19. PEDIATRIA

261. ANOMALIE CONGENITE

Difetti strutturali presenti alla nascita.

ANOMALIE NEL TRASPORTO RENALE

RACHITISMO IPOFOSFATEMICO

(Rachitismo vitamina D-resistente)

Disordine familiare o, più raramente, acquisito, caratterizzato da ipofosfatemia, da deficit del riassorbimento intestinale di Ca e da rachitismo o osteomalacia, non responsivo alla Vitamina D.

Sommario:

Introduzione
Fisiopatologia
Sintomi, segni e diagnosi
Terapia


Il rachitismo ipofosfatemico familiare è ereditato come carattere dominante legato al sesso. Le femmine colpite hanno una malattia ossea meno grave di quella che si riscontra nel sesso maschile e possono presentare soltanto ipofosfatemia. Alcuni sporadici casi di rachitismo ipofosfatemico acquisito sono associati, talvolta, a tumori benigni di origine mesenchimale (rachitismo oncogeno).

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Fisiopatologia

La principale alterazione fisiopatologica consiste nel ridotto riassorbimento renale di fosfato, associato a riduzione dell’assorbimento intestinale di Ca e fosfato, con livelli normali di vitamina D e paratormone.

Si conoscono due tipi di rachitismo ipofosfatemico. Nel tipo I, lo scarso livello plasmatico di 1,25-diidrossi-vitamina D3 è determinato dalla sua ridotta sintesi renale. Nel tipo II il livello plasmatico di 1,25-diidrossi-vitamina D3 è normale o elevato e la malattia è dovuta a una ridotta risposta delle cellule bersaglio a tale sostanza.

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Sintomi, segni e diagnosi

La malattia si presenta con una varietà di alterazioni, che vanno dalla sola ipofosfatemia al rachitismo grave o all’osteomalacia con incurvamento delle gambe e altre deformità ossee, pseudofratture, dolore osseo e bassa statura. I movimenti possono essere limitati dalla presenza di escrescenze ossee nei punti di attacco dei muscoli. Il rachitismo della colonna vertebrale o della pelvi, caratteristico delle forme carenziali di deficit di vitamina D, raramente si riscontra nel rachitismo ipofosfatemico. Si possono avere craniostenosi e convulsioni. L’età d’insorgenza della malattia è in genere < 1 anno.

La fosforemia è ridotta, la calcemia è normale e la fosfatasi alcalina è spesso elevata. I livelli sierici di diidrossivitamina D3 vengono misurati per distinguere i due tipi (I e II) di rachitismo ipofosfatemico. Quando si interpretano questi livelli, si deve sempre valutare la fosfatemia al momento del prelievo. Bassi livelli di fosfato dovrebbero far aumentare i livelli della 1,25-diidrossivitamina D3. Il rachitismo ipofosfatemico deve essere distinto dal rachitismo vitamina-D dipendente, malattia autosomica recessiva caratterizzata da aspetti clinici simili, ma con presenza di ipocalcemia, ipofosfatemia lieve o assente, elevata frequenza di tetania e convulsioni, rachitismo della colonna vertebrale e della pelvi, anch’esso molto comune (v. anche Cap. 3).

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Terapia

La terapia del rachitismo ipofosfatemico di tipo I consiste nella somministrazione PO di fosfato, come soluzione di fosfato neutro, 1-3 g/die in dosi refratte, più calcitriolo (1,25 diidrossi-vitamina D3) da 0,015 a 0,02 mg/kg/die come dose iniziale a 0,03-0,6 mg/kg/die fino a un massimo di 2 mg/kg/die come dose di mantenimento. Si ha aumento della concentrazione plasmatica di fosfato e riduzione della fosfatasi alcalina, guarigione del rachitismo e accelerazione della velocità di crescita. L’ipercalcemia, l’ipercalciuria e la compromissione della funzionalità renale possono complicare il trattamento. Il rachitismo ipofosfatemico di tipo II risponde poco alla terapia e la somministrazione di fosfato viene effettuata solo per ridurre il grado di ipofosfatemia. Negli adulti con rachitismo neoplastico, si osserva un notevole miglioramento con la rimozione della massa neoplastica, in genere un tumore mesenchimale a piccole cellule, secernente un fattore umorale che riduce il riassorbimento tubulare prossimale di fosfato.

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