein. Sono stati riportati anche gli effetti perinatali del litio; essi includono la letargia, l’ipotonia, le difficoltà di alimentazione, l’ipotiroidismo, il gozzo e il diabete insipido nefrogeno nel neonato.

Antibatterici: le tetracicline attraversano la placenta, si concentrano e si depositano nell’osso e nei denti fetali, dove si combinano con il calcio; il periodo a rischio va dalla metà alla fine della gravidanza. Nei bambini esposti alle tetracicline in utero, i denti possono essere perennemente gialli e meno resistenti alle carie, si può verificare un’ipoplasia dello smalto e la crescita delle ossa può essere ritardata. Poiché sono disponibili diversi farmaci alternativi più sicuri, le tetracicline andrebbero evitate in gravidanza.

La streptomicina, la gentamicina, la kanamicina e gli altri farmaci ototossici devono essere evitati in gravidanza, perché attraversano la placenta e possono danneggiare il labirinto del feto. Tuttavia, i vantaggi nel trattare le malattie potenzialmente letali dovute a organismi penicillino o cefalosporino-resistenti, possono essere maggiori dei rischi. Il cloramfenicolo, anche se somministrato ad alte dosi alla madre, non è dannoso per il feto; il neonato, tuttavia, non è in grado di metabolizzare adeguatamente il cloramfenicolo e gli elevati livelli ematici che ne risultano possono provocare un collasso cardiocircolatorio (sindrome del bambino grigio). Le penicilline sembrano essere sicure.

I sulfamidici ad azione prolungata attraversano la placenta; poiché hanno una grande affinità di legame per le proteine, possono spostare la bilirubina dai suoi siti di legame. Se i sulfamidici sono somministrati prima della 34a sett., la placenta elimina efficacemente la bilirubina, riducendo al minimo i rischi per il feto. Quando sono somministrati in prossimità del parto, il neonato può avere un ittero grave e, se non trattato, un ittero nucleare. La sulfasalazina rappresenta un’eccezione, in quanto il suo metabolita attivo nel feto, la sulfapiridina, ha una capacità molto debole di spostare la bilirubina e presenta perciò dei rischi minimi per il feto.

Le cefalosporine sono spesso prese in considerazione durante la gravidanza, ma poiché gli studi nell’uomo non sono riusciti a escludere la possibilità di un danno, le cefalosporine devono essere usate solo se chiaramente necessarie.

L’uso degli antibiotici chinolonici durante la gravidanza è stato recentemente messo in discussione a causa degli studi che mostrano come la ciprofloxacina e la norfloxacina abbiano un’elevata affinità per l’osso e la cartilagine, causando potenzialmente un’artralgia nei bambini esposti. Tuttavia, uno studio recente sui lattanti esposti in utero agli antibiotici chinolonici non ha rilevato malformazioni o difetti muscolo-scheletrici associati.

Anticoagulanti: le cumarine possono attraversare la placenta e arrivare al feto, che è molto sensibile alla loro azione. La sindrome fetale da warfarin si può verificare fino nel 25% dei feti esposti alla warfarina durante il 1o trimestre; le anomalie includono l’ipoplasia del naso, la granulia miliariforme delle ossa (evidenziabile alle radiografie), l’atrofia ottica bilaterale e i vari gradi di ritardo mentale. L’esposizione alla warfarin durante il 2o o il 3o trimestre è stata correlata all’atrofia ottica, alle cataratte, al ritardo mentale, alla microcefalia e alla microftalmia. Si possono inoltre verificare delle emorragie fetali e materne. L’eparina, una grande molecola a elevata carica con un passaggio transplacentare minimo, è l’anticoagulante di scelta durante la gravidanza. Tuttavia, il prolungato ( 6 mesi) uso in gravidanza può causare, nella madre, osteoporosi o trombocitopenia. Per le pazienti che non sono gravide, l’eparina a basso peso molecolare rappresenta un’alternativa più sicura. Tuttavia, la sua efficacia come anticoagulante durante la gravidanza non è dimostrata, anche se è stato riportato che non è dannosa per il feto perché il passaggio attraverso la placenta è minimo o nullo.

Farmaci cardiovascolari: i glicosidi digitalici attraversano la placenta, ma i neonati (e i bambini) sono relativamente resistenti alla loro tossicità. Solo l’1% di una dose di digitossina iniettata alla madre, compare nel feto sotto forma di digitossina immodificata e il 3% compare sotto forma dei suoi metaboliti, ma si possono osservare delle concentrazioni maggiori di digitossina, soprattutto durante il primo trimestre. I neonati di madri che fanno uso di digitossina, presentano una concentrazione plasmatica paragonabile a quella della madre, senza segni di effetti dannosi.

Anche i farmaci antiipertensivi, comunemente assunti dalle madri con disturbi ipertensivi della gravidanza, attraversano la placenta e possono danneggiare il neonato. I bloccanti gangliari possono dare effetti autonomici come l’ipotensione e l’ileo paralitico. Il propranololo attraversa la placenta e può causare bradicardia, ipoglicemia e potenzialmente vari gradi di ritardo di crescita intrauterina. I diuretici tiazidici devono essere evitati perché riducono la volemia materna e possono compromettere l’ossigenazione e la nutrizione fetale. Essi possono, inoltre, causare iponatremia, ipokaliemia e trombocitopenia nel neonato.

Gli ACE-inibitori, come l’enalapril e il captopril, possono causare un’insufficienza renale fetale nel 2o e nel 3o trimestre di gravidanza, da cui deriva la sequenza dell’oligoidramnios (oligoidramnios, deformità craniofacciali, contratture degli arti e sviluppo ipoplasico del polmone fetale). Usati durante il 1o trimestre, tuttavia, questi farmaci non sembrano essere teratogeni.

Farmaci impiegati comunemente in corso di travaglio e di parto: il passaggio transplacentare degli anestetici locali (mepivacaina, lidocaina, prilocaina) dalle varie sedi di somministrazione (pudenda, paracervicale) può causare, nel feto, depressione del SNC e bradicardia. La terapia ossitocica EV per aumentare o indurre il travaglio è sicura, ma la somministrazione non controllata può causare delle contrazioni uterine ipertoniche, che possono mettere in pericolo il feto. I narcotici, la scopolamina, i barbiturici, la ketamina e gli analgesici attraversano tutti la placenta. Il tiopentale, un ipnotico comunemente usato durante il parto cesareo, si concentra nel fegato del feto, proteggendo il SNC dalle alte concentrazioni del farmaco. Le dosi elevate di diazepam, somministrato EV alle madri prima del parto, può produrre nei neonati ipotonia, ipotermia, un basso punteggio di Apgar, un’insufficiente risposta metabolica allo stress da freddo e depressione neurologica.

Il solfato di magnesio somministrato EV, spesso usato per bloccare un travaglio prematuro o per prevenire delle convulsioni eclamptiche, può causare letargia, ipotonia e una depressione respiratoria temporanea nei neonati. Tuttavia, le gravi complicanze neonatali sono rare e i benefici di questo farmaco, quando usato con giudizio, superano i rischi.

Altri farmaci prescritti: la talidomide, introdotta nel 1956 come un farmaco per l’influenza e come un sedativo, è attualmente usato per trattare la lebbra. Nel 1962, fu scoperto che la talidomide, assunta dalle donne gravide durante l’organogenesi, era responsabile di embriopatie, incluse la riduzione bilaterale degli arti (p. es., l’amelia, la focomelia, l’ipoplasia) e le malformazioni GI e cardiovascolari.

Assunta durante la gravidanza, la quantità di vitamina A contenuta nei preparati vitaminici prenatali (5000 UI/die) non è stata associata a rischi teratogeni, ma dosi > 10000 UI/die aumentano il rischio.

La meclizina, un farmaco prescritto spesso contro le cinetosi ("mal d’auto"), la nausea e il vomito, è teratogeno nei roditori, ma questo effetto non è stato documentato nell’uomo.

Gli ipoglicemizzanti orali non sempre riescono a controllare adeguatamente il diabete nelle donne gravide e possono causare una grave ipoglicemia nei neonati. Poiché l’insulina non può attraversare la placenta e permette un controllo più prevedibile del diabete, è il farmaco di scelta per il trattamento del diabete mellito durante la gravidanza.

L’uso per via orale e per via topica dell’acyclovir durante la gravidanza sembra essere sicuro.

I farmaci ossidanti come la primachina, la nitrofurantoina, il naftalene, la vitamina K, i sulfamidici e il cloramfenicolo possono provocare emolisi nelle madri e nei feti affetti da deficit genetico di G6PD (v. Difetti dello shunt degli esoso-monofosfati nel Cap. 127).

Droghe di uso comune e illegali: gli effetti del fumo di sigaretta e dell’uso dell’alcol, della cocaina e della marijuana durante la gravidanza sono trattati nel Cap. 250 (v. anche Cap. 195 e 260). L’incidenza dell’uso dell’amfetamina è elevata nelle madri di bambini con difetti cardiaci congeniti, indicando una possibile associazione teratogena.

Caffeina: vari studi indicano che bere più di 7-8 caffé al giorno si associa a un’aumentata incidenza di morte intrauterina, di parti pre-termine, di neonati con basso peso alla nascita e di aborti spontanei. Questi studi, tuttavia, non hanno tenuto conto dell’uso del tabacco e dell’alcol. Uno studio controllato su donne gravide che assumevano piccole quantità di caffeina (circa 1 tazza di caffè) non ha evidenziato un effetto teratogeno. Non è chiaro, quindi, se l’assunzione di forti dosi di caffeina si associ o meno a un’aumentata incidenza di complicanze perinatali. Le bevande decaffeinate presentano, teoricamente, un modesto rischio per il feto.

Aspartame: l’uso dell’aspartame, un sostituto dietetico dello zucchero, in gravidanza è spesso messo in discussione. Il metabolita principale dell’aspartame, la fenilalanina, si concentra nel feto con un meccanismo di trasporto transplacentare attivo e dei livelli tossici possono causare un ritardo mentale. Tuttavia, quando l’assunzione è mantenuta nei limiti usuali, i livelli di fenilalanina fetale sono di molto al di sotto dei livelli tossici. L’assunzione moderata di aspartame durante la gravidanza sembra porre un modesto rischio di tossicità per il feto. Comunque, se la madre è affetta dalla fenilchetonuria (v. Cap. 269), l’assunzione della fenilalanina, e quindi dell’aspartame, è proibita.

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