19. PEDIATRIA

260. PATOLOGIA DEL NEONATO E DEL LATTANTE

INFEZIONI NEONATALI

TUBERCOLOSI PERINATALE

TBC acquisita in epoca perinatale.

(V. anche Tubercolosi nel Cap. 157)

Sommario:

Introduzione
Sintomi, segni e diagnosi
Profilassi e terapia


I bambini possono aver acquisito la TBC per diffusione transplacentare al fegato fetale attraverso la vena ombelicale, per aspirazione o ingestione di liquido amniotico infetto o trasmissione aerea da parte di stretti contatti (membri familiari o personale del Nido). Circa il 50% dei bambini nati da madri con TBC polmonare attiva sviluppa la malattia durante il primo anno di vita se non si attua la chemioprofilassi o il vaccino BCG.

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Sintomi, segni e diagnosi

I segni clinici in un neonato con TBC non sono specifici, ma è in genere rilevante l’interessamento di molti organi. Il bambino può sembrare affetto da una malattia acuta o cronica. La febbre, la letargia, i disturbi respiratori, l’epatosplenomegalia o il difetto di accrescimento possono evidenziare una TBC in un bambino con anamnesi positiva per esposizione al MBT.

Il test cutaneo può risultare negativo nel neonato con TBC in fase attiva. Può essere di aiuto nella diagnosi la coltura dell’aspirato tracheale, delle urine, del lavaggio gastrico e l’esame del LCR per la ricerca di batteri acido-resistenti. La rx del torace di solito mostra infiltrati miliari. Può essere necessaria la biopsia epatica, di linfonodi o di polmoni e pleura.

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Profilassi e terapia

La vaccinazione neonatale di routine con BCG non è consigliabile nei paesi sviluppati, ma può ridurre l’incidenza della TBC infantile o ridurre la gravità in popolazioni selezionate ad alto rischio di infezione.

In donne gravide con test alla tubercolina positivo: il rischio di contrarre TBC da una madre con test della tubercolina positivo è maggiore per il neonato nel periodo dopo il parto che per il feto durante la gravidanza. Poiché la potenziale epatotossicità dell’isoniazide (INH) è aumentata in gravidanza, il suo utilizzo in donne che non hanno una TBC in fase acuta può essere rimandato al 3o trimestre. Il trattamento per 6 mesi con INH è raccomandato. Tuttavia, le donne gravide con infezione da HIV devono ricevere una terapia profilattica INH per 12 mesi e devono essere studiate per la presenza di TBC in fase attiva. I neonati di madri positive al PPD ma senza evidenza clinica o evidenza radiografica di infezione non richiedono la profilassi, ma deve essere loro eseguito ogni 3 mesi per 1 anno il test cutaneo alla tubercolina. La famiglia del bambino deve essere anch’essa controllata. Se la reazione è positiva o se la famiglia non può essere esaminata subito e non sia disponibile, si deve somministrare al bambino INH alla dose di 10 mg/kg/die PO in una dose singola giornaliera per almeno 6 mesi e deve essere attentamente seguita.

In donne in gravidanza con TBC attiva: INH, etambutolo e rifampicina, usati alle dosi raccomandate, non si sono dimostrati teratogeni per il feto umano. Se la malattia non è diffusa, la donna in gravidanza può essere trattata con una combinazione di INH (300 mg PO), piridossina (50 mg PO) e rifampicina (600 mg PO). L’etambutolo (15-25 mg/kg PO) può essere aggiunto inizialmente se c’è rischio di resistenza al INH. Tutti questi farmaci possono essere somministrati in dose unica giornaliera. La durata consigliata del trattamento è di almeno 6 mesi a meno che il germe non sia farmaco-resistente, nel qual caso si raccomanda una visita infettivologica e la terapia potrebbe doversi estendere fino a 18 mesi. La streptomicina è potenzialmente ototossica per il feto e non deve essere usata nei primi periodi della gravidanza a meno che non ci siano controindicazioni all’uso della rifampicina. Se possibile, devono essere evitati altri farmaci antitubercolari a causa della teratogenicità (p. es., etionamide) o per mancanza di sperimentazioni durante la gravidanza. L’allattamento al seno non è controindicato nelle madri in trattamento poiché non sono contagiose.

In bambini asintomatici di madri con TBC attiva: in genere, è bene separare i bambini dalle madri finché non sia stato avviato un efficace trattamento e finché la ricerca sull’espettorato di ceppi acido-resistenti non diventi negativa (di solito 2-12 sett.). Si deve eseguire un’indagine accurata sui familiari per escludere in essi una TBC non diagnosticata, prima che il bambino sia rinviato a casa. Se la compliance può essere ragionevolmente assicurata e i familiari non sono tubercolotici, si può iniziare a trattare il bambino con INH e può essere mandato a casa nei tempi normali; lo skin test deve essere eseguito a 3 e 6 mesi. Se il bambino rimane tubercolino-negativo, si può interrompere la terapia con INH e seguire il bambino nel tempo sottoponendolo a skin test a 12 mesi, con valutazioni cliniche mensili o bimestrali.

Se, tuttavia, la compliance in un ambiente non infetto non può essere assicurata, si può considerare per il bambino un vaccino BCG e deve essere intrapresa il prima possibile la terapia con INH. (Sebbene l’INH inibisca la moltiplicazione dei componenti del BCG, la combinazione del vaccino BCG e dell’INH è confermata da trials clinici e descrizioni aneddotiche.) Il bambino viene separato dalla madre finché essa non riceve la terapia antitubercolare e finché non risulti negativa la ricerca di bacilli acido-resistenti sull’espettorato. Il bambino allora può essere rinviato a casa con la madre con una terapia di INH e sottoposto al test con la tubercolina a 8-12 sett. di vita. Se lo skin test è ancora negativo, bisogna ripetere la vaccinazione con BCG. La vaccinazione con BCG non assicura una protezione nei confronti dell’esposizione e dello sviluppo della malattia tubercolare, ma protegge in maniera significativa il bambino nei confronti della forma disseminata e grave (p. es., meningite tubercolare). Questi bambini devono essere strettamente controllati per la possibilità che hanno di sviluppare la malattia tubercolare in modo particolare nel primo anno di vita. (Attenzione: il vaccino BCG è controindicato nei pazienti immunodepressi e in quelli sospettati di essere infetti da HIV; tuttavia, nelle popolazioni ad alto rischio, l’OMS raccomanda di somministrare ai bambini affetti da HIV asintomatici il vaccino BCG alla nascita o poco dopo.

Se il bambino nato da madre con TBC attiva presenta una positività dei test cutanei, la malattia tubercolare deve essere esclusa mediante un’attenta valutazione. Se la malattia non è presente, la terapia con INH deve essere continuata per almeno 6 mesi. I bambini che presentano un’infezione da HIV devono essere trattati per 12 mesi.

Nei neonati con tubercolosi attiva: L’American Academy of Pediatrics raccomanda il trattamento della TBC congenita con INH (10-15 mg/kg PO), rifampicina (10-20 mg/kg PO), pirazinamide (20- 40 mg/kg PO) e streptomicina (20-40 mg/kg IM)in dosi singole giornaliere somministrate per 2 mesi, seguito da INH e rifampicina per altri 10 mesi. Alternativamente, uno schema terapeutico di 10 mesi di INH e rifampicina due volte a settimana può essere effettuato dopo 2 mesi di terapia iniziale. In base ai risultati dei test di resistenza, la capreomicina o la kanamicina possono essere usati al posto della streptomicina.

Quando è interessato il SNC, la terapia iniziale deve anche comprendere corticosteroidi (prednisone 1 mg/kg/die PO per 6-8 sett., poi gradualmente ridotto). La terapia deve essere continuata finché non scompaiono tutti i segni di meningite e non sono negative le colture su due successive punture lombari eseguite almeno a 1 sett. di distanza l’una dall’altra. Si può proseguire la terapia con INH e rifampicina giornalmente o 2 volte/ sett. per altri 10 mesi.

Dati recenti indicano che la TBC acquisita, non disseminata e che non coinvolge il SNC, le ossa o le articolazioni, in lattanti e bambini, può essere curata efficacemente con un ciclo di terapia di 6-9 mesi (in totale). I germi reperiti dal bambino e dalla madre devono essere sottoposti a controllo per la sensibilità ai farmaci. Si devono ricercare frequentemente sintomi ematologici, epatici e uditivi per determinare la risposta al trattamento e la tossicità del farmaco. Non sono solitamente necessarie frequenti indagini di laboratorio.

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