19. PEDIATRIA

257. TRATTAMENTO DEL BAMBINO MALATO E DELLA SUA FAMIGLIA

INVALIDITA' PERMANENTI NEL BAMBINO

Le invalidità permanenti sono definite come condizioni fisiche che probabilmente o sicuramente colpiscono le funzioni vitali quotidiane per > 3 mesi/anno e determinano un’ospedalizzazione complessiva > 1 mese/anno. Tali invalidità comprendono asma, paralisi cerebrale, fibrosi cistica, cardiopatia congenita, diabete mellito, mielomeningocele, malattia infiammatoria intestinale, insufficienza renale, epilessia, tumori, artrite giovanile, emofilia e anemia drepanocitica.

Le invalidità fisiche, come amputazioni, deformità e lesioni cutanee estese, rovinano inoltre l’immagine di sé e lo sviluppo del bambino. Sebbene ciascuna invalidità sia rara, tutte insieme colpiscono circa il 10% dei bambini e possono costituire una parte importante dell’assistenza pediatrica.

Effetti dell’invalidità permanente sul bambino: nonostante molte differenze, i bambini con invalidità permanenti presentano in comune dolori, sconforto, crescita e sviluppo limitati, ospedalizzazioni frequenti, visite in ambulatorio, terapie dolorose e fastidiose, l’impossibilità di partecipare alle attività dei coetanei, un significativo carico di cure quotidiane e un decorso imprevedibile.

Il basso numero di adulti disabili che possono rappresentare modelli di riferimento (p. es., personaggi televisivi) rende difficile per i bambini determinare la propria identità. Le differenze fisiche possono portare al rifiuto sociale da parte dei coetanei e a un indebolimento di motivazioni. L’invalidità può inoltre interferire con la capacità del bambino di raggiungere obiettivi (p. es., indipendenza del bambino che non può fisicamente allontanarsi dai suoi genitori) e può modificare il temperamento del bambino, portando a un disadattamento (p. es., nel bambino distratto di natura che è affetto anche da sordità).

Effetti delle invalidità permanenti sulla famiglia: per quanto riguarda la famiglia, l’invalidità permanente porta alla perdita della speranza di avere un "bambino ideale", a trascurare i fratelli, a maggiori spese e impegno di tempo, a metodi di cura confusi, perdita di opportunità (p. es., la madre che non può tornare al lavoro) e all’isolamento sociale. Tale stress può provocare una disgregazione familiare, soprattutto quando esistono altri problemi coniugali e familiari.

Condizioni che danneggiano l’aspetto fisico di un bambino, p. es., labioschisi e/o palatoschisi o idrocefalia, possono alterare l’attaccamento tra questi bambini e la famiglia o chi se ne prende cura. Una volta formulata la diagnosi di anormalità, i genitori possono affliggersi per la perdita del "bambino ideale" manifestando segni di shock, rifiuto, rabbia, tristezza o depressione, senso di colpa e ansia. Ciò può verificarsi in qualunque momento dello sviluppo del bambino e ciascun genitore può essere in un differente stadio di accettazione dell’anormalità, tale da rendere difficile la comunicazione tra loro. Essi possono esprimere la loro collera al personale sanitario o il loro rifiuto può portarli a cercare molteplici pareri riguardo la condizione del loro bambino.

Le esigenze a carico della famiglia e la compassione per il bambino, possono rendere impossibile la disciplina e forse portare a difficoltà comportamentali. Uno dei genitori (spesso la madre) può lasciarsi coinvolgere in maniera eccessiva dai problemi del bambino, trascurando così le normali responsabilità familiari. L’altro genitore può divenire isolato; gli orari di ambulatorio di molti medici possono impedire ai genitori di essere presenti insieme alle visite mediche, lasciando uno dei due genitori non informato.

Effetti delle invalidità permanenti sulla comunità: un problema nell’ambito della comunità è rappresentato dalla scarsa comprensione, da parte di molte persone, il cui unico contatto con le invalidità croniche dell’infanzia avviene durante i telethon destinati a incrementare la simpatia e il denaro. Altre aggravanti del problema sono politiche e investimenti inconsistenti, inadeguati accessi alle facilitazioni (incluse barriere fisiche agli accessi) e scarsa comunicazione e coordinazione tra i sistemi sanitario, educativo e di supporto della comunità.

Coordinazione delle cure mediche: senza coordinazione dei servizi, le cure mediche saranno deficitarie; alcuni interventi saranno raddoppiati, mentre altri saranno trascurati. Il coordinamento terapeutico richiede la conoscenza delle condizioni del bambino, della famiglia e della comunità nella quale opera. Il coordinamento dei servizi viene descritto nella Tab. 257-1.

Tutti i professionisti che provvedono alla cura di un bambino cronicamente malato devono assicurarsi che qualcuno coordini l’assistenza. In termini ideali, i coordinatori devono essere i genitori del bambino. Tuttavia, i sistemi che devono essere trattati sono spesso così complessi che anche i genitori più capaci necessitano di aiuto. Altri possibili coordinatori sono il medico generico, gli specialisti della équipe di direzione del programma, l’infermiere, e i rappresentanti dell’assicurazione e dello stato. Indipendentemente da chi opera nella coordinazione dei servizi, la famiglia e il bambino devono essere coinvolti attivamente.

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