19. PEDIATRIA

263. TRAUMI, AVVELENAMENTI E RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE

RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE

Sommario:

Introduzione
Principali differenze tra la CPR pediatrica e degli adulti
MANTENIMENTO DELLE FUNZIONI VITALI; ASSISTENZA DI BASE
    Valutazione e stabilizzazione del neonato
    CPR dopo il periodo neonatale

MANTENIMENTO DELLE FUNZIONI VITALI CON MEZZI INTENSIVI
    Tubi respiratori
    Accessi vascolari
    Farmaci per il trattamento di urgenza
    Defibrillazione e cardioversione
    Valutazione successiva all’arresto cardiaco e trattamento



La rianimazione cardiopolmonare (CardioPulmonary Resuscitation, CPR) presenta grandi difficoltà in età pediatrica. Nonostante l’adozione della CPR, i tassi di mortalità per arresto cardiaco variano dal 70 al 90% per i prematuri e per i neonati a termine e dal 90 al 97% per i lattanti e i bambini. Il tasso di mortalità è quasi del 50% per il solo arresto respiratorio e gli esiti neurologici sono spesso gravemente invalidanti.

Il 50-65% circa dei bambini che richiede CPR ha meno di 1 anno e di questi la maggior parte ha meno di 6 mesi. Circa il 6% dei neonati richiede rianimazione cardiopolmonare alla nascita (v. Tab. 263-11) e questa percentuale aumenta significativamente se il peso alla nascita è < 1500 g.

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Principali differenze tra la CPR pediatrica e degli adulti

Le cause di arresto cardiaco nei neonati e nei bambini sono estremamente varie; le più comuni sono incidenti con veicoli a motore, annegamento, ustioni, ferite da arma da fuoco, avvelenamento, inalazione di vapori, ostruzione delle vie aeree e aspirazione di corpi estranei, infezioni respiratorie o sistemiche, e cardiopatie congenite. Negli adulti, la causa di arresto cardiaco è quasi sempre dipendente da una sofferenza grave e diffusa delle arterie coronariche, più comunemente aggravata dalla sovrapposizione di una tachiaritmia ventricolare maligna. Nei bambini, l’ipossiemia e i problemi relativi alle vie respiratorie sono i maggiori fattori scatenanti, che producono bradicardia e asistolia, mentre solo il 10% delle aritmie cardiache è rappresentato da tachicardie ventricolari. Pertanto, nei bambini, non è generalmente richiesta una sistematica e rapida defibrillazione, perché diversamente dagli adulti, le aritmie ventricolari maligne sono improbabili.

Il peso corporeo deve essere misurato o stimato in maniera accurata per permettere il calcolo delle dosi dei farmaci, in milligrammi in base alla concentrazione del farmaco stesso. Questo tipo di approccio spesso ritarda il momento dell’intervento e può determinare gravi errori.

L’anatomia delle alte vie respiratorie è differente nel bambino. Il capo è grande ma il viso, le mascelle e le narici sono piccole e il collo in proporzione è corto. La lingua è grande rispetto alla bocca e il laringe è posto più in alto all’interno del collo ed è più angolato in avanti. L’epiglottide è allungata e la sezione più stretta è posizionata sotto le corde vocali, all’altezza della cartilagine cricoide, quindi nel bambino (a differenza dell’adulto) è possibile usare tubi endotracheali non cuffiati, in tal modo riducendo al minimo il trauma a carico della estremamente sensibile mucosa delle vie aeree.

La suscettibilità alla perdita di calore è maggiore nei neonati e nei bambini rispetto agli adulti, a causa della maggiore estensione della superficie corporea in relazione alla massa corporea e alla minore rappresentazione del tessuto sottocutaneo. Un "ambiente esterno termicamente neutro" è fondamentale durante una CPR, in quanto la temperatura corporea può oscillare in un bambino dai 36,5°C (97,7°F) fino ai 35°C (95°F). L’ipotermia, con una temperatura centrale < 35°C, diminuisce il consumo di O2 e la gittata cardiaca e aumenta la morbilità globale. A una brusca discesa di temperatura, segue il brivido, meccanismo protettivo atto alla produzione di calore per aumentare la temperatura corporea. Se l’ipotermia persiste il consumo di ossigeno diminuisce e si può verificare grave bradiaritmia, con comparsa di asistolia entro 10-15 minuti di profonda ipotermia (< 28°C [< 48°F]).

La compressione cardiaca viene effettuata usando due mani, di cui una posta sullo sterno, o due dita, con una frequenza che varia da 80 a 100 min, in base alle dimensioni del bambino (v. Fig. 263-3).

La frequenza di ventilazione, sebbene identica alla frequenza ventilazione/compressione 1:5 utilizzata per la CPR dell’adulto effettuata da due persone, varia come la compressione cardiaca in base all’età (in termini di frequenza ed entità della spinta) (v. Tab. 263-12).

La stabilizzazione delle vie aeree è difficile e tuttavia vitale. Per l’età pediatrica sono disponibili cinque set per l’assistenza respiratoria, sei misure di maschere (cuffiate e non), tre misure di palloni per la ventilazione, quattro misure di lame per laringoscopio, nove misure di tubi endotracheali e sei misure di cateteri di aspirazione.

La causa scatenante deve essere trattata, se possibile, immediatamente dopo gli accertamenti iniziali; p. es., il naloxone deve essere dato ai neonati le cui madri hanno ricevuto narcotici intrapartum; nei pazienti con meningococcemia

è necessario trattare aggressivamente lo shock settico; nei pazienti politraumatizzati è necessario ripristinare rapidamente le perdite ematiche e, infine, nei pazienti con sospetta ostruzione delle vie aeree, è necessario procedere rapidamente alla rimozione del corpi estranei. Gruppi di personale specializzato nella CPR devono essere prontamente disponibili per i neonati al momento del parto e per tutti gli altri bambini con arresto cardiopolmonare, sia dentro che fuori dal presidio ospedaliero. L’equipe medica deve accertare la necessità dell’intervento di altri esperti o di un trasferimento in un centro di terzo livello.

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MANTENIMENTO DELLE FUNZIONI VITALI; ASSISTENZA DI BASE
Valutazione e stabilizzazione del neonato

Il punteggio di Apgar (v. Tab. 263-13) a 1 e 5 minuti è utilizzato per valutare le condizioni e l’adattamento del neonato immediatamente dopo la nascita. Le componenti del punteggio (p. es., il colorito, il tono muscolare, la risposta riflessa al catetere nasale) dipendono in parte dalla maturità fisiologica. Tuttavia il punteggio è influenzato in maniera significativa dalla terapia materna e dalle condizioni cardiorespiratorie e neurologiche del neonato. Un punteggio da 7 a 10 a 5 minuti è considerato normale, da 4 a 6, intermedio, e da 0 a 3, basso. Un basso punteggio di Apgar non è di per se un segnale di asfissia perinatale (v. oltre), ma si associa con un rischio di sequele neurologiche a distanza. I lattanti con un punteggio di Apgar persistentemente basso (> 10 min) hanno una mortalità progressivamente aumentata nel primo anno di vita, mentre quelli che sopravvivono possono presentare paralisi cerebrale infantile.

A causa dell’asfissia, il colorito, il respiro, il tono muscolare, la risposta riflessa e il battito cardiaco, vengono compromessi in maniera sequenziale (un’efficiente rianimazione porta a un immediato miglioramento nel battito cardiaco, seguito dal ripristino della risposta riflessa, del colorito, del respiro e del tono muscolare). L’evidenza di distress fetale intrapartum, la persistenza di un punteggio di Apgar tra 0 e 3 per più di 5 minuti, un pH < 7 all’emogasanalisi su sangue cordonale, una sindrome neurologica neonatale persistente con ipotonia, coma e convulsioni e l’evidenza di una disfunzione multiorgano, denotano una grave asfissia perinatale. La gravità e gli esiti dell’encefalopatia ipossico-ischemica sono meglio misurati dalla classificazione di Sarnat

(v. Tab. 263-14) in associazione all’EEG, alle immagini neuroradiologiche e ai potenziali evocati uditivi e corticali.

La stabilizzazione iniziale del neonato richiede un lettino di assistenza neonatale, l’aspirazione delle vie aeree, la stimolazione tattile e la somministrazione di O2 (v. anche Fig. 263-4).

Per assistere il neonato nelle migliori condizioni è necessario un lettino di assistenza neonatale, preriscaldato dall’alto e posizionato nella sala parto, su cui viene posto il neonato, dopo averlo rapidamente asciugato e dopo aver rimosso la biancheria bagnata. Il lattante deve essere posto supino, con il collo mantenuto in posizione neutra, mediante un asciugamano arrotolato sotto le spalle.

L’aspirazione dalla bocca, dal naso e dal faringe deve essere effettuata prima dell’auscultazione del torace, specie nei neonati con liquido amniotico tinto di meconio. L’aspirazione si effettua meglio con cateteri di calibro appropriato (v. Tab. 263-12), usando un sistema meccanico di aspirazione con limite di pressione a 100 mm Hg (136 cm H2O). L’aspirazione deve essere effettuata in maniera intermittente, in modo da eseguire un’aspirazione orofaringea profonda.

La stimolazione tattile del neonato (p. es., colpendo le piante dei piedi, strofinando il dorso) può essere necessaria per favorire un respiro spontaneo e regolare.

La somministrazione di O2, se necessaria, deve essere effettuata con un flusso di 10 l/min, con maschera facciale attaccata a un pallone autogonfiabile o da anestesia, o di 5 l/min direttamente da un fonte di O2.

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CPR dopo il periodo neonatale

L’assistenza prevede valutazioni e interventi sequenziali. Le vie aeree devono essere rapidamente esaminate e stabilizzate, per eliminare le ostruzioni e consentirne l’aspirazione, la ventilazione e l’ossigenazione (v. Fig. 263-5).

In caso di ostruzione da corpo estraneo certa o fortemente sospetta, si può assistere il bambino, che respira in maniera adeguata, incoraggiandolo inizialmente a tossire. È necessario intervenire solo se il bambino presenta stridore e difficoltà respiratoria o compare perdita di coscienza. Nel lattante, si devono effettuare cinque colpi tra le spalle, usando il palmo della mano, seguiti da cinque spinte applicate anteriormente sul torace, allo stesso modo delle compressioni toraciche (v. Fig. 263-3). La manovra di Heimlich è riservata ai bambini più grandi, ma la tecnica varia in base alla dimensioni del paziente. Nelle vittime coscienti, devono essere effettuate cinque spinte sulla parte superiore dell’addome, sulla linea mediana proprio sopra l’ombelico, utilizzando il pugno chiuso con il bambino in piedi, seduto o disteso. La posizione distesa è riservata alle vittime che hanno perso conoscenza (v. Fig. 263-6 e 263-7).

Se non è presente alcun tentativo di respirazione, si deve procedere alla respirazione a pressione positiva, con insufflazioni della durata di 1-1,5 s, assicurando una ventilazione efficace con la minima pressione di insufflazione, che altrimenti può determinare distensione gastrica. L’assistenza respiratoria in urgenza (manuale) non è consigliata nei neonati ospedalizzati, per la facilità con cui si possono reperire palloni e maschere per la ventilazione.

Se non si apprezza il battito alla base del cordone (neonato), il polso brachiale (< 1 aa) o il polso carotideo ( 1 aa) si deve procedere al massaggio cardiaco esterno. Una tecnica appropriata di CPR prevede l’effettuazione del massaggio cardiaco esterno sopra lo sterno (v. Tab. 263-12) e si continua ininterrottamente, eccetto per le pause di ventilazione in un bambino non intubato, fino a che il paziente si riprenda o si decida di sospendere i tentativi di CPR. Le posizioni per la compressione toracica sono mostrate nella Fig. 263-3. Per evitare traumi epatici, il terzo inferiore dello sterno deve essere utilizzato come punto di repere per la compressione nei prematuri e nei neonati a termine, e nei bambini < 8 anni. Le compressioni toraciche devono essere accompagnate da insufflazioni e da un’attenta osservazione dell’escursione toracica, del polso, della reazione pupillare alla luce, e dell’assenza di distensione gastrica. Se si verifica distensione gastrica, si deve inserire un sondino nasogastrico.

Se non si ottiene risposta con l’assistenza di base, si deve passare rapidamente all’assistenza intensiva.

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MANTENIMENTO DELLE FUNZIONI VITALI CON MEZZI INTENSIVI
Tubi respiratori

I tubi respiratori e le maschere devono essere di misura appropriata (v. Tab. 263-12).

La ventilazione con maschera a palloncino richiede una chiusura ermetica tra maschera e viso. I criteri per la ventilazione con maschera a palloncino nei neonati includono inadeguata attività respiratoria o apnea, battito cardiaco < 100 batt/min e cianosi centrale nonostante l’uso del 100% di O2.

Il tubo orofaringeo (che deve essere utilizzato nel paziente cosciente) deve essere inserito con l’aiuto di un abbassalingua, per mantenere la lingua sul pavimento del cavo orale. Se non è disponibile un abbassalingua, il tubo deve essere girato dentro la bocca (usando la parte posteriore del corpo ricurvo come abbassalingua) e ruotato nella giusta posizione, una volta raggiunta la parte posteriore dell’orofaringe. Raramente è necessaria l’intubazione orale nei neonati, eccetto in presenza di anomalie strutturali, come l’atresia bilaterale delle coane o la sequenza di Pierre-Robin (mandibola piccola con varie anomalie facciali). Per i bambini > 5 anni sono consigliate le maschere con palloncino. L’intubazione endotracheale immediata è la tecnica di scelta per migliorare l’ossigenazione, controllare le vie respiratorie e prevenire l’inalazione.

L’aspirazione endotracheale, mediante un aspiratore speciale posizionato nel tubo endotracheale, è il trattamento di scelta per neonati depressi in seguito ad inalazione di liquido amniotico tinto. Una lama laringoscopica di dimensione appropriata riduce il rischio di trauma orofaringeo. Nei bambini più piccoli, una lama diritta è generalmente più semplice da utilizzare rispetto a una ricurva, sebbene in alcuni centri siano utilizzate entrambe. Il tubo endotracheale (che nella misura più grande, per adolescenti, deve essere provvisto di palloncino, per garantire un buon ancoraggio tracheale) e il catetere d’aspirazione devono essere della misura giusta, per consentire l’aspirazione orofaringea diretta e l’aspirazione tracheo-bronchiale, dopo inserimento del catetere di aspirazione all’interno del tubo endotracheale (devono essere disponibili tutte le diverse misure per l’età pediatrica).

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Accessi vascolari

I medici devono essere esperti nel posizionare gli accessi vascolari in varie sedi, in quanto talvolta possono rendersi necessari accessi inusuali (p. es., dopo un’ustione o un trauma). L’incannulazione di vasi centrali è teoricamente preferibile in tutti i gruppi di età, sebbene si tratti di una pratica difficoltosa per un operatore inesperto; un’alternativa accettabile è l’uso di due cateteri periferici di grosso calibro. In alternativa sono raccomandati accessi venosi percutanei della vena femorale, giugulare o vena succlavia e la messa a nudo della vena safena (venolisi n.d.t.). Il posizionamento di un ago nell’osso tibiale, nei bambini < 6 anni, consente una sicura ed efficace infusione di sangue, di sostanze colloidi, di soluzioni cristalloidi e di tutti i farmaci della CPR, anche in infusione continua. Nei neonati l’incannulazione della vena ombelicale come accesso vascolare d’emergenza è relativamente semplice.

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Farmaci per il trattamento di urgenza

Dopo che il paziente è stato intubato, ventilato e ossigenato, si deve misurare la frequenza cardiaca. La terapia farmacologica delle aritmie viene delineata nel Cap. 205. La posologia consigliata per la rianimazione pediatrica è elencata nella Tab. 263-15. Adrenalina, atropina e naloxone restano i farmaci principali nella CPR (quando l’accesso vascolare è inadatto, questi farmaci possono essere somministrati attraverso il tubo endotracheale). Il bretilio è un farmaco di seconda scelta dopo la lidocaina per le aritmie ventricolari ad alto rischio, benché i dati sull’efficacia riscontrata in età pediatrica siano ancora insufficienti. L’utilità del bicarbonato di sodio e del cloruro di Ca è stata messa in discussione, tranne che in circostanze ben definite, p. es., in presenza di iperpotassiemia, ipocalcemia, ipermagnesiemia, sovradosaggio di calcioantagonisti, acidosi metabolica persistente e grave, nonostante una sufficiente ventilazione.

È di primaria importanza indagare e curare i disturbi di base che hanno scatenato l’arresto cardiopolmonare nel bambino. Il trattamento prevede la correzione della volemia con soluzione fisiologica, colloidi, cristalloidi, o sangue (p. es. in seguito a traumi o ustioni). La fluidoterapia, comunque, è difficile da gestire per chi non è abituato alla CPR pediatrica, in quanto i bambini possiedono un volume ematico ridotto e pertanto l’infusione di quantità opportune di liquidi deve essere effettuata con cautela per evitare un sovraccarico di volume.

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Defibrillazione e cardioversione

La defibrillazione è raramente necessaria, poiché in età pediatrica è infrequente una fibrillazione ventricolare primaria, che deve essere ben valutata prima di procedere alla cardioversione elettrica. Quando si ricorre alla defibrillazione, si deve controllare che le placche elettriche siano della misura adeguata; i neonati e i lattanti (da 0 a 12 mesi) necessitano di placche pediatriche; per i bambini in età prescolare e per gli adolescenti si dovrà ricorrere a placche per adulti. Inoltre si deve utilizzare una dose appropriata. Comunque, molti defibrillatori, tra quelli comunemente utilizzati nella CPR pediatrica, prevedono incrementi standardizzati della carica elettrica, di conseguenza è impossibile regolare precisamente la scossa in rapporto al peso corporeo. Perciò, prima dell’uso, i defibrillatori devono essere attentamente esaminati riguardo alla impostazione del numero e del range della carica elettrica e la regolazione della strumentazione deve essere attuata secondo le necessità specifiche del caso.

La cardioversione, praticata nel trattamento delle tachiaritmie sopraventricolari ad alta frequenza e ventricolari, è molto difficile nel neonato e nel bambino piccolo, poiché la dose di energia varia solitamente da 1/2 a 1/10 della dose abituale per adulti (v. Tab. 263-12). Probabilmente è meglio cominciare dal dosaggio più basso consigliato, con aumenti progressivi fino a raggiungere il risultato desiderato.

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Valutazione successiva all’arresto cardiaco e trattamento

Dopo una CPR effettuata con successo, il trattamento è complesso e spesso rivolto alla fisiopatologia della disfunzione multiorgano. È importante controllare la temperatura corporea, mantenendo termicamente neutro l’ambiente circostante, controllare la diuresi attraverso un catetere urinario e posizionare un tubo nasogastrico (soprattutto se il paziente è già stato sottoposto a intubazione). Prima di tutto è necessario valutare le funzioni neurologiche secondo la Scala di Glasgow per il Coma modificata (v. Tab. 263-2), mantenere l’omeostasi metabolica, controllare la stabilità della situazione cardiovascolare e proseguire nel trattamento dei fattori scatenanti. Tutti questi problemi vengono affrontati in maniera più sicura e appropriata in un centro di terapia di terzo livello.

La valutazione della frequenza cardiaca è fondamentale. La bradicardia in un bambino in condizioni critiche è un segnale di imminente arresto cardiaco. I neonati, i lattanti e i bambini piccoli tendono a sviluppare bradicardia conseguentemente all’ipossemia, mentre i bambini più grandi tendono inizialmente a presentare segni di tachicardia. Nei neonati con un battito cardiaco < 80 min, che non tende ad aumentare, si consiglia il massaggio cardiaco (v. Fig. 263-5): ciò costituisce una sostanziale differenza rispetto alla rianimazione dell’adulto. Le tachiaritmie possono richiedere un simile intervento, soprattutto se vengono riscontrati segni di ipoperfusione, insufficienza cardiaca, o disturbi a carico del SNC. La cardioversione sincronizzata o la terapia farmacologica possono essere necessarie per stabilizzare le condizioni del paziente.

La valutazione della PA in bambini gravemente compromessi varia significativamente. La PA deve essere misurata con un bracciale di grandezza appropriata (v. Screening nel Cap. 256), tuttavia la valutazione invasiva diretta della PA è d’obbligo nei bambini in gravi condizioni. Per i bambini con più di 2 anni, il livello più basso della PA sistolica normale può essere valutato uguale a 70 mm Hg più il doppio dell’età espressa in anni; p. es. a 6 anni la PA sistolica deve essere > 82 mm Hg. Una PA sistolica normale al 50o percentile è pari a 90 più 2 volte l’età in anni; p. es. a 6 anni deve essere di 102 mm Hg. Una caduta della PA sistolica di  10 mm Hg, in un bambino di qualsiasi età o una PA sistolica < 50 mm Hg nei bambini con meno di 12 aa o < 80 mm Hg nei bambini con 12-16 aa, è un segno affidabile di ipotensione, che richiede un supporto terapeutico specifico. Anche una PA più alta può essere pericolosa, se sono presenti sintomi e segni di shock. Riguardo alla PA è difficile stabilire un limite inferiore per ciascun gruppo d’età in maniera assoluta; è importantissimo valutare i segni di ipoperfusione (cioè, la presenza dei polsi periferici, la diuresi, il grado di coscienza, la temperatura corporea). Nei bambini instabili o traumatizzati, un deficit di riempimento capillare > 3 s è di limitato aiuto nello stabilire la disfunzione circolatoria.

Si raccomanda la valutazione dell’ipoperfusione. L’ipoperfusione può essere determinata da aritmie cardiache (bradiaritmia o tachiaritmia) o da instabilità della PA. L’ipoperfusione è suggerita da una contrazione della diuresi (< 1 ml/kg/h): in assenza di malattie renali la diuresi deve essere da 1 a 2 ml/kg/h. L’ipoperfusione può essere trattata con farmaci che aumentano la volemia o con l’infusione continua di farmaci pressori (p. es., adrenalina, dopamina, dobutamina).

I protocolli standardizzati esposti dettagliatamente nelle Tab. 263-12 e 263-15 coprono tutte le età, dal neonato prematuro al ragazzo di 16 aa. Per i pazienti con più di 16 aa vanno utilizzati i protocolli di assistenza degli adulti. I protocolli vengono redatti per standardizzare l’equipaggiamento e le linee principali delle manovre di rianimazione durante un emergenza e per standardizzare l’equipaggiamento delle unità portatili per la CPR. Nell’approccio alla gestione delle vie aeree, per esempio, in un bambino di 5 anni, la procedura raccomandata prevede una frequenza di ventilazioni di 20 respiri/min (25 respiri/min nel caso di un trauma cranico); una frequenza di massaggio cardiaco di 100/min (mediante la tecnica a 1 mano); una frequenza di ventilazione di 5:1; un tubo di respirazione di grandezza 7; una maschera con cuffia a cupola (Laerdal) per bambini, di grandezza 3, munita di un pallone Laerdal da 500 ml, per la ventilazione con maschera a palloncino; una lama per laringoscopio ricurva o dritta di grandezza 2; un tubo tracheale di 5 mm; un sistema d’aspirazione per adulti, per un’aspirazione diretta orofaringea; e un catetere di grandezza 10 French, introdotto nel tubo endotracheale per l’aspirazione delle basse vie respiratorie. In ogni caso è necessario usare buon senso; p. es., un tubo endotracheale di taglia appropriata deve essere sostituito con uno più grande (una volta che il paziente sia stabilizzato), se si evidenzia una perdita di aria al livello della glottide.

Dopo la stabilizzazione delle vie aeree, è fondamentale la somministrazione di cardiofarmaci di emergenza. La Tab. 263-15 mostra i volumi effettivi per ogni farmaco d’emergenza, in accordo con criteri di età e peso, per facilitare una somministrazione rapida senza la necessità di alcun calcolo. I dosaggi devono essere arrotondati per difetto; p. es. per un bambino di 2 anni e mezzo, la dose deve essere la stessa di un bambino di 2 anni, con incrementi graduali, se necessari, ma non superiori alla dose per un bambino di 3 anni. Dopo la stabilizzazione del paziente la dose di farmaco deve essere individualizzata in base alle specifiche necessità. La conservazione dell’omeostasi dei fluidi può essere cruciale in un paziente con edema cerebrale. Possono essere necessari farmaci più concentrati, il cui dosaggio deve essere ricalcolato a emergenza finita.

Nel riportare gli esiti della CPR nei bambini devono essere seguite linee guida standardizzate specifiche p. es., La Scala di Categorie di Esiti modificata di Pittsburgh rispecchia le capacità cerebrali e le capacità complessive residue dopo la CPR (v. Tab. 263-16 e 263-17).

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