19. PEDIATRIA

256. ASSISTENZA SANITARIA IN NEONATI, LATTANTI E BAMBINI SANI

PATOLOGIA GASTROINTESTINALE E COMUNI ERRORI ALIMENTARI

FARMACI E ALLATTAMENTO MATERNO

La quantità di farmaco che passa nel latte materno dipende principalmente dal gradiente di concentrazione tra il plasma e il latte, ma anche dalla sua liposolubilità, dal suo pKa (logaritmo negativo della costante di dissociazione dell’acido), dalla sua capacità di legarsi alle proteine e dal pH del latte. Poiché il pH del latte è lievemente più basso di quello plasmatico, le basi deboli tendono ad avere un elevato rapporto di concentrazione latte/plasma e gli acidi deboli il contrario. Quindi, la concentrazione nel latte di lincomicina, eritromicina, antiistaminici, alcaloidi, isoniazide, antipsicotici, antidepressivi, litio, chinino, tiouracile e metronidazolo, tutti basi deboli, hanno nel latte concentrazioni uguali o più alte di quelle del plasma. Le concentrazioni nel latte di barbiturici, fenitoina, sulfamidici, diuretici e penicilline, tutti acidi deboli, hanno nel latte una concentrazione uguale o più bassa che nel plasma.

Il significato clinico della presenza di un farmaco nel latte materno dipende dalla sua concentrazione, dalla quantità di latte che viene ingerita dal bambino in un dato periodo di tempo, dalla quantità di farmaco che viene o meno assorbita dal lattante e dall’eventuale patologia provocata dal farmaco stesso.

La determinazione di quali farmaci debbano essere controindicati nelle madri che allattano si basa generalmente su studi molto limitati effettuati sull’uomo, inclusi descrizioni aneddotiche o case report e studi molto esigui. I dati sugli animali sono spesso inappropriatamente riportati agli uomini.

Il rapporto latte/plasma confronta simultaneamente la concentrazione del farmaco nel latte materno con quella plasmatica. Tuttavia, il significato clinico dei rapporti latte/plasma è spesso misconosciuto; p. es., un rapporto latte/plasma ³ 1 può suggerire un falso alto rischio di effetti collaterali nel bambino allattato, ma se i livelli plasmatici sono bassi, possono esserlo anche i livelli nel latte. Per esempio, se l’isoniazide viene somministrata alla madre a dosi terapeutiche, la concentrazione plasmatica è tipicamente 6 mg/ml. Se il rapporto latte/plasma è pari a 1, un bambino che assume 240 ml di latte assumerà solamente 1,4 mg per pasto, valore molto più basso della dose pediatrica di isoniazide, che è 10-20 mg/kg. Quindi, i problemi sono rari, a meno che le concentrazioni nel latte non siano elevate o un farmaco non sia molto potente o tossico anche a basse concentrazioni o non abbia effetti cumulativi a causa dell’immaturità del metabolismo e dell’escrezione dei farmaci nel bambino.

I farmaci che non sono solitamente pericolosi per il bambino includono insulina e adrenalina, che non passano nel latte materno. Caffeina e teofillina non vengono eliminate totalmente dal bambino e possono accumularsi, causando irritabilità. L’assunzione di alcol deve essere limitata a non più di 0,5 g/kg di peso corporeo materno/die. Le madri non devono fumare in presenza del bambino indipendentemente dall’alimentazione e non devono allattare per 2 ore dopo aver fumato.

Tra i farmaci controindicati sono inclusi i farmaci antineoplastici, dosi terapeutiche di radiofarmaci, ergotamina e i suoi derivati (p. es., metisergide), litio, cloramfenicolo, atropina, tiouracile, ioduri e mercuriali. Questi farmaci non devono essere assunti dalle donne che allattano oppure l’allattamento deve essere interrotto se uno qualunque di questi farmaci è essenziale. Altri farmaci da evitare, in assenza di studi che ne dimostrino i meccanismi di escrezione nel latte, sono quelli con un’emivita prolungata; quelli che risultano tossici per il midollo osseo; e quelli che devono essere somministrati ad alte dosi a lungo termine. Tuttavia, i farmaci che sono scarsamente assorbiti per via orale, che vengono somministrati (alla madre) per via parenterale non rappresentano una minaccia per il bambino, che riceve il farmaco per via orale ma non lo assorbe.

I farmaci che sopprimono o inibiscono la lattazione comprendono bromocriptina, estradiolo, dosi elevate di contraccettivi orali, levodopa e l’antidepressivo trazodone.

I farmaci che devono essere utilizzati con cautela vengono elencati più avanti. I prodotti da banco sono generalmente sicuri nelle madri che allattano; nei foglietti illustrativi devono essere ricercate le controindicazioni e le speciali linee guida per la somministrazione nelle donne che allattano. Il propiltiouracile e il fenilbutazone possono essere somministrati alle madri che allattano senza determinare problemi nei loro bambini, ma il metimazolo è controindicato. I neurolettici e gli antidepressivi, i sedativi e i tranquillanti vengono utilizzati con cautela e controllandone la dose. I contraccettivi a basse dosi, contenenti un solo ormone possono essere usati; alte dosi di contraccettivi inibiscono la produzione di latte. L’utilizzo del metronidazolo dipende dall’età del bambino e dalla dose materna. I bambini allattati devono essere strettamente sorvegliati in caso di uso prolungato da parte delle loro madri di qualunque farmaco, per essere sicuri che non ci siano variazioni nell’alimentazione o nel sonno. I vaccini non sono controindicati durante l’allattamento.

Analgesici: i salicilati passano nel latte materno in moderata quantità. In caso di alte dosi materne e trattamenti a lungo termine, nel lattante di età inferiore a 1 mese, si possono raggiungere livelli tali da aumentare il rischio di iperbilirubinemia (i salicilati competono con siti leganti l’albumina), di emolisi nei soggetti con carenza di G6PD. Il paracetamolo e l’ibuprofen sembrano farmaci sicuri per i lattanti, se assunti dalla madre a dosi terapeutiche. Gli analgesici narcotici (p. es., codeina, morfina, meperidina, metadone) a dosi terapeutiche possono essere escreti nel latte materno a bassissime concentrazioni, che in singole dosi hanno un effetto trascurabile sul lattante. Spesso, nelle madri che assumono dosi ripetute, soprattutto se tossicodipendenti che assumono alte dosi, sono secrete nel latte quantità rilevanti, che danneggiano il bambino allattato al seno, causando una sindrome da astinenza quando non viene allattato (v. anche in Patologia metabolica nel neonato nel Cap. 260). Le donne che assumono cronicamente narcotici non devono allattare.

Antibiotici: gli antibiotici di solito possono essere assunti dalle madri che allattano senza importanti effetti collaterali nei loro bambini. Tuttavia, poiché quasi tutti gli antibiotici passano nel latte, il lattante può raramente presentare ipersensibilità al farmaco, diarrea o candidosi. La penicillina può essere dosata nel latte materno già un’ora dopo e fino a 9 h dopo una somministrazione IM alla madre. Le tetracicline sono escrete nel latte materno in quantità significative, ma, poiché si legano al calcio, l’assorbimento nel bambino allattato è generalmente troppo basso per provocare effetti collaterali. Tuttavia, la minociclina, che viene assorbita per via orale al 100% e il cui assorbimento non è condizionato dal cibo deve essere evitata nella madre che allatta. Essa può causare una colorazione dei denti nel bambino, se assunta per sia di 10 giorni. Il metronidazolo viene secreto nel latte materno in quantità significative e, a dosi elevate, risulta essere carcinogenetico nei roditori e mutageno nei batteri. Nel caso in cui la somministrazione di metronidazolo è necessaria nei primi 3 mesi dopo il parto, deve essere fornito alla madre un regime a dosi singole di 2 g e l’allattamento deve essere sospeso per 24 h; durante tale intervallo di tempo il latte deve essere tirato ed eliminato. Tuttavia, dopo che il bambino ha compiuto i 6 mesi di vita, l’uso del metronidazolo da parte di una donna che allatta è accettabile. L’acido nalidixico, i sulfamidici e altri agenti ossidanti possono indurre emolisi in lattanti con deficit di G6PD, sia se allattati al seno sia se allattati artificialmente. Gli antibiotici non assorbibili a livello intestinale, come la streptomicina, la kanamicina e la gentamicina, non danno problemi sistemici nel lattante.

Farmaci per l’apparato cardiovascolare: i farmaci antiipertensivi, i diuretici, la digossina e i b-bloccanti possono essere assunti per lungo tempo dalla madre che allatta al seno senza che si abbiano effetti collaterali nel bambino. Nondimeno, è prudente scegliere quei farmaci presenti nel latte a livelli minimi. Propanololo, digitale, metoprololo, captopril e diuretici, che sono acidi deboli (così come clorotiazide e idroclorotiazide), sono contenuti nel latte in basse concentrazioni.

Ormoni steroidei: gli ormoni, quando somministrati ad alte dosi a una madre che allatta, possono raggiungere concentrazioni elevate nel latte e ciò costituisce un rischio nel caso di ormoni che possono essere assorbiti per via orale dal lattante. I contraccettivi orali spesso vengono prescritti dopo il parto per prevenire un’altra gravidanza. L’etinilestradiolo e il mestranolo sono escreti nel latte materno; essi possono ridurre la produzione di latte e la concentrazione di piridossina (vitamina B6) nel latte. Nelle donne che allattano sono da preferire i contraccettivi di più recente generazione a basse dosi e quelli con un singolo ormone che non sono stati associati a problemi nei bambini. I corticosteroidi, se somministrati alla madre ad alte dosi per settimane o mesi, possono raggiungere livelli elevati nel latte e rischiare di bloccare l’accrescimento del bambino e interferire con la sua produzione endogena di corticosteroidi. Pochi giorni di terapia, comunque, sono apparentemente sicuri e il bambino viene automaticamente divezzato da essi nel momento in cui la madre diminuisce la sua dose.

Antiepilettici: i barbiturici e la fenitoina assunti da madri che allattano possono determinare nel lattante l’induzione degli enzimi microsomiali ossidanti, con conseguente aumento del catabolismo degli steroidi endogeni, ma se somministrati alla madre a basse dosi sono di solito sicuri.

Farmaci psicoattivi: il diazepam viene escreto nel latte materno e, con dosi materne multiple, può causare, nei bambini allattati al seno, letargia, sonnolenza e perdita di peso. Il metabolismo del diazepam nei lattanti è lento. Poiché il diazepam, dopo il metabolismo iniziale, è coniugato all’acido glicuronico, la competizione con la bilirubina per l’acido glicuronico può predisporre il lattante sotto il primo mese d’età all’iperbilirubinemia. Gli antipsicotici e gli antidepressivi triciclici passano nel latte ma sembra che non determinino alcun effetto collaterale nel bambino, poiché la loro concentrazione plasmatica è bassa a causa dello scarso assorbimento per via orale.

Anticoagulanti: Warfarin e dicumarolo possono essere somministrati con cautela alle madri che allattano, ma possono provocare, a dosi molto elevate, emorragie; nei bambini molto piccoli, il dicumarolo può causare iperbilirubinemia, che può condurre al kernittero. L’eparina non passa nel latte.

Farmaci illeciti: il tetraidrocannabinolo, il più psicoattivo dei componenti della marijuana, stabilisce un forte legame con le lipoproteine e negli animali il passaggio nel latte risulta molto esiguo. Tuttavia, le donne che allattano devono evitare la marjuana poiché l’emivita plasmatica negli uomini può arrivare fino a 2 giorni. La cocaina permane nel latte fino a 24 h. Pertanto, madri che fanno uso di entrambi devono tirarsi il latte ed eliminarlo per 24 ore. L’uso dei narcotici è trattato sopra in Analgesici.

Inquinanti ambientali: l’esposizione materna a insetticidi o altri inquinanti chimici rappresenta raramente una controindicazione all’allattamento a meno che l’esposizione non sia eccessiva.

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