18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

249.GRAVIDANZA FISIOLOGICA, TRAVAGLIO E PARTO

GESTIONE DEL TRAVAGLIO FISIOLOGICO

Sommario:

Introduzione
MONITORAGGIO DEL FETO

Il travaglio consiste in una serie di contrazioni uterine ritmiche e progressive che producono l’appianamento e la dilatazione del collo dell’utero. Lo stimolo che produce il travaglio è sconosciuto. L’ossitocina circolante, prodotta dall’ipofisi posteriore, provoca l’inizio del travaglio. Il travaglio inizia, in genere, entro 2 sett., prima o dopo la data presunta del parto. Nel caso della prima gravidanza, il travaglio dura al massimo 12 o 14 h; i travagli successivi sono spesso più brevi, durando da 6 a 8 h.

Una perdita ematica (una piccola quantità di sangue mista a una perdita mucosa dalla cervice) può precedere l’insorgenza del travaglio di circa 72 h. La fase attiva del travaglio è sempre preceduta da una fase latente durante la quale delle contrazioni irregolari di intensità variabile sembrano provocare la maturazione e l’ammorbidimento della cervice. Mano a mano che il travaglio progredisce, le contrazioni aumentano di durata, intensità e frequenza.

Occasionalmente, le membrane (il sacco amniotico e corionico) si rompono prima dell’inizio del travaglio e il liquido amniotico defluisce attraverso la cervice e la vagina. Quando le membrane della donna si rompono, la paziente deve immediatamente contattare il proprio medico. Circa l’80-90% delle donne con rottura delle membrane entra in travaglio spontaneamente entro 24 h. Se ciò non avviene e la gravidanza è a termine, il travaglio viene indotto per il rischio di infezioni.

Alcune donne preferiscono partorire a casa, ma la maggior parte degli ostetrici non lo raccomanda perché si possono verificare delle complicanze inattese durante il travaglio e il parto. Le complicanze includono il distacco prematuro della placenta, la sofferenza fetale durante il travaglio e le inattese complicanze del post-partum (p. es., la depressione o le anomalie neonatali, l’emorragia materna). Alcuni ospedali hanno risposto ai desideri delle pazienti offrendo sale da parto che si avvicinano all’ambiente domestico, con minori formalità e regole rigide, ma con la disponibilità di attrezzature e personale per le situazioni di emergenza. I centri per le nascite possono essere autonomi o collocati all’interno dell’ospedale, con simili o identiche facilitazioni di cura in entrambe le sedi. In alcuni ospedali, delle ostetriche diplomate provvedono a buona parte del trattamento nelle gravidanze a basso rischio. Le ostetriche lavorano con un medico, che è continuamente disponibile per consultazioni e parti operativi. Tutte le opzioni per il parto devono essere chiarite.

Per molte donne, la presenza del padre o di altre persone durante il travaglio può essere d’aiuto e deve essere incoraggiata. Il sostegno morale, l’incoraggiamento e le dimostrazioni d’affetto diminuiscono l’ansia e rendono il travaglio meno preoccupante e spiacevole. I corsi di psicoprofilassi al parto possono preparare i genitori ad affrontare un travaglio e un parto normali o complicati. La condivisione dello stress del travaglio, la vista del proprio bambino e ascoltare il suo pianto tendono a creare un forte legame tra i genitori e tra i genitori e il bambino. La coppia deve essere informata esaurientemente di ogni eventuale complicanza.

Al momento del ricovero si devono annotare la PA della paziente, la sua frequenza cardiaca e respiratoria, la temperatura corporea e il peso e la presenza o l’assenza di edemi. Si deve raccogliere un campione di urine per la ricerca della proteinuria e della glicosuria e uno di sangue per un esame emocitometrico completo e per la tipizzazione sanguigna. Si deve eseguire un esame obiettivo. Mentre si esamina l’addome, il medico valuta la grandezza, la posizione e la presentazione del feto (manovra di Leopold) e annota la presenza o l’assenza dei suoni cardiaci fetali. Sono anche annotate le valutazioni preliminari della qualità delle contrazioni e della loro durata e frequenza.

Se il travaglio è attivo e la gravidanza è a termine, un’ostetrica o un medico esegue una visita vaginale con guanto sterile per valutare la progressione del travaglio. Se è presente un importante sanguinamento, questa visita viene ritardata fino a quando non è confermata la sede della placenta. Se le membrane sono rotte, viene eseguita una visita con lo speculum per documentare la dilatazione e la scomparsa del collo e per valutare la posizione; tuttavia, la visita manuale è ritardata fino a quando non si verificano la fase attiva del travaglio o dei problemi (p. es., riduzione della frequenza cardiaca fetale). Si deve ricercare anche l’eventuale presenza di meconio (che produce una colorazione verdastra), perché può essere un segno di sofferenza fetale. Se il travaglio è prematuro (< 37 sett.) o non è iniziato, devono essere eseguiti solo un esame con lo speculum sterile e un prelievo per l’esame colturale e per la ricerca dei gonococchi, della chlamydia e degli streptococchi di gruppo B. Si devono annotare il grado di dilatazione e di appianamento del collo e la posizione del feto (la discesa della parte presentante) nello scavo pelvico. La dilatazione è indicata in centimetri, come il diametro di un cerchio. L’appianamento del collo è calcolato in percentuale dallo 0 (assenza di appianamento) al 100% (appianamento completo della cervice). Il livello è espresso in centimetri, al di sopra o al di sotto del piano delle spine ischiatiche. Sono annotate anche la presentazione, che descrive la parte del feto all’orifizio cervicale (p. es., podalica, di vertice, di spalla) e la posizione, che descrive il rapporto esistente tra la parte presentata e la pelvi (p. es., occipito-sinistra anteriore [OSA]o sacro destro posteriore [SDP]). Durante questo esame il medico può accertare se le membrane sono integre o meno. Va annotata, nella relazione del travaglio, una breve descrizione delle forze (qualità del travaglio, frequenza e durata delle contrazioni), del canale (pelvimetria) e del feto (p. es., dimensioni, posizione, frequenza cardiaca).

La paziente deve essere portata in sala travaglio per essere frequentemente controllata fino al momento del parto. Deve, inoltre, alimentarsi in quantità molta ridotta, per prevenire il vomito e l’inalazione durante il parto. Non è necessario eseguire un clistere; non vi è alcuna prova che esso stimoli il travaglio mentre di certo contamina la vulva e il perineo per l’intera durata del travaglio e del parto. Radere (o tagliare) i peli vulvari non è indicato perché la rasatura è irritante e può causare un’infezione. Si può infondere EV una soluzione di Ringer, inserendo un’ago-cannula di grosso calibro, a permanenza, in una vena della mano o della piega del gomito. Nel corso di un normale travaglio di 6-10 h, la paziente deve ricevere da 500 a 1000 ml di soluzione. Questa infusione previene la disidratazione e la conseguente emoconcentrazione durante il travaglio, assicurando al contempo una volemia adeguata. La cannula venosa permette anche un accesso immediato per la somministrazione di farmaci o di sangue in caso di emergenza o, se necessario, di farmaci per stimolare le contrazioni uterine. Un’adeguata idratazione è utile anche nel caso si debba effettuare un’anestesia epidurale o spinale.

Gli analgesici possono essere somministrati durante il travaglio, secondo le necessità, ma devono essere somministrati in quantità minime perché possono deprimere la respirazione del neonato. La preparazione e le spiegazioni circa la nascita del bambino diminuiscono l’ansia, riducendo marcatamente la necessità di un analgesico. La meperidina (fino a 25 mg) o la morfina solfato (fino a 5 mg) somministrate EV q 60-90 min sono usati frequentemente e forniscono una buona analgesia con una piccola dose totale. Anche se entrambi i narcotici attraversano la placenta e hanno un effetto deleterio sul feto, il naloxone 0,01 mg/kg può essere somministrato IM, EV o SC al neonato come antagonista specifico, se necessario. I farmaci "sinergici" (p. es., la prometazina), che sono più suppletivi che sinergici, sono popolari perché riducono la nausea provocata dai narcotici; devono essere usate piccole dosi perché non esiste un antidoto disponibile se viene somministrata una dose eccessiva o se insorgono dei problemi. Quindi, se è necessaria un’ulteriore analgesia, si preferisce aggiungere meperidina o morfina, oppure usare un’anestesia epidurale (v. gestione del parto fisiologico, oltre).

Il primo stadio del travaglio, dall’inizio del travaglio stesso alla dilatazione completa del collo (circa 10 cm), ha due fasi. Durante la fase latente, le contrazioni diventano progressivamente più coordinate, il fastidio è meno intenso e il collo si appiana e si dilata sino a 4 cm. La durata della fase latente è difficile da definire esattamente, oscillando dalle 8 h e 1/2 nelle nullipare alle 5 h nelle pluripare. Questa fase è considerata patologica se dura > 20 h in una primigravida o > 12 h in una multigravida. Durante la fase attiva, il collo dell’utero si dilata completamente e la parte presentata discende nella pelvi. In media, questa fase dura 5 h nelle nullipare e 2 h nelle pluripare. La cervice si deve dilatare 1,2 cm/h nelle nullipare e 1,5 cm/h nelle pluripare. La paziente può cominciare a sentire il bisogno di spingere verso il basso appena la parte presentata discende nella pelvi. Comunque, la paziente deve essere dissuasa dallo spingere fino a che il collo non è completamente dilatato per prevenire la lacerazione della cervice ed evitare di sprecare energie.

Il secondo stadio del travaglio è il periodo che va dal momento della dilatazione completa del collo fino all’espulsione del feto. In media, dura 2 h nelle nullipare e l h nelle pluripare. Può durare un’altra ora se è stata fatta un’analgesia epidurale. Per il parto spontaneo, la paziente deve aiutare le contrazioni uterine spingendo con forza in maniera espulsiva.

La frequenza cardiaca e la PA materne, così come la frequenza cardiaca fetale, devono essere controllate continuamente con il monitor elettronico o almeno q 15 min con l’auscultazione durante il primo stadio del travaglio. Nel corso del secondo stadio, la paziente deve essere seguita costantemente e il battito cardiaco fetale deve essere rilevato continuamente o dopo ogni contrazione o q 3 minuti, a seconda di quello che si verifica prima. Le contrazioni uterine possono essere monitorate anche mediante l’auscultazione o elettronicamente.

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MONITORAGGIO DEL FETO

Il monitoraggio elettronico esterno della frequenza cardiaca fetale è usato di routine nel corso di tutti i travagli da molti ostetrici, perché il 30-50% dei feti che presentano un distress fetale o che muoiono durante il parto non presenta alcun segno premonitore che induca a un’osservazione più stretta e il monitoraggio elettronico può salvare la vita a tali bambini. Tuttavia, il valore di questa pratica è controverso. Sempre più dati dimostrano che l’incidenza dei parti cesarei è maggiore tra le pazienti monitorate con il cardiotocografo rispetto a quella delle donne monitorate con l’auscultazione. L’impiego della determinazione del pH del cuoio capelluto fetale per confermare la necessità di un parto cesareo può contribuire a ridurne la percentuale, ma questa procedura richiede apparecchiature sofisticate. Per monitorare le pazienti a basso rischio durante un parto normale, è affidabile l’auscultazione con un Doppler q 15 min nel 1o stadio e ogni 3 min o dopo ogni contrazione nel 2o stadio. L’auscultazione intermittente è associata con una più bassa percentuale di falsi positivi e una più bassa incidenza di intervento cesareo rispetto al monitoraggio continuo con cardiotocografo e rappresenta un’opportunità per un più intenso contatto personale con la partoriente. La cardiotocografia può essere riservata alle pazienti ad alto rischio o a quelle nelle quali l’auscultazione risulta difficoltosa o identifica una frequenza potenzialmente anormale.

Per la cardiotocografia si applicano alcuni sensori sull’addome materno, per rilevare e registrare il battito cardiaco fetale e le contrazioni uterine. Per il monitoraggio interno le derivazioni sono posizionate attraverso la cervice, con un elettrodo applicato sul cuoio capelluto del feto e un catetere inserito nell’utero per misurare la pressione del liquido amniotico. Di solito, i dispositivi esterni sono usati nelle gravidanze normali e i metodi interni sono usati quando quelli esterni non forniscono sufficienti informazioni circa lo stato di benessere del feto o sull’intensità delle contrazioni uterine.

Il monitoraggio fetale esterno può essere impiegato come parte di un "Non-Stress Test" (NST) o di un "contraction stress test" (chiamato, a volte, "test di stimolazione con l’ossitocina" [Oxytocin Challenge Test, OCT]). Il battito cardiaco fetale è continuamente registrato e confrontato con i movimenti fetali (NST) o con le contrazioni indotte dall’ossitocina (OCT) o con la stimolazione della mammella o con le contrazioni spontanee. Questi test sono spesso usati per monitorare le gravidanze che presentano qualche problema.

Se è stato identificato un problema prima del travaglio o se esso viene evidenziato con l’auscultazione o con il monitoraggio esterno, si ricorre al monitoraggio interno allo scopo di ottenere informazioni più dettagliate circa le modalità del battito cardiaco fetale e della contrattilità uterina. Quando si identifica o si conferma un problema con il monitoraggio elettronico interno, la necessità di intervento può essere confermata determinando il pH ematico fetale da campioni prelevati dallo scalpo dopo un’amniotomia. Un valore  7,25 è rassicurante, valori tra 7,0 e 7,24 sono preoccupanti e indicano che la determinazione deve essere ripetuta dopo aver somministrato O2 e liquidi EV e aver fatto cambiare posizione alla mamma; valori < 7,0 indicano la necessità di un parto urgente.

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