18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

254. ASSISTENZA NEL POST-PARTUM

INFEZIONI PUERPERALI

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Terapia
PIELONEFRITE
ALTRE INFEZIONI PUERPERALI

Si deve sospettare un’infezione puerperale quando la temperatura corporea della madre sale a  38°C nei due giorni successivi alle prime 24 ore dopo il parto e non ci sono altre cause evidenti. Anche nel corso delle prime 12 h una febbre significativa deve esser valutata con l’esame dei polmoni e dell’utero e con esami colturali delle urine. La causa più comune di febbre nella prima fase del puerperio è la disidratazione, ma dopo 2 o 3 giorni di febbricola, un aumento improvviso della temperatura indica la presenza di un’infezione.

Le infezioni correlate direttamente con il parto di solito originano dall’apparato genitale, interessando l’utero o i parametri. Anche le infezioni renali e vescicali insorgono comunemente subito dopo il parto. Altre cause di febbre, come la tromboflebite pelvica e le infezioni mammarie, si hanno, in genere, dopo il 3o giorno post-partum.

Una corioamnionite febbrile insorta durante il travaglio può essere seguita da un’endometrite, una miometrite e una parametrite secondarie o da un’iperpiressia puerperale. Alcune condizioni predispongono i batteri che normalmente si ritrovano nella vagina (come gli streptococchi e stafilococchi anaerobi) a migrare nella cavità uterina e causare l’infezione durante il puerperio; esse includono l’anemia, la rottura protratta delle membrane, il travaglio prolungato, i parti traumatici o chirurgici, le visite ripetute, la ritenzione in utero di frammenti di placenta e l’emorragia del post-partum. Gli stessi fattori favoriscono la moltiplicazione nell’utero e nella vagina dei germi introdotti dall’esterno. Gli organismi più frequentemente riscontrati sono l’E. coli, gli stafilococchi coagulasi-negativi, gli enterococchi, i cocchi anaerobi e le specie di Bacteroides.

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Sintomi e segni

L’infezione puerperale inizia solitamente con una dolorabilità dell’utero, un segno di infezione uterina. Brividi, cefalea, malessere e anoressia sono comuni. Solitamente sono presenti pallore, tachicardia e leucocitosi e l’utero è soffice, aumentato di volume e dolorabile. Le lochiazioni possono essere diminuite o abbondanti e maleodoranti. Quando sono interessati i parametri, il dolore e la febbre sono intensi; l’utero, ingrandito e dolente, è fissato da una zona di ispessimento alla base dei legamenti larghi, che si estende alle pareti pelviche.

Raramente una peritonite e/o una tromboflebite pelvica (con il rischio di un’embolia polmonare) possono complicare questa malattia. L’endotossiemia, lo shock endotossinico e la necrosi renale tubulare o corticale possono seguire la sepsi puerperale acuta dovuta agli streptococchi aerobi o ad altri anaerobi e all’E. coli e possono essere fatali.

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Terapia

La prima cosa da fare è prevenire o ridurre i fattori predisponenti. Anche se non si può effettuare un parto per via vaginale in modo del tutto sterile, le infezioni del post-partum sono oggi più rare per le migliori tecniche di asepsi. Un antibiotico ad ampio spettro (p. es., ampicillina/sulbactam 1,5-3,0 g q 6 h o ticarcillina/clavulanato di potassio 3,1 g q 6 h) deve essere somministrato EV fino a quando la paziente non sia apirettica da 48 h. Non è necessario continuare il trattamento con antibiotici orali.

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PIELONEFRITE

Dopo il parto può insorgere una pielonefrite, dovuta alla risalita di batteri dalla vescica. L’infezione può iniziare come una batteriuria asintomatica nel corso della gravidanza ed è, a volte, associata alla cateterizzazione della vescica attuata per eliminare la distensione vescicale durante e dopo il travaglio. Il germe responsabile è di solito l’E. coli. I sintomi comprendono la febbre alta, il dolore ai fianchi, un malessere generale, la stipsi e a volte la stranguria. Il trattamento è rappresentato dalla somministrazione di cefazolina 1 g q 8 h EV fino a quando la paziente è apirettica da 48 h. Devono essere fatte le prove di sensibilità (antibiogramma) e un trattamento idoneo deve essere continuato per 2 sett. dopo la dimissione. Va consigliata l’assunzione di grandi quantità di liquidi, per mantenere una buona funzionalità renale. A distanza di 6-8 sett. dal parto deve essere ripetuta un’urinocoltura per verificare l’avvenuta guarigione. Un’urografia deve essere presa in considerazione in qualunque paziente con una pielonefrite durante o dopo la gravidanza per ricercare calcoli o un’anomalia congenita.

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ALTRE INFEZIONI PUERPERALI

Una febbre che si verifica tra il 4o e il 10o giorno post-partum e che non risponde agli antibiotici può indicare lo sviluppo di una tromboflebite pelvica, che deve essere trattata con metodi standard (v. Trombosi venosa nel Cap. 212).

Le reazioni febbrili del tardo puerperio sono spesso dovute a mastiti, sebbene anche la cistite sia frequente. Gli ascessi mammari sono piuttosto rari e sono trattati con l’incisione, il drenaggio e la somministrazione di antibiotici specifici per lo Staphylococcus aureus. L’allattamento non deve essere interrotto se l’infezione mammaria migliora.

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