19. PEDIATRIA

260. PATOLOGIA DEL NEONATO E DEL LATTANTE

INFEZIONI NEONATALI

TOXOPLASMOSI CONGENITA

Infezione causata dall’acquisizione transplacentare del protozoo del gruppo dei coccidi Toxoplasma gondii.

(V. anche Toxoplasmosi nel Cap.161.)

Sommario:

Introduzione
Eziologia e patogenesi
Sintomi e segni
Diagnosi e decorso
Profilassi e terapia


Questo parassita, diffuso in tutto il mondo, determina un’infezione congenita in 1/10000 a 8/ 1000 nati vivi.

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Eziologia e patogenesi

Si ritiene che l’infezione da T. gondii si verifichi primariamente per ingestione di carne poco cotta contente cisti o per ingestione di oocisti, derivate da escrementi di gatto.

Con rare eccezioni, la toxoplasmosi congenita è secondaria a una primaria infezione materna durante la gravidanza. La frequenza di trasmissione al bambino è più alta nelle donne colpite nell’ultimo periodo di gravidanza. Tuttavia, nei bambini infettati precocemente durante la gravidanza, la malattia è in genere più grave. Complessivamente, il 30-40% delle donne infettate durante la gravidanza avrà un bambino congenitamente infetto.

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Sintomi e segni

Le donne in gravidanza infettate da T. gondii non presentano in genere segni clinici. Allo stesso modo, i neonati infettati sono di solito asintomatici alla nascita, ma le manifestazioni possono includere la prematurità, il ritardo di crescita intrauterino, l’ittero, l’epatosplenomegalia, la miocardite, la polmonite e diversi tipi di esantemi. Il coinvolgimento neurologico, spesso predominante, comprende corioretinite, idrocefalia, calcificazioni intracraniche, microcefalia e convulsioni. Associati reperti di laboratorio sono la trombocitopenia, la linfocitosi, la monocitosi, l’eosinofilia, l’innalzamento delle transaminasi e l’anormalità nel LCR (xantocromia, pleiocitosi o aumento della concentrazione proteica).

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Diagnosi e decorso

I test sierologici sono importanti nella diagnosi dell’infezione materna e congenita, ma i medici devono avere familiarità con le caratteristiche dei test e i metodi laboratoristici di standardizzazione; alcuni test sono praticati esclusivamente in laboratori specializzati.

Gli esami più affidabili per misurare gli anticorpi IgG diretti contro il T. gondii comprendono il dye-test di Sabin-Feldman, la immunofluorescenza indiretta (IFA) e la prova di agglutinazione diretta. Un’infezione materna acuta viene rivelata da una sieroconversione o da un aumento del livello delle IgG di 4 o più volte tra i campioni prelevati allo stadio acuto e di convalescenza. Individuare le IgG è spesso difficile dal momento che gli anticorpi materni IgG si possono riscontrare durante i primi anni di vita. Le IgM contro T. gondii possono essere individuate mediante ELISA a doppio sandwich, che è il test preferito, l’immunofluorescenza indiretta per le IgM (IgM- IFA) e altri test di immunoassorbimento. Nei paesi con un’alta prevalenza di toxoplasmosi sono stati fatti dei tentativi di diagnosticare l’infezione congenita nel periodo prenatale. Sono stati prelevati campioni di sangue fetale e di liquido amniotico per la ricerca del DNA di Toxoplasma mediante PCR (polymerase chain reaction) e inoculati in ratti o in colture tissutali per isolare il germe.

Nelle toxoplasmosi congenite sospette, devono essere praticati test sierologici, indagini radiologiche sul cranio (RMN o TC), un’analisi del LCR e un attento esame oculare da parte di un oculista. Può essere utile l’analisi della placenta per rintracciare segni di infezione da T. gondii.

L’esito in questi bambini è variabile. Alcuni hanno un decorso fulminante con morte precoce, mentre altri hanno sequele neurologiche a lungo termine. Le indagini fanno pensare che le manifestazioni neurologiche (p. es., la corioretinite, il ritardo mentale, la sordità, le convulsioni) si possono sviluppare diversi anni più tardi nei bambini che appaiono normali alla nascita. Di conseguenza, bisogna analizzare attentamente i bambini con toxoplasmosi congenita anche oltre il periodo neonatale.

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Profilassi e terapia

L’educazione di tutte le donne in età feconda e l’identificazione di donne in gravidanza colpite di recente sono i metodi migliori per prevenire la toxoplasmosi congenita. Le donne devono evitare contatti con escrementi di gatto e altre aree contaminate con feci di gatto. È necessario cuocere completamente la carne prima di consumarla e lavarsi le mani dopo aver toccato carne cruda o prodotti alimentari non lavati. Le donne a rischio di infezione primaria devono essere controllate durante la gravidanza. Quelle contagiate nel 1o o 2o trimestre devono essere consigliate riguardo ai metodi di terapia disponibili e anche a una possibilità di interruzione di gravidanza.

Dati limitati indicano che la terapia delle donne infettate durante la gravidanza può avere effetti benefici sul feto. La spiramicina (disponibile negli USA distribuita dal FDA) è stata usata per prevenire la trasmissione dell’infezione materna al feto. La pirimetamina e i sulfamidici sono stati usati in gravidanze avanzate per curare il feto contagiato.

Gli studi suggeriscono che il trattamento dei bambini sintomatici e asintomatici può migliorare la prognosi, se comparati con i controlli. Quindi, il trattamento con pirimetamina (1 mg/ kg/die PO, dose massima 25 mg), sulfadiazina (85-100 mg/kg/die per os, dose massima 4 g in 2 dosi refratte), insieme alla leucovorina (10 mg per os 3 volte a settimana) è raccomandato insieme alla consulenza da parte di un esperto. L’uso dei corticosteroidi in presenza di infiammazione è controverso e deve essere stabilito caso per caso.

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