18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

252.ANOMALIE DELLA GRAVIDANZA

PREECLAMPSIA ED ECLAMPSIA

Preeclampsia: sviluppo di ipertensione con albuminuria o edema tra la 20a sett. di gestazione e la fine della prima settimana post-partum. Eclampsia: crisi epilettiche o coma senza altre eziologie che si verificano nello stesso periodo di tempo.

Sommario:

Introduzione
Sintomi, segni e diagnosi
Profilassi e trattamento

L’eziologia della preeclampsia e dell’eclampsia è sconosciuta. La preeclampsia si sviluppa nel 5% delle donne gravide, generalmente nelle primigravide e nelle donne con ipertensione o affezioni vascolari preesistenti (v. anche Cap. 251). Se non trattata, la preeclampsia rimane generalmente stazionaria per un tempo variabile e poi improvvisamente procede fino all’eclampsia. L’eclampsia si sviluppa in 1 ogni 200 pazienti preeclamptiche e ha, in genere, un esito fatale se non trattata. Una complicanza maggiore della preeclampsia è il distacco placentare (v. oltre), che è apparentemente provocato dall’interessamento vascolare.

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Sintomi, segni e diagnosi

Ogni donna gravida che presenta una PA di 140/90 mm Hg, edema del volto e delle mani, un’albuminuria  1+ o la cui pressione aumenti in ragione di 30 mm Hg per la sistolica o di 15 mm Hg per la diastolica (anche se non raggiunge livelli superiori a 140/90 mm Hg), deve essere considerata preeclamptica. La preeclampsia moderata si presenta con un’ipertensione ai limiti superiori della norma, edema refrattario o albuminuria. Le pazienti con una PA di 150/ 110 mm Hg, un edema marcato, un’albuminuria  3+, disturbi visivi o dolore addominale sono considerate preeclamptiche gravi. Si devono eseguire tutti i test di laboratorio (emocromo, analisi delle urine, elettroliti, tempo di protrombina, test di funzionalità epatica e PTT) e devono essere corrette le eventuali alterazioni. Si devono valutare l’azotemia e la creatininemia per escludere che vi siano alterazioni renali insospettate.

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Profilassi e trattamento

Il trattamento è teso a preservare la vita e la salute della madre; anche il feto, in genere, sopravvive. Una paziente con i primi segni di una preeclampsia moderata può essere trattata ambulatorialmente prescrivendo un rigoroso riposo a letto, ma deve essere visitata dal suo medico ogni due giorni. Se le sue condizioni non migliorano rapidamente, deve essere ricoverata. Una volta che è stata presa la decisione di trattare la preeclampsia con misure più complesse del solo riposo a letto, il parto deve rappresentare l’obiettivo della terapia. Non ci sono prove che il ritardare la data del parto aumenti le possibilità di sopravvivenza del feto, eccetto quando le pazienti presentano una preeclampsia insolitamente lieve e rapidamente correggibile con la terapia e il parto sarebbe prematuro. Pertanto, ogni paziente affetta da preeclampsia che non risponde alla terapia, indipendentemente dalla durata della gravidanza, deve essere stabilizzata e quindi fatta partorire.

La paziente affetta da una preeclampsia lieve ha bisogno di un apporto normale di sale e aumentato di acqua. Mantenere la paziente a letto e incoraggiarla a giacere sul fianco sinistro aumenta prontamente la diuresi e diminuisce la disidratazione intravascolare e l’emoconcentrazione. Dal momento che l’eziologia è sconosciuta, il trattamento prima del parto è mirato a ridurre i sintomi e il farmaco principale che viene utilizzato è il solfato di magnesio (v. oltre).

Nella preeclampsia grave è indicata una terapia più energica. Al ricovero si deve somministrare alla paziente un’infusione EV di una soluzione salina bilanciata (p. es., soluzione di Ringer), attraverso un catetere venoso di grosso calibro. Quindi, si somministrano 4 g di solfato di magnesio, lentamente EV, in 15 min, fino all’attenuazione dell’iperreflessia che, in genere, si accompagna a questa malattia, diminuendo, in tal modo, il rischio di insorgenza delle convulsioni. La PA, di solito, si riduce contestualmente. Con l’infusione di 3 o 4 l di soluzione salina bilanciata nell’arco di 24 h, si ha anche un aumento della diuresi e la riduzione degli edemi. Vengono somministrati 1-3 g/h di solfato di magnesio EV, in continua, mediante una pompa da infusione, con dosi supplementari, se necessario. La terapia è monitorata con la misurazione sequenziale dei livelli sierici di magnesio (valori terapeutici, 4-7 mEq/l). In genere, entro 4-6 h la PA si stabilizza su livelli più bassi e l’iperreflessia è controllata. Il parto deve essere portato a termine appena la paziente si è stabilizzata. Se la PA non risponde alla terapia con il magnesio solfato, si deve iniziare un’infusione EV di idralazina (40 mg/l), modificando la velocità di infusione sulla base dei valori della PA. Questa non deve mai scendere al di sotto di 130/80 mm Hg in caso di preeclampsia grave o di eclampsia, perché in questo caso la perfusione uterina diminuirebbe così marcatamente da mettere a repentaglio la vita del feto. L’antidoto specifico per il sovradosaggio di magnesio solfato è il calcio gluconato, 1 g EV. Se la diuresi non aumenta, si può associare furosemide, 10-20 mg EV; altrimenti i diuretici non vengono adoperati. Non vanno usati i sedativi a causa degli effetti nocivi sul feto. La preeclampsia lieve può essere stabilizzata in 6-8 h; successivamente, è indicato il parto.

La paziente che viene ricoverata con una diagnosi di eclampsia conclamata deve essere trattata nella stessa maniera. La somministrazione precoce di magnesio solfato è in grado, di solito, di controllare le convulsioni. Se ciò non avviene, si dovrà somministrare diazepam, 5 mg EV, in singolo bolo. È necessario attuare un monitoraggio e un’assistenza costanti; la PA, il polso, la respirazione e i riflessi devono essere valutati ogni 15 minuti e la diuresi e il volume di infusione ogni ora.

Tutte le pazienti, indipendentemente dalla gravità della condizione, devono essere tenute sotto controllo per il possibile sviluppo di complicanze quali la cefalea, i disturbi della vista, la confusione, i dolori addominali, il sanguinamento vaginale e la scomparsa dei rumori cardiaci fetali; il controllo deve essere registrato ogni 15 min. Molti medici preferiscono ricoverare la paziente nell’UTR, dove è possibile il monitoraggio continuo della madre e del feto. È obbligatoria una continua assistenza ostetrica. La preeclampsia deve cominciare a risolversi in 4-6 h dal parto.

La sindrome HELLP (Hemolysis [emolisi], Elevated [elevati] Liver enzymes [enzimi epatici] and Low [bassa] Platelet count [conta piastrinica]) è una delle complicanze più importanti che si può verificare nelle pazienti affette da una preeclampsia lieve. Il trattamento è lo stesso della preeclampsia.

Il parto va portato a termine secondo il metodo più efficace. Se il collo è preparato e sembra probabile il parto per via vaginale, si deve iniziare un’infusione diluita di ossitocina EV per indurre il travaglio e quando il travaglio è attivo eseguire l’amniotomia. Se il collo non è preparato e il parto per via vaginale è improbabile, si deve eseguire un parto cesareo.

Dopo il parto, la paziente deve essere seguita attentamente e di frequente come durante il travaglio; infatti il 25% delle eclampsie si verifica nel periodo del post-partum, in genere nei primi 2-4 giorni. La deambulazione è permessa non appena migliorano le condizioni della paziente. Sebbene l’ospedalizzazione possa essere prolungata e possa essere necessaria una terapia antiipertensiva dopo la dimissione, la guarigione dopo il parto può essere sorprendentemente rapida. La paziente deve essere controllata almeno q 1 o 2 sett. dopo il parto. La PA può rimanere elevata per 6-8 sett.; se rimane elevata dopo 8 sett., deve essere presa in considerazione una diagnosi di ipertensione. In tutto questo periodo, si devono controllare con regolarità l’emocromo, l’analisi delle urine, l’azotemia e la creatininemia.

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